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Autore: LyraB    26/11/2013    1 recensioni
Il suono di passi lo fece voltare e i suoi occhi si posarono su una ragazzina. Indossava la divisa della scuola e portava i capelli raccolti in due codini. Aveva la tracolla di pelle su una spalla e una pigna di libri sottobraccio. Il ragazzo sorrise appena, mentre i suoi occhi si riducevano a due fessure; la sua mano scivolò nella tasca della giacca appesa alle sue spalle e sfiorò la fotografia che aveva appena finito di osservare.
"Bene. Molto, davvero molto bene." Pensò.
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luce ed Ombra




La polvere danzava nel fascio di luce dorata che filtrava dalle alte finestre della biblioteca.  Le tende scure erano aperte per far entrare la luce chiara di quel pomeriggio di fine aprile, col sole dorato che splendeva felice in un cielo di un turchese così intenso da far girare la testa. I raggi del sole piovevano su uno dei lunghi tavoli tra gli scaffali colmi di libri.
Un ragazzo stava seduto su una delle sedie dallo schienale alto, con le gambe allungate sul tavolo e le braccia conserte dietro la testa. Guardava il cielo azzurro fuori dalla finestra con uno sguardo indecifrabile negli occhi scuri e sottili.
Il suono di passi lo fece voltare e i suoi occhi si posarono su una ragazzina.
Indossava la divisa della scuola e portava i capelli raccolti in due codini. Aveva la tracolla di pelle su una spalla e una pigna di libri sottobraccio.
Il ragazzo sorrise appena, mentre i suoi occhi si riducevano a due fessure; la sua mano scivolò nella tasca della giacca appesa alle sue spalle e sfiorò la fotografia che aveva appena finito di osservare.
Bene. Molto, davvero molto bene. Pensò.
La ragazzina raggiunse il grande tavolo a cui era seduto il giovane e appoggiò la giacca e la borsa sul ripiano di legno. Poi si guardò intorno e iniziò a riporre i libri che aveva in mano, alzandosi in punta di piedi per arrivare agli scaffali più in alto. La luce che entrava dalla finestra strappava riflessi d'oro ai suoi codini color miele.
Dalla foto sembrava proprio una bambina - anche perché arrivava appena alla spalla del giovane biondo al suo fianco – ma in realtà dal vivo non sembrava poi così piccola. Non dimostrava di certo i suoi diciassette anni, ma non era affatto male. Avrebbe potuto essere un passatempo piacevole, a lavoro compiuto.
La fissò ancora per un momento, poi esordì:
- Io ti conosco. - Esordì all'improvviso il giovane.
La ragazza si voltò di scatto, un po' sorpresa e un po' spaventata.
- Sei Elizabeth Graham, sei al penultimo anno e il tuo ragazzo si chiama Peter. -
- Sei un suo amico? - Domandò lei.
- Diciamo di sì. E come mai il tuo cavaliere non è qui a guardarti le spalle? -
- Si è fermato con un suo compagno di classe che aveva bisogno di una mano. Passa a prendermi tra un paio d'ore. - Disse lei. - Mi piace come l'hai chiamato. - Aggiunse poi con un sorriso.
Il giovane rimase per un momento interdetto, ma poi sorrise.
- Cavaliere? Beh, non è questo che fa? Ti accompagna in giro, ti porta la borsa… tutti nella scuola sono invidiosi del tuo bellissimo principe azzurro. -
Elizabeth sorrise radiosa e gli occhi verdi le scintillarono.
- Peter è fantastico. Ancora mi chiedo cosa ci trovi di tanto speciale in me. -
- Sono certo che hai tante qualità anche tu. - Rispose il ragazzo.
Elizabeth arrossì un po' e si affrettò a voltarsi per riporre un altro libro sullo scaffale, ma la sua voce era imbarazzata e sorridente mentre rispondeva.
- Sei gentile, grazie. -
Il giovane rimase seduto a guardarla che riponeva tutti i libri, poi la vide guardarsi intorno.
- Stai cercando qualcosa di nuovo da leggere? - Domandò lui.
- Già. Aspetto Peter qui, ne approfitto per iniziare un nuovo libro. -
- Anche tu sei patita di racconti fantastici come Peter, vero? -
Elizabeth sorrise, guardandolo stupita.
- Sì, come lo sai? Ci siamo proprio incontrati qui, la prima volta che abbiamo parlato. Io ero seduta su quel davanzale. - Disse Elizabeth, indicando la finestra.
- Beh, l'ho solo immaginato. Avevi un sacco di libri e tutti riposti in questi due scaffali. E adesso cerchi qualcosa di nuovo, proprio in questi due scaffali. I libri che ci sono qui sono tutti di quel genere. - Disse il ragazzo, stringendosi nelle spalle.
- Che spirito di osservazione! - Esclamò lei.
