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Autore: Sniix    29/11/2013    8 recensioni
E se Clay non se ne fosse andato? Se fosse restato con Hannah dopo il loro bacio?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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In uno dei miei momenti di gossip su di lui, ho scoperto che ci sarebbe stato anche lui alla festa.
Cosa!? Clay Jensen a una festa? Incredibile.
E non ero l’unica a pensarlo: la gente intorno a me non parlava d’altro. Nessuno riusciva a capire come mai Clay non andasse mai alle feste. Ovviamente, ognuno aveva una sua ipotesi. Ma indovinate un po’? Sì, esatto. Erano tutte positive.
La festa era già in pieno fermento quando sono arrivata io. La maggior parte della gente, a differenza di me, non doveva aspettare che i genitori si addormentassero per poter uscire.
Assiepata all’ingresso, c’era la solita folla di tipi ubriachi fradici, pronti a salutare tutti i nuovi ospiti con il bicchiere alzato.
Pensavo che Hannah fosse un nome difficile da pronunciare, ma se la sono cavata piuttosto bene. Metà di loro continuava a ripetere il mio nome, cercando di accarezzarne la pronuncia. L’altra metà rideva e basta.
Ma erano innocui. Gli ubriachi simpatici sono un’aggiunta perfetta in ogni festa. Non cercano di fare a botte. Non ci provano con le ragazze. Pensano solo a bere e a ridere.
La musica era alta e nessuno che ballava. Poteva essere una festa una festa qualunque… eccetto per un particolare.
Clay Jensen.
Appena arrivato avrà sicuramente  suscitato un sacco di commenti sarcastici, ma quando ero arrivata io, era ormai parte integrante di quel casino. Anche se, a differenza degli altri, era l’unico motivo per cui ero lì.
Visto tutto quello che stava succedendo nella mia vita –nella mia testa- avevo davvero voglia di parlare con lui. Parlare seriamente. Almeno per una volta. Cosa che non riuscivamo mai a fare a scuola. Né al lavoro. Avere l’occasione di chiedergli: chi sei?
E mentre ero in fila in cucina, in attesa di riempirmi il bicchiere, per la prima volta, lui arrivò alle mie spalle.
-Hannah Baker- Disse, mi voltai verso di lui. –Hannah… ehi.
Non potevo crederci. Era sbucato all’improvviso.
-Non so perché- disse –ma credo che io e te dobbiamo parlare.
Annuii con tanto di sorriso idiota stampato in faccia. Aveva visto che il mio bicchiere era vuoto e versò metà della sua birra e mi chiese se mi andava di parlare.
Ci spostammo in soggiorno, dove un lato del divano era già occupato. Ma c’era ancora un sacco di spazio libero, così ci siamo messi a sedere anche noi. E indovinate un po’ cosa abbiamo fatto? Abbiamo poggiato i bicchieri e ci siamo messi a parlare. Tutto qui.
Era come un sogno che si realizzava, le domande erano intime, come per rifarci del tempo perduto. Senza mai apparire invadenti. E infatti non lo erano. Perché io volevo farmi conoscere da lui.
Era come se lui potesse conoscermi davvero. Comprendere qualsiasi cosa che io gli dicessi. E più parlavamo, più intuivo perché: ci entusiasmavano le stesse cose. E ci preoccupavano le stesse cose.
Avrei  voluto raccontargli tutto. E questo mi faceva star male, perché alcune cose erano troppo terrificanti. Non le capivo nemmeno io.
Come potevo raccontare a qualcuno –qualcuno con cui stavo parlando seriamente per la prima volta- tutto quello che mi passava per la testa? Era troppo presto. O troppo tardi.
Clay continuava a dire che sarebbe finito tutto liscio tra di noi. Diceva che se lo sentiva già da tempo. Sapeva che saremmo andati d’accordo. Che saremmo entrati in sintonia.
Ma in che modo? Non lo spiegava. Come faceva ad esserne così sicuro? Perché io sapevo cosa si diceva di me in giro. Ero al corrente di tutte le bugie che avrebbero fatto parte di me.
Nella coppia accanto a noi sul divano, la ragazza era ubriaca, rideva e ogni tanto mi tirava inavvertitamente una gomitata. All’inizio era buffo ma poi era diventato fastidioso. Ho cominciato a pensare che non fosse poi così ubriaca. Che fosse solo una messinscena per il ragazzo con cui parlava… nei rari momenti in cui si parlavano. Che volesse il divano tutto per sé. Così io e Clay ce ne siamo andati.
