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Autore: Keros_    25/11/2013    3 recensioni
[Famous!Au] [Singer!Sebastian + Assistant!Blaine]
Sebastian è uno dei cantanti più in voga del momento, bello, ricco e talentuoso. Il suo personaggio è un po' eccentrico e spesso finisce per andare fuori dai suoi compiti, combinando disastri quasi impossibili da sistemare. All'ennesimo grattacapo che riceve, James Cristin, il manager del ragazzo, decide di tenerlo sott'occhio affibbiandogli un "baby-sitter", un ragazzo con cui dovrà passare la maggior parte del tempo. Questo ruolo finisce nelle mani di Blaine, il ragazzo che vive con James e sua figlia Elizabeth; nonostante i due Cristin non siano molto felici della scelta.
Stare a stretto contatto l'uno con l'altro per i due ragazzi non si rivela affatto facile e come si erano aspettati; questo perché sono simili e differenti allo stesso tempo. Entrambi con un passato difficile che li tormenta ancora.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Cooper Anderson, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo



Blaine annusò le lenzuola su cui era disteso ad occhi chiusi, sentendo un profumo dolce e femminile pervadergli le narici. Sorrise tra sé e sé, abbracciando più stretto il cuscino. Restò immobile per qualche secondo, poi aprì gli occhi per farli vagare sull'arredamento della stanza: la luce filtrava flebile dalle tende color lilla che sinuose ondeggiavano per via del leggero venticello estivo mattutino che entrava dalle ampie finestre spalancate; nella parete alla sua destra c’era una parete attrezzata interamente ricoperta di libri e sulla scrivania che ne usciva fuori c’erano grossi tomi universitari.

Non ebbe bisogno d’indugiare oltre, di guardare l’enorme armadio a specchio o il lampadario di cristallo. Sapeva benissimo dove si trovava: nella camera da letto di Elizabeth.

Si mise a sedere a fatica, si passò una mano sul viso stanco e prese in considerazione l’idea di ributtarsi sul materasso a peso morto e ritornare a dormire. Guardò l’orologio della sveglia che era sul comodino accanto al letto: erano appena le otto e mezza.

Si alzò di mala voglia, ricordandosi che quel giorno a Elizabeth cominciava il semestre autunnale. Provò pena per lei, studiare alla UCLA Anderson school of management non era affatto facile. Lui invece si era preso un anno sabbatico dalla UCLA Arts; aveva preso quella decisione in merito a vari disguidi familiari e non poteva esserne più felice, al momento. La voglia di tornare a studiare non lo sfiorava nemmeno da lontano, soprattutto dopo l’estate.

Andò nel bagno in camera e si sciacquò la faccia, prima di restare a fissare il suo riflesso allo specchio. Aveva delle occhiaie e le borse sotto gli occhi. Restare sveglio fino a notte tarda per aiutare El a studiare non era stata un’idea davvero ottima e nemmeno quella di passare tutte le sere precedenti in spiaggia, lo era.

Si asciugò il viso e si diede un'ultima occhiata allo specchio, poi sospirando si allontanò da esso e tornò nella camera. Cercò con lo sguardo dove aveva lasciato la canottiera di cotone bianca che si era tolto la sera precedente e la trovò insieme ai pantaloni sul pavimento. Si grattò l’ammasso di riccioli scompigliati che si ritrovava al posto dei capelli, cercando di ricordare come erano finiti lì.

Decise di non pensarci troppo e li recuperò senza troppe cerimonie: sentiva lo stomaco brontolare e non era educato presentarsi a tavola con soltanto i boxer addosso. Nonostante il caldo infernale, si rivestì.

Cercò le ciabatte sotto al letto e si diresse in cucina, rinunciando alla frescura dei parquet fresco sotto ai piedi, ma lo fece per una giusta causa: non voleva che Anita, la domestica, lo rimproverasse perché lasciava stampe ovunque.

Non si aspettava di trovare nessuno all'interno del vano e ne rimase sorpreso quando vide la ragazza seduta a tavola, lo sguardo chino, che le dava le spalle, i capelli scuri e i boccoli che le scendevano lungo la schiena. Sorrise e con passo felpato si avvicinò a lei.

La abbracciò e la tirò indietro per poi chinarsi a darle un bacio affettuoso sulla guancia, facendola sussultare dalla sorpresa.

“Buongiorno,” lo salutò risistemandosi gli occhiali da vista sul naso.

“Buongiorno anche a te,” rispose lui, baciandole i capelli prima di lasciarla andare e dirigersi dall'altra parte del tavolo.

“Dormito bene, stanotte?” Gli chiese lei, chiudendo il tomo che stava leggendo e poggiandolo sul tavolo.
Blaine ridacchio, guardando il vassoio pieno di leccornie che aveva difronte. “Si,” afferrò un cornetto, “ma avrei dormito meglio se qualcuno non si fosse appropriata di più di metà letto e poi attaccata a me durante la mattinata per non andare a chiudere la finestra.”

“Esageri sempre,” lei alzò gli occhi al cielo, “potevi sempre alzarti e andartene in camera tua e indovina un po’?” si protese verso di lui e abbassò la voce, “non l’hai fatto.”

Entrambi scoppiarono a ridere e Blaine si versò del succo d’ananas nel bicchiere. “Non te ne vantare.”

“Figurati di cosa me ne faccio,” Elizabeth alzò le spalle, poi gli prese il cornetto che stava mangiando, “era l’ultimo alla nutella.”

Blaine la guardò un attimo interdetto, assottigliando lo sguardo. Odiava quando si comportava così, tuttavia decise di lasciar perdere, ormai ci era abituato e il vassoio era ancora pieno. Ne prese uno alla crema e come ogni mattina, alzò lo sguardo verso la televisione.

Era spenta.

Inclinò la testa da un lato e aggrottò le sopracciglia. Tutto questo era strano: in casa Cristin c’era sempre rumore ventiquattro ore su ventiquattro e almeno una tv sempre accesa sul vari telegiornali per essere sempre aggiornati più o meno in tempo reale; insieme ai computer ovviamente.

Quella mattina invece, adesso che lui ed Elizabeth avevano smesso di parlare, la casa regnava nel silenzio, niente a interromperlo, nemmeno il cinguettio degli uccelli. Si girò e notò che la porta a vetri che dava sul balcone era chiusa e che James era lì a trattenersi dall'imprecare  mentre parlava al telefono.

