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Autore: Tomocchi    24/11/2013    18 recensioni
Prendete un vampiro, il classico vampiro bello e tenebroso. Fatto?
Bene, ora lanciatelo via!
Niklas, vampiro per necessità, nerd a tempo pieno e con seri problemi d'immagine, è quanto di più lontano possa esserci dai vampiri scintillanti dei libri per ragazzine. Scontroso, musone e fissato con i giochi per pc.
Addizionate all'equazione Jackie, una bimbaminkia fan di Twilight, One Direction e testarda come un mulo.
Niklas vorrebbe conquistare la bella della classe e Jackie renderlo un "vero" vampiro.
Riusciranno nell'impresa?
"Niklas! Sei un vampiro! Dovresti essere un figo della madonna e invece guardati! Sei brutto, scusa se te lo dico, davvero brutto!"
"Ma a te cosa importa? Sarò libero di fare quello che voglio!"
"No! Cavoli, no! Non posso permettere che un vampiro con grandi potenzialità si butti via così!"
"Grandi potenzialità? Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Vattene da casa mia subito!"
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another Way- Un altro modo di essere vampiro'
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ANOTHER WAY
UN ALTRO MODO DI ESSERE VAMPIRO

 

Prologo
Battaglia

 

 

 

Serbia, Belgrado, 16 agosto 1717


Guerra tra austriaci e turchi.
Una guerra che chiamò a sé molti uomini, una guerra nata perché alla Turchia non era andata giù per nulla la sconfitta della precedente battaglia con gli stessi nel 1699.
Per questo, dopo averne vinto un’altra anni dopo coi russi, gli ottomani avevano deciso di farsi valere per recuperare i territori perduti con la pace di Karlowitz.
Nel 1714, alcuni commercianti della Repubblica di Venezia violarono alcune leggi turche e, approfittando di questo, i turchi decisero di dichiarare guerra alla Serenissima, convinti che l’alleato austriaco sarebbe entrato subito in aiuto.
Convinzione sbagliata: l’Impero Asburgico entrò a fianco della Repubblica solo un paio di anni dopo, poiché il Papa aveva promesso forti somme per intervento.
Ma in questa guerra accadde qualcosa.
Qualcosa che cambiò la vita di una persona.


Niklas Reiter era solo un giovane diciassettenne austriaco quando venne reclutato nell’esercito nella fanteria per prendere parte alla battaglia nel momento più critico a Belgrado nel 1717.
Il 16 agosto, Eugenio di Savoia, il comandante, decise di radunare tutti per un attacco a sorpresa per quella stessa notte, un attacco decisamente inconsueto e sicuramente inaspettato.
Niklas era agitato: sarebbe stato il colpo decisivo per il conflitto, ne era più che certo.

