Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: CathLan    25/11/2013    7 recensioni
Ziall!
«Lascia perdere» mormorò Zayn, sedendosi per terra per procedere sui polpacci. «Abbiamo quasi finito».
«Non lo so perché, ma ogni mattina alle undici ti aspettavo e quando passavi mi sentivo felice e potevo sentire che quella sarebbe stata una bella giornata. Penso sia una cosa importante, tu non credi? Quando il solo vedere una persona sconosciuta ti fa sentire che quella, be’, sarà una bella giornata, allora non vale la pena chiederle un appuntamento?» disse, senza quasi respirare.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
C’hai mai pensato a quanta emozione provocano gli sguardi?
 

 
Lo vedeva ogni giorno, gli passava di fronte sfrecciando con un piede sull’asfalto e l’altro poggiato sullo skate scheggiato. Ogni mattina, alle undici in punto, il ragazzo tatuato correva veloce con i capelli neri che gli volavano all’indietro spinti dalla brezza marina di Venice beach e gli occhi color oceano di Niall lo seguivano finché gli era possibile. Quelli cioccolato fondente del ragazzo mulatto, invece, non si spingevano mai su di lui.
Quella mattina, mentre stava preparando un cocktail ad una biondina dalle labbra troppo rosse, Niall riconobbe subito il rollare delle piccole quattro ruote sulla strada, ma non alzò la testa dal bicchiere. Continuò a versare il ghiaccio nella vodka alla fragola della ragazza finché un rumore raccapricciante non lo sorprese a tal punto che il suo sguardo si rivolse da solo all’altro capo della strada.
Quello che vide gli fece spalancare la bocca. «Ti sei fatto male?» chiese ad alta voce, senza pensarci molto.
Il ragazzo dai capelli neri costantemente agitati dal vento lo fissò storto dal basso verso l’alto. Si indicò il ginocchio insanguinato e alzò un sopracciglio. Lo skateboard nero gettato lontano, al contrario.  
Niall chiuse dei cubetti di ghiaccio in uno straccio e uscì dal bar di suo fratello – al momento in vacanza alle Hawaii – a passo rapido.
Raggiunse il bruno e si chinò al suo fianco. Il sole quel giorno era caldo e asfissiante. «Vuoi del disinfettante?» domandò, esaminando più da vicino la ferita. Non sembrava tanto grave, ma era brutta a vedersi.
L’altro ragazzo scrollò la testa e agguantato il ghiaccio se lo pigiò sul gomito destro. «Il ginocchio non mi fa male, è solo sangue» dichiarò, atono.
Era la prima volta che Niall sentiva la sua voce, ma non lo sorprese. Non gli era sconosciuta e gli piaceva. Insomma, si adattava al personaggio che vedeva tutte le mattine. Era come se qualcuno avesse preso la voce giusta, col tono strascicato di chi fuma troppo, e l’avesse messa nel corpo minuto e abbronzato del ragazzo, come per dire “ecco come ha la voce il ragazzo tatuato che usa lo skate”. O una cosa del genere.
Niall annuì. «Non hai visto quel dislivello?» chiese dopo un po’. Indicò col mento il cemento e sorrise al vento.
«Già». Il ragazzo bruno strinse le labbra e stese il braccio, forse per capire quanto fosse messo male. Una volta considerato il danno sospirò sollevato e si occupò del ginocchio. Lo picchiettò con lo straccio e poi ridiede tutto in mano a Niall, che senza fare lo schizzinoso lo accettò. «Comunque grazie, biondo».
«Niall» lo corresse lui.
Lo sconosciuto assentì con la testa e si alzò, raccattando lo skate. «Okay Niall, io sono Zayn».
«Quel dislivello è lì da praticamente sempre». Niall avrebbe dovuto cucirsi la bocca e lasciar perdere, ma non riusciva proprio a comprendere come fosse possibile che non l’avesse visto, quando non s’era mai spostato da lì e ogni dannata mattina ci girava a largo con lo skate apposta per non rotolare a terra come un salame.
