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Autore: ViolaNera    26/11/2013    7 recensioni
«I ragazzi non si baciano tra loro, Nagisa-kun!!!», grida.
La reazione è esagerata e una persona normale avrebbe cominciato ad allontanarsi strusciando discretamente le suole delle scarpe, ma Nagisa trova divertente e per nulla scoraggiante quella sparata, così tipica di Rei quando viene provocato.
«Mh? Quindi se ti dimostro che ci sono ragazzi che si baciano è ok?»
[ReiGisa con accenni MakoHaru ♥]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Nagisa lo prende per mano e lo trascina dietro il muretto, il cuore di Rei salta un ciclo completo di tre battiti. Si lascia lanciare contro la superficie e strizza gli occhi, boccheggiando per cercare una protesta abbastanza veemente a quel comportamento improvviso.

E pensare che stava cercando di fare del suo meglio per sopportare la sua estrema vicinanza, durante il giro nel quale l'ha intrappolato quella domenica in cui, teoricamente, avrebbe avuto di meglio da fare. Nella fattispecie: mettere in ordine alfabetico la collezione di libri che negli ultimi mesi è aumentata esponenzialmente grazie ai suoi studi approfonditi sul nuoto, prima mondo a lui estraneo.

Non che non gli piaccia stare insieme a Nagisa, ma trova faticoso correr dietro a tutti gli sconvolgimenti mentali e ormonali che gli provoca, anche solo sorridendogli in classe.

Lancia un'occhiata alla mano stretta nella sua e non ha il coraggio di allontanarla, frugando nel cervello alla ricerca di frasi appropriate da dire in un momento del genere.

«Rei-chan, guarda!», sibila Nagisa dandogli la schiena.

Rei scuote la testa e si sporge a sbirciare da sopra la sua spalla. Assottiglia lo sguardo, ancora stravolto dal batticuore (reso peggiore dal tenue profumo di sapone alla fragola che emana la pelle del compagno di classe), ma quando focalizza quello che voleva fargli vedere riesce a distrarsi quel tanto che basta da non diventare cianotico.

«Gou-san?», mormora, chiedendosi perché si stiano nascondendo.

«Insieme al capitano della Samezuka! Te lo ricordi? È stato grazie al sex-appeal e alle tecniche di seduzione di Gou-chan se siamo riusciti a nuotare in quella pisc-»

Nagisa si blocca e ridacchia scuotendo le spalle.

«Scusa, Rei-chan, non volevo riportare alla mente i tuoi fallimenti.»

Apre la bocca per dirgliene quattro con voce stizzita, ma una gomitata nello sterno, seguita da uno strattonare di mani, lo interrompe e lo costringe a sistemarsi gli occhiali tornando a guardare la ragazza.

In meno di dieci secondi assiste a Gou che sorride, accetta una crêpe direttamente offertale dal capitano sogghignante e infine si solleva in punta di piedi per stampargli un bacio sulle labbra.

Rei diventa rosso fino alla punta dei capelli e distoglie immediatamente lo sguardo, tirando indietro Nagisa bendandolo col suo avambraccio.

«Non possiamo spiarli! Non sta bene!»

«Ma Rei-chan! Si sono baciati! Hai visto?!»

Sì, ha visto benissimo. Trova riprovevole un comportamento del genere in un luogo pubblico e così frequentato. Non è bello costringere le persone a vedere le proprie effusioni. E non è bello permettere a perfetti estranei di assistere a qualcosa di così intimo come un... bacio?

«Si sono baciati!», starnazza rendendosi conto. Trascina via Nagisa e spera che l'aria fresca possa fare qualcosa per il suo viso bollente.

«Sììì!», trilla l'amico appeso alla sua mano. «Com'erano carini! Ooh, la prenderò in giro fino al giorno del Giudizio! La ricatterò per farmi comprare mille dolci in cambio del silenzio con Rin-chan!»

Ascolta i suoi deliri, intervallati da risate angeliche che non capisce come possa produrre, fermandosi infine in prossimità di un parco. Mette le mani sulle ginocchia e riprende fiato, stravolto non per la corsa, ovviamente, ma per l'imbarazzo di ciò a cui ha assistito.

Il volto dell'amico fa capolino dal basso, gli occhi grandi e tondi come quelli di un bambino e un dito sulla bocca.