Non era una novità trovarlo a sbraitare di prima mattina, dopotutto con il lavoro che svolgeva aveva molto spesso gatte da pelare e come se non bastasse, sembrava che Sebastian Smythe, la star di cui l’uomo era l’agente, sembrava mettercela tutta per rendere la sua vita un vero inferno. E capì che la sua star preferita l’aveva fatta grossa nel momento esatto in cui si rese conto che la sua voce e le sue canzoni non riempivano tutta la casa.

James non voleva sentirlo nemmeno cantare, erano guai seri.

“Come mai c’è silenzio, oggi?” Chiese in fine, portandosi il bicchiere alla bocca. Elizabeth alzò la testa di scatto, tagliandolo a cubetti con gli occhi e Blaine si sentì gelare il sangue nelle vene.

Quello era lo sguardo che gli riservava quando lo rimproverava per un casino che aveva fatto o per fargli capire che sì, doveva tenere la bocca chiusa.

“Non osare ripeterlo davanti a papà.”

In quel momento, la porta scorrevole si aprì. “Cosa non dovrebbe ripetere, tesoro?” Chiese una voce profonda e maschile. Entrambi i ragazzi voltarono la testa di lato, per guardare James dirigersi verso di loro nel suo completo grigio, mentre riponeva il cellulare costosissimo nella tasca del pantalone.

Era normale vedere il Signor Cristin vestito elegante, ma non in estate e quando Sebastian non aveva nessun impegno in particolare, dove solitamente indossava soltanto una camicia leggera e un pantalone qualsiasi, a volte anche i jeans; invece quel giorno portava perfino la cravatta.

Per un attimo si fece sopraffare dal panico. E se Sebastian aveva un’intervista e lui se n’era dimenticato? O peggio: un servizio fotografico? Era possibile? Se così fosse stato, allora doveva rimediare subito e iniziare il suo “discorso di convincimento” per poterci andare anche lui.

Poi si ricordò che non era possibile, in quei giorni la musica era al massimo per la casa, talmente forte da far tremare i vetri.

“Allora?” Chiese James sedendosi a capotavola, aspettando una risposta da parte dei ragazzi.

“Niente,” rispose Elizabeth sorridendo, afferrando il vassoio per poi passarglielo nella speranza di fargli mangiare qualcosa.

“Perché è tutto spento?” Chiese Blaine, facendo una linguaccia alla ragazza che lo guardò senza parole.
James guardò prima uno e poi l’altra, cacciò via il vassoio e afferrò una delle tre tazze di caffè sul tavolo. Sua figlia gliela strappò via dalle mani, ma non per berlo lei, non si sarebbe mai azzardata a fare una cosa del genere davanti a suo padre, ma per poggiarla sul tavolo. “Sei  già troppo nervoso così, direi che per oggi è meglio evitare il caffè.”
Lui la guardò intensamente negli occhi un momento, come a volerla leggere dentro. Era un uomo autoritario e dolce allo stesso tempo, ma non gradiva che qualcuno lo privasse di qualcosa o gli dicesse ciò che poteva fare. Ciò nonostante non disse una parola in merito, anzi le sorrise e poi si rivolse a Blaine.

“Il motivo per cui c’è silenzio, come tutti i problemi che incombono su questa casa,” l’uomo si passò una mano tra i capelli castano-rossiccio e con aria afflitta e piena di disprezzo continuò: “è quel marmocchio di Sebastian Smythe.”

Blaine avrebbe voluto ricordargli che tanto marmocchio infondo non era, Sebastian aveva 22 anni, come lui; ma quello non gli parve proprio il caso di dire qualcosa e appoggiare la sua Big Crush di sempre. James pareva sul punto di distruggere una casa. Rimase in silenzio e attese.

Nulla. E aspettò che la solita scenetta di quando il giovane cantante combinava qualcosa arrivasse.

“Quell'ingrato, disgraziato, che non fa altro che rovinare tutto ciò che ottiene. Quell'immaturo, più testardo di un mulo da soma che non vuole lavorare. Quel cantante da quattro soldi che non fa altro che rovinarmi la vita e darmi grattacapi. L’unico capace di combinare un disastro restando semplicemente a casa o andando a  comprare un gelato. O che riesce a scatenare una rivolta soltanto spostandosi quei maledettissimi capelli o a farsi crescere quei baffi da quarantenne. Quell’essere insensibile, acido, menefreghista, manipolatore, belloccio, stronzo e combina guai di un Sebastian Smythe.” James ed Elizabeth dissero tutto all'unisono, quest’ultima facendo il verso al padre.

Blaine si morse il labbro inferiore come accadeva quasi tutti i giorni, dato che la star combinava sempre guai e quel monologo veniva ripetuto ogni qualvolta. Avrebbe voluto difendere Sebastian, ma non sapeva cosa aveva fatto quel giorno e poi, purtroppo, seguendolo da anni e vivendo con i Cristin, sicuramente non c’era niente di buono da poter dire.

Preferiva sempre restare in silenzio in quei casi, perché purtroppo, nonostante vivesse con James, a lui non veniva mai detto niente di rilevante o in più rispetto a ciò che pubblicava la stampa. Ovviamente aveva dei vantaggi, ad esempio conosceva tutte le abitudini di molti personaggi famosi ed era a conoscenza di ciò che Sebastian faceva senza troppi guai.

Anche essendo una famiglia, come gli ripetevano sempre James e Elizabeth, c’erano cose in cui lui veniva tagliato fuori, come ad esempio il lavoro dell’uomo. Si trattava di questioni professionali, per questo non sollevava mai obiezioni quando interrompevano i discorsi al suo arrivo o non lo portavano con loro e doveva restare a casa quando succedeva qualcosa di interessante.

 Guardò prima Elizabeth e poi James, e poi chiese: “Che ha fatto questa volta?”

“per l'amor del cielo, Blaine!” Lo rimproverò El, battendo violentemente la mano sul tavolo, e lui gli sorrise beffardo.

“Il linguaggio, signorina.” La rimproverò l’uomo, ma lei non fece nemmeno una piega. “Ha ragione a voler sapere cos'ha combinato quell’idiota di Smythe e, siccome i media non fanno che parlare d’altro, non capisco il motivo per cui deve restare all'oscuro di tutto.”

Elizabeth alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, poi interrompendo il padre, disse: “Nelle mattinate è stato visto in pessime condizioni mentre tornava a casa con un taxi e come se non bastasse, chi lo ha incontrato, giura che fosse sotto effetti di stupefacenti ed è talmente sfigato da essere stato riconosciuto dai paparazzi. Ma come io e papà sappiamo, non è questo ciò che ha fatto scatenare tutto ciò, perché non è di certo la prima volta che una star si fa ritrovare in pessime condizioni o drogato, ma la ciliegina sulla torta è che ha partecipato alla campagna contro le droghe.”

