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Autore: DirtySoul    25/11/2013    1 recensioni
La One Shot fa parte del contest ‘Stagioni’ del gruppo
EFP-Salotto con tè e cupcakes'
“Era la stagione del cambiamento, allora perché per me le cose erano le stesse?”
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La One Shot fa parte del contest ‘Stagioni’ del gruppo 
EFP-Salotto con tè e cupcakes'
 
 “Era la stagione del cambiamento,
allora perché per me le cose erano le stesse?”
 
 
PSYCHO.”
“È l’estate,
fredda, dei morti.”
G. Pascoli
 
 
Autunno.
23 Settembre 2013, Praga.
 
Il colorito pallido e malato era il segno dell’inizio della stagione, era il segno che tutto stava per ricominciare, era il segno che la sua pazzia sarebbe stata pronta a torturarla, ancora.
Aveva aperto gli occhi smeraldo alle 6.00, puntuale come un orologio svizzero. Le pupille dilatate e lucide ne facevano trasparire il verde mozzafiato delle iridi; venature scarlatte di sangue misto a dolore, si diramavano lungo l’intera sclera bianca e secca.
Respirava a fatica, il petto s’innalzava e si abbassava ad un ritmo estremamente lento, dettato dal movimento della coperta bianca che le accarezzava il corpo esile e la pelle consumata.
Bianco, vuoto, assenza, solitudine.
Come ormai accadeva da tre anni, Meredith, la cara e dolce infermiera, era entrata nella camera scoprendo Ginger decisamente troppo tranquilla rispetto agli anni precedenti.
La siringa, con chissà quali sostanze al suo interno, era stretta nelle mani rugose della donna, che sorrideva ipocritamente alla splendida creatura inerme custodita fra le coperte.
‘Mer, oggi non ne ho bisogno.’ – Cercava di mostrarsi tranquilla, sincera.
Il sorriso furbo e rassegnato dell’infermiera, continuava a turbare Ginger che la osservava mentre la spogliava delle lenzuola.
Con quelle lenzuola bianche e vuote, si sentiva tanto la protagonista del suo quadro preferito di Van Gogh “Ragazza in bianco nei boschi”. Quella sconosciuta dalle candide vesti poteva vivere tranquillamente l’autunno, poteva respirarne ogni profumo, analizzarne ogni colore, toccarne ogni forma mentre lei era costretta a quella vita limitata da una malattia sconosciuta. Non era solo pazza.
‘Mer, davvero!’- Aveva iniziato ad agitarsi, muovendosi freneticamente sul materasso per non farsi toccare.
Un po’ come Dafne che cercava di scappare da Apollo; ma quale Dea avrebbe potuto implorare Ginger, quale preghiera avrebbe potuto placare la tormenta che si stava per abbattere nelle sue giornate?
 
Era lucida, non era impazzita.
Era calma, non agitata.
Perché non le credeva?
 
18 Ottobre 2013, Praga.
Non aveva bisogno di sedativi o tranquillanti, i medici se n’erano accorti.
Era in uno stato confusionale, non pericoloso come suo solito. Contemplava la natura al di fuori della finestra ogni giorno, mangiava poco e beveva raramente; era assorta nei suoi pensieri, ipnotizzata.
La calma era padrona del suo corpo, ma della sua mente?
La pazzia era presente eccome, era solo in uno stato di apparente letargo. Ginger era pazza.
La sua psiche era in trappola, intaccata da una malattia il cui nome era ignoto per chiunque.
Chi poteva salvarla? Solo Zayn.
Si sentiva come Didone che vagava per le strade di Cartagine, smaniando da una baracca all’altra del mercato, alla ricerca di qualche sfizio che potesse addormentare i suoi pensieri, sopprimendo il furore che le si era acceso nel corpo.
 
Le pareti del centro psichiatrico le aveva sempre odiate, come tutto lì dentro, specialmente in autunno.
Era da tre anni, ormai, in cui i giorni autunnali erano riempiti solo da sguardi malinconici attraverso la finestra, dedicati al mondo o forse a nessuno.
Ricordi sommessi, che avrebbe voluto seppellire… ma lei non capiva, lei non ragionava.
Era pazza, malata, innamorata.
Ricordava gli occhi scuri di Zayn, ne ricordava ogni sfumatura che Dio vi aveva dipinto con tanta passione proprio come con i potenti colpi di pennello di Henry de Toulouse-Lautrec in “La Toilette”, che sembrava aver riportato su tela una Ginger del 1896.
Avrebbe voluto strapparglieli e tenerseli stretti al cuore per sempre quegli occhi, così avrebbe potuto ammirarli ogni momento in cui ne avesse avuto voglia.
Era stata strappata dalle sue braccia, era caduta come una foglia, ferendosi.
Quella ferita era ancora aperta e non bastavano mille medici per curarla, ce ne voleva solo uno. L’unico in grado di ricostruirla, di riunire i pezzi, i tasselli.
“E’ pazza per aver amato, o è pazza per amare ancora?”
Più volte i dottori e gli stessi pazienti, se l’erano domandato, eppure lei era l’unica a conoscere la risposta ma a non averne mai data una. Pochi tra quelle pareti impregnate da segreti di sconosciuti, avevano avuto la possibilità di ascoltare la voce della ragazza, intenta ad annichilirsi ogni attimo che passava.
Non ricordava cosa la vita fosse davvero al di fuori di quelle mura abbandonate al tempo, faceva fatica a ricordare il mondo o semplicemente casa sua.
Spesso pensava a come avrebbe ritrovato la strada per raggiungere la sua villetta azzurra alle spalle del parco, una volta uscita da lì.
Avrebbe mai rivisto casa sua?
Quel senso d’impotenza sulla sua vita non l’abbandonava da tre anni, da quando lui non c’era più.
Come poteva un’assenza essere così presente?
L’albero non avrebbe mai voluto separarsi da quella foglia ingiallita, ma l’acqua, il vento, la neve gliel’avevano impedito.
Zayn non voleva separarsi da lei, eppure non erano insieme, eppure lei non era accoccolata tra le sue braccia.
Eppure erano anni che lei continuava a stringersi nella vestaglia, sperando d’incontrare il suo corpo o almeno il suo sorriso, il suo profumo.
Non riusciva più neanche ad immaginarlo.
Era terrorizzata da quell’abbandono.
 