«Rei-chan, perché sei arrossito? Non dirmi che sei così vecchio dentro da fare tante scene per un bacino?»

Subisce le sue prese in giro con fare stoico, mettendosi ritto in un istante e sistemando gli occhiali. Non importa se sembra gli abbiano appena infilato qualcosa su per il didietro, ciò che conta è che Nagisa lo veda sempre sicuro di sé e affabile.

Quando non affonda.

«Per chi mi hai preso? Penso solo non fosse decente rimanere nascosti come guardoni.»

«Ah-ah.»

Nagisa ridacchia e mette le mani sui fianchi, sprizzando raggi di sole.

«Quindi possiamo provarci anche noi?»

«Certo, assolutamente, non vedo per-»

Si interrompe e fissa il visetto dolce e diabolico che è praticamente incollato al suo petto. Quando si è avvicinato? Come fa ad essere tanto silenzioso, quando vuole?

Guarda le palpebre abbassarsi e le labbra spingersi infuori, trattenendo un grido lunghissimo da balena morente. Non sa come riesca a fare un passo indietro e a fermare l'inarrestabile avanzata dell'altro mettendogli due mani ferme (si fa per dire) sulle spalle.

«Cosa ti salta in mente, Nagisa-kun?! Non si fa! Non si fa!»

«Perché no? Chu! Chuuu!»

Il suo no suona come un gno, perché ha ancora le labbra come quelle di un pesciolino e le muove su e giù, buffamente, rappresentando una minaccia troppo pericolosa per Rei.

«I baci sono belli!», insiste Nagisa, cercando di colpire il suo punto debole.

«Non tra noi!»

«Come fai a dirlo se non ci proviamo!»

Disperato, convinto di avere enormi gocce di sudore che gli rotolano lungo le tempie, Rei lo spinge indietro e si curva sulle ginocchia piegate, i pugni stretti e gli occhi serrati.

«I ragazzi non si baciano tra loro, Nagisa-kun!!!», grida.

La reazione è esagerata e una persona normale avrebbe cominciato ad allontanarsi strusciando discretamente le suole delle scarpe, ma Nagisa trova divertente e per nulla scoraggiante quella sparata, così tipica di Rei quando viene provocato.

«Mh? Quindi se ti dimostro che ci sono ragazzi che si baciano è ok?»

Rei ammicca e prende alcuni respiri intensi, rimettendosi in una posizione più naturale.

«N-non lo so, io-», farfuglia.

Sta cadendo in una sua trappola, è praticamente certo. Lo vuole manipolare sapendo di avere già la vittoria in pugno e finirà per portarlo esattamente dove vuole lui. Lo vede nel luccichio maligno di quegli occhi rosa scuro che ha imparato a conoscere.

Incrocia le braccia e raddrizza la schiena per l'ennesima volta, a disagio ma convinto a non lasciarsi menare per il naso, almeno questa volta. E poi che sciocchezza gli è venuta in mente di volerlo baciare?

Sente il collo riprendere a cambiare gradazione e tendere al borgogna, quindi lo affonda nel colletto della camicia e simula un colpo di tosse.

«Non ti prometto niente.»

Nagisa sembra contentissimo di quella risposta, anche se è diplomatica e pulita e la miglior via di fuga che potesse trovare.

Quello che Rei non sa è che il compagno di classe è pronto a tornare all'attacco prima di quanto non creda.



Lunedì, durante la pausa pranzo spesa sul tetto della scuola con la schiena contro il muro bianco, Nagisa sta divorando il secondo panino con marmellata di fragole. Sembra incredibilmente contento, mentre ondeggia e continua a parlare nonostante abbia la bocca piena.

Makoto e Haruka sono gomito a gomito, i bentō identici e l'espressione rilassata come se nulla al mondo avesse il potere di turbare tanta serenità interiore.

Rei, dal canto suo, ha cercato in ogni modo di nascondere le occhiaie usando un po' del correttore della madre. Non importa se è dovuto ricorrere a cosmetici femminili, non poteva farsi vedere a scuola con quella faccia così poco bella.

Il problema è sorto nel momento in cui si è steso sotto le coperte, ha spento la luce e ha stretto il peluche a forma di bruco sospirando pietosamente. D'un tratto gli è tornato alla mente il volto proteso di Nagisa, le palpebre chiuse, le labbra pronte per ricevere un suo bacio: nel silenzio totale della camera da letto ha sbarrato gli occhi e ha lottato contro l'impulso di lanciare un muggito.

