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Autore: Bancroft    25/11/2013    3 recensioni
La storia è ambientata subito dopo la morte di Gabriel, trafitto dal pugnale d'Arcangelo di Lucifero. Per essere precisi, la puntata in questione è la 5x19, "Hammer of the Gods".
***
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Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gabriel, Sam Winchester
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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There's a Heaven above you, baby.
I'm home, Lucy. 


 

« Cazzo Sam, fermati! Non ci provare nemmeno. »

Dean camminava a passo svelto seguendo Sam che correva in direzione dell’Impala.

« Zitto, Dean. Non dipendo da te. Faccio quello che voglio. »

Il più giovane dei fratelli lanciò all’altro un’occhiata di sfida aprendo l’auto, prima di salirvici. La mise in moto e partì a tutta velocità.
Dean si mise a correre, più veloce che poteva, anche se sapeva in cuor suo che era tutto inutile. Tentava comunque di fermare il fratello con minacce, o semplicemente intimandogli di frenare.

La ghiaia del vialetto saltava da sotto le ruote, sui lati, alzando anche un gran polverone.

E Dean continuava a correre dietro la macchina; Sam, vedendo che il fratello non si accingeva ad arrendersi, premette più forte sull’acceleratore, facendo così intossicare Dean con i gas di scarico; quest’ultimo si fermò, esausto, poggiò le mani alle ginocchia respirando forte, nel tentativo di riprendersi.

Quando alzò il viso, ormai l’auto era un’ombra lontana, riusciva a scorgere solo due puntini luminosi, i fari, in lontananza, ma presto scomparvero anche quelli.
Sospirò più volte, facendo dietro front verso la sua stanza nel motel. Sam non era stupido, sarebbe ritornato presto, appena gli sarebbe passata, pensò Dean.
 
Ma lasciamo Dean là, solo, a mangiarsi magari un panino o a bersi una birra, ed occupiamoci del vero protagonista di questa storia, ovvero Sam.
 
Era notte, tarda notte, una fredda e monotona notte invernale.
Sfrecciava il ragazzo per quelle strade deserte e polverose, per  quelle strade lunghe ed insidiose, tipiche nel centro dell’America. Nel buio, continuava a premere sull’acceleratore per aumentare la velocità del veicolo, sentendo che se fosse andato più forte, si sarebbe sentito meglio.

Non capita anche a voi di sentire quel bisogno di velocità se avete necessità di sfogarvi?
Non è realmente bello sentire il vento freddo addosso e vedere scorrere troppo velocemente tutto accanto fino a perdere ogni singola cosa dietro le spalle?

Le gomme mangiavano l’asfalto grigio che sfrecciava veloce sui lati, il ragazzo, dalla velocità a cui andava, non riusciva nemmeno minimamente a scorgere il paesaggio o un qualsivoglia oggetto sulle carreggiate o ai lati della strada.

Oh, la vastità dell’America e quei posti abbandonati dove non esistono limiti di velocità…
Il motore rombava distruggendo la quiete della notte per qualche secondo, e poi passava, lo potevi già sentire lontano ad interrompere il silenzio, in un luogo a qualche chilometro di distanza.

Il giovane Winchester guidava da più di tre ore, non sapendo nemmeno dove andasse o dove fosse diretto. Semplicemente si limitava a seguire la strada, dove l’avrebbe portato non importava, bastava solo che quel luogo si trovasse ben lontano. E guidava e guidava, correva per le strade, lasciandosi alle spalle enormi polveroni fitti che lo aiutavano a perdersi nel buio. Urlava il suo dolore, chiamava il suo nome, esteri orava i suoi dannatissimi sentimenti, la sua rabbia ed il suo dolore. Rabbia che gli montava dentro, rabbia che gli impediva di essere completamente lucido, rabbia che gli scorreva nelle vene, caldo e sudato il viso ma cuore freddo e reciso. La rabbia aveva ormai preso il controllo del suo corpo ed il dolore del suo cuore.
Strinse la lingua tra i denti fino al punto di farsi male, e poi strinse più forte.
Poi, per la rabbia che non riusciva a sfogare nemmeno correndo con l’auto, urlò, stanco, distrutto, disperato, urlò ed imprecò contro Dio, contro qualsiasi creatura divina esistente, imprecava e postulava sperando che qualcuno di loro lo stesse a sentire, chiedeva continuamente perché gli avessero tolto proprio colui che amava.

