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Autore: belowaverage    26/11/2013    7 recensioni
'tu sei lei,
tu sei lei,
inesorabilmente'
Cosa sarebbe successo se Johanna Beckett non fosse morta?
Questa è la mia prima Fanfiction, spero vi piaccia xx
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johanna Beckett, Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessuna stagione
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Inevitabilmente
                    
12 anni prima:
Johanna Beckett camminava in un vicolo del Bronx, erano le otto di sera ed era sola, era buio e cominciava a fare freddo. Doveva sbrigarsi a tornare alla macchina o avrebbe fatto tardi alla cena con Jim e Katie. Camminava spedita tra i vecchi palazzi, schivando i pattumi e i sacchi di immondizia, persa nei suoi pensieri; riflettendo sulla complicata causa che stava per intraprendere. Non sarebbe stato facile far scagionare Pulgatti, ma sentiva che c'era qualcosa di piú grande sotto quell'accusa apparenemente giustificabile, un mafioso che uccide un agente dell'FBI in incognito, nulla di nuovo. Ma lei era fatta cosí: doveva conoscere la verità, e sentiva che non era quella. Improvvisamente sentì dei passi dietro di se, svelti, puliti, sicuri, comparve un'ombra, poi un'altra. Si voltó e gridó.
 
 
Mi svegliai di soprassalto, la sveglia segnava le sei, un po' presto, ma oggi era un gran giorno, il gran giorno. Guardai fuori dalla finestra, c'era bel tempo e da lontano riuscivo a vedere la punta dell'Empire State Building.
Amavo New York, caotica, invadente, ma era casa mia. Quel periodo dell'anno poi era uno dei miei preferiti; Novembre, era da poco finita la famosa maratona che io amavo osservare dall'alto del mio palazzo e la città si preparava al Natale. Avevo dormito poco e niente, ma fui sollevata pensando che di li a poco avrei sorseggiato il mio solito caffé mattutino, oggi magari lo avrei preso doppio.
Feci la doccia, presi il tailleur e infilai i tacchi. Da dodici centimetri, ovvio. Poco dopo suonó il campanello, era la parrucchiera venuta per la messa in piega e per aiutarmi con il trucco. Circa un paio d'ore piú tardi avevamo finito e la salutai, lei mi strinse la mano calorosamente, facendomi gli auguri.
Poco dopo suonarono alla porta.
Una splendida voce femminile mi chiamó: 'Kaaaateeee, vostro onore, posso entrareee?'
Sorrisi. Aprii la porta: 'Mammaaa sei qui finalmente!'
Mi abbracció stringendomi forte. 'Papá aspetta giú insieme all'autista, dobbiamo andare'.
Presi la borsa e scesi le scale a braccetto con mia madre, ci guardammo negli occhi, i nostri occhi cosí simili, e mi sorrise.
Jim era seduto nei sedili anteriori, ci salutó con entusiasmo. L' autista era già in macchina con le mani sul volante, salimmo e partì.
Il tragitto fu piacevole, era da quando ero bambina che aspettavo quel momento. In realtá c'era stato un periodo della mia vita in cui avevo imboccato altre strade, ero diventata una ribelle, con la mia moto, le tute in pelle, e volevo solo vivere, volevo sentire il vento tra i capelli. Poi era successo, mia madre era stata quasi uccisa in quel vicolo, ma Roy Montgomery l'aveva salvata. L'aveva seguita quella sera, dopo che era andata a trovare Pulgatti in prigione, l'aveva seguita per avvertirla, per metterla in guardia dalle persone alle quali stava mettendo i piedi fra le ruote. Appena in tempo per vedere un'ombra avvicinarsi e tentare di accoltellarla. Ci fu una lotta e Montgomery uccise l'uomo che poi scoprirono essere un sicario pagato per zittire per sempre mia madre.
Fu dopo quel giorno, dopo che la polizia ebbe smascherato tutta la corruzione dietro quel tentato omicidio, che avevo messo da parte la moto e avevo ripreso in mano i miei sogni di bambina, avevo ripreso sul serio l'università di giurisprudenza, avevo fatto carriera in fretta, ed ero entrata nella camera dei rappresentanti.
Oggi avrei fatto il mio primo discorso di campagna elettorale per diventare presidente degli Stati Uniti.
Non che nutrissi grandi speranze di vincere, forse l'America non era ancora pronta per un presidente donna, e questo il partito lo sapeva; ma i Democratici erano favoriti a queste elezioni, perció  era probabile che avrei ricoperto qualche altra carica. Comunque mai dire mai, e in ogni caso io non ero una donna qualsiasi, questo lo sapevo.
Scesi dall'auto e arrivammo nella sala conferenze del Waldorf hotel, c'erano dei giornalisti e dei fotografi già pronti per le prime interviste. Sorrisi ma passai oltre, non era proprio il momento. Ero molto agitata. Fortunatamrnte non ero l'unica a dover parlare, c'erano anche altri candidati, e io ero circa a metá della scaletta.
'In bocca al lupo tesoro' disse mio padre.
Mia madre mi sorrise e ci scambiammo uno sguardo di intesa.
Andai a sedermi con gli altri ai lati del palco e loro andarono tra la folla crescente. Guardavo le persone che erano già lí, dovevano esserci anche i familiari degli altri candidati; mariti, mogli, figli... io non avevo nulla di tutto questo. Non che non lo desiderassi, ma non avevo mai trovato qualcuno che mi colpisse a tal punto da accantonare tutte le mie paure, il mio mettere il lavoro sempre al primo posto, le mie insicurezze in ambito affettivo. Avevo avuto delle storie, un paio anche abbastanza serie, poi peró per un motivo o l'altro era finita. Ed ero sola. Diciamo che con il mio lavoro era tutto piú complicato, ma spesso avevo usato questo come scusa, come protezione. Da cosa poi non lo sapevo, forse avevo troppa paura di deludere mia madre, di perdere di nuovo qualcuno come stava per succedere con lei, di rivivere quegli istanti che mi avevano cambiata per sempre e che mi avevano portata alla continua ricerca della giustizia. O forse, come molti, avevo semplicemente paura di lasciarmi amare.