A nulla è valso il conforto del suo morbidissimo e amato bruco, compagno di mille notti pacifiche, e quando la sveglia sul comodino ha emesso il suo fastidioso richiamo lui era ancora lì, gli occhi iniettati di sangue e le guance cineree.

Avrà sì e no dormito tre ore. Discontinue. Perciò sì, correttore fu.

Si schiarisce la gola e tuffa le bacchette tra le piccole omelette perfettamente ordinate nel loro riquadro, quando Nagisa decide di sterminare definitivamente l'armonia del pranzo.

«Mako-chan, Haru-chan, ve lo dareste un bacio davanti a noi?»

Serafico, il ragazzo biondo si caccia in bocca l'ultimo morso di pane dolce e pianta la cannuccia nel latte alla fragola. (Per fortuna Rei si sente meno solo, scorgendo il rossore di Makoto e il bentō che per poco non gli sfugge di mano.)

«Na-Na-Nagisa?!»

La voce di Makoto è stridula e Rei comprende perfettamente come deve sentirsi in imbarazzo. Prova subito sincera compassione per lui e cerca qualcosa da dire per venirgli in soccorso.

«Nagisa-kun, la tua mancanza di tatto continua a sorprendermi», mormora, composto e sussiegoso, rivolgendogli un'occhiata critica.

Non importa se gli darà ancora del vecchio o lo prenderà in giro per tanta serietà, a Rei non piace che metta a disagio i suoi amici con certe sparate.

«Che barba, Rei-chan!», esclama difatti, interrompendosi solo per risucchiare quanto più latte gli riesce in una manciata di istanti. «Non ho detto niente di strano!»

«Nagisa, queste non sono cose che si possono fare a comando», ridacchia Makoto, nervoso, la mano che si insinua tra i capelli dietro la nuca mentre socchiude gli occhi.

Rei invidia la sua capacità di non arrabbiarsi e di mantenere quell'espressione gentile, anche se dentro starà sicuramente cercando l'angolazione migliore dalla quale buttarsi di sotto per un impatto mortale.

«Non è così, Haru?»

Nell'istante in cui il senpai si volta per cercare l'appoggio dell'amico d'infanzia, Haruka tende il collo e poggia le labbra sulle sue, chiuse a formulare la vocale conclusiva del nome.

Rei si lascia sfuggire di mano le bacchette; Nagisa smette di fare rumore aspirando il latte e spalanca gli occhi con ammirazione.

La faccia di Makoto diventa rossa come un addobbo natalizio e il colore continua a peggiorare nonostante il contatto non sia durato che pochi secondi. Haruka, quasi annoiato, si lecca le labbra con calma e sbatte una volta le palpebre, tornando al suo pranzo come se nulla fosse accaduto.

Sente gli occhiali scivolargli sul naso, ma non riesce a muovere le mani per spingerli su. È come se il tempo si fosse congelato e gli pare di sentire sulla pelle persino le particelle di polvere che galleggiano pigre nel raggio di sole che gli accarezza l'avambraccio.

«Wow, Haru-chan! Sei il migliore!», esplode Nagisa, entusiasta, dandogli una pacca sul ginocchio e tornando a bere con avidità.

Haruka non si spreca nemmeno a fare spallucce e riempie la bocca aperta di Makoto con un piccolo boccone di sgombro, arrossendo impercettibilmente, adesso, attorno agli zigomi. È un rosa confetto così delicato che quasi non si nota, niente a confronto del blackout completo in cui sembra essere piombato il loro capitano.

«Hai visto com'è facile, Rei-chan? Non pensi sia stato un bacio proprio bello

Sentitosi appellare volta rigidamente il collo per trovarsi faccia a faccia con Nagisa. Eccola lì, la luce birbante in fondo ai suoi occhi, oltre al sorriso malizioso che arriva alle orecchie.

«Sapete, Rei-chan non vuole baciarmi! Gli ho spiegato che non c'è niente di male nel farlo, ma lui dice che non è proprio possibile! Non è noioso?»

