Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: BlueWhatsername    30/11/2013    9 recensioni
'Era mai possibile sentirsi così tanto legata a qualcuno e non sapere come uscirne senza rimetterci tutta se stessa?
Se lo sentiva costantemente, quel sentimento profondo che non l’avrebbe mai lasciata.
Quell’intrinseca convinzione di sapere che quegli occhi, o quel sorriso, o quel suo modo di illuminarle le giornate, ci sarebbero stati sempre. Era stato così strano, la prima volta che lo aveva visto, col suo sorriso scemo e la battutina idiota che l’aveva fatta ridere per ore, anche senza un motivo apparente.'
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un tempo peggiore non si poteva proprio sperare.
Kendra si poggiò al fornello, controllando che la cioccolata non si bruciasse, mentre il vento ululava fuori dalla finestra, ed i vetri vibravano.
Lanciò un’occhiata accigliata al ricettario aperto sulla credenza, e dire che fosse un vero disastro era dire poco: foglietti appesi agli angoli, scritturine ai margini, adesivi appiccicati al centro delle pagine, senza contare i fogli sparsi che sporgevano da ogni angolo e che – caso strano – poi ritrovava ad ogni pizzo della casa.
Doveva decidersi a mettere ordine in quel suo personalissimo ricettario, era evidente.
Ridacchiò, divertita, spostandosi indietro con uno sbuffo divertito i corti capelli neri che le ricadevano sempre in faccia, mentre l’intruglio nel pentolino bianco con le fragole sembrava sul punto di bollire.
Si abbassò sul fornello – quasi accecandosi con il ciuffo corvino che, imperterrito, le ricadde sugli occhi – e annusò, sentendo lo stomaco aprirsi involontariamente.
Si passò la lingua sulle labbra, felice che quella serata non si pregustasse poi così male come aveva pensato.
E pure se fuori erano due gradi centigradi e sembrava sul punto di scatenarsi una tempesta apocalittica, lei era pur sempre lì, con il calduccio del suo camino, la sua poltrona, la sua lampada per leggere e la sua immancabile cioccolata.
Calda, bollente, così scura e intensa da sembrare petrolio denso e catramoso, ma profumata di quell’aroma inconfondibile e pieno.
Tentando di non scottarsi la versò nella sua tazza natalizia – mancava ancora più di un mese al grande giorno, ma tanto le convenzioni non erano mai state il suo forte – e poi si appropinquò alla poltrona, dove le sue immense ciabatte invernali reclamavano di essere indossate.
Si accoccolò contro il morbido schienale, sorseggiando la sua cioccolata, quando un tuono particolarmente potente scosse la terra, sommergendo tutto col suo cupo rimbombare di pioggia.
Afferrò il suo libro – Oliver Twist, una di quelle cose che l’avrebbero accompagnata anche sul letto di morte, ne era certa – e riprese la lettura da dove l’aveva lasciata, mentre tirava su col naso, sicura che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro per la piega che la trama stava prendendo.
Era proprio sul punto di massima tensione, quando il suo naso chiedeva a tutti i costi un fazzoletto, che un tuono particolarmente violento squarciò il cielo, facendola urlare.
Nello stesso momento successero molte cose insieme, e per poco la cioccolata non le cadde di mano: la porta di casa sbatté di colpo, ed un tonfo ruppe il silenzio attenuato della casa, insieme a qualche parola strascicata ed anche qualche urlo di troppo.
Poi di nuovo un tonfo, i cardini che schioccavano prepotentemente e altri insulti, rumori ovattati che provenivano dall’ingresso e che per poco non la fecero strozzare.
Con gli occhi sbarrati dallo sconcerto, Kendra pose la tazza di cioccolata sul davanzale della finestra e ripose la sua copia del romanzo sulla poltrona  - una volume vecchio di cinquant’anni, il suo zio antiquario gliel’aveva procurato chissà per merito di che suo giro losco – per poi avvicinarsi cautamente alla causa del rumore.