« Gabriel, Gabriel! » trascinò quel nome nel vento che entrava dai finestrini abbassati.

Delle nubi stavano addensandosi in cielo, stava per iniziare a piovere.

« Gabriel. » Sam abbassò leggermente lo sguardo poi, cercando di trattenere le lacrime, alzò il viso in alto digrignando i denti.

Qualche goccia cominciò scendere dal cielo battendo saltuariamente sulla carrozzeria o sul parabrezza.
Piccole goccioline scendevano lentamente sul vetro, scivolando piano, fino ad esaurirsi.

Su quelle strade, dove non passa mai anima viva per giorni e giorni, non vi era nemmeno un lampione o nessuna fonte di luce, oltre, ovviamente, i fari dell’Impala. Sam era quindi circondato dalle tenebre, dal buio ed il silenzio più totali.

Premette nuovamente sull’acceleratore, stringendo ancora per la rabbia il voltante, tanto da farsi sbiancare le nocche.

Ma l’auto, al posto di aumentare la velocità, iniziò a decelerare lentamente, Sam, su di giri, osservò il cruscotto e si accorse di aver terminato la benzina. Imprecò di nuovo e a stento riuscì a portare l’auto sul ciglio della strada, prima che quest’ultima si fermasse del tutto.

« Dannazione, dannazione! »

Batté ripetutamente sul volante per poi spegnere i fanali, se avesse consumato tutta la batteria Dean lo avrebbe sicuramente ‘ammazzato.’

Si guardò intorno, furtivamente, si trovò nel bel mezzo del nulla, nessuna abitazione, nessun autogrill, niente.

Sospirò e a malincuore, temendo la reazione del fratello, estrasse il cellulare dalla tasca, premette il tasto ‘rubrica’ e digitò il nome ‘Dean.’ Fece partire la chiamata portandosi l’apparecchio all’orecchio destro, ma non sentì nemmeno il solito rumore di aggancio alla rete. Guardò prontamente lo schermo e notò che non vi era segnale; mosse il telefonino e destra e a sinistra nell’abitacolo, ma non prendeva, nemmeno minimamente. Allora, infuriato, lo gettò sul sedile posteriore.

« Cazzo! » appoggiò la fronte al volante, abbandonando le braccia molli tra le gambe. Strinse gli occhi e i denti per tentare di trattenere le lacrime che però arrivarono inaspettate. Prima fu solo una goccia salata ad attraversagli il viso scendendo mesta, ma subito dopo ne arrivarono altre, ben più calde ed amare.

« Gabriel, Gabrie l» sussurrò, non riuscendo a smettere di piangere. Quel pianto non era volontario, bensì erano solo sentimenti che cercavano di scappare da quel cuore così dolorante, piangeva, ma incontrollatamente, lui non lo avrebbe voluto, ma sembrava come se qualcosa lo obbligasse da dentro e piangeva, stringendo i pugni, sospirando, mentre cercava senza risultati di calmarsi, deglutendo e piangendo ancora.

Si sentì ad un a tratto accarezzare i capelli, ma in un modo troppo dolce, non poteva essere stato solo il vento.

Aprì lentamente gli occhi e notò una figura seduta accanto a lui. Vi posò immediatamente le iridi verdi e lo riconobbe.

« G-Gabe? » si strofinò gli occhi incredulo.

L’Arcangelo seduto al suo fianco sorrise dolcemente.

Sam lo guardò attonito ed incredulo, fissandolo, osservando ogni minimo particolare dell’altro, mentre quest’ultimo continuava a sorridere, come se niente fosse.