Il grido di Rei si perde sotto il continuo blaterare di Nagisa, che si mette a raccontare agli amici di quanto gli piacerebbe provare a baciare, di quanto pensi sia assolutamente normale premere le labbra su quelle di una persona con la quale c'è un certo rapporto di fiducia.

«Bacialo, Rei», mormora Haruka aprendo una bottiglietta d'acqua. «Guarda quanto ci tiene.»

«Haruka-senpai!», strepita scandalizzato.

Makoto, ripresosi miracolosamente dal coma cerebrale, cerca di calmare gli animi mostrando i palmi e dicendo cose ragionevoli in tono bonario, ma Rei è così arrabbiato che scatta in piedi e stringe i pugni, urlando contro Nagisa che lo fissa dal basso con un faccino adorabile e sperduto.

«Non voglio baciarti perché non stiamo insieme!», esplode tutto d'un fiato. «Non si baciano gli amici, non si baciano le persone solo perché hai voglia di provare! Non ci si bacia senza essere innamorati, altrimenti fa schifo!»

Il petto si alza e si abbassa velocemente e il cuore gli batte come se avesse un mostro alle calcagna.

Haruka e Makoto lo guardano senza nemmeno pensare di intervenire in quella sfuriata, ma Nagisa apre la bocca e la richiude un paio di volte, prima di voltarsi di scatto e stringere tra le dita il cartoncino ormai vuoto, a testa china.

«Eh, Rei-chan, com'è facile farti perdere le staffe», ridacchia, ma c'è qualcosa di strano in quella voce, non è per nulla la solita allegra e frizzante musica a cui lo ha abituato da mesi.

Nagisa rialza il viso e sorride a labbra chiuse facendo spallucce.

«Ti prendevo in giro», dichiara, scandendo le parole lentamente.

Anche quello è strano.

«È ovvio che sarebbe disgustoso baciarmi.»

Dice assurdità, ha frainteso! Non sarebbe affatto disgustoso! Sarebbe meraviglioso, semmai. Sarebbe un sogno che diventa realtà, un dolce incendio da far scoppiare dentro, che voglia ammetterlo o meno.

Lo bacerebbe anche dopo averlo visto sbafarsi venti di quei terribili panini dalla dolcezza nauseante, perché il sapore di marmellata alla fragola, sulla sua lingua, sarebbe impagabile.

Rei lo sa, pur non avendo mai nemmeno cercato di immaginarlo seriamente, e lo sa dato che il cuore gli esplode quando Nagisa sorride e gli prende le mani aiutandolo a non affondare. Fa le capriole quando appoggia il mento alla sua spalla e spia il libro che sta leggendo, chiedendogli all'orecchio se -per favore- può dargli ripetizioni di matematica prima del test. Salta con l'asta più in alto di quanto lui non abbia mai saputo fare, quando riceve un suo sms. Qualsiasi cosa gli abbia scritto.

Tuttavia lo manda in bestia pensare che Nagisa voglia un bacio per il gusto di sperimentare qualcosa di nuovo e non perché è lui, Rei Ryugazaki, a darglielo. È così difficile da capire? È così stupido? È così “vecchio”?

«Nagisa, non penso che Rei volesse dire questo», interviene in tono delicato Makoto, le sopracciglia quasi unite dalla preoccupazione.

Haruka comincia a distogliere la sua attenzione da Nagisa e fissa Rei negli occhi. È uno sguardo glaciale, piatto, privo di emozioni particolari, ma lui ci legge dentro una serie di rimproveri espliciti.

Hai reso triste Nagisa. Sei uno sgombro andato a male.

China la testa per sottrarsi al suo muto accusarlo e appoggia i palmi aperti contro le cosce irrigidite. Ha la schiena un poco curva in avanti ed è pronto a inchinarsi per chiedergli scusa. Sta già formulando le parole di rito, la bocca stretta nell'attimo prima del respiro che gli serve per buttare fuori le doverose parole.

«Wow, è già così tardi?», fa Nagisa, raccogliendo le cartacce che ha accumulato e alzandosi vispo come un grillo. «Dovremmo muoverci, no?»

Gli passa accanto senza aggrapparsi al suo braccio per portarselo dietro gioiosamente come fa sempre e questo gli fa male. Colpisce Rei molto più in profondità di un insulto diretto.

«N-Nagisa-kun!»

Fa un mezzo passo nella sua direzione, teso e corrucciato, derubato delle scuse che voleva offrirgli.