La debole luce lunare di quella sera illuminava il piccolo luogo di scontro, mentre la leggera brezza del vento investiva le fronde; il reparto era pronto a muoversi a qualunque ordine. In mezzo ai fanti c’erano uomini di tutte le età, dai più vecchi e logori fino a quelli più giovani e timorosi, Niklas compreso: non era il più coraggioso e audace della compagnia, aveva paura come tutti e non avercela era un chiaro segno di pazzia o di stupidità.
“Reparto, continuate avanti, fate piano.”, disse il Tenente bisbigliando e avvicinandosi sempre di più allo spiazzo scoperto che divideva l’esercito dalle trincee ottomane.
“Da qui a là ci saranno almeno 200 metri, forse meno. Mi raccomando, siate rapidi e non fermatevi per nessun motivo, nemmeno per soccorrere i feriti, avete capito?”
Un breve cenno servì come risposta al comandante ormai impaziente per la battaglia. Le mani del ragazzo continuavano a tremare, mentre il sudore dell’agitazione imperlava la sua fronte al pensiero che se solo avesse fatto un passo là fuori, qualche proiettile lo avrebbe colpito in modo doloroso e spietato; continuava a ticchettare sul proprio moschetto con le dita, mentre guardava le poche sentinelle ottomane che presidiavano la zona, evidenziate debolmente dalla luce notturna.
“Niklas, stammi attaccato e continua a seguirmi, va bene? Non stare mai a più di due passi da me...”
Colui che aveva pronunciato queste parole era stato Georg, un uomo grosso e abbastanza vecchio che, da quando era iniziata questa guerra, aveva sempre protetto e aiutato Niklas solo perché gli ricordava suo figlio. Poteva quasi definirlo un padre per via della sua anima nobile e gentile, nonostante fosse solo un comune soldato come gli altri.
“Stai dietro di me quando saremo là fuori, almeno sarai coperto per un po’ dai colpi dei nemici.”
Niklas voleva rispondere alla sua frase, ma in mezzo al buio un suono di tromba risuonò improvviso e ininterrotto.
“È il segnale! Compagnia, disposizione… avanti!”
Il reparto si schierò nel solito modo come quando si attaccava o combatteva, ovvero le classiche tre file di uomini disposti in modo da garantire un fuoco rapido e di soppressione al nemico.
“Avanti, uomini, avanti! Vittoria o morte!”
Il Tenente li incitò, mentre il suo cavallo nitriva come a spronarli a sua volta. Niklas si mise in seconda fila con Georg che stava davanti lui apposta per proteggerlo. Tutto il reparto si mosse lasciando la macchia boscosa, camminando in mezzo alla radura con il fucile in mano. All’orizzonte notarono che sia a destra che a sinistra c’erano molti altri reparti che avanzavano uniti, accompagnati dai loro comandanti. I primi proiettili ottomani risuonarono forti e precisi, colpendo alcuni uomini dello schieramento austriaco, ma non avevano alcuna intenzione di disgregarsi.
Al diavolo che fuggirò, piuttosto morirò qui, con i miei fratelli, pensò in cuor suo il ragazzo, deciso seppur terrorizzato.
Il reparto avanzò ancora nonostante l’artiglieria ottomana batté la radura, smembrando gli uomini delle altre unità che attaccavano insieme agli austriaci mentre i proiettili sibilavano a pochi centimetri da loro. Georg si girò indietro per controllare se Niklas stesse camminando dietro di lui ma ad un tratto il giovane vide il compagno spalancare gli occhi e pronunciare con un filo di voce il suo nome, mentre dalla bocca un rivolo di sangue cominciava a colargli sul mento. Dopo pochi secondi il pover’uomo cadde a terra e tutti lo scavalcarono senza nemmeno potersi fermare; stavolta fu Niklas a girarsi indietro. Vide che lo sguardo non fu ricambiato. Ormai era morto, con il corpo inerme e la faccia a terra. Suo figlio non lo avrebbe mai più rivisto.
“Prima fila, fuoco!”
Si fermarono. I superstiti della prima fila dello schieramento si fermarono a loro volta e, puntando il fucile sul nemico, spararono, sollevando una coltre di fumo dai fucili; in seguito si inginocchiarono e si rimisero a ricaricare il fucile.
‘’Seconda fila, fuoco! ‘’
Toccò alla fila di Niklas, che puntò il carico e pesante moschetto di fronte a sé per poi, con le mani tremolanti, premere il grilletto e vedere il lampo di fuoco lasciare la sua arma, mentre venne investito dal rinculo del colpo facendolo indietreggiare di qualche passo.
“Terza fil… Agh!”
Il Tenente non terminò la frase, colpito al petto dall’ennesimo proiettile, mentre il suo cavallo fuggiva dal campo di battaglia trascinando l’uomo, rimasto impigliato con lo stivale alla briglia, su tutta la linea di attacco.
L’ordine fu egualmente dato e anche la terza fila sparò.
Niklas cercò di ricaricare il fucile, ma il sacchetto della polvere da sparo scivolò dalle sue mani riversandosi sul terreno scuro e buio. “Dannazione!”, sussurrò, imprecando tra i denti.
Tastò il suolo con la mano, sfruttando i lampi degli spari per orientarsi, ma il reparto fu costretto ad avanzare di nuovo il ragazzo non poté far altro che abbandonare l’oggetto e camminare insieme ai propri compagni. Altri lampi e grida si sollevarono, mentre le carcasse dei commilitoni ricoprivano il luogo dello scontro, illuminato dagli spari dei fucili e dalle esplosioni dell’artiglieria. Altri spari, altre avanzate… dopo pochi minuti avevano quasi superato le trincee e il reparto era ormai ridotto ad un pugno di uomini.
“Avanti, ragazzi, diamogli addosso!” incitò qualcuno per poi, con la baionetta innestata nel fucile, scavalcare la piccola duna di terra e buttarsi dentro alla trincea avversaria insieme ad altri soldati, facendo risuonare urla e lame sulle carni. Niklas si buttò a terra, aspettando che la battaglia si calmasse un po’, ma sfortunatamente fu visto da un ufficiale a cavallo che, senza pietà, si avvicinò.
“Muoviti, cane che non sei altro! È così che proteggi la tua patria, eh?”
Niklas si rialzò, minacciato dalla sua spada, e mise un piede per scavalcare il piccolo rialzamento sentendo il cuore che gli batteva a mille ma appena fu allo scoperto oltre la duna, un colpo di fucile risuonò nell’aria: un dolore lancinante pervase il suo petto, sentendo una concentrazione di calore sul punto dolorante.
Il ragazzo si guardò e vide che sulla divisa c’era un buco sanguinante posto proprio sul torace. Tremante, dopo pochi secondi cadde a terra, sentendo che il respiro affannoso alla ricerca di aria.
La vista cominciò a farsi sfocata, sempre di più, lasciandolo dopo pochi attimi nel buio più totale.

