Lownly
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When you fall like a statue
I'm
gon' be there to catch you
Put you on your
feet, you on your feet
And if your well is
empty
Not a thing will prevent me
Tell me what you need, what do you need
I surrender honestly
You've
always done the same for me
So I would do it for you
-Phillip
Phillips, (Gone, Gone, Gone)
Non esiste davvero nessuna particolare dichiarazione d'apertura per questa storia.
Non ci sono discorsi rilevanti, né fatti che possano attirare l'attenzione...
Ma è comunque una storia importante per me. È essenziale per ogni singola parte di ciò che sono oggi. Questa è la storia di come la mia vita si è legata così disperatamente a quella del più grande amico che abbia mai avuto.
E potrebbe suonare ridicolo...
Ma questa è la storia di come ho offerto il mio cuore palpitante a Jean Kirschtein.
Non posso dire che l'inizio sia stato spettacolare. Ero solo una matricola nel college della Trost University, a malapena capace di orientarsi tra lezione e lezione. Non conoscevo nessuno. Esatto – non conoscevo proprio nessuno. Non avevo nemmeno un compagno di stanza – quello che mi era stato assegnato si era poi trasferito in un altro dormitorio il primo giorno.
E quindi eccomi lì, a bighellonare con in una mano una mappa del campus e nell'altra l'orario delle mie lezioni, ed ero concentrato sulla mappa quando qualcosa aveva urtato duramente contro la mia spalla, facendomi fare un giro su me stesso.
“Merda!” sentii sibilare, e mi ritrovai a fissare un ragazzo magro coi capelli tinti, un'espressione acida che si faceva largo sul suo volto fissandomi. “Sta attento!” borbottò, massaggiandosi la spalla con la mano libera; l'altra teneva salda una fumante tazza di Starbucks. Mi sembrò il tipo di persona con cui non vuoi avere a che fare prima che ingerisca la sua dose di caffeina mattiniera (il che in seguito si sarebbe rivelato vero), e io non sono il tipo di persona che istiga una rissa, per cui mi tirai indietro e squittii le mie scuse. Sarò anche stato alto qualche centimetro più di lui, ma ero abbastanza sicuro che avrebbe potuto stendermi senza problemi.
Mormorò un “Chi se ne frega.” e continuò per la sua strada, e tutto finì lì. Mi promisi di stare più attento e prestare più attenzione riguardo a dove stavo andando, da quel momento.
Il resto della settimana proseguì senza intoppi. E con “senza intoppi” intendo oltre ai soliti problemucci da matricola del college. Faticavo ad orientarmi, e qualche volta arrivai anche tardi a lezione. Non mi avevano ancora assegnato un compagno di stanza, e ad essere onesti, a meno che qualcuno assegnato a un altro edificio non avesse deciso di trasferirsi a Sina, non ne avrei mai avuto uno. La maggior parte delle persone avrebbe ucciso per avere la propria stanza e nessuno con cui condividerla, ma per quanto mi riguarda, era abbastanza brutto stare da soli. Significava avere tutta per me la TV al plasma che i miei genitori avevano comprato e montato loro stessi sul muro. Non sarebbe stato così male, se non fossi stato solo. E ogni volta che uscivo a mangiare, lo facevo in solitudine. Mi sentivo estremamente nostalgico negli orari di pranzo e cena. Ma a parte quello, le cose procedevano con calma.
Accadde un lunedì
mattina, esattamente una settimana dall'incidente del caffè,
che lo notai...il ragazzo magro coi capelli tinti? Frequentava le mie
stessa classe di astronomia.
Durante una breve pausa nella
lezione colsi l'opportunità per alzare lo sguardo dai miei
appunti e gettare un'occhiata nell'aula...ed eccolo lì. Una
fila davanti a me, due posti a sinistra. Mi ritrovai a fissarlo, con
il mio sguardo che seguiva la forma delle sue spalle magre, sopra cui
era appoggiata una giacca grigia. Passai ad osservare il suo profilo,
visibile da quella particolare angolazione, e mi scoprii ad ammirare
i suoi lineamenti irregolari. Aveva una mascella appuntita, e il suo
naso era prominente, a punta... Non riuscivo a vedere bene i suoi
occhi, dato che era piegato sui propri appunti, le sottili
sopracciglia aggrottate, mentre lunghe e flessuose dita stringevano
la penna con forza, scribacchiando sul foglio.
