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Autore: Valvonauta_    28/11/2013    2 recensioni
«Il dolore è tanto, troppo per un povero uomo come me. Mi rendo conto solo ora davvero di quanto è stato importante per me Sherlock...
Quante cose avrei dovuto dirgli, quante cose avrei dovuto fare, avrei potuto fare se… ma la morte ha strappato quei progetti come si fa con l'erbaccia secca.»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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What am I without you?



Vedo il corpo di lui cadere, attratto alla terra dalla forza di gravità, incapace di fare qualunque cosa con quell’inutile cellulare in mano. E nonostante siano pochissimi i secondi che intercorrerono tra i piedi del mio amico che si lanciano nel vuoto e lo schianto contro il duro suolo a me paiono eterni.
Mi ricordo ancora, a due mesi di distanza, ogni centesimo di secondo dell'accaduto: anche la sua testa fracassata al suolo grondante sangue fresco, i suoi occhi spalancati che guardano il vuoto, privi di vita.
Quelle immagini sono impresse a fuoco nella mia mente e so che niente e nessuno potrà farmele dimenticare.
Le sogno spesso, quasi tutte le notti.
Mi sveglio sempre in una pozza di sudore.
E’ peggio degli incubi sull’Afghanistan.
 

***
 
 
Il dolore è tanto, troppo per un povero uomo come me. Mi rendo conto solo ora davvero di quanto è stato importante per me Sherlock...
Quante cose avrei dovuto dirgli, quante cose avrei dovuto fare, avrei potuto fare se… ma la morte ha strappato quei progetti come si fa con l'erbaccia secca.
 
 
***
 
 
Ho iniziato di nuovo ad uscire con la stampella. La gamba mi fa male in continuazione e se possibile più di prima. Ogni movimento é un tormento. Un tormento fisico che é un nulla in confronto alla mia anima lacerata da quella caduta in picchiata.
L'ho detto alla psicanalista e lei invece di darmi consigli si é semplicemente limitata a scarabocchiare con quella insulsa calligrafia illeggibile da dottore in quella insulsa agendina gialla che poggia sempre sulle gambe mentre mi guarda con quei suoi occhi indagatori.
"Parli" mi dice. A che la pago a fare? Parlo io. Che idiozia, le dico mentalmente. A lasciar parlare gli altri siam buoni tutti.
Cinquanta euro a seduta buttati nella spazzatura?
Mi rendo conto che non é così. Ho bisogno, un bisogno disperato di parlare di lui, di quegli avvenimenti, della sua scomparsa così prematura, di quel trauma così grosso eppure non riesco ad aprirmi con nessuno.
Lestrade, Mrs. Hudson, Sarah. Nessuno.
Sono passati tre mesi oramai e l'unica cosa che mi fa andare avanti sono quelle tre ore settimanali dalla psicanalista.
Lì con la scusa della sua professione riesco a parlare, poco ma parlo. Se non lo facessi, mi sarei già sparato in bocca da un bel po’, ne son convinto.
Sorridendo mi immagino la scena del delitto. Mi chiedo chi sarebbe a fare le indagini, a mettere il nastro giallo con ''POLICE LINE DO NOT CROSS” stampato in nero per tutta la sua lunghezza?
Lestrade? 
Sherlock ad un caso del genere non ci avrebbe neanche dato peso, lo avrebbe definito noioso.
E forse, mi dico, é anche per questo pensiero che evito il suicidio. Non voglio sembrare banale ai suoi occhi, non voglio deluderlo ma son troppo spossato e derelitto per architettare qualcosa che sia degno della sua attenzione dal cielo nel quale ora risiede.
 
 
***
 
 
Ho ricercato mia sorella. In uno di quei giorni di disperazione, dove mi metto a piangere come un pazzo, ho gattonato fino al telefono e ho composto il numero.
E' venuta.
Si, sono così disperato.
Beh, non é servito a molto.
E tu lo avresti saputo, Sherlock, perché tu mi conoscevi meglio di quanto io conosca me stesso.
 
 
***
 
 
Ho bisogno di un nuovo coinquilino. I soldi non bastano per pagare tutto. Mrs. Hudson non dice niente perché ha pena per me ma anche lei ha bisogno di introiti con quella pensione da fame che si ritrova.
Sherlock se ne é andato. Niente testamento.
 
Tutti i suoi averi ora sono di Mycroft ma lui non si é più fatto vivo e io di certo non sono andato a cercarlo.
 
Mrs. Hudson dice che mi farebbe bene andarmene di lì. Tutti me lo dicono.
Io però non voglio. Non ce la faccio. Sherlock, aiutami tu…
 
 
***
 
 
Ho il tuo teschio accanto a me ora, sul bracciolo della poltrona. La tua roba ancora invade la casa.
E’ dappertutto, sparpagliata a caso come tu l’hai lasciata e sembra togliermi l’aria, quasi l’assorbisse… ma non posso, non posso, non posso...
 
 
***
 
 
Oggi ho visto almeno cinque persone interessate alla casa.
Ero li che parlavo della casa e il tizio che avevo davanti mi ha chiesto “di chi sono tutte quelle scartoffie?”.
Sherlock, chiedeva di te.
Sono svenuto. Ho ripreso conoscenza solo dopo tre minuti…
 
... niente più coinquilini. Niente più coinquilini.
 