Blaine era abbastanza sicuro che se la mascella non fosse stata ben attaccata al suo cranio, sicuramente si sarebbe ritrovata a fare compagnia al pavimento. Era completamente senza parole. In giro si sapeva che Sebastian non era uno di quei ragazzi casa e chiesa, ma di certo non lo credeva capace di una cosa simile e di certo era sbagliata; tuttavia, la stima e l’infatuazione che provava per quel ragazzo era rimasta immutata, se pur offeso in qualche modo per quello che aveva fatto e altamente disgustato.

“Ma non è tutto, Elizabeth si è dimenticata di dirti la parte più emozionante.” Disse James, con un sorriso finto per nascondere la rabbia. “Si dice che fosse in compagnia di vari.. uomini, sia nel locale che nel taxi.”

“Non era con Santana?” Chiese Blaine, gli occhi sgranati e un misto di felicità unito allo sconforto lo stava invadendo.
“Nessuna Santana, da nessuna parte.”

Il moro si morse il labbro, mentre entrambi i Cristin tornavano a fare colazione o almeno ci provavano. Il problema era che non sapeva se essere felice o meno dell’ultima scoperta. Sebastian adesso si sarebbe ritrovato per l’ennesima volta su tutti i giornali e le riviste per quella che era la sua presunta omosessualità e quella che allora doveva essere la relazione fake con Santana.

Blaine su questo punto, aveva più volte cercato d’avere una conferma. Perché lui voleva ardentemente che Sebastian fosse gay, ma James non gli aveva dato nessuna risposta in merito, né tanto meno Elizabeth che, all'inizio aveva fatto finta di non saperne nulla, poi gli aveva detto esplicitamente che si sarebbe portata il segreto fin dentro la tomba. Lui aveva provato in tutti i modi a convincerla, facendole massaggi,aiutandola a studiare, accompagnandola a fare shopping e chi più né ha, più ne metta, ma niente. Ben due volte aveva spiato delle conversazioni telefoniche di
James, ma non avendo scoperto niente in merito e sentendosi terribilmente in colpa come se avesse appena svaligiato una banca, decise di non farlo mai più e restare avvolto nel mistero fin quando non uscirono delle foto di una nuova ship: Sebtana, con i due cantanti che uscivano e si baciavano in pubblico e che venivano paparazzati anche in momenti intimi.  Si era arreso alla dura verità: Sebastian Smythe era etero e stava insieme a Santana Lopez.

Lui comunque odiava quella ragazza e sapeva anche il motivo e lo riteneva pure abbastanza stupido, infondo Sebastian Smythe non era suo, anzi sicuramente non si ricordava nemmeno d’averlo incontrato quasi dieci volte-
Blaine ne andava fierissimo, anche se quasi sempre di sfuggita e per due minuti- , ma restava il fatto che lui lo venerava e che invece lei fosse davvero una stronza. Il che era vero, non solo un pensiero di Blaine, ma tutti conoscevano il caratterino della famosa cantante ispanica.

“Ha bisogno un’altra volta della baby-sitter.” Disse di punto in bianco James, lasciando cadere nel piatto il cornetto a cui aveva dato un morso.

“Non se ne parla, papà. Devo studiare e non ho né la voglia, né la pazienza per occuparmi di quello lì.”

Blaine quasi si soffocò con il succo che stava bevendo per quello scambio di battute. Ricordava ancora che, un paio di mesi prima, James aveva avuto la stessa idea dopo che Sebastian aveva combinato un disastro andando a un party a cui non solo non era stato invitato, ma riuscendo a convincere tutti gli altri invitati a denudarsi completamente per poi fare il bagno in oceano, in pieno inverno. Quella volta non solo si era preso una brutta febbre, ma poi era restato dentro casa per un mese intero, non volendo vedere nessuno, gettando i fans nella più completa disperazione, James sull'orlo di una cristi di nervi e i media a sguazzare su tutto ciò che di orribile potessero ricavare.

Da lì, l’agente era felicemente arrivato ad una conclusione: Sebastian aveva bisogno di qualcuno che lo sorvegliasse ventiquattro su ventiquattro, sette giorni su sette. Per non dare troppo nell’occhio, aveva dato “Quell’ingrato compito”, per come lo aveva definito inizialmente, ad Elizabeth. E con lei le cose sembravano essersi calmate, almeno di poco, visto che Elizabeth non era di certo un cucciolo di coniglio e quindi Sebastian aveva trovato più un’amica con cui fare pazzie che qualcuno che lo tenesse sotto controllo. Ma James aveva comunque ottenuto ciò che voleva, ma purtroppo anche lei aveva le sue priorità e prima tra tutte era il college, così aveva abbandonato il posto. Inizialmente aveva pensato a sostituirla, ma volendo dare fiducia alla star, la nascita dei Sebtana e con l’attenzione focalizzata su una certa Rachel Berry, aveva rinunciato. Ma ovviamente il bel tempo non dura per sempre, così come la tempesta.

“Sarà un problema trovare qualcuno che sia disposto a stare con lui per più di cinque minuti.”

“Lo farò io,” disse Blaine afferrando la palla in balzo. Dopotutto prima c’era Elizabeth, adesso lei era impegnata con l’università.

Elizabeth e James si voltarono immediatamente verso Blaine, la prima sembrava volersi mettere a ridere, il secondo preoccupato, lui sperava solo che dicessero di sì.

“Blaine-“ Cominciò l’uomo, ma lui lo interruppe immediatamente. L’occasione di una vita si  stava parando davanti a lui, non poteva lasciarsela scappare in quel modo. Non quella volta.

“Sì, lo so James. Lo che non mi vuoi coinvolgere in queste cose perché non sarebbe una cosa giusta e perché si tratta del tuo lavoro, ma ne sono capace.”

“Blaine, lo sai che sei l’unica persona al mondo di cui mi fido, ma Sebastian non è la persona che pensi, il cantante tutto vi amo fans, siete tutta la mia vita. E’.. diverso e questo lo sai.”

“Starò attento, rispetterò tutte le procedure! Fidati di me.” Lo implorò Blaine, sferrando i suoi puppy eyes che riuscivano sempre a convincere quasi tutti.

James alzò le spalle, in difficoltà. “E’ di lui che non mi fido. E’ imprevedibile, non..” Tacque. Era indeciso su cosa fare e cercò gli occhi di sua figlia.

Già la prima volta, Blaine si era offerto volontario per lavorare con Sebastian e fagli da “Babysitter” e pareva che James stesse per acconsentire quando alla fine Elizabeth decise di prenderlo lei, quel compito. Adesso, senza lei di mezzo, forse Blaine poteva riuscire seriamente ad accaparrarsi quel posto.