Non riuscii a
trattenere un piccolo sorriso, di fronte alla sua espressione
impegnata...forse la faccia da stupido con cui andava in giro gli
veniva naturale. Quell'idea mi fece sentire leggermente meglio
riguardo all'essergli finito addosso la settimana prima.
Probabilmente non era così incazzato come
sembrava...giusto?
Rifiutandomi di considerare un'alternativa ben
più negativa, riportai la mia attenzione agli appunti.
Comunque, gettare occhiate a quel ragazzo magro e tinto divenne una
distrazione sempre più frequente durante quella lezione.
E
la lezione dopo quella.
E quella dopo.
E quella dopo
ancora.
Per le settimane successive, a dire il vero.
Non è che provassi
qualcosa per quel tizio qualunque che ero riuscito a far
incazzare il primo giorno di scuola...era qualcos'altro. Raramente mi
capitava di pensare a lui fuori dall'aula, ad essere onesti. La mia
fissa con lui rimaneva esclusiva a quella stanza. Ma non fui mai
certo di cosa mi spingesse verso di lui, di cosa mi affascinasse
tanto, solo che era qualcosa di impossibile...inspiegabile. Dirigendo
sorriso dopo sorriso nella sua direzione nel corso delle settimane
successive, iniziai a imparare qualcosa di più riguardo lui:
piccoli dettagli, bizzarre curiosità, strani tic...e ad ogni
scoperta, mi ritrovavo più interessato di prima, cadendo più
e più nella mia stessa curiosità.
Per esempio, ogni tanto,
quando usava una matita al posto della solita penna, inconsciamente
si ritrovava a morderne via la gomma. In quelle rare occasioni,
riuscivo a malapena a contenere le risate quando i suoi denti si
chiudevano sul metallo della matita e la sua faccia si contorceva in
qualcosa che poteva significare solo 'puro disgusto'.
Scoprii anche che non aveva
sempre in faccia quel cipiglio cupo. La maggior parte della
volte, succedeva quando si concentrava. Invece, quando capitava che
alzasse lo sguardo dai suoi appunti per fissare il professore, la sua
espressione si addolciva, gli occhi si spalancavano in un'espressione
seria...la mascella si rilassava e così le sopracciglia, e
vederlo così mi faceva pensare che, hey, forse non era
completamente una persona spaventosa.
Non che ne fossi
spaventato.
Più tipo... “in apprensione”. Con
una punta di “intimidito.”
Il che era abbastanza
ridicolo, considerato che lo avevo visto sistemarsi le penne sopra il
labbro superiore e fissare i propri appunti con l'espressione più
seria del mondo in svariate occasioni. Penso spesso a come potessi
prendere un'idiota del genere tanto seriamente.
Ma da quel che potevo dire, considerando quanto seriamente se ne stava a prendere appunti, e da quel primo imbarazzante incontro il primo giorno, sembrava una persona abbastanza seria. Quindi magari mi era sembrato un completo idiota per sbaglio. Anche meglio.
Tutto, dal suo grattarsi la fronte con la penna allo stiracchiare la schiena contro lo schienale della sedia, all'incurvarsi in avanti col mento appoggiato ai palmi delle mani era per me motivo di vera delizia. Divenne inconsciamente uno degli aspetti più interessanti di astronomia, e ancora neanche sapevo il suo nome.
Ma un giorno, durante la
prima settimana di Ottobre, il ragazzo senza nome non si presentò
a lezione. Mi sembrò un po' strano (ho già menzionato
il fatto che era un ragazzo studioso), ed ero quasi deluso dal fatto
che la mia distrazione non si fosse fatta vedere quel giorno, ma a
parte quello non ci pensai troppo. Era un lunedì, dopo tutto,
e avevamo astronomia tutti i giorni della settimana escluso il
venerdì, quindi mi aspettavo che lo avrei visto il giorno
dopo, come al solito. Probabilmente aveva solo dormito più del
solito.