Socchiuse la porta della cucina, immergendo la testa nell’ingresso, la luce soffusa che filtrava dalle tende chiuse delle finestre le restituiva uno scenario alquanto comico che comunque non le impedì di ridacchiare sotto i baffi con estremo gusto.
Un informe massa di stoffa si stava contorcendo all’entrata, sembrava quasi una macchia scura sullo sfondo bianco del muro.
Kendra ridacchiò, portandosi le mani alla bocca per non fare troppo casino, ma le venne da piegarsi quando adocchiò un paio di Van’s bianche ed immacolate – almeno quella mattina lo erano state – sporche di un marrone poco rassicurante.
Senza contare il fatto che lo stesso involucro di stoffa che ancora cercava di liberarsi, a qualche metro da lei, avesse i pantaloni con un risvolto improponibile al di sopra della caviglia e che i pantaloni fossero completamente zuppi fin quasi al ginocchio.
Sorrise, avvicinandosi allo strano ospite, mentre lo vedeva lottare con quella che, almeno alla’apparenza, pareva un impermeabile.
Un’imprecazione alquanto colorata la raggiunse quando sollevò una mano e afferrò un lembo di quella cosa, e fu per puro miracolo se si rese conto d’aver acciuffato anche una ciocca di lisci capelli castani.
Si discostò, abbozzando una risata e mormorando un divertito ‘Scusa’, che poco servì a far calmare il nuovo arrivato.
Lo vide districarsi come una furia dalla prigione che lo teneva rinchiuso, mentre l’impermeabile volava a terra, e poi anche il cappotto blu che sembrava più pesante della pelle di un mammut. Rise, vedendo che l’ombrello era stato gettato all’angolo, di malagrazia, e poche macchie d’acqua stavano alla porta, chiaro sintomo di ciò che stava imperversando fuori, tutt’altro che piacere.
Sospirò, prima di rimanere senza fiato, per la presa ferrea che due braccia esercitarono su di lei, in maniera gentile ma protettiva, come sempre.
Kendra sorrise, immergendo la faccia nel maglione di lana azzurra che le stava facendo da cuscino, mentre sentiva il proprio corpo abbandonarlo, ormai rilassato in quell’abbraccio familiare che la faceva costantemente sciogliere.
<< Che tempaccio… >> mormorò, dopo qualche secondo di silenzio, avvertendo che lui aveva posato il mento sulla sua testa.
Lo sentì annuire, poi ridere, come per riflesso involontario.
Come sempre.
Se lo immaginò perfettamente, il cuore che le si scioglieva al pensiero delle sue labbra sottili tese all’insù, gli occhi azzurrissimi e vispi brillare e quella luce strana, tutta particolare, quella luce che solo le persone speciali hanno irradiargli il viso, infondergli quell’alone di calore che l’aveva ammaliata dalla prima volta.
<< Come mai hai fatto quel casino, prima? >> chiese ancora, stringendosi più a lui, gli occhi chiusi contro il maglione morbido e bollente, profumato di lui, del suo Louis << Pensavo fossi entrato con una carica di cavalleria al seguito… >> constatò, avvertendo sotto la guancia il petto di lui vibrare, per la risata cristallina che gli uscì subito.
Di nuovo, l’immagine perfetta e meravigliosa del suo viso di bambino le attraversò la mente; sospirò, serena, mordendosi un labbro.
<< No, è che il cane del vicino mi ha ricorso e… >>
<< … Eh?! >> Kendra scoppiò a ridere, di quella sua risata piena e contagiosa, che lo fece ridere ancora, più di prima << Come sarebbe a dire che… >>
<< … Quel bastardo del suo padrone lo ha lasciato libero di scorrazzare in giro, e quando mi ha visto arrivare con quell’ombrello – verde con le stampe di farfalle, rendiamocene conto! – ha deciso che era meglio rincorrermi sotto la pioggia e… >>
La ragazza soffocò il viso contro il suo petto, mentre stringeva le mani contro il maglione.
Inspirò a fondo, per non buttarsi a terra e urlare per le risa isteriche che avrebbero voluto uscirle in quell’istante.
<< … E quindi è per pura fortuna se sono riuscito ad entrare dentro casa senza rimetterci una gamba o un braccio o la testa o… >>
<< … Louis… >>
<< … E quel dannato cane nemmeno voleva lasciarmi aprire la porta in pace, capisci?! Andiamo, è pericolo e… >>