“No,” disse El seccamente, poggiando la tazza di tè sul tavolo, facendola tintinnare. “No, non se ne parla!”
Blaine la fece a pezzi con lo guardo, sentendo la rabbia montare dentro. Non questa volta, sperò con tutto se stesso, non questa volta. Erano anni ormai che era arrivato a una conclusione spiacevole: Elizabeth faceva di tutto per farlo stare lontano da Sebastian; e lui non ne capiva il motivo.

Perché, signori e signore, parliamoci chiaramente: Blaine viveva con i Cristin da quando aveva quindici anni e si erano trasferiti a Los Angeles quando ne aveva sedici, da allora aveva incontrato moltissimi dei suoi attori e cantanti preferiti, alcuni più volte e con altri c’era addirittura stato a cena o passato i weekend –perché, quando lo invitavano,James portava sempre la famiglia in quelle occasioni- e in quattro anni che Sebastian era sulla cresta dell’onda, lui lo aveva incontrato soltanto dieci volte; nessuna cena, gelato, weekend insieme, pranzo o qualunque altra cosa? Blaine era buono, non stupido. 

James seguiva, oltre  Smythe, anche un cantante e un attrice, rispettivamente: Nick Duval, e Emily Jackson; li conosceva e anche se con l’ultima non erano proprio in ottimi rapporti, era finito a casa loro bel po’ di volte e passato del tempo insieme. Invece con Sebastian mai.

A sua discolpa, c’era da dire che, purtroppo,  Sebastian era il più riservato –in un certo senso-, a quanto si diceva il più antipatico e che quando invitava James a casa sua per un pranzo o una cena, l’invito non era esteso a nessun altro. Nemmeno ad Elizabeth.

Per lei invece non c’erano scusanti. Tutta questa avversità e la devozione nel tenerli separati il più possibile, rimanevano un mistero, che forse sarebbe rimasto tale per sempre.

“Per favore,” supplicò Blaine, guardando James e sperando che lui non desse retta alla figlia. “Giuro che sarò perfetto.
Non combinerò nessun disastro, te lo prometto. E... e... ti prego.”

I lineamenti mascolini ed eleganti dell’uomo si addolcirono, “Non credo sia appropriato,” disse a voce bassa. Sembrava essersi calmato di colpo, “Sebastian.. non credo ti darebbe ascolto e-“

“No.” Elizabeth batté la mano sul tavolo, “né abbiamo già discusso un milione di volte. Chiederò a uno dei miei amici di farlo. Oppure potremmo chiedere a Jennifer di badare a lui e le aumenteremo lo stipendio.”

Blaine perse completamente le staffe e quando parlò non si accorse che il suo tono di voce era tanto alto da star quasi per urlare. “Non abbiamo mai discusso niente, tu ti sei sempre imposta! E vorresti dare un impegno così importante a uno qualsiasi dei tuoi amici e non a me?! A me? Viviamo sotto lo stesso tetto, mi conosci meglio di chiunque altro,sai che non venderei mai niente alla stampa, sono l’unica persona di cui vi fidate e tu vorresti dare il compito a Jen, la sua stilista. Mi prendi gioco?”

Elizabeth si alzò dalla sedia, lui la imitò, lei si protese in avanti e lo afferrò per la canottiera. “Ne abbiamo discusso io e papà!”

“Basta!”  la voce di James tuonò forte e chiara per tutta la casa. Blaine venne trapassato da un brivido di terrore, l’uomo aveva una voce profonda e melodiosa, ma quando veniva utilizzata in quel modo, avrebbe messo paura anche a una belva feroce.

Elizabeth lasciò subito andare il moro, che tentò di risistemarsi. Provò a dire qualcosa, ma il padre la zittì prima ancora che aprisse la bocca soltanto spostando i suoi occhi verde chiaro, con sfumature color ghiaccio, nei suoi.

“Sedetevi  per favore, che non è giornata, ve lo assicuro,” continuò, questa volta con voce piatta come il mare in estate di prima mattina. Sbuffò e lanciò uno sguardo eloquente alla figlia che abbassò subito lo sguardo, spostò il peso su una gamba e poi borbottò qualche scusa a Blaine prima di rigettarsi sulla sedia. “Mi sembra di riavere qui davanti agli occhi il mio Blaine e la mia Beth adolescenti,” sospirò, “Datevi un contegno.”

“Papà io ci provo ma-“ La ragazza tacque nel momento esatto in cui lui alzò un sopracciglio e non ascoltandola stava per continuare a parlare.

“Mentre voi due discutevate come quando avevate sedici anni, io ho preso la mia decisione,” entrambi i ragazzi  si fecero più attenti, “e vi prego di non.. come si dice? Fangirlare ? Al diamine: di non esultare troppo o fare i capricci.”
Blaine iniziò a sudare freddo e annuì; Elizabeth sollevò gli occhi al cielo. Non rispose.

“Ebbene: Blaine ha ragione, sarà lui a fare da Sebastian-Sitter. Fa parte della famiglia e mi fido di lui e-“ James si interruppe.

Elizabeth tirò la sedia indietro, si alzò e andò via. Gli altri due seduti a tavola si scambiarono uno sguardo e un attimo dopo, sentirono una porta dal piano di sopra sbattere con violenza. James scosse il capo.

“Dio, dammi la forza!” implorò, guardando verso l’alto, mentre accanto a lui, Blaine aveva già iniziato a dare di matto.
 
 
 
*
 
 
 
“Blaine, che fine hai fatto? Dobbiamo andare.”

Il moro non fece nemmeno in tempo a coprirsi il basso ventre con l’asciugamano, che Elizabeth era già entrata in camera sua. Era ancora visibilmente arrabbiata, ma almeno ebbe la decenza di non fulminarlo con gli occhi appena lo vide.

“In venti minuti ti sei fatto soltanto la doccia?” Chiese invece sconsolata, passandosi una mano sulla fronte, scompigliando per sbaglio la frangetta.

Blaine guardò prima il suo riflesso nello specchio dell’armadio e poi lei. Lui ancora doveva asciugarsi i capelli e sistemarli, asciugarsi per bene il corpo perché era ancora gocciolante, scegliere i vestiti e cercare di coprire quelle orribili occhiaie.

Elizabeth era già pronta: lavata, vestita, truccata, con i tacchi ai piedi e i capelli impeccabili. Come faceva a essere sempre puntuale, lo sapeva solo lei.

“Fortuna che sono io la donna in questa casa,” gli disse, lanciandogli una frecciatina e Blaine strinse la mascella.