Nagisa si ferma, si gira e sorride. «Cosa c'è?»

Apre di nuovo la bocca, ma Haruka mormora un «Si è fatto davvero tardi» e in qualche modo stanno tutti scendendo le scale per tornare in classe. Nagisa saltella e supera due gradini alla volta cantando una canzonaccia, ma Rei sente una morsa nel petto e ad ogni rampa ha soltanto più voglia di fermarlo e scusarsi a pieni polmoni, anche se ha perso il momento.

Per tutta la lezione successiva, Rei, seduto di qualche posto davanti a Nagisa, non ha alcuna occasione di osservarlo. Si tormenta le mani e prende appunti nervosamente, chiedendosi cosa stia facendo e che tipo di sguardo abbia.

Nagisa non tiene il muso, si fa scivolare le cose addosso. Questo però non basta a non farlo sentire una merda per avergli urlato contro ed essere stato così poco gentile.

Sa com'è fatto, sa che ama punzecchiarlo e fargli perdere la pazienza; se gli desse veramente sui nervi non sarebbe nemmeno diventato suo amico, giusto?

La verità è che più gli gironzola attorno, evitando di nominare Haru-chan come se fosse una specie di divinità, più Rei è felice. Va bene essere tormentato, va bene essere il suo obiettivo per uno scherzo o un motivo di sganasciate se si addormenta sul banco e fa una figuraccia.

Stringe forte la penna e la sente scricchiolare. Lancia un'occhiata al sensei, intento a scrivere alla lavagna una serie di date che devono ricordare per il prossimo compito in classe. Ne approfitta per sbirciare da sopra la spalla e assicurarsi che Nagisa stia bene.

Lo trova con il mento appoggiato al palmo della mano, l'espressione distante, annoiata, rivolta alla finestra. Andrebbe anche bene, se non fosse che è la lezione di storia e che a Nagisa piace moltissimo quella materia, tanto da avere voti sempre sopra la media.

Sentendosi osservato, l'amico ha un piccolo sussulto e gira gli occhi nella sua direzione.

Si guardano finché non gli regala un sorriso di quelli proprio speciali e Rei per qualche momento si scioglie, come se gli avessero spaccato un uovo al cioccolato fuso dentro la gabbia toracica, ma poi Nagisa fa gli occhi grandi e muove velocemente la bocca per avvertirlo di qualcosa.

Rei inclina la testa e si volta in tempo per trovare il sensei a sovrastarlo con le mani sui fianchi.

«Questo non è per niente bello», si lascia sfuggire tra i denti.



Ripone con cura la divisa dentro l'armadietto e richiude l'anta con un sospiro. Subito dietro c'è Nagisa, appena giunto, sembra, con le mani già sui bottoni della camicia.

Rei fa un salto e balbetta un saluto imbranato, ricambiato da uno fin troppo pimpante.

Resta fermo a guardare il ragazzo che si spoglia e piega alla buona i vestiti. Solamente quando lancia via l'intimo Rei ha la decenza di guardare il soffitto arrossendo vistosamente.

«Hey, Rei-chan, sei pronto a sfidarmi?», cinguetta Nagisa, facendo scattare l'elastico del costume attorno ai fianchi e voltandosi con un piccolo salto. «Dai, dai, non c'è niente di meglio di una gara per essere stimolati a uscire dal meraviglioso mondo delle rocce decorative del fondale acquatico!»

Rei si imbroncia per la frecciata, ma non dura molto.

Appoggia il braccio all'anta chiusa e poi ci preme sopra la fronte con un sospiro lunghissimo. Rimane fermo a pensare, a raccogliere una manciata di frasi sensate da dirgli, perché dopo due settimane di disagio e di mancate scuse comincia ad essere stufo di attingere al correttore della madre e alle creme antirughe.

«Rei-chan?»

La mano di Nagisa si appoggia sulla sua spalla e Rei rabbrividisce di sollievo.

«È un po' che non mi toccavi.»

Il palmo tiepido scompare all'istante e lui si manda a cagare per averglielo fatto notare. Era così gentile, quel tocco, capace di sedare i suoi tormenti come una magia benevola.

«Non ho detto di smettere», sospira travolto dall'imbarazzo, ma così sincero, per una volta, da provare un senso di capogiro apprezzabile.