Il ragazzo fece per avvicinarglisi ma Gabriel lo scacciò gentilmente, scuotendo la testa. Abbassò lo sguardo mentre Sam si rimetteva composto sul suo sedile. Il ragazzo dagli occhi verdi stentava a credere che Gabriel fosse realmente accanto a lui, ma non poteva provare né che quell’altro si trovava lì per davvero né che era solo la sua immaginazione. E… lo vedeva. Non spariva come le normali allucinazioni. Era ancora lì, anche se tentava di chiudere gli occhi e pensare che stava impazzendo.

Quell’altro sorrideva ancora, non muovendosi.

« Oddio. Devo avere le allucinazioni » se ne uscì il giovane.

« No, sono qui di fronte a te realmente. Più o meno. » Finalmente l’Arcangelo parlò, ironizzando alle parole di Sam.

« Ma tu… ma tu… tu sei morto !» ricordò Sam. « Ti ho visto, steso esanime sul pavimento di quella sala, le tue ali erano aperte, a terra, hanno bruciato il suolo, segno che tu… che tu te n’eri andato. Lucifero ti ha trafitto con quel pugnale, Lucifero ti ha ucciso. Eri morto. Eri morto a tutti gli effetti. »

Il giovane dagli occhi verdi si grattò la nuca osservando ancora l’Arcangelo di lato a sé.

« Ero morto e lo sono ancora » iniziò Gabriel a parlare, « ma lo sai che sono anche un Trickster e posso fare certe cose che non sono concesse agli altri Angeli ed Arcangeli. Posso creare copie di me, come tu sai, infatti  non mi puoi toccare, io non esisto più realmente in questo mondo, questo è di me solo un eco della mia Essenza che è rimasta legata  a te, sono solo una briciola di me, quello che ero qui, quello che sono e sarò, nei tuoi ricordi, nella tua mente, nel tuo cuore. »

Sorrise dolce verso il ragazzo. « Ora non posso più toccarti, e non potrò mai più. Ho poco tempo qui, poi svanirò nel nulla e non ci vedremo mai più. Ma… -attese qualche secondo prima di continuare- Ma… prima di andarmene vorrei chiarire delle cose. Cose che non ti ho mai detto durante la mia vita, cose che ti meriti di sentire. Oh, ti bacerei, ti darei tutto me stesso, ora, se solo potessi… »

Sam interruppe Gabriel mentre le lacrime continuavano a scendergli dagli occhi, infrangendosi su quelle guance rosee. « Ma… come fai ora ad essere qui… io… non riesco più a capire… Gabriel… ho bisogno di te …

Poche ed incomplete frasi riuscivano ad uscire dalle labbra del Winchester, anche se lui voleva dire molto di più, ma i singhiozzi gli imponevano di parlare poco; subito con uno “shh” venne zittito dall’Arcangelo. 

« Ti prego, ho poco tempo, fa’ parlare me, piccolo. » Sorrise inclinando la testa, mentre una lacrima scendeva lenta anche per il suo viso.

«Ti amo.»

« Anche io ti amo, Gabe, ed ho bisogno di te. »

« Metti in moto » disse Gabriel indicando la chiave della macchina, mimando a Sam di girarla.

« Ma sono a secco, Gabe. »

« Metti in moto » ribatté Gabriel con un sorrisino leggero sulle labbra.

Sam girò le chiavi alzando le spalle, ripetendo di essere a secco; ma, appena la macchina si accese ed il motore sgasò rombando, spalancò gli occhi, esterrefatto. Fece lentamente mezzo metro di retromarcia e poi girò le ruote e si rimise in carreggiata, l’auto andava ancora, pur non avendo una goccia di carburante nel serbatoio. Il giovane si voltò verso il compagno sorridendo compiaciuto, per poi appoggiare la schiena al sedile alzando la testa, ancora sorridendo.

« Oh, wow » riuscì solo a dire, provocando una leggerissima risata dell’Arcangelo. Quest’ultimo si girò un attimo prima di iniziare a parlare, osservò le stelle, quelle poche che si vedevano o intravedevano, dato che pioveva ancora e le nubi si muovevano ancora lente e pesanti nel cielo.

« Allora, Sam… » si girò cercando lo sguardo dell’altro. L’atmosfera tornò cupa e triste attorno ai due.