“Sto per andare a casa di Sebastian Smythe. Milioni di ragazze e ragazzi vorrebbero essere nei miei panni, mi permetti di voler essere carino per questa occasione?”

Elizabeth arricciò il naso, “Nah,” disse andandosi a sedere sul letto, “è solo un ragazzo cretino come tutti gli altri, niente di più e niente di meno.”

Blaine si trattenne dal dire la sua e iniziò a frugare tra i cassetti del suo armadio.

Sebastian, per lui, non era solo uno tra i cantanti più in voga del momento e un bel visino. Era un’ispirazione. La sua musica lo aveva  accompagnato nei giorni bui e in quelli belli. Era come un amico, in un certo senso. Le sue interviste lo facevano ridere e sorridere, la sue canzoni commuovere anche e le sue foto gli mozzavano il fiato ogni volta. Era qualcuno da prendere come esempio per come era riuscito a superare un brutto capitolo della sua vita fatto di droghe.  E lui ne era molto orgoglioso, adesso Sebastian non faceva altro che vincere costantemente premi per la sua bravura.

Elizabeth uscì fuori dalla borsetta il cellulare per navigare su internet alla ricerca di vari scoop e giocare a qualche gioco stupido che si era scaricata. Blaine invece prese dal primo cassetto una camicia bianca e un paio di jeans e li depose sul letto, accanto alla ragazza che alzò un sopracciglio; sopracciglio che si inarcò ancora di più quando vide delle scarpe da ginnastica venire accostate al outfit.

“Blaine?” Lo chiamò alzandosi in piedi e avvicinandosi all'armadio, per poi frugare tra gli accessori.

“Che c’è?” Chiese lui in noto sgarbato, fermandosi davanti alla porta del suo bagno in camera. Si voltò e inclinò la testa da un lato quando la vide avvicinarsi con la mano sinistra chiusa a pugno.

“Vuoi essere davvero carino?” domandò a sua volta, portandogli un braccio dietro al collo mentre Blaine le circondava i fianchi con il suo, in modo naturale. Sembrava calma, forse aveva capito d’aver sbagliato a comportarsi in quel modo a colazione.

“Si, certo,” rispose annuendo.

“Allora,” iniziò lei, prendendogli la mano libera, “sii te stesso,” poi gli lasciò un papillon sul palmo e gli chiuse le dita.
Lui capì ma non ebbe il tempo di replicare perché lei continuò. “Ti voglio sotto tra dieci minuti,” poi si allontanò dalla sua presa e uscì dalla stanza.
 
 
Blaine si guardò allo specchio e si impegnò a modellare le labbra in un sorriso tirato. Guardò i capelli stracolmi di gel che sembravano appena leccati da una vacca, il copri-occhiaie, il papillon attaccato al collo, la camicia a quadri gialli e neri e i pantaloni della stessa tonalità di giallo della camicia.
I suoi occhi si riempirono di lacrime.
 
 
 
*
 
 
Blaine scese le scale in tutta fretta, trovandosi El già alla porta che lo aspettava.

“Pensavo che non saresti più sceso,” disse prendendo le chiavi di casa e quelle della macchina dal mobile. Alzò gli occhi e lo guardò per un momento, poi aprì la porta di casa, “Almeno hai cambiato le scarpe.”

Il ragazzo strinse i pugni e si guardò a sua volta, stringendo le labbra alla camicia bianca e ai jeans.  Scese gli ultimi scalini, controllò che avesse il cellulare in tasca e seguì Elizabeth fuori casa, chiudendosi alle spalle la porta.

Scesero gli altri dieci scalini della veranda e si fermarono nel vialetto, davanti alla decappottabile rossa con i gli interni color panna e Blaine aspettò che la ragazza la aprisse prima di salire.

“James non viene?”

“Penso che se al momento vedesse Sebastian, come minimo lo ammazzerebbe,” rispose Elizabeth mettendo in moto la macchina, “ha detto che chiamerà più tardi, per il momento sta cercando di mettere a freno la notizia e ha un incontro importante.”

Blaine annuì e rimase zitto per non dire ciò che pensava realmente: non c’era alcuna speranza. Se quella mattina la televisione era stata spenta, allora già tutti i telegiornali parlavano di quello che era successo e adesso era fin troppo difficile metterla a tacere. A una cosa del genere, pochi avrebbero rinunciato.

In retromarcia percorsero tutto il vialetto in mattonelle fino a imboccare la strada. Elizabeth gli passò la borsetta e gli lanciò uno sguardo di sfuggita. “Non hai messo il papillon,” notò subito, aggiustandosi sul naso gli occhiali da sole.

“L’hai detto tu che Sebastian è un cretino come tutti gli altri,” rispose lui mettendo la borsa nei sedili posteriori, “non volevo sembrare troppo elegante,” mentì.

Elizabeth per tutta risposta cambiò marcia e la macchina sfrecciò in avanti; entrambi si ritrovarono con i capelli al vento. Blaine accese la musica che fece loro compagnia per tutto il tragitto per riempire il loro silenzio che sennò sarebbe divenuto il solito discorso noioso che nessuno dei due voleva mai affrontare e ramanzine che poi non prendevano seriamente.

Percorsero tutta West Hollywood in tempo record e rallentarono soltanto una volta che furono dentro Hollywood, al contempo, Blaine si ricordò dell’università di Elizabeth.

“Non era il primo giorno del semestre, oggi?”

“Già,” lei alzò le spalle, “ma non ti avrei mai lasciato andare da Sebastian da solo, hai bisogno che qualcuno ti spieghi bene cosa fare. Inoltre ho una media impeccabile, nessuno farà caso a un’oretta di ritardo.”

“Sono le nove e mezza passate, credo che farai più di un ora di ritardo.” Le fece notare Blaine, passandosi una mano tra i riccioli ribelli.

“Fa niente.” Rispose lei e tra loro ricadde di nuovo il silenzio.

La canzone che stavano ascoltando terminò e Blaine fece ticchettare le dita sullo sportello in attesa della prossima, ma al posto di una melodia, ciò che uscì dalla radio fu la voce dei due conduttori.

E adesso vi faremo ascoltare l’ultimo singolo di Sebastian Smythe con la sua ragazza Santana Lopez!”

“Già, chissà come avrà preso lei ciò che è successo nelle ultime ore.”

“Secondo me, anche lei era conivol-“

Elizabeth spense la radio, sbuffando. “Guarda che insolenti,” imprecò, poi si guardò nello specchietto retrovisore, “Blaine passami il foulard e tu mettiti gli occhiali da sole e un cappello.”

“Perché?” Chiese lui innocentemente.