Però il giorno dopo lui era ancora
assente.
Perplesso e un po' preoccupato, esaminai la stanza e,
abbastanza strano, notai che era molto più vuota del solito.
“Psst...ehi!”
Mi
voltai a destra e vidi un ragazzo basso, con la testa completamente
rasata che mi faceva gesti da qualche posto più in basso per
attirare la mia attenzione.
“Sembra che siamo i pochi
sopravvissuti all'apocalisse zombie, eh?”
rise.
“A-apocalisse!?” di che diavolo stava
parlando?
“Calmati, amico, era una battuta. Immagino che
abbiano tutti preso l'influenza. È sempre in giro in questo
periodo dell'anno, sai?”
“Oh...” mi rilassai un
poco, mentre i miei occhi si posavano sul suo posto abituale. Ecco
cos'era, quindi: l'influenza.
Sorridendo, mi rivoltai verso il
ragazzetto e dissi, “Probabilmente siamo i prossimi.”
Fece
una smorfia, scuotendo la testa. “Dio santo, spero di no. Non
so te, ma io sicuro come l'inferno che non sento il bisogno di
ammalarmi.”
Il professore iniziò la lezione in quel momento, l'anziana voce che esitava debole e rimbalzava contro le pareti della stanza semivuota, quindi ci voltammo entrambi a dedicare la nostra attenzione all'uomo di fronte a noi e non continuammo il discorso. Ma mi ritrovai a sperare ,durante quella lezione, che la mia distrazione si riprendesse e tornasse presto.
E ovviamente, il giorno dopo,
eccolo lì.
Anche se non al meglio delle sue condizioni,
potrei aggiungere. Dal mio posto, potei chiaramente notare che la sua
carnagione era diventata giallastra, e aveva occhiaie scure sotto gli
occhi, che sembravano aver visto la morte in faccia. Il suo naso
aquilino era di un rosso quasi luminoso, e io mi sentivo così
male per lui...mi faceva pena.
Riuscì a malapena a prendere
qualche appunto, con occhi che dovevano essere pieni di lacrime e a
giudicare dal numero di volte in cui lo sentii tirare su col naso,
doveva essere tappato. Persino il suo modo di tossire mi faceva
pena.
Alla fine della lezione, avrei voluto avvolgerlo in un
qualche lenzuolo, infilargli del Nyquil giù per quella sua
patetica gola, e impedirgli di tornare a lezione finchè non
fosse stato meglio. Ovviamente, mi trattenni.
Ma successe
qualcos'altro.
Sì, finalmente alla fine di quella lezione
successe qualcosa.
Questa non è la storia di me che
parlo di un ragazzo che non conosco, dopo tutto.
Stavo ritirando quaderni e penne nel mio zaino come la maggior parte degli altri studenti attorno a me, considerando le mie opzioni su come consumare il pranzo, quando sentii qualcuno che mi guardava. Quando guardai in alto, gli occhi più ambrati che avessi mai visto mi stavano fissando. Mi bloccai.
Fu quasi un pensiero del tipo
“magari se non mi muovo, non mi vede”.
Mi vide,
nel caso ve lo stiate chiedendo.
“Ci siamo già
visti da qualche parte?”
Meeeeeeeeeerda.
Potevo sentirmi
il cuore salirmi in gola. Aveva capito che lo avevo fissato tutto il
giorno? Non sono uno stalker, lo giuro! Pensai. Cercando di
non peggiorare la situazione, mi sedetti e gli sorrisi
innocentemente, anche se non riuscivo a guardarlo negli occhi.
“Eh, sì, più o meno... Ci siamo scontrati il primo giorno di scuola.” dissi mortificato. Non volevo che se ne ricordasse, ma era comunque meglio di qualcosa come, “Oh, quindi hai notato che ti stavo guardando? Già, non ci conosciamo, sono solo ossessionato dall'idea di fissarti, nessun problema.”
