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Autore: Clef    01/05/2008    3 recensioni
Alice si sveglia. Non c'è nessuno in casa, non c'è niente, in casa. Solo tanto buio e tanta solitudine. Sbadiglia, distesa ancora nel suo caldo giaciglio, caldo eppur freddo, solitario, come ogni cosa in quello strano edificio.
- Storia scritta sei mesi fa; ne sconsiglio la lettura ad un pubblico sensibile. Dovuto alla forte tematica il raiting elevato. -
- Ogni riferimento a fatti, cose o persone realmente esistenti è puramente casuale. -
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Silenzio. Innaturale silenzio.
Alice si sveglia. Non c'è nessuno in casa, non c'è niente, in casa. Solo tanto buio e tanta solitudine. Sbadiglia, distesa ancora nel suo caldo giaciglio, caldo eppur freddo, solitario, come ogni cosa in quello strano edificio.
Alice non vive in un condominio. Alice non vive in una villa. Alice non vive. Si sveglia, tutte le mattine. Eppure è come se non lo fosse.
Si alza, come di consueto, prepara del caffè. Cammina scalza per casa, brividi di freddo che le percorrono il corpo, al contatto dei piedi nudi sul pavimento gelato. Non c'è riscaldamento. Non ci sono finestre. Fa solo freddo. Freddo grigiastro. Si taglia con il coltello, come fa tutte le mattine, mentre si prepara un poco di pane e marmellata. Non se ne accorge neppure. Fa male, certo, ma non è dolore quello, in confronto a ciò che prova nell'anima.
Alice non parla. Ha smesso di farlo molto tempo addietro.
Sette anni prima.
Alice era innamorata. Alice era giovane. Giovane dentro. Quattordicenne piena di sogni e speranze. Piena di gioia e desideri. Allegra. Spensierata.
Lei era Andrea, e poi c'era solo Alice. Lei l'amava? Ad Alice non interessava. Era solo felice di essere innamorata. Tutto qui. C'era solo genuina spensieratezza, nel suo cuore. Solo genuina letizia. Anche se Andrea era una ragazza.
Già...era. Ma, si sa, il mondo non è propriamente amichevole. Il mondo non fa altro che scaricare su di te batoste. Pesanti, leggere, non importa. Basta che siano batoste. Il mondo è cattivo.
Chissà, forse la batosta era leggera, ma per Alice fu devastante. Il suo amore messo a nudo, messo alla berlina. Lei derisa. Andrea stessa fautrice delle più maligne prese in giro su di lei. Il mondo contro, solo perchè lei si era invaghita di qualcuno. Solo perchè lei era felice, anche se a causa di una ragazza. Solo perchè era lesbica. Sì. Il mondo è un maledetto bastardo.
Andrea non si sarebbe meritato quell'amore ma...che importava? Lei la adorava. E tanto bastava.
E le sue amiche? Ah, le amiche. C'è amicizia nel mondo? Alice non crede. La gente ti sta accanto solo quando ne può trarre vantaggio. La gente non ti vuole bene. La gente è una fottutissima stronza. La gente è stramaledettamente egoista. Sola, derisa, disperata. Soggetto delle peggiori malelingue, solo perchè aveva osato accarezzare una persona del suo stesso sesso. Solo perchè a lei non piacevano tutti quei ragazzi che le compagne additavano, solo perchè lei adorava una donna.
Ed Alice iniziò a chiudersi in sé stessa. Alice iniziò ad inasprirsi. A non voler più stare con la gente. A cercare la solitudine. Il silenzio.
Cinque anni prima.

Sì, i casi strani della vita. Miracolosamente i suoi genitori ancora non sapevano niente. Non sapevano che lei non pensava al sesso maschile, nelle sue fantasie. Non sapevano che lei era attratta dalle ragazze. Ironia della sorte, l'ultima vittoria nella più completa disfatta. Lei era ancora oggetto del divertimento di tutti, maligni, malevoli, fottutissimi bastardi compagni di classe. Ma a lei non importava più. Si era abituata a quella serpe velenosa, a quel doloroso sentimento che le era nato e maturato nel cuore da due anni a quella parte. Poi? Poi una cara amica decise di fare ciò che c'era di peggio al mondo.