“Perché sicuramente ci saranno dei paparazzi vicino casa sua, è meglio non farci riconoscere,” Blaine capì esattamente da chi era meglio non essere visti e la ringraziò mentalmente della sua previdenza. Non tutti sapevano che Elizabeth era la figlia di James e quasi nessuno conosceva Blaine, se avessero scoperto le loro identità, sicuramente avrebbero fatto di tutto per estorcergli risposte alle loro domande per giorni interi, fin quando la notizia non si dissipava. O almeno era quello a cui volevano credere.
 
 
 
*
 
 
"..mi ascolti quando parlo, o è come se parlassi al muro?”

Blaine rimase incantato a guardare ciò che gli si parava difronte, le parole di Elizabeth erano soltanto un mormorio fastidioso chissà dove nel suo cervello. Era troppo impegnato per prestarle attenzione, preferiva di gran lunga stare lì, in piedi difronte gli scalini che parevano di cristallo, a fissare quell'enorme villa per poterle anche solo risponderle.

A casa di Sebastian c’era già stato una volta, per un party a cui era stata invitata anche Elizabeth e di conseguenza ci era andato anche lui, nonostante le polemiche. Era sera tardi e si era svolta nel enorme giardino, vicino alla dependance; adesso che la vedeva alla luce del sole, con i raggi che si riflettevano nelle vetrate, la casa pareva emanare una luce propria e molto più grande di quanto ricordasse.

L’aveva vista e cercata molte volte su Google immagini e Google Maps, dalle foto non sembrava che fosse alta quattro piani da una parte e due dall'altra –era una costruzione moderna, dalla forma strana e confusionaria, per come l’aveva definita Blaine più volte- e che contenesse quattro camere degli ospiti, la camera da letto di Sebastian, nove bagni, una biblioteca, una stanza insonorizzata per le prove, una piscina interna, uno studio, una cucina enorme, tre saloni, due sale da pranzo, una piccola discoteca privata che veniva utilizzata anche per le prove di ballo quando il cantante ne aveva voglia, una stanza dedicata esclusivamente agli strumenti e ai trofei e altre quattro totalmente e completamente vuote. Adesso che la vedeva davvero, poteva dire che sì, tutti quegli ambienti potevano starci benissimo al suo interno e credeva pure a Elizabeth che gli aveva raccontato che per la prima settimana non aveva fatto altro che perdersi tutto il tempo in giro per casa perché era assolutamente enorme.
Eppure, Sebastian, lì viveva da solo.

“Muovi quel bel sedere che ti ritrovi o dobbiamo essiccarci qui al sole?”

“Cosa?”

Elizabeth alzò gli occhi al cielo, si avvicinò a lui e gli afferrò una mano salendo gli scalini. “Comunque: hai capito ciò che ti ho detto prima o devo ripetertelo?”

Blaine la seguì battendo ripetutamente le palpebre con l’aria corrucciata. “La parte in cui mi dici che lavoro per James o quella in cui ho una settimana di tempo per darmela a gambe levate?”

“Entrambe,” rispose lei cercando all’interno della borsa un mazzo di chiavi. “Ora ti spiegherò un paio di cose di cui devi assolutamente prendere conto,” le uscì e ne infilò una nella serratura. “Per il resto saranno tutte cose che dovrai decidere sul momento. Però ricorda: tu lavori per James, non per Sebastian.”

“Io pensavo-“ Blaine si sboccò appena Elizabeth aprì la porta di casa e lui venne investito da un profumo di pulito e cornetti caldi insieme, misti a quelli di una colonia fresca, pungente e super costosa. Era quella di Sebastian, l’avrebbe riconosciuta tra mille.

“So cosa pensavi, ed è sbagliato,” continuò lei trascinandoselo dentro, chiudendosi la porta alle spalle e iniziando a camminare per l’ingresso che era assolutamente enorme.

C’erano delle poltrone e dei divani, l’arredamento, considerando la grandezza della stanza, pareva povero. Mentre passavano per uno dei saloni, Blaine capì che la casa e il mobilio erano stati concepiti per ospitare innumerevoli ospiti.

 Sentirono un rumore di passi che fecero subito battere freneticamente il cuore nel petto del moro, che rimase deluso quando sulla soglia della sala da pranzo si presentò un’uomo sui quaranta, i colorito caffellatte, i capelli neri come la pece dello stesso colore degli occhi, corpulento, in divisa da Chef e un vassoio d’argento in mano pieno zeppo di cornetti, cream caramel, frutta e dolci di tutti i tipi.

“Oh, ciao Pascal,” lo salutò Elizabeth con un sorriso gentile.

“Buongiorno Signorina Elizabeth e buona giornata anche a lei,” disse rivolgendosi a Blaine, “Avete fame? Gradite qualcosa da mangiare?”

L’uomo era solare, si capiva fin da subito; riusciva a mettere di buon umore con soltanto uno dei suoi sorrisi gentili e quasi paterni. Con il suo tono di voce educato e comprensivo, faceva venir voglia di mangiare anche se si era sazi.

“Grazie di cuore,” rispose prontamente la ragazza, “ma abbiamo già fatto colazione,” poi diede un’occhiata di traverso a Blaine, “E se questo mettesse qualcosa sotto ai denti, vomiterebbe tutto nel giro di pochi secondi.”

“Non è-“ ma si interruppe. Elizabeth aveva ragione, anche se non aveva la minima idea di mangiare qualcosa.

Percorsero mano nella mano diversi ambienti che Blaine non fece nemmeno in tempo a riconoscere perché camminavano troppo velocemente e non aveva neanche il tempo di gettare un occhiata qua e là. Arrivarono in un piccolo vano circolare dove al centro vi erano due rampe di scale in marmo che parevano reggersi da sole a mezz'aria;
i corrimano erano in cristallo e salivano fino in cima, gli unici appigli alle pareti erano quelli in cui toccavano ogni piano, creando una specie di ragnatela.  E’ davvero carina questa casa, pensò il moro, avvicinandosi ad esse per salirle. Dall'occhiata fugace che aveva dato in giro, il moderno e il classico erano stati mescolati insieme in qualcosa di eccentrico e, non se lo sarebbe mai aspettato, di buon gusto.  Non c’era niente di esagerato o che stonasse in quella casa, un po’ ricordava Sebastian e il suo essere.

Elizabeth lo fece deviare all'ultimo momento, portandolo di fronte a un ascensore. Schiacciò un pulsante e le ante si aprirono. “Le odio,” disse con disprezzo, riferendosi alle scale. “Mi fanno venire le vertigini.”

“Non sono pericolose o delicate?”