Volge la testa e lo sbircia attraverso le lenti degli occhiali. Nascosto parzialmente dal braccio si sente un po' protetto e quindi più incline ad essere coraggioso.

«Mi manchi tanto, Nagisa.»

Ammira i suoi occhi incassare la rivelazione e farsi leggermente umidi. Con quell'espressione emozionata sembrano due gioielli, e sì, sono dannatamente belli, non può che perdercisi con tutta la consapevolezza del mondo.

«Rei-chan», sussurra, la voce affrettata. «Che cosa strana da dire! Stai bene?»

Non fa in tempo a rispondergli che Nagisa lo prende per mano e lo trascina via da lì.

Corre fino alla piscina, si ferma un istante per sfilargli gli occhiali e posarli in terra, quindi gli balza alle spalle e lo spinge colpendolo sotto le scapole per gettarcelo dentro.

Rei lancia un grido di estrema virilità, prima di affondare come un masso e riemergere al contrario agitando le gambe. L'altro si tuffa a bomba e gli è subito accanto, lo sta già prendendo per i fianchi e rimettendolo nel verso giusto affinché possa respirare, insultandolo tra uno spasmo e l'altro.

Si lascia trasportare da lui come se non avesse peso e finisce con le spalle contro il bordo piscina, le mani nelle sue, aggrappate come tenaglie. Viso a viso si rende conto di quanto avesse quasi dimenticato la sconvolgente bellezza che possiede, dato che ultimamente non lo ha più avuto tanto vicino e si sono parlati senza che Rei riuscisse a sostenerne lo sguardo per oltre quattro secondi.

Fissa le gocce d'acqua che gli scivolano sulla pelle e i capelli bagnati, più scuri, che sono appesantiti e lisci contro il collo roseo e le tempie. Osserva le labbra, tremanti per il freddo e visibilmente morbide, che si schiudono in un nuovo, accattivante sorriso a pochi centimetri di distanza.

«Voglio baciarti, Nagisa-kun.»

Le dita si stringono, il suo corpo si avvicina e non può credere di averlo detto sul serio.

Sente il petto premergli addosso, delicato, le gambe che si incontrano sott'acqua e si sfiorano.

«Credevo che il suffisso fosse sparito.»

La voce è bassa, così soave che sembra Nagisa sia diventato improvvisamente più maturo, pur essendo sempre lo stesso adorabile rompiscatole.

A Rei piace quella voce e lo tira ancora verso di sé, finendo per sentire il suo respiro contro il viso.

«Nagisa», ripete, morendo d'imbarazzo a chiamarlo così. Sa di averlo fatto anche prima, solo che non era tanto cosciente come in questo momento in cui tutti i sensi sono all'erta.

«Perché ora vuoi baciarmi?»

Per l'amor del cielo, Nagisa, smettila di tormentarmi.

Fissandogli le labbra e gli occhi, alternativamente, crede di essere sul punto di morire. Non sono mai stati tanto incollati e sta diventando complicatissimo anche solo respirare, un'attività che -a quanto ne sa- dovrebbe essere autonoma. Non ci si dovrebbe pensare tanto affinché il meccanismo funzioni: peccato che a lui sembri di essere l'artefice attivo di ogni breve rifornimento d'aria.

«Fallo», lo invita finalmente Nagisa, senza aspettare una risposta.

Gli porta le mani sul livello dell'acqua e gli si spinge contro con il viso inclinato. Sente le loro labbra sfiorarsi attuando una deliziosa provocazione, ma per quanto lo voglia, per quanto sia quasi del tutto annientato dal desiderio di annebbiarsi con quel gesto, c'è ancora qualcosa che deve sapere.

«Tu lo vuoi perché sono io?»

Sembra un po' disperato, a chiederlo, ma deve capire se per Nagisa è importante. Lui, un bacio, quel rapporto fatto di alti e bassi e insostituibile.

Lo ascolta ridacchiare pianissimo, poi premerlo completamente indietro, facendogli scoprire che c'era ancora spazio da ridurre alle sue spalle.

Le sue gambe si sollevano e gli si allacciano ai fianchi, legandolo in una morsa leggera ma presente. Le mani si stringono ancora una volta, prima che Nagisa gli guidi le braccia dietro, a stringerlo sulla schiena.

Sta succedendo davvero. Sto per baciarlo. Fa' che non svenga come un cretino.

