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Autore: Evilcassy    30/11/2013    8 recensioni
Odino le accarezzò la guancia morbida e lei voltò appena il viso per baciargli il palmo: “Frigga di Fjörgynn. Frigga, la mia sposa. Frigga, Regina di Asgard.” Mormorò piano Odino, come se quei titoli li stesse assaporando, trovandoli finalmente tangibili: “Frigga, la stella più splendente al centro del cielo.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frigga, Odino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Al Centro del Cielo

 

 

Prima Stella: Alnitak

 

Il volto di Borr aveva il colore delle lenzuola sotto la sua testa, lo scarlatto delle piaghe tra le labbra livide risaltava come un fiore sulla neve.

Il Re di Asgard non era che la vittima più illustre dell’infezione abbattutasi sul Regno.

Re Borr aveva fatto chiudere il Bifrost e le porte alla città per limitare il propagarsi del Morbo, ma in tutta la città infuriava e mieteva vittime di ora in ora: i più vecchi e i più giovani non avevano scampo, uomini forti e robusti venivano prosciugati da ogni energia in pochi giorni. Ogni sera il cielo veniva percorso dai dardi infuocati, il fiume si accendeva dalle barche funebri e sulle rive si innalzavano i pianti e i canti mesti del lutto.

Rinchiuso nel Palazzo, il Re inizialmente non si era mostrato preoccupato dalla pestilenza: “I guaritori sono concordi che si tratti di un evento ciclico. Muoiono i deboli, ma i sopravvissuti sono ancora più robusti di prima. Questo Morbo causerà molti lutti, ma la razza di Asgard ne uscirà rafforzata.”

E poi il suo pugno aveva iniziato ad indebolirsi.

, il suo figlio minore, era stato ucciso dal morbo in una notte sola. Vili, il maggiore ed erede al trono, in poco più di una settimana. Solo Odino era stato abbastanza forte da fronteggiare la malattia e sopravvivere: Borr era restato accanto all’unico figlio rimasto giorno e notte.

“Dovete riposare, padre.” Odino aveva muscoli gonfi dallo sforzo e la mascella contratta:era un guerriero, il migliore di Asgard, Borr era stato a lungo indeciso su chi nominare suo Erede tra lui e Vili. Poi il diritto di primogenitura aveva preso il sopravvento sulla forza del secondogenito.

Ma ora non aveva più alcuna importanza.

“Le guaritrici dicono che la tua convalescenza non è lontana, figlio mio. Non incontrerai i tuoi fratelli e tua madre nel Valhalla, non ora.”

“Non è mia intenzione, padre. Né deve essere la vostra. Riposatevi.”

Il Re non gli aveva dato ascolto.

 

Odino si reggeva a malapena in piedi, quando due guaritrici erano andate ad avvertirlo dell’imminente morte del Re. Era accorso al suo capezzale: emaciato e livido, i capillari del collo esposti e la barba rasata, era l’immagine identica degli ultimi istanti di vita di Vili.

Una guaritrice gli aveva passato una pezzuola umida tra le labbra secche, aveva deglutito forzatamente e poi aveva fatto cenno ad Odino di inginocchiarsi: “Io, Borr Re di Asgard, nomino mio figlio Odino successore: A lui la mia spada, la mia lancia ed il mio trono. Benedico il tuo regno, che sia lungo e prosperoso, e che forza e saggezza non debbano mai mancarti. Benedico la tua discendenza, che nasca e cresca riempiendoti d’orgoglio, come lo è stata la mia.”

“Giuro di governare Asgard secondo i tuoi insegnamenti, di proteggerla e di farla prosperare nuovamente sulle rovine di questo orrore. Ti ringrazio, padre.”

“Mi spiace doverti incoronare ai piedi di un letto che puzza di morte.” Borr tossì sangue e trattenne un gemito: “Sto per incontrare di nuovo tua madre, nel Valhalla. La mia sposa mi è mancata, figlio mio.”

“Come a me manca mia madre.”

“Quando è morta, tanti nobili mi hanno presentato le loro figlie nubili con la speranza che decidessi di prendere di nuovo moglie. Non ho mai avuto l’intenzione di farle un simile torto: ho avuto la fortuna di avere accanto una regina fedele e devota, che mi ha donato figli che mi hanno reso orgoglioso. Dovrai scegliere la tua sposa, Odino: sii saggio. Ti auguro di avere la stessa fortuna che ho avuto io.” Gli occhi di Borr restano fissi in punto imprecisato della stanza. “Già rivedo i suoi capelli color del fuoco…

Il petto smise di alzarsi e le labbra di muoversi.

Odino restò ancora qualche istante piegato sul corpo del padre.

Quando si alzò, le guaritrici presenti si inchinarono davanti al nuovo Re.

 

Sul fiume la barca del Re ha galleggiato da sola. Come da tradizione, è stato Odino a scagliare la freccia che ha dato fuoco alla pira: è il segno del nuovo Regno, l’ultimo saluto del Nuovo al Vecchio Re.

Da quel giorno il corso fiume venne solcato da sempre meno barche incendiate.

Giorno dopo giorno, il Morbo smise di mietere vittime.

Ci fu una nevicata abbondante, i guaritori sostennero fosse catartica.

Al quindicesimo giorno senza Morbo, Odino fece riaprire i cancelli di Asgard.

