Prologue.
"The day when I wake up."

Warren Vidic sorrise.
Non sorrideva da anni. Era un uomo senza niente che non fosse il suo lavoro. Non ricordava che sensazione fosse la soddisfazione, come non ricordava la gioia, o la semplice allegria, quella che portava la sua fastidiosa assistente a canticchiare.
Per questo l'aveva licenziata.
Sorridere fu come strappare muscoli non utilizzati da anni, e sapeva con esattezza quanti anni fossero: ben cinque.
Chiuse l'e-mail, si alzò dalla scrivania, e a passo lungo e rapido si mosse verso i corridoi labirintici della sua amata azienda. Scese così tanto che sospettava di trovarsi a parlare quattr'occhi con Lucifero; il suo cercapersone continuava a suonare, sottolineando una fretta che lui non aveva, insistente, zelante, e, santo cielo, così fastidioso.
Scosse il capo, sospirando.
- Dottore, abbiamo meravigliose notizie.
La sua nuova assistente, una ragazza sulla ventina, molto intelligente e preparata, seppur petulante -di cui non aveva la minima intenzione di ricordare il nome- lo affiancò mentre procedevano nella parte più vecchia dell'Abstergo.
- Illuminami, Lacey.
- Sarebbe Lucy, ma comunque, dottore, abbiamo riscontrato un'attività celebrale al di fuori della media per il Soggetto 1.
Il dottore si fermò a guardarla procedere per un paio di metri senza di lui. Era strano come una frase detta così freddamente potesse colpirlo a tal modo. Erano cinque anni che lavorava sul Soggetto 1. Cinque anni di delusioni, porte chiuse, vicoli ciechi; sospirò a fondo, chiuse gli occhi. Focalizzò il viso del soggetto nella mente, la memoria che lentamente se ne portava via dei pezzi, sbafandone altri.
Non era certo di ricordarselo.
Sorrise immaginando come potesse essere diventato quel viso dopo cinque anni.
Sorrise di nuovo, sì.
- Che genere di attività?
- Ha mosso un dito. - Lucy sorrise a sua volta, vedendo finalmente brillare gli occhi azzurri del suo capo, in una furiosa gioia, un'animalesca euforia.
Non era il dottor Warren Vidic quello che correva da una parte all'altra dell'Abstergo, mobilitando infermieri, scienziati, tutta l'equipe che l'aveva supportato in quel primo tentativo di usare l'Animus, fallendo miseramente. Non era il cinico, freddo, calcolatore dottor Vidic quello che iniettava una dose di adrenalina direttamente nel cuore del Soggetto.
No, era un uomo con delle speranze.
Un uomo a cui stavano concedendo una piccola parte di tutto ciò che gli avevano sottratto con la forza direttamente dalle mani.
Una piccola lanterna, magari, in quei corridoi così freddi e bui.
Quando il Soggetto 1 aprì gli occhi chiusi da anni, due vivide iridi blu rubarono ogni particella di luce nella stanza.
Il dottore sorrise, il viso illuminato da quegli occhi e da una vena folle.
- Dorothea, mi senti? - domandò. La voce tradiva l'ansia e l'eccitazione.
La donna roteò gli occhi verso di lui e poi girò il volto.
Un sorriso sghembo e tirato dallo sforzo si dipinse sulle labbra secche e pallide.
- Ciao papà.