“Che
schifo”
L’ esclamazione, pronunciata in quel tono disgustato,
rassegnato, con una note quasi simile all’ antico modo in cui
sarebbe stata articolata in tempi migliori, avrebbe potuto racchiudere
in sé il tutto e il nulla. Il soggetto della frase non era
ben preciso, e perciò si prestava ad innumerevoli
interpretazioni. Un indizio su questo punto poteva essere dato da
quella nota inconfondibile di amarezza, quella voce vicina alle lacrime
che gli occhi non avrebbero mai prodotto, e che si perdeva, con
sofferente agonia, nell’ infinità del cielo
stellato, recentissima vittima anch’esso del cataclisma
teologico. In effetti, focalizzando l’ attenzione
sull’ ambiente circostante, non si poteva non esprimere lo
stesso verdetto della tedesca dalle origini orientali: sulla spiaggia
bianca, che tante volte aveva accolto in precedenza i piloti di quegli
esseri chiamati Evangelion,
che spesso aveva assistito ai drammi degli stessi, ora ospitava solo
gli ultimi presunti rifiuti della razza umana: un ragazzino dagli
evidenti problemi psichici, la voglia immane ed infinita di unirsi a
qualcuno, e la violenza nei suoi gesti animati dall’ira o
dalla sofferenza, che tanto stonavano con la sua presunta mollezza e
debolezza. D’ altronde, tentar di uccidere l’unico
essere che si sappia rimasto al mondo oltre se stessi, di certo non
denota una elevata sanità mentale. E l’ultima,
autrice di quell’ormai già storico verdetto,
stupida ragazzina irascibile, presuntuosa, dannata per la sua voglia di
protagonismo, “Per questo, guardatemi!” la sua
frase preferita urlata all’ interno della sua anima. Ma forse
la ragazza che si credeva già donna non riferiva il suo
disgusto solo all’ambiente. Chissà, magari il
pensiero di trovarsi da sola con uno psicopatico che già due
volte aveva tentato di strozzarla, e che si era fermato solo di fronte
ad una carezza data per pura solidarietà e desiderio di
sopravvivenza sulla Terra, era stato uno delle cause scatenanti.
Perché lei provava disgusto per quel ragazzo, odio per la
sua inettitudine, ma forse, in fondo al suo cuore distrutto,
verità trasparente in quel occhio coperto da una benda, la
ragazza amava il pilota dell’essere classificato come 01.
O chi può sapere se si riferisse allo scempio della
situazione verificatasi. La distruzione del genere umano, avvenuta,
letteralmente, per mano della bambola
meccanica, non era propriamente un evento a cui si
assisteva tutti i giorni. Ma gli uomini non erano veramente scomparsi.
Erano solo molecole, entità, anime unite insieme eternamente
nel liquido LCL,
nel liquido primordiale della Vita, la Perfezione a cui tutti gli
uomini, nel loro intimo, aspirano. Niente più dolore,
né lotta, né sofferenza. Una mera scorciatoia per
sfuggire alla Vera Vita, al contatto con le persone, al potenziamento e
allo sviluppo del proprio A.T.Field, A.bsolute T.error Field.
E la grande vittoria che Asuka non aveva percepito in quei primi
istanti, l’ arma unica e potente per affrontare il mondo, era
la loro consapevolezza, sua e di Shinji, e la voglia di conoscere le
persone, di non averne più paura, di considerarsi finalmente
utili e degli di essere guardati,
e questo non attraverso azioni eroiche suicide, non alla guida di
Evangelion che schermavano dalla realtà, ma contando sulle
proprie forze, sulla propria necessità di vivere, sul
costruirsi una realtà formata da tutti gli ex componenti che
popolavano la Terra.
La grande vittoria che né Asuka, né Shinji, e
nemmeno ogni ipotetico e possibile sopravvissuto aveva intravisto, era
che finalmente avevano raggiunto questa comprensione, anche se in
ritardo rispetto alla storia dell’ intera umanità.
La ragazza non piangeva.
Non aveva né la forza, né la voglia di farlo. Il
ragazzo seduto su di lei colmava le lacrime inespresse della propria
compagna con le sue, ed invocava un aiuto che sapeva non sarebbe mai
arrivato. E poi si alzò, malconcio, incerto, la vista
appannata dal precedente sfogo. Si avvicinò al mare rosso,
intinse una mano nell’ acqua, poi un braccio, un piede, una
gamba, finché non si ritrovò completamente
immerso nel liquido LCL. Solo allora la ragazza si alzò, in
un impeto di rabbia e frustrazione, e con la mano sana
agguantò il ragazzo per il colletto sudicio della camicia,
strattonandolo a riva, ignorando i suoi tentativi di liberarsi da
quella stretta inaspettatamente ferrea. Ritornati a terra, la ragazza
lasciò andare il povero sventurato, e crollando al suolo,
stanca e dolorante, disse ansimando: “Ti ho appena
aiutato…a sopravvivere…ora…aiutami
tu…ti prego” E svenne, soprafatta dal
dolore e dalle ferite. Il ragazzo la guardò stralunato per
intensi e spossanti minuti. Poi la prese, caricandosela in spalla, e si
diresse verso l’ entro terra, dando le spalle al mare delle
anime, e pronto, suo malgrado, ad affrontare le necessità
della Vita Ritrovata.