“No,  sta tranquillo che non crollano: ci hanno ballato sopra una dozzina di volte ai party e di persone.” Rispose alzando le spalle mentre Blaine la seguiva.

Ci fu un attimo di silenzio quando Elizabeth cliché il quarto pulsante ed entrambi guardarono un po’ in giro per l’ascensore, poi la ragazza continuò a parlare. “Senti Blaine, non è per forza. Se vedi che le cose non vanno, lascia stare, intesi?”

Gli venne voglia di abbracciarla e dirle che sarebbe andando tutto bene. C’era preoccupazione in quelle iridi azzurre e maternità in quella voce. Forse fu per questo non lo fece e si limitò ad annuire.

Lei annuì a sua volta. “E fa sempre ciò che ti dice di fare. Cioè non sempre, la maggior parte delle volte e se il fine non è quello di combinare danni. In quel caso lascialo imprecare senza dargli conto: poi gli passa.” Elizabeth si morse il labbro, come indecisa se continuare o meno. “ah, un’ultima cosa. Ascoltami, è importante,” lui le prestò tutta la sua attenzione. “Non lasciarlo mai solo.”

Blaine aggrottò le sopracciglia.

“..Il minimo indispensabile. Se lo fai dopo due secondi lo ritrovi sempre in compagnia di qualcun altro o peggio ancora: depresso.”

“Depresso?”

“Depresso,” Ripeté Elizabeth, incolore.
L’ascensore si fermò e si aprì subito dopo. Uscirono e si ritrovarono direttamente nella stanza di Sebastian. Evidentemente quella era il piano in cui passava più tempo e doveva aveva tutto, o quasi.

Ancora mano nella mano, Blaine si fece condurre al'interno della stanza, trovandola vissuta. Forse era la prima che poteva definire tale di quelle che aveva già visto. Vestiti sporchi erano sparsi qua e là per la camera e le sedie, sul tavolino giacevano resti di bevande e cibo-spazzatura. La televisione che prendeva quasi metà di una parte era accesa e messa muta, l’ Xbox giaceva a terra sul pavimento insieme a numerosi fili.

Tutto quel disastro era accaduto durante quella notte, perché vi lavoravano dei domestici in casa per mantenerla sempre pulita e in ordine. Avevano fatto un festino o una cosa del genere. Blaine azzardò anche l’ipotesi che avevano fatto di tutto e di più mentre si riprendevano dal post-orgasmo. Poi cacciò via quell'idea assurda.

Guardandosi in giro, una cosa gli saltò all’occhio: Sebastian non aveva niente di quello che gli regalavano suoi fans, in quella camera. Niente lettere sparse ovunque, ritratti, peluche, fiori, poster. Anzi, in realtà non c’era nemmeno una sua foto. Soltanto qualche trofeo sparso nelle mensole qua e là.

Non c’erano porte a dividere la camera da letto con gli altri vani del piano, soltanto muri che parevano spessi. Per non far entrare troppa luce, delle tende spesse e costose erano state appese a soltanto una parete di vetro da dove si poteva ammirare il giardino.

L’unica cosa che faceva capire dove iniziava la vera e propria stanza, era il pavimento rialzato di uno scalino, di lato a sinistra vi era una parete semicircolare in legno che nascondeva ciò che doveva essere il letto; o Blaine non si sarebbe spiegato la mancanza di quel banale ma importantissimo particolare.

“Smythe, fatti vedere.”

Blaine lanciò uno sguardo ti-prego-El-non-mettermi-in-imbarazzo alla ragazza, lasciandole andare la mano e quest’ultima face una smorfia di disgusto per quanto Fan-boy fosse il moro in quel momento.

Ma ogni controbattuta plausibile che si stava formando nella sua mente si distolsero nel momento esatto in cui sentì delle lenzuola venire scostate e dei lamenti assonnati arrivare alle sue orecchie e pochi secondi dopo alcuni passi all'apparenza ciondolanti.

Stava per incontrare il suo cantante preferito, il ragazzo irraggiungibile, colui per cui avrebbe fatto di tutto e di più. Magari si sarebbe presentato nel pigiama scuro con cui si era fatto una volta una foto che poi aveva messo su twitter, oppure direttamente vestito di tutto punto oppure… oppure.. nudo, completamente e totalmente nudo, con soltanto il tatuaggio sul fianco sinistro a “coprirlo”.

Blaine sbatté più volte le palpebre per capire se quella fosse un allucinazione o il ragazzo che aveva appena entrato nel suo campo visivo fosse effettivamente Sebastian.

“Mostriciattolo, sappi che se sei qui per chiedermi di fare una cosa a tre con te e il suo amico,” Blaine si sentì due smeraldi verdi scrutare ogni  centimetro del suo corpo, “sappi che la risposta è no.”

“E perché mai?” Domandò lei sfrontata.

“Perché non lo condividerei con nessuno.”

Blaine deglutì a fatica, completamente allibito da quella conversazione e dal comportamento dei due ragazzi. Poi ovviamente la vista di Sebastian completamente nudo davanti ai suoi occhi non aiutava di certo, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

Elizabeth gli diede una gomitata sulle costole. Lui, come risvegliato da uno stato di trance, scosse lievemente il capo e chiuse gli occhi. Quando li riaprì li piantò sul viso del cantante, perdendosi a guardare quegli occhi arrossati e stanchi tutti sbavati di quel velo di matita nera che metteva sempre, rimasta dalla sera prima. I capelli castani con il ciuffo viola tutti arruffati con alcuni che gli ricadevano sulla fronte.

Era bellissimo e anche se erano a più di cinque metri di distanza, lottando per non far scendere i suoi occhi verso il basso, le parole che aveva detto, con il tono che aveva usato e quell'espressione da menefreghista, gli fecero stringere  i pugni e sentire lusingato allo stesso tempo.

“i-io.. Come ti permetti? Non ci conosciamo neanche.” Riuscì a dire, dopo vari secondi di silenzio e le guance scarlatte.

 “Vorresti dirmi che non hai idea di chi sia, o come prendo il caffè la mattina, Blaine?” Domandò Sebastian alzando un sopracciglio. Non vedendolo intenzionato a rispondergli, continuò con: “Allora mi conosci e possiamo fare sesso. Io non ho bisogno di conoscere te.”

Blaine rimase in silenzio, non perché non aveva come rispondergli a tono, anzi, ma perché Sebastian conosceva il suo nome e lui non glielo aveva detto. Nessuno lo aveva pronunciato, quel giorno. L’ultima volta che lo aveva visto, prima dell’estate, Blaine glielo aveva ricordato quando si erano scambiati esattamente due parole contate prima di separarsi. Possibile che Sebastian si ricordasse il suo nome? Se fosse stato così, di conseguenza, avrebbe dovuto accennare di essersi già visti, conosciuti per così dire. Invece non l’aveva fatto.