«Ti amo, Rei.»

Ancora così adulto, così serio, così eccitante nella sua sicurezza.

Si rende conto di quello che ha appena detto?

È lo stesso Nagisa che sbatte la testa contro i libri di matematica e beve rumorosamente con la cannuccia? È lo stesso che cerca di convincerli a entrare nottetempo in una piscina privata per nuotare nudi? È lo stesso che sbadiglia in biblioteca lamentandosi dell'assenza di distributori di shortcake e disegna pinguini obesi su ogni quaderno nuovo?

Se non fosse lui, lo stesso Nagisa, non sentirebbe il cuore fare tanto male.

Apre meglio la bocca e lo stringe. Sente le sue dita gocciolanti sul viso e le labbra si scontrano di comune accordo in modo dolce e appassionato, alla ricerca di un contatto che sembrano desiderare entrambi per le giuste motivazioni.

Si perde e dimentica tutto il resto, registrando solo vagamente di avere lo stomaco sottosopra. Troppe reazioni simultanee, è scoppiato il caos dentro di lui. È impossibile tenere il conto di tutto quello che sta capitando nel suo organismo o anche solo provare a elencarlo e capirlo, catalogarlo e analizzarlo con metodo.

Vorrebbe spingersi sott'acqua e continuare a baciarlo lì, al sicuro, per nasconderlo agli occhi del cielo che li sta spiando. Invece rimane lì, a stringersi, a lasciarsi accarezzare mentre sospira e approfondisce goffamente quel primo bacio.

La lingua di Nagisa sa di fragola, come aveva sempre immaginato, ma non di marmellata. La spiegazione sta in una piccola caramella dura che scopre all'improvviso.

Nagisa gliela passa con movimenti studiati e lenti. Gli sembra che non ci sia mai stato un sapore più perfetto di quello.



Ha le dita ridotte a lunghe prugne insensibili quando si separa con un lamento di delusione. La mandibola tira dolorosamente e si sente disidratato, ma avrebbe continuato ancora per ore.

La vista di quella bocca lo convince che hanno esagerato, perché sembra gonfia e sta assumendo una gradazione cromatica non troppo sana. Eppure non resiste e torna all'attacco, solo per ricoprirlo di baci più tranquilli che producono un suono piacevole e un poco vergognoso. Nagisa lo ricambia sorridendo e a volte finisce per baciargli i denti grazie a un pessimo tempismo, ma non importa nulla, è bello tutto quanto.

«Usciamo», propone, prendendolo per mano e slacciando le gambe dai suoi fianchi.

Rei si sente ubriaco per tutto quel baciarsi senza interruzioni, ma lo segue docilmente lasciandosi trasportare come una medusa senza vita, un sorrisetto vago a renderlo meno serio.

Si tirano fuori dalla piscina e si ritrovano davanti Haruka e Makoto, entrambi con l'aria di non essere proprio appena arrivati. Rei reprime un singulto e lascia andare la mano di Nagisa, sentendosi immediatamente in colpa. Per fortuna c'è la sua risata per niente offesa, subito dopo, e le mani di Makoto che si fanno avanti per ricongiungerli con un'occhiata paziente da mamma.

«Era ora», commenta, facendo un cenno affermativo e sparendo nello spogliatoio.

Il ragazzo dai capelli blu fuma dalle orecchie e si china (questa volta senza lasciar andare il palmo di Nagisa) per raccogliere gli occhiali messi prima in salvo e inforcarli con un movimento abituale.

Quando torna in piedi si scontra con la faccia imperturbabile di Haruka. Improvvisamente si sente nervoso come se avesse davanti il padre di Nagisa. Un padre molto giovane.

«Sii responsabile», sussurra manco a farlo apposta, aumentando quella sensazione disturbante.

«Sì, Haruka-senpai!», scatta impettito.

Nagisa si piega in due dal ridere e Haruka, nella sua infinita pace interiore, concede loro un sorriso.

«Era ora», dichiara, ripetendo quanto già detto da Makoto. «Ti avevo detto di baciarlo, Rei.»

Li lascia così, a gocciolare su bordo piscina.

Rei guarda Nagisa solo dopo molti secondi e viene ricambiato da un'occhiata talmente piena d'amore che non può non rilassare la postura con un gemito felice.



   
 
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