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Autore: S h i n d a    28/11/2013    3 recensioni
[Questa fanfiction partecipa al contest "X // Y ~Quando il Genderbend incontra Inazuma Eleven~" indetto da Melabanana_]
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Ormai era una cosa quotidiana; ogni giorno le due si davano appuntamento al parco, ed ogni giorno Kuroneko portava qualcosa a Tsuki.
Un giorno le scarpe, l’altro giorno una giacca, il giorno dopo ancora una gonna o un paio di pantaloni; la maggior parte erano vestiti non più usati dall’amica, e non nuovi, ma alla più piccola andava bene così, specialmente perché il tutto era accompagnato da una buona merenda.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hakuryuu, Shuu
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Autore: S h i n d a.
Genere: Leggermente angst, triste.
Pairing: All'inizio doveva essere una Fem!HakuShuu ma sono riuscita a creare solo un rapporto d'amicizia.
Eventuali note d'autore: Preferisco farle in fondo alla pagina. ↓


La ragazza si scostò i capelli dal viso, evitando che essi le coprissero la visuale, e con un rapido gesto afferrò la propria borsa di marca.
Scese le scale facendo molta attenzione a non sporcarsi le sue splendide scarpe color bianco latte e si lisciò la gonna dello stesso colore di quest’ultime.
 Finalmente poteva tornare a casa e lasciarsi scivolare queste odiose ore di scuola alle spalle.
 
Kuroneko era una ragazza che teneva molto al suo aspetto, ed alcune volte risultava anche arrogante.
Amava tutto ciò che fosse bianco, lei riteneva che il suddetto colore rappresentasse la perfezione, e odiava il nero.
Quel colore così cupo le dava un senso di sporcizia e di oppressione, senza considerare che essendo una ragazza molto superstiziosa aveva il terrore dei gatti neri.
Buffo allora pensare che suo padre e sua madre le avessero dato questo nome, no? Appunto per questo si poteva dedurre che ella non avesse un buon rapporto con i suoi genitori, anzi, tutto il contrario.
Lei e la sua famiglia litigavano spesso, per questo molte volte si era ritrovata sola senza alcun supporto morale; era abituata a guardare i suoi compagni dall’alto verso il basso cercando di non apparire una persona debole, voleva dimostrare a loro ed alla sua famiglia che poteva benissimo cavarsela da sola.
 
«Ehi Kuroneko.» la schernirono alcuni ragazzi. «A casa di chi devi andare quest’oggi?»
La gente la chiamava puttana per i suoi modi di fare o per il suo modo di vestire, ignorando il detto “mai giudicare un libro dalla propria copertina”.
Ormai si era abituata a queste prese in giro giornaliere e sapeva che in questi casi bisognava tirare avanti ed ignorare le loro risate, prima o poi si sarebbero stufati.
Camminava con aria altezzosa lungo i marciapiedi delle strade, dall’inizio delle scuole medie aveva rifiutato gli accompagnamenti da parte dei suoi genitori, ed ogni tanto lanciava uno sguardo lungo l’altra parte della strada.
Era arrivata più o meno all’altezza del parco abbandonato, con l’arrivo dei videogiochi i bambini avevano smesso di uscire a giocare nelle giostre e quindi più nessuno ci andava; non quel giorno però.
Assottigliò lo sguardo e le parve di vedere una figura, probabilmente una ragazzina, dondolarsi sulle altalene; tutto ciò le sembrò strano ma fece spallucce e continuò per la sua strada.


 
Il giorno seguente entrò in classe sospirando, era in ritardo perché quella notte non era riuscita a chiuder occhio ed ora si reggeva a stento in piedi dal sonno.
Notò che l’unico posto libero si trovasse all’ultimo banco ed a malincuore si diresse verso questo.
Non che odiasse stare in fondo alla classe, lì poteva fare tutto ciò che voleva, ma abitualmente là ci sedevano anche tutti coloro che la offendevano.
Fece finta di non ascoltare quegli idioti, come li definiva lei, e prese la sua borsetta del trucco, doveva darsi un aspetto accettabile.
Si riflesse allo specchio ed esitò sui suoi occhi color del sangue, poi estrasse il pettine e se lo passò sui suoi lunghi capelli albini.
A dir la verità i suoi capelli non erano proprio albini, a partire dalla nuca in giù prendevano una tonalità simile all’azzurro e lei ne andava molto fiera di questa particolarità, adorava la sua chioma.
«Quanto manca al fine della lezione…» mormorò tenendo a stento gli occhi aperti, iniziava a sentire la stanchezza di quella notte passata insonne.
 
 
«Forse se chiudo un attimo gli occhi questo insopportabile dolore alla testa mi passerà…» e pensando ciò finì per addormentarsi.
 
