Sto morendo di freddo.
Strofino
le mani cercando di riscaldarle, invano ovviamente, e sollevo il collo del
piumino chiudendo la cerniera ancora di più attorno al mento. Mi ci rifugio
dentro come se fossi una tartaruga che si rintana nel suo guscio.
Quanto vorrei andare in letargo
anche io in questo periodo dell’anno.
Non
sono geneticamente predisposta a questo freddo, sono nata in Australia, non
dovrei passare questo periodo dell’anno a Londra sotto questo vento gelido. Io
dovrei stare a Sidney sotto il sole cocente a fare surf nell’oceano.
Osservo
il cielo e quando un fiocco di neve mi colpisce in pieno in un occhio. Impreco
sotto voce e cerco di riprendere la vista senza rovinarmi il trucco.
Altra
cosa che decisamente odio:
Essere
truccata.
Come
sono adesso.
Non
essendo abituata tendo quasi sempre a strofinarmi gli occhi col dorso della
mano e a diventare una riproduzione umana di un panda. Altro animale che va in letargo, giusto per la cronaca.
Quando
riesco a riacquistare la vista cerco di concentrarmi sulla strada nella quale
mi trovo. La gente corre a destra e a manca a testa bassa.
Ma in questa città corrono
sempre?!
Me lo
domando ogni volta che vengo qui e sono giunta alla conclusione che sì. Qui
corrono sempre tutti. Per non essere sballottata e colpita in ogni punto
possibile del tuo corpo devi per forza metterti a correre anche tu.
Uno
non può permettersi il lusso di restare fermo a guardarsi intorno altrimenti
rischierà di essere travolto da qualcuno.
Nel
mio caso, il qualcuno in questione è una ragazza sulla trentina che cammina
spedita parlando al cellulare e mi sfiora solamente la spalla.
No,
non posseggo un’agilità sovrannaturale, sono semplicemente stata afferrata per
un braccio e strattonata di lato da un grizzly.
Ovviamente
non l’esemplare animale, ma posso garantirvi che caratterialmente il ragazzo in
questione ha tutti i tratti in comune con un orso bruno scontroso.
«E che
cavolo! Stai attenta.» Mi dice scocciato.
E con questo si può scordare i
miei ringraziamenti.
«Se
stai col naso per aria ti travolgeranno, lo sai.» Aggiunge con un tono ansioso.
«Non conta il fatto che sei alta, ti travolgeranno comunque e finirai col culo
per terra.»
«Sei
proprio la finezza fatta persona.» Commento sostenuta, forse troppo colpita dal
suo commento.
So
benissimo che lo dice perché sa che non sono abituata a portare i tacchi.
«Lo
sai.» Fa spallucce e mi rivolge il solito sorriso sbruffone e terribilmente
sexy, che dovrei odiare. Odiare. Non contraccambiare. «Comunque sono uscito per
sapere se andava tutto bene.» Aggiunge portandosi le mani in tasca e diventando
serio.
«Va
bene.» Rispondo stringendo le mani fra di loro.
«Ok…»
Si osserva i piedi per un attimo poi si morde il labbro inferiore quando alza
lo sguardo verso il mio viso. «Quindi fa schifo anche a te.»
Chiudo
gli occhi buttando fuori l’aria dai polmoni lasciandole formare una serie di
nuvolette bianche nell’atmosfera. Mio malgrado sorrido a quello sguardo che
conosco da sempre e scuoto la testa.
«Come
potrebbe essere altrimenti?» Chiedo retoricamente. «Fingere di non essere
arrabbiata con te è difficile.»
«Non
pensavo che fosse quella la parte complicata della serata…» Borbotta lui.
«Rafe,
sei uno stupido.» Dichiaro ridendo.
«Beh
almeno la cosa ti fa sorridere.» Risponde pronto.
E a
quel punto scoppio a ridere anche se cerco di nascondere il volto con le mani.
Lo spio attraverso le mie dita congelate. Il sorriso leggermente accennato, gli
occhi chiari che mi guardano con quella luce che adoro. Così chiari e così
brillanti che mi hanno lasciata sempre senza fiato, anche quando lui aveva solo
cinque anni e non faceva altro che farmi dispetti. Mi perdo nei ricordi della
nostra infanzia condivisa, ai tempi in cui l’idea che lui ed i suoi genitori
venissero a trovarci mi riempiva soltanto di scoramento. L’idea di averlo
intorno era insopportabile, come lo è adesso quella di non poterlo vedere.
Rafe
si avvicina a me e prende le mie mani fra le sue.
«Lo
sapevo.» Mormora scocciato mentre stringe le sue dita attorno alle mie. «Perché
devi essere così stupida da uscire senza guanti?»
«Disse
colui che ha fatto altrettanto.» Lo canzono guadagnandomi uno sguardo
esasperato. Si muove lentamente verso di me e lascia che trovi la mia posizione
più riparata fra le sue braccia.
«Io
non sono australiano.» Dichiara mentre avvicina la mia fronte alla sua. «Io
resisto un po’ di più al freddo, mia cara.»
«Vorrà
dire che poi qualcuno dovrà riscaldarmi stasera.» Dico ad un suo orecchio.
Lo
sento paralizzarsi e sono pronta a scommettere che le sue sopracciglia si sono
sollevate fino all’attaccatura dei capelli.
«Questo
è un incentivo a parlare…» Mormora contro la mia spalla. Nonostante fra la mia
pelle e la sua bocca ci siano in mezzo almeno tre capi di vestiario sento un
brivido salirmi lungo la schiena. «Ma tuo padre mi fa paura, India.» Mugola con
il volto nascosto contro il mio piumino.