“No,
intendo prima di quello.” disse, schiarendosi la gola e
tirandosi col naso.
Quello mi prese alla sprovvista. Non credevo
che...? Intendo, sarebbe stato fantastico, avrebbe potuto spiegare la
mia inspiegabile fissa con quel tipo, ma...
“Credo di
no...”
La sua espressione si indurì nuovamente mentre
i suoi occhi si stringevano, a mi ritrovai a trattenere il fiato
finchè non realizzai che si stava soltanto concentrando su di
me, probabilmente per decidere se mi aveva mai visto prima.
“Scusa
allora,” si scusò, “Sembravi solo molto
familiare.”
“Oh, nessun problema! Mi succede spesso,”
mentii.
Starnutì e si strofinò il naso, poi disse,
“Stavo quasi sperando che ci conoscessimo già... se
fosse stato così non sarebbe stato così strano per me
chiederti se posso vedere i tuoi appunti dei due giorni scorsi.”
Ci
misi un secondo a realizzare ciò che stava dicendo, ma quando
ci arrivai, ridacchiai tranquillamente.
“Se è tutto
qui, allora sì, puoi prenderli.”
Il ragazzo sbattè
le palpebre, “Davvero? Neanche mi conosci...”
Ma era
troppo tardi, stavo già tirando fuori dalla mia borsa,
pensando sono
rimaso a fissarti come un'idiota per l'ultimo mese e mezzo, è
il minimo che posso fare.
Ma non lo dissi. Invece, quello che venne fuori fu, “Devo per
forza conoscerti?”
“...Sei davvero un tipo così
gentile?”
“Cerco di esserlo.”
Alzò un
sopracciglio, “Sembri un gran sempliciotto.”,
scherzò.
“Beh, grazie,” risposi sarcastico,
“Ora ho davvero voglia di farti vedere i miei appunti.”
“Ah!
Sto solo dicendo che lo sembri, non che lo sei.”
“Uh-uh,”
mormorai, aprendo il quaderno sugli appunti di lunedì. Ed ero
quasi per darglieli, però...
Guardando bene i miei appunti...beh...
“Cosa
c'è?” chiese.
“È che...eugh. Un sacco di
questa roba richiede un bel po' di spiegazioni...” guardai
verso di lui. “Quando hai la prossima lezione?”
“Non
prima delle 14.30,” disse.
Gettai di nuovo un'occhiata ai
miei appunti prima di dire, “Hai piani per pranzo?”
Ci
fu una pausa, e lui non disse niente, così specificai in
fretta, “E'...è solo per poterti spiegare bene cose che
potresti non capire, t-tutto qui...”
Sorrise ironico. “Ti
piace metterci proprio tutto l'impegno che puoi, eh?”
“Vuoi
che ti mostri i miei appunti o no?” sbuffai, perchè il
suo sorriso da idiota in qualche modo era riuscito a far tirare fuori
un sorrisetto anche a me.
“Sì, sì” rispose, facendosi strada tra le sedie dell'auditorium, e io raccolsi la mia borsa e lo seguii, guardando il modo in cui si muovevano le sue gambe lunghe. I jeans gli stanno bene, pensai. Una volta fuori dall'aula, si fermò, e riportai immediatamente la mia attenzione sul suo volto.
“Come
ti chiami, comunque?” chiese, voltandosi.
“Oh,
sì...Sono Marco,” gli risposi. “E tu?”
“Mi
chiamo Jean.”
Jean... quindi era quello il nome del tipo che
avevo spudoratamente spiato per un mese e mezzo. Buon a
sapersi.
“Jsh-ahn,” ripetei, meravigliandomi del fatto
che un nome con delle consonanti e vocali così dolci
appartenesse a un ragazzo dalla personalità così dura.
“Francese?”
Mi fisso per un lungo
istante, e pensai che forse avevo detto qualcosa di sbagliato, ma poi
riprese. “Sì...c-comunque, dove vuoi mangiare? Di solito
vado in una delle sale da pranzo.”
