Poteva sentire odori nuovi e forti annebbiargli il cervello, nella foresta selvaggia, fitta ed umida.

Suoni sconosciuti e la consistenza di una terra diversa sotto le zampe, mentre correva alla massima velocità che quel corpo gli consentiva; era agile e muscoloso e forte, ma lo sentiva estraneo e quei sensi così acuti, che sapeva non suoi, gli facevano desiderare il sangue che reclamavano le sue zanne e i suoi artigli.

Ansimante per la lunga corsa, si fermò vicino ad un limpido corso d’acqua per dissetarsi e dovette accostare il muso alla superficie liquida che, come uno specchio appena increspato dal suo respiro, gli restituì la sua nuova immagine.
Era sottolineata dallo sguardo fiero, contornato dalla morbida pelliccia dai toni caldi dell’ arancio autunnale, del marrone e del nero, come la savana in estate, intervallati da chiazze bianche sugli occhi, ai lati del muso, alla gola e sul ventre.
Distrusse il riflesso lappando l’acqua con la grande e ruvida lingua rosa, nervoso, anzi rabbioso, per quell’assurda situazione in cui si era venuto a trovare.

L’ira gli fece sfoderare gli artigli grossi come pugnali ed altrettanto affilati.
Delle  vere e proprie armi, come le spade che non avrebbe più impugnato… gridò, per il dolore furente, che gli attanagliava il cuore ed un poderoso ruggito risuonò nella foresta, facendo alzare in volo gli uccelli e fuggire nel suo profondo gli altri animali, che avevano riconosciuto la voce del predatore.

Alzò il muso in aria ed annusò, facendo tremolare le vibrisse.
Gli arrivò un odore familiare, colmandolo di nostalgia, ma si rese conto che non poteva incontrarli, farsi vedere in quello stato…
Soffiando forte dalle narici per il disappunto, riprese a correre, allontanandosi e rimproverandosi per il verso che si era lasciato sfuggire: doveva imparare a controllarsi.

Ma la vista, più acuta di quella cui era abituato, gli fece scorgere visi familiari tra il fogliame poco distante da lui; fu costretto a fermarsi: lo avevano circondato.
I compagni di Ciurma l’avevano messo in trappola.

Si acquattò tra l’erba alta, dove sapeva che il suo mantello striato l’avrebbe mimetizzato con l’ambiente, agli occhi umani.
Dopotutto, lui era una tigre.