Sì, la gente è una fottutissima stronza.
Andrea venne a casa sua, avvenimento inedito o quasi nella sua vita precedente. Lei non c'era. Caso? Alice non crede.
Quando tornò a casa fu accolta da un sonoro ceffone. I suoi genitori imbufaliti sulla soglia di casa. E dietro, lei. Che ghignava. Che sorrideva.
Solo una lacrima era scesa dagli occhi di Alice. Un unico segno di dolore. Non parlò. Non emise un solo mugugno di dolore.
Alice non parlò mai più con loro.
Tre anni prima.
E finalmente quel che Alice credeva la liberazione. La maturità. Finita, passata. Fine dell'incubo. Poteva finalmente andarsene di casa, essere libera da tutto e da tutti. Sparire. Non sarebbe più stata perseguitata. Quasi ritrovava la sua gioia, nel pensiero dell'abbandono di tutto ciò che aveva a “casa” sua. Sì...quasi. Il mondo è un bastardo. Alice si trasferì a New York, all'università di New York. Finalmente libera. Non più oppressa dal suo essere omosessuale. Non che le pesasse. Le pesava ciò che comportava da parte degli altri, maligni. Sorrise per la prima volta dopo quattro anni mentre varcava la porta della sua nuova stanza.
L'ultimo sorriso della sua vita.
Andrea la accolse in quella stanza. Era la sua coinquilina...ed il mondo crollò nuovamente addosso ad Alice.
Non versò una lacrima, stavolta. Non ne aveva più. Si rintanò nel suo mutismo e nel suo dolore oramai abituale. Quasi trovò conforto in quell'usuale fitta che le avvolse il cuore. L'inferno era ricominciato. Ma era mai finito?
Alice non parlò mai più.
Un anno prima.
Ubriaca. Probabilmente anche fatta di qualcosa. Quella ragazza che le ha offerto quel bicchiere era talmente carina...Alice l'ha buttato giù senza neppure domandarsi che ci fosse dentro. Non le importava. Disperazione. Dolore. Assoluta solitudine. Da sei anni.
Il mondo è un bastardo.
Il mondo gira intorno ad Alice. Stordita, non capisce dove si trovi, vede solo luci, tante luci, psichedeliche, che la accecano, la infuocano. Ride, di quel riso che da l'alcool, innaturale, chimico. Il dolore permane nel suo cuore, ma lo caccia via, che le importa...sta ballando. Balla, balla Alice, il mondo è intorno a te oggi, il mondo non è un bastardo oggi! Balla, balla, si struscia contro chi sa chi, chi sa cosa, mani, fondoschiena, gambe, braccia. Tocca tutto, si lascia toccare da tutto. Qualcuno le si infila sotto la maglietta, qualcuno sotto la gonna, ma Alice li lascia fare. Come ci è arrivata lì? E chi lo sa. E chi se ne importa.
Ride ancora, beve, balla, accetta pasticche, che “ti faranno andare ancora più su di giri”. Del resto quella ragazza che gliele offre è troppo carina...
E si ritrova chissà come chissà dove, il rumore delle cicale fuori, e lei distesa su un sentiero, una macchina lasciata aperta lì vicino, una jeep, dove altre bottiglie ed altre pasticche la aspettano. Distesa, caduta forse, sdraiata da qualcuno più probabilmente. Una figura sopra di lei. Ed Alice oramai non capisce più nulla, non sa, non vuole capire né sapere. Attira solo a sé quella persona, capendo solo mentre le labbra si incontrano che è quella ragazza tanto carina. Si lascia sfilare la gonna, la maglietta, tutto, e lascia che lei faccia ciò che vuole con il suo corpo. Tutto ciò che vuole. Non si accorge neppure se è bello o brutto, né di sanguinare, persa e inconscia nella sua prima volta. E qualcun altro arriva, qualcun altro la sfiora, qualcun altro la fa sua e dispone di lei e del suo corpo come meglio l'aggrada. Ed Alice ride.