Zayn gli rivolse un’occhiata curiosa. «Cercavo di capire una cosa e mi sono distratto» rispose.
«Capire cosa?» insisté Niall. Tutto era come sempre, niente di nuovo. Cosa avrebbe dovuto capire Zayn?
Il mulatto si strinse nelle spalle. «Perché non mi guardavi» e detto ciò se ne andò, schizzando via sul suo skate mezzo rotto.
Il cuore di Niall fece due capriole e batté ferocemente contro la cassa toracica per tutto il giorno e quello dopo ancora. Arrestò la corsa alle undici e un minuto della mattina successiva, quando Zayn sfrecciò di fronte a lui accompagnato da un nuovo skate rosso fuoco e non lo degnò di uno sguardo. Al gomito e al ginocchio una fasciatura bianca.

Erano passate due settimane da quel loro primo ed ultimo incontro e Niall ancora non si era fatto una ragione dell’indifferenza del bruno.
Quando alle undici di ogni mattina alzava lo sguardo dal bancone e incontrava la figura longilinea di Zayn si ritrovava a sospirare avvilito: il mulatto non se lo filava di striscio.
Svuotò per l’ennesima volta la lavastoviglie e sbuffò. Guardò l’orologio e si levò il grembiule nero dai jeans scoloriti. «Prendo una pausa Liam» annunciò, avvisando il collega seduto su una sedia bianca.  
Gli occhi color miele del ragazzo lo squadrarono un solo istante, per poi tornare a fissare lo schermo dell’iPhone come niente fosse. «Poi fammi sapere come va a finire con quel tipo».
Niall si morse l’interno della guancia e uscì dal bancone. Si allontanò sempre di più dal bar e, una volta passate diverse postazioni di artisti di strada, si fermò ad osservare un ragazzo seduto su uno skate tutto rovinato intento a fumarsi una sigaretta. Era magro, con gli occhi celesti, i capelli castani e la pelle abbronzata piena di tatuaggi.
«Conosci Zayn?» gli chiese. Sfiorò diversi disegni esposti su un banco lì accanto e sorrise nel leggere la firma sul lato destro di ogni foglio. «Sì, lo conosci».
Il ragazzo castano alzò la testa dall’asfalto e fissò confuso i capelli ossigenati di Niall. «E tu?» domandò con un accento inglese particolarmente marcato.
«Se lo conosco?»
«Sì».
Niall assentì distrattamente. Si sistemò la polo bianca sulle spalle e si sedette sullo sgabello posto davanti ad un trepiedi. «Voglio un ritratto» disse, raddrizzando bene la schiena per mettersi in posa.  
Il ragazzo inglese rise forte e si alzò dal marciapiede, rigirandosi sulla spalla una tracolla. Niall fu quasi tentato di fermarlo, chiedere perché stesse ridendo e magari pregarlo di dargli informazioni sull’amico, ma una voce lo fermò appena in tempo. Si voltò ed incontrò il viso imperturbabile di Zayn.
«Molesti pure Louis ora?» disse il mulatto, facendo un cenno al castano. Quest’ultimo si voltò e se ne andò, andando incontro ad un ragazzo riccio che seduto dall’altra parte della strada gli sorrideva serafico agitando la mano grande.  
Zayn teneva lo skate nuovo attaccato al fianco e aveva la fronte imperlata di sudore. Il sole brillava alto nel cielo illuminandogli la pelle scura. «Facevo solo un giro» si giustificò Niall, stringendosi nelle spalle.
«Quindi non mi stavi cercando?»
«Sì. Cioè, no. Non ti stavo cercando» mentì, poco convincente.  
Zayn si aprì in un sorriso sbieco con la lingua ferma tra i denti e si posizionò di fronte a Niall, su un altro sgabello. Prese il trepiedi e se lo sistemò tra le gambe magre. «Carboncino?» chiese, mostrandogli un piccolo pezzetto di quello che sembrava un gessetto nero.