***

Dopo un tempo che parve infinito, Niklas vide una luce fioca.
Sbatté le palpebre più volte prima di aprire gli occhi. Il dolore al petto era ancora presente, ma ben più sopportabile rispetto a prima.
Si mise seduto con calma e si guardò attorno: era in una tenda, dove alla sua destra c’era una candela e alla sua sinistra dei borsoni.
Regnava un silenzio inquietante, sentiva un freddo intenso fin dentro le ossa; non che ci fosse molto caldo fuori, in effetti.
Si abbracciò, sentendo il proprio corpo gelido.
Qualche animale ululò fuori per pochi secondi, probabilmente per richiamare il branco ma generando nel ragazzo una paura irrazionale.
Tutto lasciava intuire che fosse calato il buio.
“Tranquillo, è finita.”
Niklas sobbalzò, voltando il capo verso la voce calda e rassicurante.
A parlare era stato un uomo, più vecchio di lui di almeno vent’anni, dai capelli neri e raccolti in una coda un po’ disordinata, che porgeva al ragazzo un bicchiere con del liquido scuro; il ragazzo si voltò, lo afferrò e lo bevve istintivamente senza pensarci: solo poi si chiese il perché del proprio comportamento.
Il sapore era leggermente salato, non particolare in realtà, ma con un retrogusto ferroso, metallico. Quella particolare bevanda era più corposa della semplice acqua ma lo aveva ugualmente dissetato.
“Co… cosa..?”, domandò con voce roca e confuso, come se fosse stato fermo per giorni.
“La battaglia è finita e tu sei salvo. Purtroppo ho dovuto agire subito…”
Niklas era sempre più stranito. Chi era quell’uomo? E perché quel purtroppo?
Non ci si soffermò troppo, preso da un pallido ricordo che si faceva strada prepotente nella sua mente.
Era ancora frastornato da tutto ma una cosa aveva capito bene: la guerra era finita, il loro attacco era stato davvero decisivo come aveva pensato.
Quindi sarebbe potuto tornare a casa dalla sua famiglia: suo padre, sua madre e forse anche suo fratello maggiore sarebbero stati orgogliosi di lui.
“Hai dormito parecchio, quasi due giorni, per assimilare tutto…”, riprese l’uomo, cercando il suo sguardo.
L’austriaco strisciò un po’ indietro, ancora diffidente. Non lo conosceva, era sicuro di non averlo mai visto. Ma quella frase attirò la sua attenzione.
“Assimilare..?”, chiese, stranito.
Il corvino sospirò, prima di puntare i proprio occhi neri in quelli blu dell’altro. “Ragazzo, tu ora sei un vampiro. Io stesso ti ho trasformato. Questo perché ho …”
Un vampiro?
Intendeva forse quelle creature maledette delle leggende che si nutrivano di sangue umano?
Che quello che aveva bevuto prima fosse..?
Si portò una mano alla bocca, reprimendo uno sforzo di vomito al pensiero di aver ingurgitato del liquido proveniente da un altro essere vivente.
Strinse gli occhi, boccheggiando e tossendo a causa dei brividi lungo tutto il corpo.
L’uomo gli appoggiò una mano sulla spalla, forse per rassicurarlo.
“Stai tranquillo, è normale, cerca di fare dei respiri profondi…” ma Niklas lo scostò malamente e si alzò in piedi, leggermente barcollante e privo di equilibrio.
Finì a carponi e strisciò fuori dalla tenda per prendere l’aria: la brezza esterna lo colpì in pieno viso.
Era notte fonda. Si guardò una mano e alla luce della luna constatò che la sua pelle sembrava bianca.
Si passò la lingua sui denti, scoprendo i propri canini più pronunciati rispetto a prima e avvertendo nuovamente il sapore ferroso del sangue bevuto precedentemente.
Si portò le mani alla bocca, rendendosi nuovamente conto di ciò che aveva ingerito. Guardò per terra, stravolto, a occhi sgrananti, mentre la consapevolezza di ciò che era gli cadeva addosso pesante come un macigno.
Un vampiro.
Non riusciva a crederci.

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali: Un nuovo racconto, stavolta sui vampiri. Questo prologo è molto serio, ma non credo si potesse scherzare troppo su questa cosa u_u La storia è un’idea stupida nata un sabato mattina parlando con i miei fratelli a colazione, e mi stanno aiutando a scriverla: difatti, la parte della battaglia qui sopra è stata scritta proprio da mio fratello, che a breve si iscriverà su EPF per postare le sue storie! xD
  Comunque, spero piaccia. Altrimenti, son pronta alle critiche. Non ho idea di come si evolverà la storia, si vedrà di capitolo in capitolo!
Alla prossima! ùwù

 

   
 
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