“Anch'io.”
mormorai, “Immagino che allora sia già deciso, eh?”
gli passai il mio quaderno e lo superai, uscendo alla luce del sole
quasi di mezzogiorno con Jean a tallonarmi. Ci avviammo in direzione
della sala da pranzo più vicina, facendoci spazio tra la folla
di studenti del college.
Un paio di volte fui quasi
sicuro di averlo perso, ma un colpo di tosse o uno starnuto mi
avvertivano della sua presenza. Quando raggiungemmo una parte del
campus che non fosse completamente affollata, Jean rallentò
considerevolmente.
Spiandolo con la coda dell'occhio, vidi che
aveva aperto il mio quaderno, arrivando fino agli appunti di lunedì
e che li stava fissando, tutto ciò mentre camminava.
“Che cazzo sono queste
lettere greche?” esclamò.
“Ci sono delle
traduzioni e qualche formula nell'angolo destro,” gli dissi,
resistendo al bisogno improvviso di ridere del fatto che era
leggermente inciampato. Dopo un altro paio di minuti passati a
camminare, gli gettai un'altra occhiata e vidi che stava fissando il
quaderno ancora più disperatamente.
“Cazzo, non
scherzavi... Non ci capisco comunque niente,” mormorò.
“Te
l'ho detto.” girai a sinistra, e quando Jean tirò
dritto, con gli occhi ancora incollati al mio quaderno, dovetti
attirare la sua attenzione con un “Ehi! Jean, da questa parte!”
Si accigliò e le guance gli si colorarono lievemente di un
rosa, in contrasto con la sua carnagione pallida, ma chiuse il
quaderno sotto il braccio per mettere più attenzione a dove
camminava.
“... e ricorda, devi
trovare la variazione nella lunghezza d'onda prima.”
“E
quello è il delta lambda?”
“Sì!”
Aprii
la mia pepsi, guardando Jean risolvere un problema. Il mio piatto era
stato ripulito da tempo.
“Oh, aspetta...una volta che hai
trovato la velocità radiale, dividi per la velocità
della luce, ricordi?” mi sporsi sul tavolo tra di noi per
puntare un dito ai miei appunti.
“Quella è la c nella
formula...”
“Sì! Eeeee... hai finito!”
gli rivolsi un sorriso d'incoraggiamento.
Jean si appoggiò
allo schienale della sedia, massaggiandosi le tempie. “La
velocità radiale fa schifo” borbottò, e risi.
“Non me lo dire.” fui d'accordo.
“Hey,
Marco.”
“Mmmh?”
“Grazie... Sarei stato
completamente nella merda senza il tuo aiuto.”
“Nessun
problema”, dissi, guardandolo tirare fuori il cellulare per
fare qualche foto ai miei appunti. “Solo che...”
“Cosa?”
rimise a posto il cellulare in tasca, aggrottando le
sopracciglia.
“Avresti potuto saltare un altro giorno di
lezione. Stai da cani.”
Come per provare che avevo ragione,
iniziò ad avere una crisi di tosse.
Tossì per almeno due
minuti finchè non corsi a prendergli un bicchiere d'acqua, che
mando giù con gratitudine.
“Uh-uh”, riuscì
finalmente a parlare. “Non posso perdermi altre lezioni, ho
avuto già abbastanza tempo per rimettermi. Sono già
abbastanza perso dopo due soli giorni di lezione!”
Inclinai
la testa con aria interrogativa.
“Ero già abbastanza
perso dopo due soli giorni”, si corresse, e sogghignai
apprezzante.
“Okay, vero, ma stai solo facendo sì che
l'influenza si sparga ad andartene in giro così.”
“Non
sto abbastanza vicino alla gente perchè possa passargli
l'influenza” fu la sua scusa.
Alzai le sopracciglia, e lui
farfugliò, “Io...merda. Se ti ammali a causa mia, te la
farò pagare, lo giuro.”
Risi “Non
preoccuparti,” lo avvertii. “Ho un sistema immunitario
davvero forte, dubito che mi ammalerò.”