«Come vuoi».
«Allora matita».
Senza più fare un fiato Zayn prese a disegnare sulla tela bianca. Con le sopracciglia folte aggrottate, la bocca corrucciata e gli occhi luminosi sembrava ancora più bello di quanto già non fosse. Indossava una canotta nera con su un disegno strano e dei jeans stretti, strappati sulle ginocchia. Ai piedi aveva degli stivaletti neri slacciati. «Stai fermo» mormorò ad un tratto Zayn, riportandolo alla realtà.
Solo in quel momento Niall si rese conto di stare ripetutamente battendo il piede sulla strada, facendo in modo di traballare tutto. «Scusa» sussurrò.
Rimase immobile come una statua di cera per circa venti minuti, finché finalmente Zayn non alzò lo sguardo dal foglio e lo puntò su di lui. Era la prima volta che si guardavano direttamente negli occhi e il cuore gli batté forte nelle tempie, mentre il sangue gli colorò le guance pallide. Niall abbassò lo sguardo e fissò le punte delle sue Jordan nuove di zecca.
«Ho finito» dichiarò alla fine l’artista, sgranchendosi pure le dita portando le braccia lunghe e tatuate dietro la schiena. Scrocchiò anche quelle.
«Quanto ti devo?»  
Zayn sospirò. Si grattò un pettorale da sopra la canotta e sorrise, mostrando i denti bianchissimi. «Niente».
«Come niente?»
«Diciamo che così siamo pari per l’altro giorno». 
Siccome gli sembrava assurdo stare lì a fare precisazioni su quanto fosse illogica e poco equa la cosa, Niall si limitò ad annuire con un cenno del capo. «Posso vederlo?»
Zayn gli passò il foglio e il disegno era assurdo. Nella caricatura gli occhi già grandi di Niall erano diventati smisuratamente enormi, molto più del naso, quasi al pari della bocca piegata in un sorriso lunghissimo. I capelli biondi erano scompigliati, folti e sembravano sparati da tutte le parti. «Sono davvero così?» farfugliò, con la gola secca.
«No, ma i tuoi occhi sono due palloni da basket e il tuo sorriso è veramente molto grande».
Niall lo guardò un attimo. Era serio. «Vieni a bere qualcosa con me?» chiese d’istinto.
Zayn rimase in silenzio. Un lungo vuoto che si dilatò risucchiando tutto il resto, perfino i suoni che contraddistinguono solitamente le strade di Venice Beach.
I polmoni si accartocciarono come carta bruciata. Strinse forte il disegno tra le dita nivee e trattenne il respiro. «Bene, ignora ciò che ho detto» soffiò fuori. «Ci becchiamo in giro» aggiunse, alzandosi dallo sgabello.
«Sì».
«Sì cosa?»
«Vengo a bere qualcosa con te solo se tu mi permetti di fare una cosa».
«Sarebbe come la cosa del ghiaccio e della caricatura?»
Zayn si stropicciò un occhio. «Più o meno».
«Quindi se io faccio questa cosa per te, tu uscirai con me?»
Il volto imperturbabile di Zayn si sciolse in una smorfia divertita. «Esatto».
«Cosa devo fare?»
«Tu nulla» fece spallucce. «Ma io devo partecipare ad un concorso e tu sei un buon soggetto».
Niall alzò gli occhi al cielo. Le nuvole avevano oscurato il sole, nell’aria c’era odore di salsedine e Zayn. «Quindi mi dipingi?»
«In un certo senso», Zayn si strinse nelle spalle. «Dipingo su di te. Ci stai?»
Le nuvole si spostarono, come attirate lontano da una corda invisibile. Il sole riapparve facendo brillare la cute mulatta del ragazzo di fronte a lui.
«D’accordo, ci sto».
***
 
Si rese conto di non riuscire a rallentare i battiti cardiaci quando per l’ennesima volta sentì il cuore piegarsi e lo stomaco minacciare di rivoltarsi. Sospirò e tornò a concentrarsi sul muro colorato della camera da lavoro di Zayn.