 
5 Novembre 2013.
I suoi capelli erano così arancioni, da far invidia alle pesche mature, ai mandarini in autunno.
Li odiava, erano dello stesso colore delle foglie secche autunnali.
Lei non apparteneva a quella stagione.
Ma dov’era l’albero che lottava per continuare a possederla?
Il profumo dell’autunno entrava dalla finestra aperta nel salottino, in cui passava ogni giorno della sua monotona vita.
‘Chiudetela!’ –Urlava tra le lacrime, agitandosi sulla poltrona. Sentiva l’autunno sulla pelle, sentiva il suo corpo bruciare.
Quel profumo era malsano, era più malato di lei se possibile.
Non esisteva un nome per la sua malattia, ma n’esisteva uno per la cura: Zayn.
La paura dell’Autunno era inesistente; lei era la causa della sua stessa paura.
Lui l’avrebbe protetta da se stessa.
Era in bilico tra l’amore e l’odio per quella stagione così presente nella sua vita.
<< L’odio vince su tutto >> almeno così lei aveva spesso sentito dire.
 
23 Novembre 2013.
Più volte l’avevano paragonata ad una nullità, ad un qualcosa di inesistente, un fantasma che brancola in un corridoio senza fine, con la speranza che qualcosa cambi a farle compagnia.
Era dall’inizio della stagione che barcollava nell’oblio, intenzionata a dimenticarsi, ad annullarsi da sola, senza l’aiuto di nessuno.
Zayn le avrebbe dato una mano, se solo fosse stato lì con lei.
Era sempre stato così facile sentirsi miseri in confronto a lui: tra i due era lei il vaso di terracotta.
 
Tremava, rigida nel letto, cercando qualcuno che potesse aiutarla, qualcuno che chiudesse la finestra, qualcuno che la proteggesse.
Da cosa? Dall’autunno.
Rideva istericamente, sentiva l’autunno scorrere nelle vene, era folle.
Nessuno poteva sentirla, erano tutti pronti ad accerchiarla solo quando voleva rimanere sola.
I medici non capivano, le persone non capivano.
Lo scricchiolio della porta antica e rovinata, l’aveva attirata tanto da voltarsi e credere finalmente nelle sue preghiere.
Zayn!
Non era cambiato per niente in tre stupidi ed inutili anni; ora lui era lì.
Era serio, impassibile mentre la osservava sulla porta; lei piangeva rivedendolo.
Era tanto che non succedeva.
Sperava che lui si muovesse andandole incontro, ma era immobile sulla soglia, incerto se rivolgerle qualche attenzione o tornare da dove era venuto.
Dov’era stato?
‘Zayn’ – La sua voce flebile, malata e disperata, aveva richiamato il ragazzo che finalmente si era mosso andando a chiudere la finestra, senza proferir parola.
Sapeva quanto le facesse male ricordare.
Poteva percepire ancora il suo profumo, nonostante tutto, ben impresso nella sua mente e nel suo passato.
Zayn era indelebile, ormai aveva macchiato la sua vita, rendendola nera e sporca, esattamente come la tela di Kandinskij in “Improvvisazione 19”.
‘Piccola’
Avrebbe voluto urlare al suono di quel nomignolo, abbracciarlo, baciarlo, e invece rimase semplicemente a contemplarlo nella sua bellezza, aspettando che dicesse altro, aspettando di risentire quella melodia che era la sua voce.
‘Cos’hai fatto?’ – Era un tono preoccupato misto a tristezza e rabbia, quello del bel moro.
‘Cosa mi hai fatto, forse.’
 