Elizabeth accanto a lui pareva aver fatto più o meno il suo stesso ragionamento; improvvisamente pareva bianca come se avesse appena visto un fantasma.

“Sesso con te? Non farei mai del sesso con qualcuno che mi parla così.”

“Perfetto: allora non parliamo e arriviamo subito al sodo.”

Blaine strabuzzò gli occhi. Sebastian era diretto, lo sapevano tutti; non aveva peli sulla lingua, era egocentrico e maleducato. Ma adesso era troppo diverso. Si chiese se l’idea che si era fatta di lui non fosse totalmente differente. Il ragazzo che aveva davanti, non sembrava minimamente lo stesso con cui aveva parlato altre volte. Non gli aveva detto nemmeno che era carino o fatto apprezzamenti, adesso gli stava addirittura proponendo di fare del sesso con lui. Era confuso.

Forse Sebastian doveva ancora rispondersi dalla sbronza.

“Sei maleducato.”

Elizabeth ghignò accanto a lui e la cosa lo irritò ancora di più.

“Che c’è? Non sono come ti aspettavi?” Chiese acido, poi alzò le spalle. “I Media ci fanno apparire sempre migliori o peggiori di quello che siamo realmente. E sono stufo di quei creduloni come te che si bevono tutte quelle balle che vi propinano.”

 C’era rabbia e noncuranza allo stesso tempo in quella voce e se Blaine non stesse provando un’irresistibile voglia di prenderlo a pugni per come lo aveva offeso, forse lo avrebbe adulato per quel suo modo di fare che sì, adesso non lo avrebbe mai più ammesso, ma lo invidiava.

Gli stava per rispondere a sua volta, quando una voce maschile e tremendamente effeminata arrivò alle loro orecchie dallo stesso punto da cui era comparso Sebastian. “Hey Smythe, torna qui.”

Elizabeth e Blaine si scambiarono uno sguardo e quest’ultimo per poco non rimase a bocca aperta. Lei lo guardò allarmata.

“Credevo fossi etero.”

Sebastian sospirò esasperato, portandosi le braccia al petto, belle, muscolose e costellate da piccoli nei. “Gay, etero, bisessuale, che differenza fa?”

“Che differenza fa?” Domandò Blaine retoricamente, sentendo la rabbia divampare scorrendo tra le sue vene. “C’è un enorme differenza e il tuo menefreghismo-“

“Bene, bene, bene, sei uno che si scalda in fretta. Starei qui ore a guardarti così, tutto concentrato sulle parole da dire per fare un discorso serio ma assai noioso. Arrabbiato sei ancora più adorabile, sai? Purtroppo  ho di meglio da fare.” Sebastian gli rivolse un sorriso cordiale, tirato, “Spero che non vi dispiaccia. Però Blaine, se ti unissi a noi, saresti il benvenuto,” i suoi occhi brillarono maliziosi, “la tua aria da scolaretto timido e filosofico è davvero molto eccitante.”

“Io sono etero.” Tagliò corto lui, guardandolo con aria di sfida. Elizabeth si voltò di scatto a guardarlo, in volto una maschera di stupore; Sebastian alzò le sopracciglia, perplesso, poi sorrise mellifluo.

“Direi che non avete proprio niente da fare qui, a questo punto. Fate pure un giro per casa, se la cosa vi aggrada, state attenti a non rompere niente con la vostra finezza da zotici.” Poi fece per andare via.

Ma zotici a chi? Quello li non era ubriaco, era completamente scemo e lui era ancora più scemo che c’era andato dietro per anni. Adesso che lo provava sulla sua pelle, il suo caratteraccio e la lingua tagliente non avevano proprio niente di affascinante. Aprì la bocca per rispondere a dovere ma di nuovo venne interrotto, questa volta dalla mano di Elizabeth che strinse la sua, in una silenziosa supplica. Non ebbe la forza di non accontentarla.

“Ah ah, davvero diverte Sebastian, sul serio. Ma non te la caverai così facilmente. Non siamo venuti fin qui per guardare la tua brutta faccia da mangusta mezza addormentata e il tuo uccellino.”
Sebastian continuò a camminare imperterrito.

“James vuole delle spiegazioni.” Si fermò di colpo, come se fosse andato a sbattere contro un vetro invisibile. “Abbiamo anche delle novità per te.”

Blaine era sicuro che il ragazzo avrebbe ripreso a camminare imperterrito, invece con sua grande sorpresa si girò di scatto verso di loro. Si stava mordendo il labbro inferiore, poi si passò una mano tra i capelli per tirarli indietro e sistemarli un poco.

“Ne parleremo a colazione,” disse in fine, cambiò direzione da quella che stava prendendo precedentemente, si diresse verso di loro e scese lo scalino. Blaine di dovette trattenere dal non fissarlo mentre lo superava e gli guardava in modo poco velato il sedere, il nome“Jeremy” tatuato dietro al collo che lo impressionava sempre anche solo dalle foto, per poi entrare in bagno e chiudersi la porta alle spalle.

Entrambi restarono per un attimo in silenzio, si scambiarono uno sguardo e nello stesso momento si diressero all'ascensore, ancora una volta mano nella mano, e Blaine era certo che lei gli avrebbe chiesto spiegazioni.




 



Si, eccomi tornata con una nuova long, vi sono mancata? Eheheh? No? Ok, va bene, la smetto. 
Questa volta la storia è nata ascoltando la famosa canzone "My Dark Side" che tutti qui conoscete (non dite il contrario che vi spezzo le gambine) di conseguenza ci saranno vari riferimenti a essa. Tutti i personaggi principali hanno un "lato oscuro", e sono già ben visibili. Vediamo che li indovina? chi vince riceverà un biscottino LOL
Adesso toglietevi il grande "WTF" che avete sulla faccia, perché si, lo so che nel prologo non si capisce quasi niente ma vi assicuro che tutte le vostre domande riceveranno una risposta nel corso dei vari capitoli. A proposito, per il memento ne ho soltanto un paio pronti e saranno tutti più o meno di questa lunghezza, quindi ho deciso che aggiornerò ogni dieci giorni o giù di lì. 
Spero di non aver dimenticato niente, tranne che il capitolo non è betato e vipregononmiuccidete, cercherò di sistemarlo il prima possibile; se nel frattempo qualcuno si vuole fare avanti come beta, ben venga xD 
Un bacione a tutti,
 
P.s. "#WhoISJeremy?" ..ok, la smetto. 
   
 
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