Quando l’aveva fatto entrare e l’aveva portato lì gli aveva spiegato che quella era la stanza in cui lavorava. Ed erano in pochissimi ad averne libero accesso. Neanche le sue sorelle potevano entrarci senza che lui fosse presente.
I colori erano sgargianti e andavano da un giallo intenso ad un verde scurissimo. Ovunque erano esposte tele bianche, oppure inconcluse. Quelle finite – aveva spiegato Zayn – le portava da un’altra parte. Dove, però, non l’aveva specificato.
«Sei agitato?» gli domandò Zayn, senza staccare gli occhi scuri dal muro di fronte. Teneva le mani strette attorno alle bombolette e sembrava cercare qualcosa, tra le forme confuse di ciò che doveva averci messo mesi a creare. Era un murales enorme e proseguiva su tutte le pareti della camera, persino sul soffitto.  
«No» mentì Niall.
«Bene, allora cominciamo». Il suo sguardo sicuro saettò su Niall un istante, per poi tornare subito dopo sul muro. «E’ da due giorni che penso a cosa fare».
Trasalirono entrambi quando la porta si aprì, ma si rilassarono subito quando notarono che ad entrare fu un cagnolone dal pelo grigio e un muso grande quanto un pallone. A Niall non dava l’aria di essere un coccolone, ma non appena Zayn gli andò incontro mollando per terra le bombolette per grattarlo dietro le orecchie, quello buttò fuori la lingua e il biondo dovette ricredersi.
«Come si chiama?» chiese, facendosi avanti lentamente. Anche se Zayn sembrava avere tutto sotto controllo, quel Pitbull non lo faceva sentire del tutto al sicuro.
«Marcus» rispose il mulatto, rimettendosi dritto. «E Marcus ora esce, perché ho da fare» disse ad alta voce, prendendo il cane per il collare borchiato, trascinandolo fuori. Una volta riuscito nell’arduo compito, chiuse la porta a chiave e si voltò, incrociando le braccia al petto magro.
Quel pomeriggio indossava una maglietta bianca già macchiata di vernice e sul collo gli penzolava una catenina d’argento che solitamente non indossava.
E Niall non sapeva come, ma gli venne in mente di levarsi la t-shirt e lo fece, restando a petto nudo. «Li devo tenere i boxer?» chiese, fingendo falsa sicurezza.
Zayn alzò un sopracciglio scuro e lo fissò. «Tienili, il resto toglilo e appoggialo pure sul divano» tagliò corto.
«Okay» mormorò, andando a slacciarsi anche i jeans. Li fece calare sulle gambe pallide, velate da una rada peluria biondissima e poggiò tutto sul sofà in pelle.
Una volta finito si girò e incontrò la schiena di Zayn. Era chinato per terra e stava agitando qualcosa. «Sono colori apposta per la pelle, quindi stai tranquillo» borbottò, alzandosi.
Trascinò gli stivali neri sul pavimento e, come se neanche si rendesse conto di avere Niall quasi nudo di fronte, si infilò dei guanti trasparenti.   
Niall si sentiva morire di vergogna ed era sicuro che di lì a poco il cuore gli sarebbe salito fino in gola per poi spiaccicarsi ai loro piedi, mentre Zayn era tranquillo come la marea la mattina presto.
«Ti dispiace se metto della musica?»
«No» esordì lui, stringendosi nelle spalle ricoperte di nei. Non sapeva che altro dire, quindi lasciò scivolare il silenzio su di loro come una patina oscura e pesante. Si sentì sollevato quando la voce di Drake gli riempì la testa, perché non ce l’avrebbe mai fatta altrimenti.