<< … Louis… >>
<< … Anche se io l’avevo detto, dovevo tornare in tempo per la partita, stasera! >> tuonò, afferrandola per le spalle e guardandola dritta negli occhi: le sue iridi azzurre erano così vive da brillare, erano come due fari, erano bellissime e così limpide da parere gemme incastonate nel migliore dei gioielli, i suoi occhi << Allora, che c’è di buono per cena? >> chiese, chinandosi per lasciarle un delicato bacio sulla fronte.
Kendra sorrise, passandogli le braccia attorno al collo, lasciandosi stringere a sua volta.
Che Louis Tomlinson fosse una persona speciale, l’aveva capito dalla prima volta che l’aveva visto.
Che fosse spigliato, ironico, simpatico, con la lingua lunga – e biforcuta – ed anche un eterno chiacchierone, poi, lo avevo intuito alla prima uscita insieme.
E che poi fosse romantico, sensibile, intelligente e premuroso, l’aveva scoperto dopo, quando l’aveva costretta dolcemente ad amarlo e sopportarlo, a curarlo, a stringerlo,a baciarlo, a volerlo con tutta se stessa.
Ma quello che non aveva ancora capito, e mai l’avrebbe fatto, probabilmente, era afferrare a pieno cosa si celasse al di sotto dei suoi profondi occhi azzurri, lì dove la luce rifletteva un qualcosa di così magico ma tangibile da confonderla sempre, da lasciarla sempre con l’interrogativo se ciò che vedeva fosse reale o meno.
Se ciò che provava lo fosse o meno.
Era mai possibile sentirsi così tanto legata a qualcuno e non sapere come uscirne senza rimetterci tutta se stessa?
Se lo sentiva costantemente, quel sentimento profondo che non l’avrebbe mai lasciata.
Quell’intrinseca convinzione di sapere che quegli occhi, o quel sorriso, o quel suo modo di illuminarle le giornate, ci sarebbero stati sempre. Era stato così strano, la prima volta che lo aveva visto, col suo sorriso scemo e la battutina idiota che l’aveva fatta ridere per ore, anche senza un motivo apparente.
Se li ricordava ancora, quei suoi capelli assurdi e privi di forma precisa, che l’avevano fatto sembrare più un folletto che non un ragazzo.
Sorrise, pensando che qualora l’avesse anche solo sospettato, che quel ragazzo sarebbe diventato un uomo così tanto giusto per lei, gliel’avrebbe detto prima, di fermarsi, perché nel suo cuore sembrava non bastare mai, lo spazio per lui.
<< Per cena?! >> si sollevò in punta di piedi, stampandogli un bacio sul naso << Beh, veramente io… >>
Ma lui la interruppe, emettendo un sospiro deciso, come se stesse fiutando l’aria.
La ragazza si morse un labbro, sorridendo di riflesso, quando lui le rivolse quell’occhiata giocosa che le piaceva così tanto da mandarle il fiato in frantumi per un bel po’.
Era così, Louis Tomlinson, come una spinta ai sentimenti che non prevedesse fermata ultima se non il burrone dove il cuore spiccava il salto mortale.
Kendra ridacchiò, quando lui la prese per mano, avanzando in salotto e sussurrandole qualche parola felice all’orecchio, mentre l’abbracciava stretta, infondendole il suo solito calore genuino: sapeva di buono, Louis, a qualsiasi ora del giorno o in qualsiasi circostanza, era così giusto e bello, così appropriato e perfetto.
Il suo essere stesso lo era, il suo modo di fare, quella grande capacità di farsi amare che pochi possedevano al mondo, ma che le era entrata dentro da subito.
<< Cioccolata? >> le chiese all’orecchio, ridendo.
Kendra lo assecondò, annuendo << Lo sai che senza quella io non posso leggere in pace… >>
Lui sembrò rifletterci, perché poco dopo sospirò, come soddisfatto della risposta appena ricevuta. E tirò su col naso, facendole inarcare un sopracciglio.
<< Raffreddore? >> domandò lei, ironica.
Louis la fece voltare, tenendola stretta.
Scosse il capo, i capelli castano gli scivolarono sulla fronte, il sottile velo di barba sul mento gli dava un’aria talmente seria che in pochi, davvero pochissimi, avrebbero saputo distinguere quello che ancora c’era sotto quegli occhi.