« Sì... » disse il giovane deglutendo. Non riusciva a girarsi vero l’Angelo, abbassò di poco lo sguardo, temendo che quello che l’altro avrebbe detto qualcosa che non sarebbe stato nulla di buono. Chiuse gli occhi per un attimo e subito fu assalito da mille ricordi, mille immagini, momenti tra lui e Gabriel; riaprì gli occhi per non ricordare.

« Guardami, ti prego » sussurrò Gabriel. Il ragazzo fece un piccolo mezzo sorriso e si girò lentamente verso l’Arcangelo, inarcando leggermente un sopracciglio e inclinando leggermente la testa.

« Dimmi, cosa c’è, Gabe. » Chiuse gli occhi, sembrava che stesse per rimettersi a piangere, gli occhi del giovane ridivennero lucidi e rossi, gonfi e stanchi.

« Oh, piccolo, non piangere. » La voce di Gabriel era tremante, nemmeno lui riusciva a trattenersi.

« Se piangi tu, piango anche io. »

« E’ difficile, ma ci proverò .» tentò di sorridere tornando a guardare la strada davanti a loro.

« Sam… non buttarti nella tristezza, devi continuare dopo che me ne sarò andato definitivamente e non piangere, ti prego… non piangere, non piangere stanotte, io ti amo ora e per sempre, non piangere, c’è il Paradiso sopra di te, ricordatelo… »

Mentre Gabriel iniziava a parlare, la sua voce calma e sempre così sensuale, scatenò nella mente e nel cuore del ragazzo ancora quei ricordi, quei momenti assieme, da quando si conobbero, fino all’ultimo, ogni notte, ogni bacio, ogni parola, ogni piccolo gesto e tutto il tempo passato, il loro passato, quel breve periodo della loro esistenza dove furono finalmente felici, quei brevi attimi dove scordavano tutto ciò che stava attorno a loro e pensavano solo all’altro, a tutto quello provavano, quel poco tempo che condivisero, quell’amore appena nato stroncato così, senza preavviso, distruggendo sogni e desideri, Sam pensava a quel calore che il corpo dell’Arcangelo emanava, quel calore che non aveva mai sentito prima, quel calore dolce che non avrebbe mai più potuto sentire. Quel corpo perfetto che non avrebbe mai più avuto occasione di stringere, i baci dolci e zuccherati che non avrebbe mai più sentito sulle sue labbra, quella calma travolgente che portava sempre con sé, quello spirito libero e spensierato che non avrebbe mai più potuto contemplare. Non lo avrebbe mai più sentito respirare sulla sua pelle, non avrebbe più potuto udire i suoi sensuali sussurri sulle labbra. Mai più… nemmeno un bacio si erano dati prima che Gabriel andasse incontro a quella sorte orribile... « Andrà tutto bene », diceva lui…

« Gabriel, –il giovanotto interruppe l’Arcangelo, che si fermò ad ascoltare le parole tremolanti e trascinate dell’altro- Gabriel, ti prego, dammi un respiro, dammi un sussurro, dammi un bacio prima di dirmi addio… » Il ragazzo non riuscì a terminare la frase, i singhiozzi gli bloccavano le parole in gola, si sentì mancare il respiro, inspirò l’aria fredda dell’inverno, lentamente, piangendo, sperando che avrebbe potuto sentire le labbra dell’altro, per un’ultima volta… sapendo, in fondo al cuore che non sarebbe stato possibile, ed ancora il fiato gli mancò nei polmoni…

« Non posso, e mi spiace, ora non puoi prenderla così duramente, in fondo ci conoscevamo da così poco tempo, ma sappi, sappi che starò sempre pensando a te, al tempo passato insieme… piccolo, e ti prego, non piangere, né ora né mai, non piangere stanotte, non piangere quando me ne sarò andato, ricordatelo, il Paradiso è sopra di te, sarò sempre lì, sarò sempre al tuo fianco, non mi dimenticherò mai di te… »

Sam strinse gli occhi, commosso da quelle parole, non riusciva a resistere, solo il momento era così triste e commuovente ed in più, anche le parole dell’Arcangelo non aiutavano ad essere meno tristi, anzi, erano pensieri così profondi, così ricchi di sentimenti, era quasi impossibile resistere al pianto.