Non gli era mai piaciuto il silenzio, il vuoto. Quel senso di nulla che ti entra dentro e ti fa salire le lacrime e venire un dolore al petto senza ragione. Per questo a undici anni aveva cominciato a suonare la chitarra, facendo vibrare le note ad ogni ora di ogni giorno. Con i suoi separati e suo fratello nel pieno di un’adolescenza turbolenta, gli spartiti erano stata la sua unica compagnia.
«Basta che stai fermo, il resto verrà da sé» provò a spiegargli Zayn, prendendo una bomboletta azzurra.
«Posso sapere a cosa hai pensato, almeno?»
Zayn sbatté le ciglia lunghe. «Al tramonto e all’oceano, ma verrà una cosa astratta».
Niall arrossì, si morse il labbro e cercò di rilassare le spalle che sentiva tese come corde di violino. Si sentiva ancora più sfigato di quanto già non fosse di solito, ma cercò di non darci peso. Liam lo sfotteva sempre, dandogli della bambola. Lui aveva vent’anni, non era una ragazzina, anche se arrossiva sempre come una dodicenne.  
Il mulatto sembrò bearsi della quiete e, accompagnato dalla musica, cominciò a spruzzare colore sulla sua cute bianchissima. Di primo acchito a Niall venne la pelle d’oca e fu sul punto di ritirarsi dal contatto con la miriade di goccioline colorate che gli finirono sul petto, ma all’occhiataccia che gli rivolse Zayn si impose di restare immobile.
In fondo stare a così poca distanza gli dava la possibilità di ammirare il volto di Zayn, che era sempre imbronciato, ma bellissimo. Gli zigomi alti, il lieve accenno di barba mal rasata, la lingua tra i denti e le ciglia lunghe e scure come la notte lo facevano sembrare un cazzo di Dio greco.
«Mi distrai» sbottò ad un tratto il mulatto, prendendogli con due dita il polso per allargargli il braccio e poterci lavorare su.
«Non sto facendo nulla» ribatté Niall, lasciandolo fare. Si sentiva un burattino, ma la cosa non gli dava per niente fastidio. Gli sembrava giusto farsi manovrare da quelle mani, essere guardato da quegli occhi ed essere colorato da quei colori. Non si era mai sentito così giusto.
Come quando pensi “hey, sono qui. E non vorrei essere da nessun’altra parte. Perché questo è il mio posto”.
Zayn sbuffò e cambiò bomboletta. «Mi fissi».
«E cosa dovrei guardare scusa?» domandò Niall, riabbassando il braccio, ma senza sfiorare il fianco già colorato.
«Non dico che non puoi guardarmi, ma non farlo come se-»
Il colore gli finì su un capezzolo e una cascata di brividi gli rotolò giù per la schiena, facendolo sospirare a occhi chiusi.
«Come se?»
«Come se mi desiderassi». 
A quella frase Niall non aveva saputo cosa rispondere, così erano state solo le note di Take Care a riempire il vuoto lasciato dalle loro voci. Era rimasto basito, perché non credeva di essere così tanto preso da Zayn. Un po’ si era odiato.
Comunque, dall’inizio del lavoro era passata mezz’ora e metà del suo corpo aveva preso le tonalità del cielo quando è di quel bel colore rosso scuro e del mare quando brilla poco prima di venire inghiottito dall’oscurità della notte.
«Sei stanco?» gli chiese all’improvviso il mulatto, allontanandosi di un passo come aveva già fatto un paio di volte per guardare come stava venendo l’opera. «Possiamo anche fermarci se vuoi».
«No, se tu non sei stanco io direi che possiamo anche continuare».
«Bene».
La concentrazione di Zayn andò tutta alle spalle e alla schiena di Niall e quello lo agitò molto più di prima, perché ora non poteva guardare il viso del mulatto, o le sue clavicole sporgenti. Poteva starsene soltanto fermo e aspettare.
«Dimmi un po’, da quanto lavori in quel bar?»
Niall lo ringraziò mentalmente. «Dall’inizio dell’estate, ci sto finché mio fratello non torna dalle Hawaii» rispose.
«Vacanza?»
«Luna di miele».