 
***
 
 
Mi sono svegliato nel tuo letto stamattina. Non so come ieri sera ci sono arrivato.
Però è bello, sai? Mi sembra di sentire il tuo odore lì… hai un buon odore, sai? Di pulito.
 
 
***
 
 
La psicologa dopo l’ultima chiacchierata mi ha dato delle gocce. Non ho capito bene a cosa servono, più che altro non ho voluto sapere, ma quando le prendo mi sembra quasi di averti vicino, accanto a me, sulla tua poltrona preferita, che gesticoli convulsamente con le tue esili mani discutendo di qualche assurdo caso.
Eri così magro... eri talmente magro...
Dovresti mangiare di più, sai?
 
 
***
 
 
Improvvisamente rido. Rido e non ne posso fare a meno. Fuori é buio. Sono nel mio letto.
"Sherlock!" ti chiamo. Non ci crederà mai quando glielo dirò.
"Ho sognato che ti buttavi giù da un tetto!" gli dico.
Continuo a ridere. Penso: Non é la cosa più ilare del mondo?
Cammino....
 
Entro in camera tua ancora col sorriso stampato in faccia.
Mi ritrovo davanti il letto neanche toccato quasi a schernirmi.
La realtà mi investe come un treno a trecento chilometri orari e mi squarta, mi tortura, mi dilania anima e ossa e carne… tutto.
Mi ritrovo, in pochi attimi, ad essere un macinato di carne che cammina.
No... è successo... davvero.
Piango.
Sto perdendo la ragione.
Sherlock.... "Sherlock!" urlo.
Alzo lo sguardo e trovo Mrs. Hudson davanti a me. Mi guarda.
 
 
***
 
 
Osservo il soffitto di casa nostra.
E' bianco.
Non me ne ero mai accorto.
E' bianco! Mi dico.
Che colore idiota.
"E' un colore non da te, Sherlock!" ti dico.
Tu fai capolino in sala con un barattolo da conserve ricolmo di occhi e mi guardi sorridente: "Hai ragione, domani chiamo l’imbianchino."
 
 
***
 
                     AIUTO.
 
 
 
Sono all'ospedale. Vedo tutto bianco intorno.
 
Psichiatria recita un cartello.
 
Sherlock, non ti vedo più, non riesco più a vederti.
I nuovi farmaci sono cattivi....
 
 
 
***
 
 
Perché mi tengono qua? Cosa ho fatto? Voglio andare a casa, stare con quello che resta di te....
 
 
Per sempre.
 
 
***
 
 
Continuo a non vederti più. Erano visioni, così mi dicono i medici.
Si calmi, mi dicono i medici.
La dottoressa che si prende cura di me dice che gli psicofarmaci fanno effetto... a me non sembra proprio.
Non ti vedo. Non è una cosa buona.
Come se non bastasse la vista mi si annebbia sempre più. Sempre più spesso.
La debolezza mi affligge tanto che non riesco a mangiare da solo.
Una gentile signora mi imbocca tutte le volte.
Ogni tanto viene Mrs. Hudson.
Sto male, troppo male...
 
 
***
 
 
E'..... un mese....... sono qui?
Io....... non lo... so.... Sherlock....
I farmaci...... male....
Mi sento morire... ma so... so che son morto dentro già da... un po'.... aiuto...
 
 
***
 
 
Niente. Voglio vederti... voglio toccarti...
Sento il cuore farsi... sento il cuore fa... farsi........... più... leggero...
Un dolore im... provviso... ah!
 
 
***
 
 
Oggi mi sento qu... asi meglio.
Ci sono Mrs. Hudson e Lestrade accanto a... me... sono tristi.
Mrs. Hudson piange.... vorrei chiederle che ha, ma... le parole non escono.
Poi un rumore.
Li vedo girarsi verso la porta...
Urla.... la voce... isterica di..... Mrs. Hudson.
Chi è?
Vedo la tua chioma riccioluta e... corvina sopra di me.... e poi compare il tuo viso...
Hai il viso... terreo... il tuo... vi... spigoloso...
Mi... prendi una mano... la porti alla bocca.
La baci… il contatto… mi… m…i… da una… scarica…
Hai... hai le lacr... ime agli occhi.
Le sent... sulla guancia.
"John... mi dispiace" ti sento dire.
La tua voce.
Ti sento, ti vedo, ti tocco... ma ormai è... troppo tardi.
Tardi......
Le macchine a cui sono attaccato... suonano impazzite.
Tu... mi continui a guardare... non mi lasci... ma è troppo tardi...
Voglio chi... udere gli occhi... ho sonno...
Un grande vortice nero mi attira a sé, ma non importa: sono in pace adesso.
 

 
 
Spazio autrice.
Salve a tutti, lettori cari.
Era da un po' che volevo creare una one shot post mortem di Sherlock.
Ho cercato di rendere, nel modo più efficace possibile, il dolore di John attraverso i suoi pensieri, la sua degenerazione mentale nel tempo. Spero di esserci riuscita.
E' una ff semplice, senza tante pretese, ma spero vi sia piaciuta ugualmente.
Vi pregherei di lasciare un commento per esprimere il vostro parere. So accettare le critiche.
Alla prossima,
vostra FranciscaMalfoy
   
 
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