Jean si
limitò a fissarmi scetticamente attraverso il fondo del
bicchiere mentre finiva di bere la sua bibita.
Una risata improvvisa scoppiò
al tavolo dietro di me, facendomi leggermente sobbalzare dalla
sorpresa. “Faranno vedere 'L'Evocazione' stasera al cinema del
campus, amico, devi andarci!” urlò qualcuno al
tavolo.
Di fronte a me, Jean si scostò a sinistra per dare
un'occhiata al tavolo dei casinisti, poi si risistemò al suo
posto e appoggiò il mento tra le mani, i gomiti appoggiati al
tavolo.
“È la
stagione di Halloween effettivamente,” riflettei ad alta voce,
poi mi rivolsi a Jean, “Pensi di andare a vedere qualche film
di paura questo mese?”
Scosse la testa con veemenza. “Cazzo,
no.”
“Non sei un fan dei film dell'orrore?”
sogghignai.
“Non lo sai? Jean odia i film dell'orrore! Si piscia addosso e urla come una bimba piccola.” mi rivoltai verso il punto da cui veniva la voce, per scoprire il ragazzo basso della lezione di astronomia al tavolo dietro al mio.
“CONNIE!” urlò
Jean, e l'intero tavolo scoppiò a ridere nuovamente.
Il
ragazzo pelato – il cui nome era Connie – si alzò
e camminò verso il nostro tavolo, sorridendo
furbescamente.
“Ah, ehi!” mi disse. “Quindi hai
conosciuto Jean.”
Jean fissò Connie e me. “Voi
due vi conoscete?”
“No,” rispose Connie. “Beh,
più o meno. Stavamo parlando ieri di come siamo sopravvissuti
all'epidemia di influenza fino ad ora. Non tutti possono dirsi così
fortunati, eh?”
“Sta zitto,” sospirò
Jean, tirando su col naso come a sottolineare la dichiarazione di
Connie.
Connie si voltò verso di me. “Non so neanche
come ti chiami, amico.”
“Sono Marco.”
“Ok,
Marco, sono Connie. Sei invitato a unirti a noi per
'L'Evocazione' stasera, dato che Jean sicuramente non verrà”
mi offrì.
Risi. “Grazie, ma va bene così. Ho un sacco di compiti da fare,” mentii. Ad essere onesti, lasciare la stanza per una notte sarebbe stata un gradito cambiamento di routine... rimanermene seduto in stanza mi faceva sentire abbandonato. Ma non conoscevo per nulla Connie e i suoi amici, e mi sarei sentito fuori luogo se fossi uscito con un gruppo di estranei che erano già amici.
“Ok. Beh, se cambi idea, siamo tutti al cinema del campus stasera! Ci vediamo dopo.” lo salutai mentre tornava al suo tavolo e Jean sbuffava derisorio.
“Tuoi amici?”
chiesi.
“Più o meno...è uno dei miei compagni
di stanza.”
Mi accigliai. “Non ti piace?”
“Huh?”
disse. “No. È a posto. Cioè, ha i suoi momenti
no, sì, ed è difficile prenderlo sul serio a volte, ma
andiamo d'accordo...che è più di quanto io possa dire
per tanta gente. Perchè?”
“Um, nulla.”
tirai fuori il cellulare per controllare l'ora. “Oh!”
erano le 12.45.
“Che c'è?”
“Ho lezione
tra quindici minuti. Devo andare.”
Jean fece scivolare il
mio quaderno verso di me, e lo risistemai nella borsa prima di
caricarmela sulla spalla. Esitai ad alzarmi, comunque.
Jean mi
guardò interrogativo. Ero nervoso all'idea di chiederlo, ma...
era la mia sola possibilità.
“Ehi, Jean?”
“Sì?”
“Ti
dispiacerebbe se ti chiedessi il numero?”
Mi aspettavo che
mi chiedesse perchè, e non avevo una risposta per quella
domanda, ma...
“Certo.”
“D-davvero?”
“Sì,
perchè no?”