<< Non manca qualcosa? >> le chiese, con un sorrisetto pronunciato.
Kendra scosse il capo, senza capire.
<< Il tuo cervello, Tomlinson? Sai, credo sia a farsi un giro fuori dalla scatola cranica… >> dichiarò, vedendolo correre a prendere la tazza di cioccolata calda abbandonata sulla poltrona.
<< Ehy, che combini?! >> schiamazzò, temendo che volesse rubargliela.
Lui la rabbonì con un’occhiatina ironica, poi scomparve in cucina, in tutta fretta.
Kendra ridacchiò, seguendolo con curiosità: cosa poteva aver mai in mente ora, doveva forse preoccuparsi?!
Conoscendolo, presumibilmente sì.
Lo trovò con la testa immersa nello sportello della credenza, la voce che borbottava una canzoncina incomprensibile, le venne istintivo ridere.
<< Se mi fai freddare la cioccolata me la prepari a nuovo, sia chiaro… >> ci tenne a precisare, poggiandosi con la spalla allo stipite della porta.
Louis riemerse dal suo nascondiglio, esibendo un sorriso dei suoi.
<< Ma che… >> sospirò Kendra, sbalordita, prima che il ragazzo gettasse qualcosa nella tazza: bastoncini neri, all’apparenza parevano di plastica, ma bastarono pochi secondi perché tutto fosse più chiaro.
Nell’aria si sprigionò un profumo intenso, particolare e speziato.
Uno di quegli aromi che tormentano lo stomaco e fanno crescere la fame in bocca.
Cannella.
Kendra sorrise, mentre lo osservava portarsi la tazza alla bocca e sorseggiare un poco, gli occhi chiusi per assaporare a pieno il gusto aromatico della bevanda, il pomo d’Adamo che si muoveva poco, a ritmo con le sorsate.
Louis poggiò poi la tazza da parte, passandosi la lingua sulle labbra e osservando la ragazza ancora immobile sullo stipite della porta: i corti capelli scuri le ricadevano sugli occhi, nonostante gli sforzi di tenerli indietro, gli occhi marroni scintillavano, curiosi.
Quando le si avvicinò, fu lei a stringerlo in un abbraccio, forte, caldo. In cerca di qualcosa che solo lui poteva darle.
<< Me n’ero dimenticata… >> sospirò Kendra, mentre l’odore delle stecche di cannella nella cioccolata le arrivava dritto al naso, la vicinanza di Louis non faceva che amplificare quel magnifico odore.
Lui era l’aroma che lei preferiva di più in assoluto.
Non c’era gusto al mondo che le piacesse più di lui, sapore che la soddisfacesse meglio di quello delle sue labbra.
Senza pensarci sollevò il viso, poggiando un soffice bacio sulla bocca dischiusa di lui.
L’aroma della cioccolata e della cannella le arrivò nello stomaco, poi nel cervello, era migliore di qualsiasi altra cosa cibarsi tramite i suoi baci di un qualcosa che le piacesse così tanto.
<< È più buona, no? >> sospirò Louis, quando si distaccò, sorridendo nel modo luminoso che usava sempre per abbagliare il mondo.
Kendra annuì, ammettendo a se stessa che avrebbe dimenticato più spesso di mettere la cannella nella cioccolata calda, se ci fosse stato lui, a ricordarglielo.
Lui, aroma e droga insieme, profumo ed essenza.
Il migliore di sempre.
 
 
 

 
I’m sorry if I say ‘I need ya’ but I don’t care,
I’m not scared of love
‘cos when I’m not with you I’m weaker,
is that so wrong? Is it so wrong?
That you make me strong.


 
 
 
 
 
 Image and video hosting by TinyPic








SPAZIO AUTRICE.

Non chiedetemi come mi sia uscita, per piacere.
L’ho buttata giù in pochissimo tempo, non so manco cosa sia di preciso.
Sarà che, parlando in questi giorni con una certa persona *tanto stai leggendo, io lo che te la stai ridendo, EH* ehm… Come si dice? Mi è partita un’idea un po’ stramba LOL è una sciocchezza, lo so, ma sentivo la necessità di scriverla.
E chi mi conosce abbastanza, so ha letto in queste stupidissime righe davvero parecchio.
Ed ora basta sclerare, me ne vado anche io LOL
Goodnight babieeees. <3

P.s.: ringraziate Aitch e Aguero per aver avuto la pazienza di insegnarmi come mettere le immagini. Sto diventando sempre più veloce *-* 

 
  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: BlueWhatsername