Digrignò i denti, mentre quelle lacrime amare scendevano e colavano sul suo viso andando ad infrangersi sui jeans del ragazzo, creando macchioline scure sulle sue gambe, ed anche la vista gli si appannò, gli occhi bagnati di pianto di Sam erano così gonfi e stanchi che l’Arcangelo smise di parlare, rimanendo senza parole alla vista del suo piccolo Sam così affranto e distrutto dalla situazione.

« Oh, non piangere, piccolo, ti prego, non piangere, io ti amo… »

E quel “ti amo” fece ricordare a Sam il loro primo bacio, quando Gabriel, il fiero e potente Arcangelo si dichiarò al comune mortale che era Sam…
 Il giovane ricordò la scossa che sentì lungo la spina dorsale quando le loro labbra si toccarono per la prima volta, e sentì, in quel momento, ancora il dolce sapore della bocca dell’altro, un leggero aroma di dolci, aroma di caramelle, di zucchero…
Sentì ancora le mani calde dell’altro sul suo viso, tutta la scena era vivida nella sua mente, il suo cuore che batteva così forte, palpitava dall’emozione, così forte da sentirlo in gola; ricordò il momento in cui Gabriel cercò la sua lingua per accarezzarla e succhiarla piano; e, dopo quel bacio, si dissero ancora “ ti amo”, a vicenda ed ancora, su quella macchina tra il rumore del motore e delle gocce di pioggia che battevano echeggiando di metallico sulla carrozzeria, sentì nella mente  la voce suadente dell’altro sussurragli parole dolci all’orecchio risalenti a quando… quando alcune settimane dopo il bacio si rividero, soli, e scivolarono in una lunga notte di passione. E Sam deglutì, cercando di scacciare quei pensieri, cercando di mandarli lontani, ma, per quanto si impegnava, non ci riusciva, questi tornavano ad affollargli la mente, distruggendo il suo cuore.

« E, Sam, per favore, ricorda, ricorda che… non ti ho mai mentito, mai. Ricorda che nemmeno io sto bene dentro, sai, oltre ad aver perso la vita ho perso te, -si indicò il cuore- la vita non me la può ridare nessuno, ma tu sarai sempre qui. –Si batté piano la mano sul petto.- Ma ora, ora tu devi farcela da solo, starai meglio domani, appena torneranno le luci del mattino ti sentirai meglio, farò di tutto perché sia così, consideralo il mio ultimo desiderio prima di sparire, voglio che tu stia bene. »

Ancora immagini affollavano la mente del ragazzo mentre l’altro continuava con il suo discorso, e l’ammucchiarsi di flashback, ricordi, baci estasianti, nottate e momenti, miste alle parole di colui che amava erano come una pugnalata al cuore, ma sapeva, nel suo cuore piangente, sapeva che anche se contro la sua volontà, lui avrebbe dovuto continuare a combattere, sia per sé stesso sia per l’Arcangelo, e, un giorno si sarebbero rivisti, se non ora, più tardi, se non adesso, tra anni ed anni, ma nessuna anima gemella è divisa dalla propria compagna per sempre, perché dopo la morte terrena, queste torneranno a riabbracciarsi come semplice luce calda, come semplici sentimenti.

E nella mente di Sam, ancora ed ancora tornavano a galla immagini e sensazioni di quel dannato tempo passato con Gabriel. Ed i loro corpi avvinghiati nell’atto, il piacere che quello stupido Arcangelo era stato capace di dagli, quell’insicurezza iniziale, i baci sul corpo, i tocchi, le mani che accarezzavano ogni tratto di pelle, quella pelle dell’Arcangelo che istigava a dargli piccoli morsi, quella pelle leggermente abbronzata, dolce, come tutto quel corpo d’altronde, che ricordava vagamente… le caramelle, ogni volta.