 
Un assordante rumore la svegliò.
Si voltò di botto e vide i suoi compagni di classe sghignazzare, osservando che uno di essi aveva un palloncino scoppiato in mano.
«Guardate, si è svegliata la bella addormentata!» la indicarono con un dito, nel mentre con l’altra mano si tenevano la pancia per le troppe risate. «È suonata l’ultima ora, sai?»
«Cosa avete da ridere?» ringhiò a sua volta Kuroneko.
I ragazzi la guardarono e risero più forte; non capiva.
Uno di loro iniziò ad indicarla e provò a pronunciar parola ma le risate impedirono il tutto.
Confusa la ragazza afferrò lo specchietto che portava sempre con sé in classe e leggermente spaventata diede un'occhiata all’oggetto.
Non passò nemmeno un secondo che un urlo e un rumore di vetro rotto squarciò le risa dei compagni.
«I-i… m-miei capelli…» tremante portò una mano dietro la nuca e percepì il vuoto, la disperazione le attanagliò il cuore. «I miei b-bellissimi capelli!» singhiozzò in lacrime.
I maschi si guardarono in faccia per una manciata di secondi, quasi pentiti del loro gesto, ed invece di scusarsi, continuarono a sghignazzare nel mentre il più alto di loro, l’ideatore forse, teneva un paio di forbici in mano. «Raperonzolo, penso tu abbia perso qualcosa!»
Kuroneko scoppiò in un pianto disperato e senza pensarci due volte, afferrò le proprie cose e corse via, nemmeno lei sapeva dove, l’importante era abbandonare quel posto.
Scese gli scalini di corsa, tenendo le braccia come per coprire la testa e le lacrime le rigavano il volto.
Istintivamente corse verso il parco, non voleva più avere a che fare con nessuno, le avevano levato l’unica cosa a cui teneva davvero.
Entrò in quella specie di giardino abbandonato, circondato da alberi che facevano ombra, e si accucciò su una panchina ormai logora continuando a piangere.
Perché le avevano fatto tutto ciò? In fondo, lei non aveva mai dato fastidio a nessuno, stava sempre da sola in un angolo della classe a sistemarsi qualche ciocca ribelle o a provare qualche nuovo trucco.
Lentamente portò di nuovo il proprio palmo della mano ad accarezzarsi la nuca, ora scoperta, e un brivido le percorse la schiena.
Più ci pensava più quell’insopportabile fitta al cuore aumentava.
 
 
«Come mai piangi?» le chiese una voce a lei sconosciuta. «È successo qualcosa di brutto?»
L’albina alzò il volto dalle ginocchia e si asciugò frettolosamente le lacrime. «Niente.» sussurrò gemendo.
«Non sembra.» rispose una figura accostata dietro un albero.
«Fatti gli affari tuoi.»
Una ragazza con dei corti capelli corvini e una carnagione abbastanza scura le si parò davanti.
Portava una maglietta nera senza maniche, che risaltava il corpo a dir poco scheletrico, e dei pantaloncini rattoppati; ai piedi non portava nulla. «Mi spiace vedere le persone tristi.»
«Nemmeno mi conosci.» borbottò sulla difensiva Kuroneko; ci mancava solo una strana ragazzina all’appello di coloro che la prendevano per i fondelli.
«Io sono sempre stata abituata a vivere nella miseria e vedere ogni tanto gente che tenta di aiutarmi mi rende felice.» spiegò la nuova arrivata. «Adesso vorrei essere io ad aiutare qualcuno e renderlo felice.»
 