Riuscii soltanto ad alzare le spalle, e ci scambiammo rapidamente i numeri prima che potessi correre alla lezione successiva. Non ero sicuro del perchè, ma l'aver ottenuto il numero di Jean mi riempiva di uno strano senso di realizzazione. Mi incamminai verso la classe con rinnovata gioia nel mio passo.
Quella sera, mentre mi
sistemavo alla scrivania per finire i miei compiti alla luce della
lampada, la mia mente continuò a ripensare agli eventi della
giornata, in particolare al pranzo con Jean, e ogni volta che ci
pensavo, uno stupido sorrisetto mi appariva misteriosamente sul
volto. Era passato davvero così tanto tempo dall'ultima volta
che avevo socializzato con qualcuno? Voglio dire, avevo un sacco di
amici a casa a cui mancavo, e le chiamate da parte della mia famiglia
arrivavano almeno due volte a settimana...
Ma mi sentivo ancora
solo. Incredibilmente solo.
Immagino che sia così
che succede quando uno non si fa prendere dalla vita del
campus.
Nessun club mi interessava, l'idea di entrare in una
confraternità non mi piaceva particolarmente, e non ero
neanche tanto religioso, quindi escludevo l'idea di entrare in una
qualche organizzazione religiosa.
Oh beh, avevo alzato le
spalle e pensato che mi sarei fatto amici in altro modo.
Apparentemente, mi sbagliavo.
Quindi l'idea di chiamare Jean il mio 'nuovo amico' mi riempiva lo stomaco di farfalle. Chi avrebbe pensato che sarei stato in grado di andare tanto d'accordo con il tizio che mi ero ritrovato a fissare per le settimane appena passate?
Jean mi piaceva davvero. Era intelligente, sarcastico, e anche se probabilmente non lo sapeva, un gran cretino. Anche se poteva sembrare antipatico o maleducato a primo impatto, di fatto era abbastanza simpatico. È che...non so. Non aveva paura di parlare a briglia sciolta. E quel suo lato mi piaceva davvero.
Sospirando e ridacchiando
stupidamente, tirai fuori il cellulare e scorsi tra i contatti fino a
vedere il suo nome. 'Jean'. Dovetti resistere all'urgenza di
mandargli un messaggio subito.
Speravo che l'occasione di
parlargli nuovamente sarebbe arrivata presto.
Ed ecco che l'occasione si
presentò la mattina seguente.
Nell'attimo in cui mi voltai
per scendere dal letto (evitando per un soffio di sbattere la testa
contro la cuccetta vuota sopra di me come sempre), il mio cranio
iniziò a pulsare dolorosamente ad ogni pulsazione, e mi tuffai
verso il cestino. Si riempì dell'intero contenuto di fluidi
gastrici e cibo liquefatto che stava nel mio stomaco in attimi.
Nel caso ve lo stiate
chiedendo, decisi di non andare a lezione quel giorno.
Sputando catarro e tossendo incontrollatamente, mi rannicchiai nelle
coperte e tornai a letto. Non riuscii a riaddormentarmi, però,
quindi rimasi semplicemente sdraiato a tossire contro il cuscino
circa per tutta l'ora seguente. Jean, figlio di puttana,
pensai, guardando il cellulare dall'altra parte della stanza; era
appoggiato alla mia scrivania, in carica. Ero troppo ammalato e
stanco per zoppicare attraveso il freddo pavimento, anche se volevo
disperatamente rimproverare Jean di avermi fatto ammalare.
Probabilmente avrebbe capito cos'era successo nell'attimo in cui
sarebbe arrivato in classe e avrebbe notato la mia assenza,
comunque.
Bzzt. Bzzt.
Due vibrazioni. Un
messaggio.
Invece di uscire davvero dal letto, più o
meno...rotolai sul pavimento, ancora nelle mie coperte, e scivolai
verso la mia scrivania. Una volta lì, tirai fuori la mano e la
allungai verso la superficie della scrivania fino a trovarle il mio
cellulare.
(1) Nuovo
Messaggio
Indovinate
chi?