Ed il sole iniziava a sorgere, dietro quella collina già si vedeva spuntare qualche tenue raggio. L’alba era vicina. Il ragazzo intuì che sicuramente, con il sorgere del sole, il suo amato avrebbe dovuto andarsene. E si rimise a piangere, mentre la sua mente gli riportava alla memoria un abbraccio caldo, sentì ancora il calore dell’altro sul corpo e le braccia possenti strette sulla schiena… e poi… il nulla.

« Sam. »

« Lo so. »

« Addio. Ti… ti amo! » sorrise l’Arcangelo, timidamente.

« Non dirmi addio, ci rivedremo, prima o poi noi due. È una promessa, verrò a cercarti, non ti dimenticherò mai » parlò il giovane dagli occhi verdi tra i singhiozzi, premendo sempre più forte sul pedale dell’acceleratore nel vano tentativo di risolvere quella situazione straziante.

« Beh, allora, arrivederci. » inclinò la testa e sorrise. Si avvicinò a Sam per baciarlo, e lo stesso fece l’altro, poi, il buio.


Sam alzò il viso dal volante, mezzo intontito con gli occhi gonfi ed umidi. Scrollò leggermente la testa, passandosi una mano sul viso, e poi sbadigliò. La macchina era ferma, sul ciglio della strada. Si guardò attorno, era nel punto in cui si era fermato prima che Gabriel apparisse. Pensò d’aver sognato tutto. E si rattristì intensamente per questo. Come se gli fosse stato lanciato un altro pugnale nel cuore. Eppure non poteva far a meno di pensare che quel sogno era troppo vivido per non essere stata realtà.
Ma lui, però non ricordava più niente, stavano per baciarsi e poi si era svegliato.
Il sole era ormai nel cielo, non troppo alto, -guardò il display del cellulare- erano le sette e trenta, ma era inverno, il sole sorgeva definitivamente sul più tardi. Aveva anche smesso di piovere, ma ancora si sentiva quel leggero odore di pioggia nell’aria, non aveva smesso da poco probabilmente.
Ormai era lontano dal fratello da tutta la notte, sarebbe stato meglio tornare da lui, almeno riportagli la sua amata macchina.
Guardò il cruscotto, il serbatoio era pieno, strano, molto strano. Riaccese la macchina pensando a tutte le parole dell’Arcangelo, erano troppe e troppo profonde per essere solo un sogno;
continuava a struggersi…
Voleva credere che tutto quello che era accaduto era vero, ma faticava a crederci, insomma, non aveva prove.
Per non dar ascolto ai suoi pensieri accese l’autoradio.
And don’t you cry tonight,
And don’t you cry tonight,
And don’t you cry tonight;
There’s a Heaven above you, bay,
And don’t you cry tonight,
Don’t even cry,
Don’t you cry tonight
Baby maybe someday…


Una lacrima scese lentamente attraversando la sua guancia, arrivò a toccare il suo labbro e se la portò via, sentendo quel leggero sapore salato sulla lingua.
E poi sorrise, ricordando le parole dell’amato, “non piangere, c’è il Paradiso sopra di te.”
Era accaduto tutto realmente, non c’erano più dubbi, la canzone era la prova.
Ed ora sapeva che Gabriel l’amava veramente e sapeva che sarebbe sempre stato accanto a lui, e un giorno si sarebbero rivisti.
L’amava ora, e l’avrebbe amato per sempre.
Sorrise, mentre il suo cuore tornava sereno, ovvio, sì, gli mancava, ma finché c’è un ricordo, almeno una misera briciola di ricordo nel suo cuore, Gabriel avrebbe potuto continuare a vivere in lui.
Sorrise di nuovo, strinse il volante, premette sull’acceleratore, non vedeva l’ora di riabbracciare il fratello.

« Ti amo Gabriel » sussurrò al vento che gli scompigliava quei morbidi capelli castani.

« Anche io » rispose Gabriel da lassù.
And don’t you cry tonight,
Don’t even cry,
Don’t you cry tonight.






 

Note: la canzone, ovviamente, è Don't Cry dei Guns N' Roses.
        Spero vi sia piaciuta. :D 
   
 
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