 
«Belle parole,» iniziò Kuroneko «ma ho appena detto di farti gli affari tuoi.»
«Io mi chiamo Tsuki, tu?»
L’albina, notando che i suoi tentativi di allontanare la ragazzina erano totalmente falliti, decise di provare a conversare, dopotutto la distraeva da ciò che le era appena successo.
«Kuroneko.»
«Che bel nome Kuroneko, lo trovo adorabile, io adoro i gatti.»
«Io lo trovo odioso.» replicò la ragazza in questione, essendo molto superstiziosa.
«Invece è molto carino.» sorrise Tsuki avvicinandosi ad un’altalena.
Fu in quel momento che Kuroneko ebbe come un flashback, possibile che la persona che aveva visto dondolarsi sull’altalena fosse proprio lei?
«Ancora non mi hai detto il motivo per il quale piangevi.»
Esitò un attimo, insicura se mostrarle o meno il suo problema, poi si girò.
«Mh? Dove dovrei guardare?»
La ragazza indicò la propria nuca. «I miei favolosi capelli!»
«Cosa hanno che non va’?» domandò confusa Tsuki.
«Che intendi con “Cosa hanno che non va’”?!» strepitò la poveretta. «Me li hanno tagliati! Hanno tagliato la mia bellissima chioma!»
«Oh.» si lasciò sfuggire la corvina. «Io ti trovò molto bella così, davvero, non ci sarei mai arrivata che ti avessero tagliato i-» si bloccò. «Ma chi è stato?»
«I miei compagni di classe.» trattenne le lacrime al solo pensiero.
«Mi dispiace.»
«Fa nulla…» parlare con questa, umh… Tsuki, sì, le faceva bene. Questo suo modo di fare molto calmo la tranquillizzava. «Piuttosto… hai fame?»
Gli occhi della più piccola si illuminarono ma nel frattempo cercò di contenersi. «Solo un po’, tutto considerato, l’ultima volta che ho toccato cibo è stato l’altro ieri, in media mangio ogni tre/quattro giorni.»
«Stai scherzando, vero?»
La scura scosse la testa e si spinse appena per far muovere il dondolo.
Kuroneko si sentì uno schifo, lei piangeva per i suoi capelli –che potevano pur sempre ricrescere- quando invece gente come Tsuki era costretta a non toccar cibo per giornate intere.
Aprì di scatto la borsa bianca di marca e iniziò a cercarci dentro. «Tieni.» le disse, porgendole due origiri. «Non è un granché ma erano la mia merenda, non ho fame.»
Un sorriso s’increspò nelle labbra della corvina e questa si catapultò addosso la sua nuova amica. «Posso? Davvero?» nemmeno ci credeva.
«Certo che puoi.» era la prima volta che regalava qualcosa a qualcuno ed aveva proprio ragione Tsuki, si provava una grande gioia nel vedere la felicità altrui.
Nel mentre osservava la più piccola mangiare sentì qualcosa vibrarle sulle gambe, proveniva dalla sua borsa.
Afferrò il suo cellulare, ovviamente bianco, e fissò quasi schifata il nome che era apparso sul display: ‘Papà’.
Senza rispondere, poggiò l’oggetto sulla panchina e si avvicinò lentamente verso Tsuki e piegandosi appena le disse «ora devo andare, se vuoi ci possiamo vedere domani.»
Per un attimo la scura mise su un adorabile cipiglio, poi annuì sorridente ingoiando l’ultimo boccone.
«Allora a domani.»
 
 
Ovviamente tornata a casa i suoi genitori l’avevano sgridata sia per il ritardo e sia per ciò che aveva combinato ai capelli, ma non aveva affatto voglia di continuare quella conversazione, per ciò, appena poté si rifugiò nella propria camera.
Si lanciò sul letto e dopo una manciata di minuti infilò un braccio dentro la propria borsa, alla ricerca del suo specchietto.
Si rese conto di cercare inutilmente quando l’immagine di uno specchio in frantumi le si parò di fronte agli occhi, fu come un flash, si ricordò di averlo fatto cadere quella mattina a scuola.
La aspettavano sette anni di sfortuna, ci mancava solo quello.
Scoraggiata diede uno sguardo al proprio diario scolastico e notò la miriade di compiti per il giorno dopo… la sfiga iniziava a fare effetto.
 
 
L'indomani si presentò in classe con la sua solita aria altezzosa, cosa che confuse gli artefici dello scherzo fatto il giorno prima ed anche gli altri perplessi per il suo cambio di look.
«Cosa è successo ai tuoi capelli?» le chiesero in molti.
«A mio parere sono più carina così, non trovi?» replicava a chiunque. Risposta che imbestialiva gli ‘idioti’, ormai soprannominati così.
In fondo, non le importava più niente di ciò che le succedeva attorno, il suo unico interesse era quello di raggiungere il parco il prima possibile.
Appena suonò la fine delle lezioni corse via fino a raggiungere quel luogo con il fiatone.
«Kuroneko, quindi se venuta!» la chiamò la voce della sua nuova amica.
«Certo e ti ho portato anche una cosa.»
«Cosa?»
«Possiamo chiamarlo… un regalo.»
Alla parola ‘regalo’ la corvina trattenne il fiato, emozionata. Nessuno le aveva mai fatto un regalo.
La più grande tirò fuori un paio di scarpe da ginnastica con un paio di calze.
«Ecco, non è proprio un granché, le utilizzavo per fare educazione fisica ma ritengo che siano più utili a te che a me.»
Tsuki rimase immobile con le lacrime agli occhi.
Per un attimo l’albina perse un battito. «Argh- non pensavo facessero così schif…» non poté completare la frase perché l’altra era corsa ad abbracciarla.
Fu in quel momento che notò più di prima quanto la ragazza fosse magra, sentiva quelle braccia ossute stringerla e il suo seno entrava contatto con lo sterno della scura.
«È bellissimo…» riuscì a mormorare commossa.
Kuroneko la osservò stupita e un gran sorriso si fece largo tra le sue labbra, ricambiando l’abbraccio.
 