Abbiamo vagato per la festa, urlando ogni volta per coprire la musica. Alla fine, sono anche riuscita a dirottare la conversazione. Non più conversazioni profonde e pesanti. Avevamo bisogno di ridere. Ma dovunque andassimo c’era troppa confusione. Così, ci siamo ritrovati davanti ad una stanza vuota.
Mentre eravamo lì, con le spalle contro gli stipiti, e il bicchiere in mano, non riuscivamo a smettere di ridere. Eppure il senso di solitudine era tornato a farsi sentire.
Ma stavolta non ero sola. Anzi. Per la prima volta dopo tanto tempo stavo entrando in sintonia –ero in sintonia- con un’altra persona della scuola. Com’era possibile che io mi sentissi sola?
Semplice: era quello che volevo. Non so come altro spiegarlo. È l’unica ragione plausibile per me. Quante volte mi ero lasciata coinvolgere da qualcuno per poi essere trattata a pesci in faccia? Stava filando tutto a meraviglia, ma dentro di me sapevo che poteva diventare tutto orribile. E molto, molto più doloroso che in passato.
Ma lui era lì, a farmi sfogare. E quando poi non ce l’ho più fatta, quando ho dirottato la conversazione verso questioni più leggere, lui mi ha fatta ridere. Ho riso a crepapelle ed era quello che mi ci voleva.
Così l’ho baciato. Un lungo e bellissimo bacio.
E cosa ha detto quando ci siamo staccati per prendere fiato? Con la più tenera smorfietta da bimbo che io abbia mai visto mi chiese: -E questo cos’era?
Al che ho risposto:-Sei proprio uno stupido- E ci siamo baciati di nuovo.
Alla fine abbiamo chiuso la porta e siamo avanzati all’interno della stanza. Noi, da questo lato della porta. E il resto della festa, con la musica alta ma ovatta, dall’altro.
Continuavamo a baciarci. Tutto qui. Dei semplicissimi baci.
Era bellissimo, io e lui distesi insieme sul letto. La sua mano poggiata sul mio fianco. L’altro braccio che avvolgeva la testa come un cuscino. Le mie mani che lo stringevano forte, tirandolo verso di me. E per quel che mi riguarda, mi sarei potuta spingere anche oltre.
I baci sembravano baci da prima volta. Baci che dicevano che avrei potuto ricominciare tutto da capo solo se volevo. Con lui. Ma ricominciare cosa? Ed è stato in quel momento che ho ripensato a Justin. Per la prima volta, dopo tanto tempo, ho ripensato al nostro primo bacio. Ho ripensato all’impazienza che lo aveva preceduto. Ho ripensato alle sue labbra premute contro le mie. E poi, ho ripensato a come aveva rovinato tutto.
-Basta così- Ho detto. E le mie mani smisero di tirarlo verso di me.
Ho strizzato gli occhi così forte da sentire male. Nel tentativo di allontanare tutto ciò che affollava la mia mente.
-Basta- Ho ripetuto. E stavolta ho infilato le mani sotto al tuo petto e ti ho spinto via. Mi sono voltata di lato nascondendo la mia faccio nel cuscino.
Hai tentato di dire qualcosa, ma ti ho subito bloccato. Hai tentato di dire qualcos’altro ma io mi sono messa ad urlare. A urlare dentro il cuscino.
E tu hai smesso di parlare. Hai sentito il mio urlo. Pensavo che dopo questo te ne saresti andato ma no, mi hai abbracciato.
-Ti prego, va via- Dissi sull’orlo di piangere.
-No, resto con te- Sussurrò al mio orecchio, io mi alzai per guardarlo negli occhi. –So cosa stai passando, Hannah, so a cosa stai pensando ma non me ne andrò, voglio aiutarti- Notavo la sincerità con cui stava dicendo tutto questo. E ora non sapevo più cosa fare. Avrei potuto fidarmi di lui e questo voleva dire provare, ancora una volta, a fidarmi di qualcuno. Oppure avrei potuto prenderlo a schiaffi, facendogli capire che non lo volevo qui. Scelsi la prima opzione e mi buttai fra le sue braccia. Continuò ad accarezzarmi i capelli fino a che non mi calmai un po’.
-Scusa- Dissi abbassando lo sguardo.
-Non fa nulla, te l’ho detto, io e te potremmo andare d’accordo, io non sono come gli altri, non ti farei mai del male- Questa sua determinazione nel dire queste cose mi stupiva, ma aveva ragione. Lui non era Justin, lui era migliore. Era migliore anche di me, questo era ovvio. Un’ultima volta, avrei provato a fidarmi di qualcuno per l’ultima volta. –Vieni con me- Mi afferrò la mano e mi trascinò via dalla festa prima che finisse. Facemmo una passeggiata, la stessa strada che avevo fatto per arrivare alla festa, mano nella mano, facendomi sentire protetta, al sicuro.