Si aggirò per un po' tra gli scaffali, prendendo qualche libro e sfogliandolo distrattamente.
Il ragazzo la fissava senza distrarsi un momento e quando Elizabeth si sentiva osservata alzava gli occhi verso di lui e gli sorrideva.
Poco dopo, con tre libri sotto il braccio, Elizabeth fece per andarsene.
Con uno scatto felino, il giovane si alzò in piedi e la bloccò trattenendole un braccio, in modo così improvviso che Elizabeth sussultò di spavento.
- Rimani qui a tenermi compagnia, Elizabeth. -
- Io veramente… -
- Ti prego. Sto aspettando una persona e non so cosa fare. - Disse lui, con voce supplichevole.
L'aria spaventata negli occhi di Elizabeth fu presto sostituita da un sorriso dolce.
- D'accordo. Certo che è buffo che tu non sappia cosa fare, con tanti libri intorno. - Disse lei.
Si sedette dalla parte opposta del tavolo, aprì uno dei libri e si mise a leggere, giocherellando distrattamente con una ciocca di capelli sfuggita a uno dei codini.
Dopo qualche minuto, alzò gli occhi, divertita.
- Perché non prendi davvero un libro, invece di continuare a fissarmi in quel modo? -
- Sei molto graziosa, sai? -
- Non dire sciocchezze. Tra le mie “molte qualità” di cui parlavi prima la bellezza non c'è, questo lo so. - Rispose lei, con un sorriso divertito. - E smettila di fare il galante con me. Non capisco perché un ragazzo stia passando il pomeriggio in biblioteca, senza un libro né un quaderno, usando il suo tempo per chiacchierare con una ragazza fidanzata e che neanche lo conosce. -
- Abbiamo parlato abbastanza perché tu adesso possa dire che mi conosci, no? -
- Ma se non so neanche il tuo nome! - Esclamò lei ridendo.
- Io sapevo come ti chiamavi ma non ti conoscevo. Adesso, invece, posso dire di conoscerti almeno un pochino. Come vedi, il nome non c'entra. -
Elizabeth lo guardò di sottecchi, trattenendo un sorriso, mentre il ragazzo tornava ad allungarsi sulla sedia, rimettendo i piedi sul tavolo.
La luce, fuori, diventava sempre più fioca e in biblioteca furono accesi i grandi lampadari.
Ora la luce non era più bianca e naturale, ma gialla e opaca, come se sulle lampadine si fossero posati anni e anni di polvere. Il ragazzo si dondolava avanti e indietro sulla sedia, guardando di tanto in tanto la porta con la coda dell'occhio.
- Che ore sono? - Domandò all'improvviso.
- Quasi le sei. - Rispose Elizabeth. - Sarà qui a momenti. -
- Intendi il tuo ragazzo? -
- Peter, sì. - Disse la ragazza, sorridendo e illuminandosi tutta. - Perché me lo chiedi? -
- Mi chiedo solo per quanto tempo potrò ancora godere della tua compagnia. -
- Ma se sono qui seduta a leggere in silenzio! -
- Hai un buon profumo. Mi tiene compagnia sentire che c'è qualcuno che odora di buono. -
Elizabeth avvampò, stavolta senza mezzi termini, e il giovane sorrise appena.
- E dimmi, cosa ci trovi tu di tanto speciale in Peter? -
- Beh… lui è… esattamente la persona di cui avevo bisogno. Non so come dire… In realtà non so nemmeno spiegartelo! - Disse, ridendo di nuovo.
Il giovane rimase per un istante interdetto da quella risata, semplice e trasparente.
Era la seconda volta che rimaneva interdetto e non andava bene.
Doveva essere freddo, lucido e padrone di sé stesso. Non poteva farsi prendere dalle emozioni.
Eppure quella ragazzina l'aveva lasciato di stucco, forse per la prima volta nella sua vita.
Prima di accettare, lui si documentava.
Si informava sugli affetti, sulle amicizie, sulla famiglia e su tutti quelli che circondavano la persona che gli veniva assegnata. Aveva ottenuto molte informazioni su di lei… ma quella ragazza che gli stava davanti aveva stravolto tutto quello che lui aveva memorizzato.
Gli avevano detto che era una ragazza semplice ma silenziosa, triste. Era una che aveva paura di tutto, perfino della sua ombra, una che non parlava con gli sconosciuti e che non alzava nemmeno gli occhi quando si trattava di parlare di sé stessi. Era una che tremava, si nascondeva e scivolava nelle ombre. Una che, a starci insieme, ti trasmetteva una sensazione di tristezza, di panico e di paura veramente incredibili.
Quando aveva visto la foto che gli avevano fornito, però, erano iniziati i dubbi: quel sorriso che aveva la ragazza sul volto era chiaro e luminoso.
Si era convinto però che era solo un momento, che era stato catturato uno dei suoi rarissimi sorrisi.