Vorrei
non ridere, ma è più forte di me. Credo di non essere in grado di fermarmi, è
troppo adorabile quello che ha appena detto, ma anche troppo surreale. Lui e
mio padre si adorano. Se c’è un solo ragazzo a cui mio padre non ha rotto le
scatole è proprio Rafe.
«Sai
che papà ti adora.» Affermo con dolcezza mentre carezzo i suoi capelli corti.
«Perché
pensa che non potrei mai e poi mai…» Protesta tornando a guardarmi, ma la sua
voce cala d’improvviso quando incontra i miei occhi.
«Non
potresti mai e poi mai farmi del male.» Finisco per lui. «Ed è la verità.»
«Non è
quello che avrei detto.» Specifica malizioso.
«Lo so,
ma meglio non accennare dettagli del genere.» Taglio corto.
«Vedi
che anche tu sei spaventata?» Mi punzecchia.
«Non
ricominciare, altrimenti litighiamo di nuovo.» Lo ammonisco. «Con Tom non è
andata così male.» Devio l’attenzione al succo del problema e non alla mia
preoccupazione.
«Ma
Tom…» Rafe rotea gli occhi. «Lo sai.»
«Tom
ti spaventava tanto quanto papà.» Lo prendo in giro. «Eppure non è successo
niente.»
«Non è
successo niente perché lo sospettava già. E comunque sentirlo ridere per venti
minuti, non è stato divertente.» Bofonchia.
«Per
me è stato divertente.» Ammetto guadagnandomi uno sguardo contrariato.
«Scommetto che anche papà sospetta.»
«Se è
così, io vado adesso in albergo. Saluta i miei genitori e dì loro che gli ho
voluto bene.» Dichiara come un condannato al patibolo.
«Se ti
preoccupa così tanto affrontare mio padre, potresti anche ritirare la tua
proposta.» Dico cercando di risultare sostenuta, quando in realtà ho paura che
la ritiri sul serio.
Rafe
mi guarda. Vedo la sorpresa nei suoi occhi.
«Non
ci penso nemmeno.» Afferma mentre torna ad abbracciarmi. Per un attimo penso
che sia un vero miracolo che non siamo stati colpiti dai passanti, poi i suoi
occhi mi catturano. «India…» Pronuncia il mio nome come se fosse la cosa più
importante del mondo e io non posso far altro che arrossire e sentire il mio
cuore accelerare. «Questi mesi a Londra con te…Pensavo sarebbero stati
l’inferno.»
«Questo
non è un buon inizio…» Mi lamento e lui mi bacia la punta del naso.
«Anche
tu pensavi lo stesso. Alexis mi ha detto che ti sei lamentata un giorno e mezzo
prima del mio arrivo.» Mi confida sorridendo. «Ad ogni modo…» Riprende il filo
del discorso. «Non importa quello che pensavo, l’importante è che mi sbagliavo.
Ci sbagliavamo entrambi.» Fa una pausa per sorridermi e muovere il suo naso
contro il mio. «Questi mesi sono stati una scoperta, ho ritrovato in te l’amica
di quando eravamo piccoli, la bambina che mi faceva dannare e a cui non potevo
evitare di fare dispetti, ma ho anche scoperto la giovane donna che sei
diventata e che mi ha totalmente rubato la mente ed il cuore.» Sento il volto
andarmi a fuoco sotto il suo sguardo. «Io ti amo.»
«Quindi
è per questo che siete così strani stasera.»
Chiudo
gli occhi e cerco di prendere fiato. Già, rischiavo la morte per una
dichiarazione del genere, ma adesso…Avrei voglia di dire “Papà? Non potevi
aspettare cinque minuti?” farmi beare di un discorso iper-romantico
che, dato quanto è scorbutico quel testone del mio ragazzo, probabilmente non
risentirò per molto tempo?!
Serro
le labbra e nonostante tutto provo il coraggio di riaprire gli occhi e spostarli
fino ad incontrare quelli celesti di mio padre.
Il
suo sguardo si sposta verso il mio e semplicemente mi sorride.
«Tieni
principessa.» Dice mentre mi porge i guanti. «Vi aspettiamo dentro.» Aggiunge quando le mie
dita sfiorano le sue.
«Arriviamo
subito.» Rispondo pronta, in un certo senso più leggera anche se ancora frastornata dalla sua apparizione.
«Rafe.»
Papà si volta verso di lui prima di rientrare, Rafe deglutisce a fatica.
«Trattala bene.»
Lo
sento annuire da sopra la mia testa e non posso fare a meno di crogiolarmi in
questa sensazione di beatitudine.
***
È
tremendamente smielata e non so che altro aggiungere. Potevo evitare di
scriverla probabilmente, ma poi sarei rimasta bloccata al pensiero di “E se l’avessi
scritta?”
E
tutti i piani diabolici Rafe/India che facevamo con Sara durante la stesura di
YMMW che fine faranno?
Quindi
mettete insieme questo, il freddo di questi giorni, la voglia di scrivere e
questo è il risultato.
Ovviamente
Rafe non esiste e India è una patatina bellissima ancora, ma le auguro di
essere intanto una brava sorella maggiore (come me…modestia a parte xD) e di trovare l’ammore. (Beh ma questo lo auguro a
tutti. *sparge fiori e cuori*)
Bene, la smetto di sclerare che forse è meglio.
Un
abbraccio a tutti.
Cos