Ero persa tra questi pensieri quando tra la folla vidi un uomo, in giacca e cravatta, camminava impettito e sembrava abbastanza sicuro di se tra tutte quelle persone. Ma non lo notai per quello, lo notai perché era Richard Castle. Siiiii quel Richard Castle! Il mio scrittore di gialli preferito! Cercai di mantenere la calma. C'era una ragazza di fianco a lui, alta, con i capelli rossi, molto carina, ma un po' troppo giovane per essere una delle sue tante conquiste; doveva essere sua figlia. Amavo molto i suoi libri, la maggior parte dei Gialli non mi piacevano, erano prevedibili e riuscivo sempre a capire l'assassino prima della fine.
Con i suoi libri peró, pur avendo spesso intuizioni, riuscivo a godere della lettura, mi piaceva il modo in cui descriveva le scene del crimine. Peró sapevo che era un po' che non scriveva. Aveva ucciso il suo personaggio di punta, Derrick Storm, ed era circa un anno che non pubblicava nulla.
Avevo un intuito particolare nel risolvere crimini. I gialli piacevano anche a mia madre e spesso guardavamo insieme i polizieschi in tv; a volte scherzavamo dicendo che in un'altra vita probabilmente avrei fatto la poliziotta.
Stavo ancora seguendo lo scrittore con lo sguardo, ad un certo punto si giró e mi vide, lì seduta con un sguardo forte ma po' perso, evidentemente in stato ansioso. Mi sorrise. Io mi corruciai e volsi lo sguardo, era un po' troppo sicuro di se, e sapevo della sua fama di donnaiolo leggendo Cosmopolitan.
In quel momento il sindaco si alzó e presentó il programma della serata. Dopo circa un'ora fu il mio turno per parlare e il discorso andó bene, niente intoppi. Quando la folla applaudí peró non potei fare a meno di cercare lo scrittore, era in fondo alla sala, appoggiato a una colonna con sua figlia, e continuava a guardarmi. Abbassai lo sguardo facendo finta di niente e scesi dal leggio.
 Circa un paio di ore dopo avevamo finito e ci condussero in una grande sala per un rinfresco per famiglie, candidati, alcuni membri dei partiti e politici di spicco della città. I miei genitori parlavano con due signori dei quali non conoscevo il nome. Io mi guardai intorno, la sala era davvero bella, non ci ero mai stata prima, un meraviglioso lampadario tempestato di Swarovski illuminava i pavimenti in marmo e le sontuose decorazioni delle pareti.
Con lo sguardo perso nell'osservazione della sala mi avvicinai ad un tavolo e mi versai un bicchiere di Champagne.
Una voce maschile mi chiamó: 'signorina Beckett'.
Mi girai e vidi il sidaco che mi sorrideva, accanto a lui... beh, si. Castle.
Sorrisi di rimando, un po' imbarazzata: 'sí, mi dica'.
'volevo inanzititto complimentarmi per il discorso, e cogliere l'occasione per presentarle un mio carissimo amico, lo scrittore di gialli Richard Castle'.
'molto piacere' dissi, stringendo la grande mano dello scrittore.
'il piacere è davvero tutto mio'.
Sorrise, era ancora piú affascinante di persona. Sembrava presuntuoso peró.
'dovete scusarmi' disse il sindaco 'ho alcune faccende da sbrigare, ancora complimenti Miss Beckett'.
Mi voltai verso Castle, eravamo rimasti solo noi due a parlare, cosí iniziammo a conversare, parlammo del mio discorso, di politica, dei suoi libri, gli chiesi, con uno slancio di coraggio, di sua figlia; sembrava volerle davvero molto bene, ed era l'unica donna della sua vita, a parte sua madre che viveva ancora con lui. Non sapevo nemmeno perché avevamo iniziato a parlare, ma era avvenuto tutto in modo molto spontaneo, era simpatico e mi faceva ridere, anche io lo facevo con lui. Ogni tanto faceva qualche battuta un po' impertinente, maliziosa, e cominciavamo con una rapida schermaglia di botta e risposta.
Dopo non so quanto tempo mi accorsi che il sole stava calando. Non poteva essere cosí tardi! Ero davvero stanca e avevo bisogno di tornare a casa a fare un lungo, lunghissimo bagno.
'Beh, signor Castle, si è fatto davvero tardi e comincio ad avvertire la stanchezza, ci salutiamo qui'. Sorrisi timidamente, da un lato non avrei voluto andare via, ma la parte piú razionale di me come al solito prese il sopravvento.
'Oh no perché? potremmo... uhm, andare a cena, parlare ancora...'. Le sue labbra si incurvarono e mi guardó dritta negli occhi, di nuovo quello sguardo malizioso; di nuovo l'indecisione.
 'Per cosa, per essere un'altra delle sue conquiste?'
'Potrei essere io una delle sue'.
Bella risposta davvero. Ma non potevo, non in quel momento, avevo troppe scuse da trovare con me stessa per farlo. Il lavoro, la campagna elettorale, la mia riservatezza.
Infine risposi: 'É stato un piacere conoscerla Castle'.
 Alzó un sopracciglio: 'É un vero peccato, sarebbe stato fantastico'.
Sorrisi ancora tra me e me, mordendomi il labbro, e con uno slancio di audacia mi avvicinai a lui: 'Non immagini quanto'.
Mi voltai e camminai verso l'uscita, senza guardarmi indietro, i tacchi che risuonavano sulle mattonelle della grande sala da ricevimento.
Era stato un incontro strano, come se ci fossimo conosciuti da sempre. Chissà, magari un giorno ci saremmo rincontrati. Per quanto fingessi di essere sempre razionale
e quasi cinica, mi piaceva ogni tanto credere nel destino, e concedermi un po' di romanticismo. Uscii dal Waldorf e presi un taxi per tornare finalmente a casa.
 