Zayn non disse più niente. Il suo pollice gli sfiorò la colonna vertebrale e la percorse tutta, fino al centro delle due fossette sopra ai glutei.
«Perché ci tieni tanto ad uscire con me?»
Niall ruotò la testa e incontrò le sue iridi ambrate. Si sentiva in dovere di dire qualcosa, ma non sapeva cosa, così rimase a contare i secondi.
Diciassette.
Diciotto.
Diciannove
.. Trentadue.  
«Lascia perdere» mormorò Zayn, sedendosi per terra per procedere sui polpacci. «Abbiamo quasi finito».
«Non lo so perché, ma ogni mattina alle undici ti aspettavo e quando passavi mi sentivo felice e potevo sentire che quella sarebbe stata una bella giornata. Penso sia una cosa importante, tu non credi? Quando il solo vedere una persona sconosciuta ti fa sentire che quella, be’, sarà una bella giornata, allora non vale la pena chiederle un appuntamento?» disse, senza quasi respirare.
Sessantadue.
Sessantatre.
Sessantaquattro.
.. Ottanta.
«Ho finito» esordì Zayn, andando verso il divano per recuperare la macchina fotografica. «Mettiti di fronte a quel telo nero. Girati di spalle e incrocia le braccia e toccati le spalle con le mani, ecco, così» ordinò, facendolo mettere in posa.
«Le gambe?»
«Aprile».
La macchina era una Nikon e alla fin fine non fu tanto difficile risultare naturale e farsi fotografare. Soprattutto perché non guardare l’obiettivo era molto più semplice che fissarlo.
Zayn scattò una decina di foto, da diverse prospettive, dopodiché la mise via e lo indirizzò verso il bagno. Niall non poteva tornare a casa in quel modo, a suo padre sarebbe venuto un colpo.

Prima di farsi la doccia Niall aveva provato a guardarsi allo specchio, ma questo era troppo in alto e piccolo e aveva potuto guardare solo la parte che iniziava dal collo e finiva a metà torace. Ed era splendida, perfetta. Un capolavoro. Non vedeva l’ora di poter guardare le foto.
Una volta fatta scivolare via tutta la vernice e indossati i suoi abiti, uscì dal bagno ritrovandosi di fronte Zayn e Marcus.
Il mulatto stava accarezzando il cane sull’enorme testa, mentre quello fissava con gli occhi gialli le goccioline che scorrevano ancora tra i capelli umidi di Niall. Lo intimoriva, sul serio.
«Allora quando ci vediamo?»
Zayn, a differenza di quanto si sarebbe immaginato, non pareva molto coinvolto. Fece spallucce e si grattò la nuca. «Decidi tu» borbottò.
Niall annuì e con un «ci penserò» si fece accompagnare fino all’entrata – sempre con Marcus alle calcagna – e una volta sulla porta si girò, ritrovandosi Zayn a qualche centimetro dal naso.
Il mulatto fece per ritrarsi, ma Niall lo prese per un lembo della maglietta e con l’altra mano gli accarezzò una guancia, spostandola poi sulla sua nuca. Lo attirò verso di sé ed era ad un soffio dal baciarlo, quando Zayn voltò il capo.
 «Mi dispiace io pensavo- non so neanche cosa pensavo. Mi dispiace, davvero» mormorò Niall, afflitto. C’è sempre qualcosa di distruttivo nei rifiuti. Qualcosa che ti impone di ritirarti a tua volta, dietro un muro dieci volte più spesso e invalicabile. E’ per questo che si fa sempre fatica a fare il primo passo, o la prima chiamata. O a tentare il primo bacio.
«Non era nei patti» biascicò Zayn, senza accennare a muoversi.
«Che cosa?»
«Il bacio».
Niall sbatté le ciglia un paio di volte, talmente confuso da avere la vista offuscata. «Se io non mi fossi lasciato dipingere, sul serio tu non avresti accettato di uscire con me? Non era solo una scusa?»
Il vuoto lo risucchiò.