19 Dicembre 2013.
Era così rassicurante sapere che sarebbe ritornato ogni giorno, pronto ad accudirla, a farla sorridere dopo tanto tempo.
Era splendido, anche mentre si sforzava di prestarle attenzioni inutili.
‘Dove sei stato?’
‘Lontano.’
‘Perché?’ - Avrebbe voluto evitare di sapere la risposta, ma lei non ragionava, agiva.
‘Per dimenticare.’
‘Me?’- Gli occhi verdi di Ginger erano lucidi, non gli avrebbe dato la soddisfazione di un pianto rassegnato, avrebbe aspettato che calasse la sera per quello.
‘Non te, noi.’
‘Non ha senso.’ – Coltelli affilati le si ficcavano nelle carni, ogni volta che Zayn la guardava.
‘Ho parlato con i medici.’
Era suo solito cambiare discorso, ogni volta in cui era a disagio. Era un debole.
‘Non m’importa’ – Le lacrime stavano per iniziare a scendere e prima che il ragazzo se ne accorgesse, aveva abbassato il viso, cercando di mascherare.
‘Devi guardarmi negli occhi.’
‘Non cambierebbe nulla.’ – Era rassegnata, ormai il suo destino era stato scritto.
‘Cosa c’è da cambiare, Ginger? Io sono qui.’ –Era corso al suo fianco, inginocchiandosi al fianco del lettino instabile, stringendola con le braccia e amandola con gli occhi.
‘Zayn tu sei morto.’ – A quell’ultima parola, le lacrime avevano iniziato a scendere ininterrottamente.
Non c’era più, da tre anni.
Perché era lì?
‘Ma sono qui, Gin’
‘Non potrai rimanere qui per sempre, Zayn.’
Delirava. Parlava con qualcuno che non esisteva, un fantasma. Era pazza.
‘Ginger, io sono qui per aiutarti.’
‘Torna.’
‘Non posso. Cerca di non complicare le cose.’ – Come potevano complicarsi più di così?
‘Cosa vuoi realmente da me?’
La situazione stava degenerando.
‘Risposte’
Ginger smaniava in silenzio, cercava di non far trapelare l’ansia dai suoi occhi. Ma Zayn sapeva, Zayn sapeva ogni cosa.
‘Perché hai paura dell’autunno?’
Al suono della parola autunno, Ginger aveva dato inizio ad un tremolio incessante nel letto, scoprendosi, piangendo, disperandosi.
Quella parola le dava alla testa, quella parola la mandava in un momento di trance, era completamente incosciente.
Le mani di Zayn la tenevano ferma, la proteggevano. Si sentiva tranquilla e terrorizzata allo stesso tempo.
‘Ti ho conosciuto il ventitré settembre. Sei morto il venti Dicembre.’ –  La rossa sussurrava singhiozzando, mentre Zayn assimilava le parole di Ginger, continuando ad osservarla, non le staccava gli occhi di dosso.
‘Gli equinozi?’
‘Esatto. Io impazzisco. Nessuno sa come curarmi, sono malata, Zayn.’
Il cuore del ragazzo non batteva più da molto tempo, ma la vicinanza di Ginger, i suoi occhi verdi ed i suoi capelli rossi avevano innescato in lui un meccanismo in grado di ricordargli cosa la vita fosse. Non aveva più un cuore in grado di battere, ma sentiva qualcosa ricordargli quanto fosse bello stare con lei e quanto importante fosse aiutarla. Non c’era bisogno di un cuore pulsante per ricordare quanto bene le volesse.
‘No, tu non sei malata.’ – Sorrideva cercando di rassicurarla, ma a Ginger bastava avere il suo corpo di fianco a lei.
‘Zayn, dimmi che passerà’. –
‘Fidati di me’.
 
Ore 23.57.
La luce lunare traspariva dalle finestre dei lunghi corridoi del Centro.
Non tutti potevano sentire i passi che rimbombavo sulle mattonelle tristi e fredde, vuote, senza storia, senza vita.
La porta della camera di Ginger aveva cigolato, lei non stava dormendo.
Non aveva bisogno di girarsi, era pazza abbastanza da sapere quello che stava per succedere.
Sorrideva, c’era qualcosa che l’aveva rasserenata parecchio.
Un pizzico fastidioso al centro del braccio, poi un liquido ghiacciato nelle vene.
Aveva sorriso per l’ultima volta in quella notte, in quella vita.
Quel “a presto”, appena sussurrato in una gelida notte, non l’avrebbe mai più potuto ricordare.
 
Ore 00.00, 20 Dicembre 2013.
La pazzia, la sofferenza, l’amore erano cessati per sempre.
Zayn l’aveva aiutata come promesso.
Ma, chi era davvero vivo e chi era davvero morto?
 
 
 
 
 
commenti dell'autrice.

Salve! Ero davvero troppo eccitata all'idea di pubblicare questa one shot. E' stranissima, lo so... ma nel caso in cui abbiate letto l'altra mia storia, avrete sicuramente capito il mio stile. Che dire, spero che la one shot sia apprezzata dai giudici del contest, ma anche e, soprattutto, da voi lettori. Ci tengo davvero molto a sapere la vostra opinione. Penso sia difficile far nascere una storia da questa one shot, ma potrei sempre lavorarci su...
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PS: questo manip zayn!miranda è momentaneo, se ne avete di più belli me li passereste?
Grazie mille per chi ha letto, vi lascio con i miei contatti:
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