Da:
Jean
Nn
dirmi ke
Sorrisi-starnutii-e
sorrisi nuovamente. Lì sdraiato sul freddo pavimento della mia
stanza, mi incuccai un po' meglio nella mia coperta e digitai una
risposta.
A:
Jean
Come
hai potuto farmi questo, Jean?
La
sua risposta arrivò dopo soli venti secondi.
Da:
Jean
“sistema
immunitario davvero forte” 1 cazzo
Risi
a quel messaggio, anche se ridere mi faceva solo arrivare fitte alla
testa.
A:
Jean
Già...
che schifo. :(
Da:
Jean
Czz
amico, mi dispiace. Cosa pss fare x rimediare?
Sorrisi
maliziosamente. Mmmm, quindi ora Jean era in debito con me, giusto?
Perfetto.
A:
Jean
Zuppa
e un film.
Da:
Jean
zuppa
E UN film?
A:
Jean
Ho
già qui il film, devi solo vederlo con me. Ma un po' di zuppa
sarebbe carina... non me la sento di uscire a prenderla. :(
Da:
Jean
Cpt.
Mi prenoti anke x un film? Dovrei essere in debito cn te + spesso. Ti
porto la zuppa stase allora. Ti va bn x le 19.30?
A:
Jean
Mi
va benissimo!
Oh…
Jean?
Da:
Jean
Sì?
A:
Jean
È un film horror. :)
Trattenere
le risate mentre premevo 'invio' fu abbastanza difficile, quindi
quando arrivò la sua risposta scoppiai a ridere.
Da:
Jean
MA
SEI SERIO
A:
Jean
Hehe.
Da:
Jean
non
mi fare 'hehe', stronzetto! Nn mi hai neanke chiesto se mi sta bn,
porca troia!
Sospirai.
A:
Jean
Ma
Jean! Sei in debito con me! Mi sento uno schifo e sarebbe fantastico
avere un po' di compagnia... :( per favore?
Da:
Jean
non
ti basta la zuppa?
A:
Jean
No.
:(
:(
:(
:(
Dovetti
esagerare con le faccine per enfatizzare il concetto. La sua risposta
ci mise cinque minuti ad arrivare.
Da:
Jean
VA
BENE
Mi
agitai contento nel mio burrito di coperte sul pavimento.
A:
Jean
Yeeeeh!
Ci vediamo alle 19.30. Vivo a Wall Sina 323 :)
Da:
Jean
FANCULO
Note
di Lownly:
Grazie per aver letto!
Ho lavorato duramente a questo primo capitolo circa nei due giorni appena passati, ma soprattutto nelle ultime otto ore. Critiche e commenti sarebbero molto apprezzati – non preoccupatevi a indicare gli errori che noterete. Ve ne sarei estremamente grata!!!! :)
Spero davvero che avrò la motivazione necessaria a continuare questo lavoro, yo!
Non ho mai pubblicato una mia fiction prima, quindi spero che questa sarà un'esperienza positiva...? Forse?
Vi adoro, ragazzi! Spero che la storia vi piaccia fin ora!
<3
Note di Joice, la traduttrice:
Succede che un giovedì notte mi fermo a leggere una fan fiction che la fantastica JohannaTheMad (autrice su Tumblr delle mejo fan art JeanMarco) consiglia ardentemente. Così apro Archive of Our Wown, inizio a leggere.
Sono le quattro e mezzo del mattino, devo svegliarmi tra due ore e ho appena finito di leggere tutto il Pov!Marco, tra lacrime e singulti.
Sì, perchè questa sembra la solita, tenerosissima AU, ma...ma ve ne renderete conto.
Così ho deciso di chiedere a Lownly stessa il permesso di tradurre; mi ha detto di sì , informandomi che la storia sta già venendo tradotta anche in spagnolo. AMO QUELLA RAGAZZA LA AMO.
E così eccomi qui! Spero vi godiate la storia e che la amiate quanto la amo io.
Vi prego di farmi notare qualsiasi errore io abbia fatto.
Al prossimo capitolo, il primo del Pov!Jean, His Beating Heart!