Poi la fanno alzare. Quanti sono ora? C'è la ragazza carina davanti a sé. Ed un'altra che la regge per il braccio destro. Chissà chi, da sinistra, la sorregge e le tocca il sedere. Palpa senza ritegno e senza contegno. Ma Alice non se ne rende conto, o forse non le importa.
Alice si accorge finalmente di essere nuda, chissà dove sono i suoi vestiti. Su una specie di collinetta. I ragazzi la sorreggono. Balliamo, le dicono. E lei balla. Balla, balla. Non dice nulla, ma balla. Non capisce, non si accorge...qualcuno la spinge all'indietro, lei non tenta nemmeno di frenarsi, ma indietreggia divertita. Perde l'equilibrio. Qualcuno di corsa le si avvicina, le tende la mano. E' la ragazza tanto carina. Un attimo di lucidità. E' Andrea. Andrea malevola sorride. Mentre Alice sta per afferrarla, ritrae la mano...divertita, Andrea. Alice cade. Cade all'indietro, rotola sulle pietre, sbatte il petto, qualcosa le perfora il corpo, qualcos'altro le trapassa un braccio. Dolore. Lancinante. Alice per un attimo sorride, di un sorriso folle, dimenticandosi di quel che sente dentro per prestare tutti i suoi sensi al dolore fisico che l'assale. Almeno ha trovato il modo di dimenticarla, quella sua sofferenza interiore. Poi sbatte la testa. Poi c'è il buio.
Due giorni dopo.
Alice è lì, in un letto d'ospedale. Alice è la paziente numero 8932. L'hanno ritrovata nuda giù da una collinetta rocciosa. Nessuno sa chi sia. Nessuno l'ha cercata, nessuno ha denunciato la scomparsa di qualcuno che possa anche lontanamente corrispondere alla descrizione della paziente numero 8932. Trauma cranico, braccio trapassato da un bastone, un ramoscello conficcato nell'addome, che miracolosamente non ha leso gravemente alcun organo interno. Salvata per miracolo, ma salvata. Viva. Ma in coma.
Presente.
Alice finisce di prepararsi la colazione. Si taglia ancora la mano, ma ancora una volta non se ne accorge. Beve il suo caffè, mangia quel pane e marmellata. Misto a sangue? No. Non esce sangue dale sue ferite. Non ne è uscito affatto. È un anno che tutto questo si ripete ogni mattina. E non ne esce mai, di sangue.
Alice si alza, va verso una delle finestre senza vetri né imposte. Guarda fuori. Tutto grigiastro, tutto pulsante di vita. Puah. Ancora vivo.
Alice esce, ripercorre la strada che ha compiuto la sera prima per tornare a casa. Alla sua base. Ecco, è arrivata. Eccolo lì, quella specie di piccone, e quella specie di vanga. Li prende, comincia a scavare il tunnel. A distruggere la vita.
La Alice in coma soffre. Dolore fisico. Una infermiera lì vicino se ne accorge ed aumenta il flusso di morfina.
La Alice nel luogo grigio continua il suo lavoro. Vede una scarica elettrica passare, in fretta. Le corre dietro. La raggiunge, e piccona proprio dove dovrebbe passare un attimo dopo. La scarica sparisce. Alice sorride. L'impulso nervoso, del dolore, non è passato. Bene. Può continuare a lavorare in pace. A scavare quei tunnel che permetteranno al tumore ed al male di espandersi senza problemi. Che permetteranno alla sua cara casa grigia di diventare sempre più grande. Che sottrarrà spazio al cervello. E che, finalmente, non farà più soffrire Alice. Che, infine, la farà morire.

  
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