La guardavo andare via, i capelli raccolti in uno chignon, il tailleur, le gambe perfette. La camminata sicura, come lei, come le sue idee, ci avevo messo poco per capirla, ma motivo dalla voglia di saperne di piú. Non si voltó nemmeno una volta, fortunatamente, o mi avrebbe sorpreso a fissarla imbambolato. C'era qualcosa in lei che mi aveva colpito subito, come se ci conoscessimo da sempre. Magari un giorno ci saremmo ricontrati... Mi sentivo davvero una femminuccia mentre facevo questi pensieri. Ma chi ero io per non rispettare l'universo?
Quella sera tornai a casa e, dopo molti mesi, ripresi a scrivere.
 
 
 
"
tu sei lei,
tu sei lei,
fra così tanta gente
tu sei lei
se l'universo intero ci ha fatti ricontrare
qualcosa di sicuro vorrá dire".
 

Angolo dell'autrice:

premetto che sono nuova del sito e questa è la mia prima fanfiction; l'idea mi è venuta mentre riguardavo la 4x18, la puntata in cui Castle chiede a Beckett cosa avrebbe fatto se sua madre non fosse morta. Inizialmente ero indecisa, non volevo dare troppo spazio al mio lato romantico facendoli incontrare e innamorare a prima vista, ma dovevo farli incontrare! Quindi ho deciso di lasciare il finale aperto, come lo è la loro storia, e lasciare che tutto cominci o finisca come era iniziato. Poi ho scelto quella canzone sul finale perchè quando l'ho ascoltata mi ha fatto pensare subito a loro e alla storia che stavo scrivendo! 
Detto ciò, spero vi sia piaciuta! :) recensiteeee
 
  
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