-Clay- Per la prima volta, da quando avevamo iniziato a parlare, pronunciai il suo nome. Lui si voltò verso di me per riuscire a guardarmi negli occhi. –Non mi lasciare- Nella sua faccia spuntò un sorrisetto.
-Non l’avrei mai fatto- Continuammo a camminare fino a che non trovammo una panchina dove metterci a sedere. I pensieri di prima erano spariti, ora stavamo solo parlando tranquillamente, le nostre mani ancora incrociate l’una all’altra e, per la prima volta, sentivo di essere veramente felice.
Allora era questo quello che si provava quando si era felici. Pensai. Ci fu un momento di silenzio dove tutti e due ci guardammo negli occhi. Sta volta fu lui ad avvicinarsi a me e a baciarmi, un bacio che diventava sempre più intenso, sempre più vogliosi l’uno dell’altro. Mi portò a casa sua, dove non c’era nessuno quella notte, entrammo nella sua camera continuando a baciarci. Chiuse la porta a chiave e poi mi spinse contro di essa, mi accarezzò i fianchi mentre mi lasciava dolci baci sul collo.
Mi sfilò la maglietta mentre io iniziai a sbottonargli la camicia, se la tolse lasciandola cadere a terra e subito dopo sbottonai anche i suoi jeans che fecero come il resto delle nostre cose, finirono nel pavimento.
Mi appoggiò delicatamente sul letto, sentivo il suo respiro sulla mia pelle, mi immobilizzò sotto di lui, nella mia testa, in quel momento, c’era solo Clay, non pensavo ad altro. Le sue calde mani mi sfiorarono il seno e quando si assicurò che io fossi pronta, entrò in me.
Eravamo diventati una cosa sola, mi sentivo così bene accanto a lui, un bene che non riuscivo a descrivere, ero già dipendente da quel ragazzo, più lo ‘assaggiavo’ e più lo volevo.
 
Un mese dopo..
Io e Clay ci mettemmo insieme. Gli raccontai tutto quello che passava per la mia mente e lui cercò di aiutarmi nel miglior modo possibile e ci riuscì, ogni giorno lo ringrazio per avermi aiutata e io non sarei niente senza di lui, non pensavo che io, Hannah Baker, mi sarei mai potuta innamorare. Mi piaceva stare con lui, mi proteggeva da tutti e non gli fregava di quello che dicevano di me in giro. Per la prima volta, mi sentivo accettata da qualcuno. Forse avevo fatto la scelta giusta a fidarmi, per l’ultima volta, di una persona. Stavamo camminando mano nella mano per i corridoi della scuola, con gli occhi di tutti puntati contro.
-Perché ci guardano?- chiesi a Clay che sembrava non essersi notato di nulla.
-Credo perché non pensavano che noi due saremmo mai potuti stare insieme- Sorrise e abbassò lo sguardo arrossendo.
-Be’ ora stiamo insieme- Dissi sorridendo. Ci fermammo davanti alla classe in cui sarebbe dovuto entrare Clay fra poco.
-Esatto, e non mi interessa di quello che dicono- Mi stampò un bacio sulle labbra e poi ci salutammo.
Iniziai a camminare lungo il corridoio della scuola, allontanandomi dall’aula 21, quando sentii qualcuno gridare il mio nome:-Hannah!
Mi voltai e notai che Clay stava correndo verso di me. Riprese fiato per poi dire quello che voleva:-Ti amo, Hannah.
Arrossii di colpo, come succedeva ogni volta che mi diceva una cosa del genere.
-Anche io ti amo, Clay- Mi afferrò per i fianchi e mi appoggiò delicatamente contro il muro, mi bacio in modo meno casto di prima, un bacio che si faceva sempre più intenso, uno di quelli difficili da dimenticare e quando si staccò da me per riprendere fiato sorrise e dopo avermi dato un altro bacio, sulla guancia questa volta, tornò nella sua classe.


 
*Spazio autrice*
Buonsalve a tutti, 
oggi stavo rileggendo la parte dove Hannah racconta della festa
e mi è venuto in mente questo.
Cosa sarebbe successo se Clay fosse restato con lei?
Così ho deciso di scriverlo e di inventare un altro finale
(più felice)
Spero che vi piaccia questa idea,
io accetto anche le critiche quindi ditemi cosa pensate, un bacio <3  P.s. so di aver preso molte cose dal libro
   
 
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