 
Ormai era una cosa quotidiana; ogni giorno le due si davano appuntamento al parco, ed ogni giorno Kuroneko portava qualcosa a Tsuki.
Un giorno le scarpe, l’altro giorno una giacca, il giorno dopo ancora una gonna o un paio di pantaloni; la maggior parte erano vestiti non più usati dall’amica, e non nuovi, ma alla più piccola andava bene così, specialmente perché il tutto era accompagnato da una buona merenda.
Più i giorni passavano più le due diventavano amiche, tutto sembrava perfetto, sino a quando non accadde una tragedia.
Un pomeriggio le due ragazze avevano deciso di fare una passeggiata, stavano camminando sul marciapiede quando un gatto nero tagliò la strada ad entrambe.
L’albina si nascose immediatamente dietro la corvina che a sua volta scoppiò a ridere. «Suvvia, è solo un gatto.»
«Non è solo un gatto!» strepitò isterica. «È una gatto nero
«E quindi?» 
 
 
«I gatti neri portano sfortuna!»
«Suvvia, mi hai raccontato di aver rotto uno specchio circa un mese fa e ancora non ti è successo nulla… o sbaglio?»
«Forse hai ragione, perdonami.»
«E di cosa?»
Kuroneko si diede della stupida per la brutta figura fatta quel giorno, forse aveva ragione Tsuki, la sua era una paura infondata.
Pensò ciò sino al giorno dopo.
Quando ella arrivò e non trovò nessuno al parco iniziò a spaventarsi, Tsuki non aveva mai tardato, anzi, l’aveva sempre trovata lì.
«Mi scusi.» chiese ad un anziano che aveva notato varie volte in quei paraggi. «Per caso, ha visto una ragazzina con i capelli corti color pece, carnagione scura…» non riuscì a completare perché il vecchio la interruppe.
«Ah, sì, la zingara.» La definì.
«… come prego?»
 L’anziano la ignorò. «Come al solito, stava chiedendo l’elemosina al semaforo qualche isolato più in là e stamattina un biondino sulla moto l’ha investita.»
Kuroneko strabuzzò gli occhi.
«È morta.»
 
 
 
 
«Kuroneko, alzati o farai tardi a scuola!» le gridò una voce dal piano inferiore.
Si ritrovò distesa nel proprio letto ma… c’era qualcosa che non andava.
La sua testa era più pesante, sentiva qualcosa accarezzarle le spalle.
Si portò una mano alla nuca e poté constatare la presenza dei suoi capelli, cosa stava accadendo?
Afferrò la borsa vicino al comodino e trovò il proprio specchio ancora intatto.
Presa dal panico e dallo stupore, corse all’armadio dove c’erano tutti i suoi vestiti e quando lo aprì vide le scarpe da ginnastica che aveva regalato a Tsuki.
No, non era possibile.
Uscì di casa e trovò il vecchietto che le aveva annunciato la morte della sua amica. «Mi scusi se la disturbo, mi sa dire di più sulla… umh… zingara
«Quale zingara?»
«Sa, quella con i capelli corti color pece e la carnagione scura.»
L’anziano scosse la testa. «Mi spiace deluderti ma non conosco nessuna zingara.»
«G-grazie.» mormorò l’albina che sconcertata s’incamminò lungo il marciapiede che portava dritto alla sua scuola, quello di fronte al parco.
Non poteva essere stato solo un sogno, no, Tsuki esisteva.
 
 
 
 
 
 
 
Nel frattempo, un’altalena ormai vuota si dondolava lentamente.
«Mamma, mamma! È vero che in quel parco ci sono i fantasmi?»
«Suvvia tesoro che dici, i fantasmi non esistono.»










 
♦♣Angolo Autrice♥♠

Innanzitutto voglio ringraziare Roby e Camy per avermi fatto fatto partecipare e per avermi fatto rendere conto che oggi era l'ultimo giorno per postare (anche se ora hanno spostato la chiusura al trenta). 
Non ho niente da dire se non che mi dispiace per questa mia inattività ma di questi tempi sto pochissimo al computer, davvero.
Questa idea è nata mentre tornavo da un concerto di sera con i miei genitori e ho visto dei bambini giocare al parco. 
Sì, fa schifo, come tutto ciò che scrivo, del resto.

Kuroneko: Fem!Hakuryuu.
Tsuki: Fem!Shuu.


Spero di non essere caduta nell'OOC e perdonate eventuali errori di battitura/grammaticali. 

S h i n d a

 
 
   
 
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