Così, quando l'aveva vista arrivare, aveva pensato che si sarebbe potuto divertire un po' a tormentarla, a farle tirare fuori la timidezza e il terrore che tutti gli avevano detto che si poteva leggere nei suoi occhi quando le si parlava… ma la ragazza che aveva davanti era tutt'altro.
Era serena, sorridente. Quando parlava sorrideva e ti guardava con quei grandi occhi verdi limpidi e trasparenti che sembrava potessero leggerti dentro.
Si era aspettato una ragazzina che poteva spaventare e terrorizzare, una su cui sperimentare il terrore che lui sapeva incutere… e si era ritrovato davanti a una ragazza semplice e solare, che rideva delle sue frasi e che faceva le battute. Una ragazza che quasi gli metteva paura, perché ogni volta che lo guardava e sorrideva in quel modo luminoso gli faceva venire voglia di rinunciare al motivo che lo aveva spinto in quella biblioteca polverosa.
Quella che aveva davanti era esattamente la ragazza della foto: una ragazza felice, che cammina mano nella mano con il ragazzo che ama verso la stazione della metropolitana, dopo un'anonima giornata di scuola.
La porta si aprì e entrambi si voltarono verso l'ingresso.
Un ragazzino con i capelli rossi e il viso cosparso di lentiggini si avviò verso il bancone, barcollando sotto il peso della borsa colma di libri.
- Arriverà presto. - Disse Elizabeth, sorridendogli. - Cosa gli dirai? È molto che non vi vedete? -
- Molto, sì. Una vita, quasi. - Disse il ragazzo, mettendo in fretta una parola dietro l'altra.
Iniziava a non sapere cosa risponderle. La situazione gli stava decisamente sfuggendo di mano.
- Peter sarà felicissimo di rivederti! Sono sicura che rimarrà di stucco quando ti vedrà con me. -
- Direi proprio di sì. -
- Sei un suo amico d'infanzia? - Disse ancora Elizabeth, sorridendo in modo adorabile, con il capo piegato di lato e appoggiato a una mano. - Non gli piace parlare di quando era piccolo, dice che era un bambino ridicolo. Mi piacerebbe sentire qualcuno parlare di lui. -
Il ragazzo la guardò per un altro lungo momento, senza risponderle, poi si alzò in piedi.
Prese la giacca dalla spalliera della sedia e se la infilò.
- Vai via? -
- Devo proprio. -
- Ma Peter arriverà a momenti! E non mi hai ancora detto niente! -
- Lo so, ma devo andare. Mi dispiace non averlo visto… tu però non dirgli che mi hai incontrato, ok? Così, quando ci incontreremo, per lui sarà una sorpresa. -
- Va bene, ma… -
- Non preoccuparti, penso che ci rivedremo presto. Ciao, Elizabeth. -
- Ciao… - Disse la ragazza.
Il ragazzo uscì dalla biblioteca in fretta e subito piegò verso l'uscita, affrettandosi a raggiungere la stazione della metropolitana: se non l'avesse incontrato, avrebbe potuto dire che non era riuscito a vederlo e non sarebbe stata una bugia.
Si voltò per un attimo e fissò le finestre della biblioteca, su cui si rifletteva il cielo azzurro.
- Dovresti ringraziarmi, Peter. Ti ho regalato un altro giorno con la tua innamorata. - Mormorò, spostando il coltello a serramanico dalla tasca dei pantaloni alla tasca interna della giacca, insieme alla foto.
Ma più che lui, forse, Peter avrebbe dovuto ringraziare la luce che la sua ragazza irradiava quando sorrideva.
Sarebbe finito nei pasticci, ma era per lei che l'aveva risparmiato.

Perché era giunto a una conclusione: era stata Peter a cambiarla, a renderla così solare, sorridente e angelica. E lui doveva uccidere lui, non lei. Quella ragazza era innocente, non c'entrava niente con lo sporco lavoro che lui si era scelto.
Aveva dato a loro due un altro giorno per stare insieme.
E lui aveva un altro giorno per pensare.




















Avevo scritto questa storia per un concorso su un forum e dovevo inserire un assassino, una biblioteca e una fotografia.
Mentre la scrivevo, però, la mia mente l'aveva ambientata nella stessa biblioteca
in cui la mia immaginazione aveva fatto incontrare i due protagonisti de "
Il Calice della Creazione", la mia fanfiction su Narnia.
E così Elizabeth e Peter si sono riproposti anche in questa storia, sebbene non abbia niente a che vedere con il racconto da cui provengono
(ed è questo il motivo per cui è qui nella sezione "originali").

Spero che il racconto vi sia piaciuto... e se vorrete dare un'occhiata anche alla mia longfiction, ne sarei felice.
Grazie di aver letto.
Flora
   
 
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