«Lascia perdere il patto, siamo pari così» borbottò, affondando le mani tremanti nelle tasche dei jeans. Si strinse nelle spalle e distese le labbra, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. «Magari divento famoso grazie alla foto. Ci vediamo in giro».
Zayn non lo fermò, sussurrò un «ciao» troppo lieve per essere udito e chiuse la porta, lasciando fuori Niall e tutte le sue aspettative.

 
***
Quella notte la luna era una caramella al miele e stava al centro del cielo scuro come una regina.
«Niall?»
Una voce sconosciuta gli fece rotolare il cuore tra le costole per lo spavento. Sgranò gli occhi preso in contropiede e lasciò perdere le costellazioni.
Il ragazzo che gli era arrivato alle spalle era castano e aveva addosso una camicia bianca infilata nei pantaloni a vita bassa scuri, leggermente aperta al collo. I ricci erano straordinariamente spettinati, lasciati a prendere una piega tutta loro. Il volto era sfacciato e perfetto, gli occhi ne rubavano l’intera scena brillando di quell'affascinante color verde brillante che un momento diveniva smeraldo e quello dopo palude.
Niall era completamente sorpreso e siccome non sapeva cosa fare si limitò ad un cenno con la testa, cacciando le mani nelle tasche. «Ciao», fu tutto ciò che riuscì a dire.
Il ragazzo sorrise e le fossette fecero capolino sulle guance. «Sono Harry. Tutto bene?» chiese, portandosi una mano tra i capelli. Era nervoso anche lui e la cosa lo rasserenò un po’, almeno non era l’unico.
«Sì, tutto okay. Stavo guardando le stelle» spiego, indicando con il pollice il cielo. «Tu?»
«Tutto bene, grazie. Sto andando da Louis, ha detto che mi avrebbe portato in un posto grandioso per cena» dichiarò, come se fossero amici di vecchia data. «Mi auguro non parli di casa sua, o è la volta buona che lo ammazzo».
«State insieme da tanto?»
«Quattro anni oggi».
«Auguri» cercò di dare alla parola più allegria che poté, ma il risultato fece schifo.
Gli occhi verdissimi di Harry si ridussero a due fessure. «Mi dispiace per com’è andata con Zayn, sa essere un vero idiota quando vuole».
«Non possiamo costringere le persone a ricambiare i nostri sentimenti» nel dirlo si guardò i piedi e arrossì. Era la seconda volta che ammetteva di provare qualcosa di forte nei confronti del mulatto.
«Aveva una ragazza quando gli hai chiesto di uscire, Perrie. Due settimana fa l’ha lasciata e da quel giorno ha smesso di uscire pure con Louis. Non credo tu gli fossi indifferente» rispose Harry, con la voce roca e profonda.
Era tutto così surreale che a Niall venne quasi da piangere e ridere assieme. «Credo tu ti stia sbagliando».
«Ha vinto il concorso» esordì Harry, sospirando forte con le narici. «Voglio che tu sappia che Zayn due anni fa ha passato momenti terribili, ha rischiato di morire per un’overdose da pillole per il sonno e aveva smesso completamente di dipingere. Erano due anni che non provava a partecipare ad un concorso, eppure tre settimane fa ti ha dipinto, ha partecipato senza dire niente a nessun’altro che a te e ha vinto. Credimi quando dico che tu sei più importante di quanto non vogliate credere».
Niall era così colpito che non sapeva come ribadire. Alzò gli occhi al cielo e sorrise. «Dici che andare da lui adesso sarebbe un errore?» era come se quella domanda fosse uscita dalla luna.
«Da quando non lavori più al bar è ancora più brontolone del solito» fu la semplice risposta di Harry.
Niall rise. «Spero proprio che Louis ti porti in un ristorante di lusso».
«Lo spero anche io, per lui!»

Quando Zayn apparve sulla porta, il suo volto si rilassò visibilmente. Aveva corso come un forsennato, ma ne era valsa la pena.
Le spalle si sciolsero e riuscì a ridimensionare il fiatone, portandosi un po’ più vicino. Il profumo di agrumi del mulatto gli arrivò addosso come un pugno: era forte, familiare. Come l’odore della tua casa, dopo che ci stai per tanto tempo lontano.
«Ho saputo che hai vinto».
«Ho vinto» convenne Zayn, annuendo. Marcus dietro le sue gambe fissava Niall con gli occhi gialli sgranati.
«Zayn, io te lo giuro. C’ho provato. C’ho provato a non pensarti, a guardarmi intorno e trovare qualcun altro che prendesse il tuo posto nella mia mente, ma proprio non ci riesco. Non c’è nessuno. Ci sei sempre tu. E non so come fare».
Zayn annuì e le ciglia lunghe e folte si abbassarono con potenza sulle iridi ambrate. «Dammi due secondi» sussurrò, tornando a fissarlo.
«Certo».
Zayn si appoggiò allo stipite con una spalla, soffermandosi a pensare. Niall rimase in silenzio, col fiato sospeso a lasciarlo riflettere.
«Niall, io sono problematico. Ho fatto un sacco di cazzate, ho un lavoro di merda e tutto ciò che ho ce l’ho grazie ai soldi di mio padre. Non sono affidabile, estroverso o festaiolo. Mi piace dipingere, ascoltare la musica e rimanere da solo. Qualche volta non esco per settimane, perché le persone non mi servono e il più delle volte mi pesano e basta», prese una pausa. Cercò una qualche reazione sul viso pallido di Niall, ma non trovò niente. «Non sto cercando di spaventarti, è così e basta. Non ho mai avuto relazioni più lunghe di un mese, ma quando ti vedevo, ogni mattina, pensavo “questa sarà una bella giornata” e anche se poi faceva schifo, io ero contento perché almeno avevo visto il tuo viso. E quando te ne sei andato e sei scomparso mi sono sentito una vera merda, perché non credo che si debbano fare scappare le persone che ci fanno stare bene. Penso si debba chiedergli un appuntamento e tenersele strette. Capisci?»
Niall inspirò, rendendosi conto di aver trattenuto per tutto il tempo il fiato e, spingendosi in avanti, afferrò la camicia di jeans di Zayn. Se lo tirò addosso senza tante cerimonie e fece scontrare le loro labbra. Zayn sapeva di tabacco, menta e cioccolata ed era bravo, a baciare. 
E a trascinarlo su per le scale levandogli i vestiti, senza però smettere di mordergli la giugulare e l’orecchio.
Fecero sesso – o l’amore? – sul divano della sala dei dipinti, con Marcus fuori dalla porta e la pioggia a battere sulle finestre chiuse.
Si strinsero forte, risero e giocarono a sporcarsi coi colori fino a tardi, quando Zayn crollò sulla sua spalla russando sommessamente.
Il mattino dopo, quando Niall si svegliò e trovò Zayn alla finestra con la sigaretta in bocca e Marcus ai piedi gli sorrise.
«Buongiorno» gracchiò poi, con la voce rauca ancora raggrinzita dal sonno. 
Zayn ricambiò il sorriso e grattò le orecchie a Marcus. «Non dormivo per una notte intera da due anni» mormorò solamente, tornando a fissare il sole alto nel cielo pieno di nuvole. «Penso sia una bella giornata».

Note autore: Salve! 
Non so cosa dire, il prompt di Zayn che dipinge sulla pelle bianca di Nialler mi è stato lanciato da Valigie per restare che ringrazio tanto sia per questo che per il meraviglioso banner. Trovo sia uno dei più belli che mi abbia fatto ;w; vogliatele bene. 
Ringrazio anche chiunque abbia deciso di leggere questa One Shot e nulla, siete degli ahwwosi. 
Alla prossima, un bacio.
Discaimer: No, è tutto finto. Sono pazza. Non sono miei. Sigh çvvç
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: CathLan