 

 

Con il periodo del lutto finito, ad Asgard era venuto il tempo di rallegrarsi per la fine della pestilenza e festeggiare il nuovo sovrano. Con la città imbellita e le locande riaperte, con le armature dei soldati tirati a lucido e le botteghe che esponevano la mercanzia, la primavera era tornata ad infiorare il regno ed il sole ad inondarlo di oro.

Sul trono, Odino aveva accolto i nobili che erano venuti a rendergli omaggio e a partecipare al banchetto in suo onore. Presentavano i doni e le proprie figlie nubili come se facessero parte della mercanzia, in alcuni casi fanciulle acerbe talmente cariche di gioielli da risultare grottesche.

Un paio di loro tuttavia avevano destato l’attenzione del Sovrano, e il Guardiano del Bifrost accanto a lui nel trono non aveva potuto che tessere le lodi dei loro padri e riferire le loro peculiarità.

Dolcezza, obbedienza, bontà d’animo; una era abile nella cavalcata, l’altra si diceva avesse la voce di un usignolo.

Odino spese qualche parola di circostanza e li face passare di lato.

 

Quando venne presentata Frigga di Fjörgynn, tra i presenti si alzò un mormorio. Accompagnata da un piccolo corteo di servitori, avanzò decisa avvolta in un mantello porpora trapunto di piccoli ricami floreali, i capelli color del miele acconciati in morbide trecce ed il portamento elegante e fiero di una nobile donna, non di una fanciulla intimorita.

Chinò il capo dolcemente per poi alzare gli occhi azzurri, delineati dalle folte ciglia, per incontrare quelli del Re solo dopo un suo cenno: “Mio Re e Signore, sono giunta con la speranza possiate gradire i doni che Fjörgynn vi offre.”

“Giungete sola da una provincia lontana, milady. Vostro padre non ha reputato opportuno accompagnarvi alla mia corte? Un gesto poco assennato, da parte di un membro della nobiltà.”

“Mio Signore, purtroppo il lutto della pestilenza ha colpito la mia famiglia come la vostra.”

Qualcuno tra gli astanti espresse ad alta voce lo sdegno di sentire paragonata la famiglia reale ad una di rango inferiore. Odino lo zittì con uno sguardo.

“Quante persone vi sono venute a mancare?”

“Entrambi i miei genitori e mio fratello.”

“Siete dunque venuta qui a chiedere per Fjörgynn un nuovo governatore?”

Frigga scosse la testa sorpresa, le sopracciglia aggrottate in un’espressione sorpresa: “Assolutamente, mio Signore. Mio padre, in punto di morte, ha affidato a me la responsabilità delle nostre terre.” Il mormorio tra la folla si fece più insistente.

“E voi avrete la capacità di farlo?”

“Maestà, nessuno mi ha mai conosciuto meglio di mio padre. Ed egli mi ha giudicato abbastanza assennata per mantenere il controllo del Fjörgynn. E sono qui come rappresentante, per omaggiarvi con i doni delle mie terre: gli orafi del mio paese sono abili cesellatori, ma anziché chiedere di forgiare gioielli o armi ornamentali, ho commissionato loro questo” Lady Frigga fece cenno a due servitori di avanzare e di aprire lo scrigno che reggevano.

Al suo interno brillava un elmo.

Ad un cenno del Re i due servitori avanzarono sulla gradinata del trono, uno di loro prese l’elmo per porgerglielo con un ginocchio a terra.

Odino lo studiò.

Era elegante e maestoso, con le corna tipiche degli elmi asgardiani ed ampie ali che si alzavano dai lati. Il colore lucido del metallo di un oro molto cupo, quasi ottone, gli conferiva un aspetto solenne e maestoso.

“La fattura è molto pregevole.” Si complimentò il Re. “Che agli orafi del Fjörgynn venga commissionata anche il resto dell’armatura. Se dimostreranno una tale abilità, sarà mia premura onorarli quanto meritano.”

Le labbra carnose di Lady Frigga si incurvarono in un piccolo sorriso compiaciuto, mentre si inchinava nuovamente: “Sono onorata dalle vostre parole, Maestà.”

Quando passò di lato, seguita dagli sguardi del resto della corte, Odino si voltò verso il Guardiano: “Di primo acchito posso notare che quest’elmo sembra fatto a mia misura; Non mi meraviglierei se mi calzasse alla perfezione. Che hai da dirmi su Lady Frigga?”

“Vi erano trattative in corso per un matrimonio con vostro fratello Vili, mio signore. Lady Frigga era una delle candidate, anche se vostro padre non si espresse favorevolmente nei suoi confronti.”

“Il motivo?”

“La sua famiglia non è mai stata molto numerosa e vi sono stati casi di morti di lattanti e di puerpere. Re Borr temeva che non fossero in grado di garantire una giusta progenie.”

“Aveva un fratello, perché non ho mai sentito parlare di lui?”

“Una caduta da cavallo lo rese invalido da bambino, mio signore. E circolano voci riguardo a Lady Frigga; pare sia stata addestrata al combattimento”

“Non è invalidante per una femmina. In molti sostengono che le favorisca a generare figli forti.”

“E che abbia acquisito un carattere molto volitivo. Ed inoltre non sembra che siano solo queste le sue qualità. Pare che veda lontano, mio signore. Più lontano di me.”

“Una maestra di magia?”

“La madre lo era. Sono solite passare le proprie conoscenze.”

 

 

L’alba seguente si presentò umida di pioggia e profumata di fiori. Odino aveva dato disposizione di sellare il suo cavallo e di preparare le armi e si era lanciato al galoppo per la riserva di caccia con un piccolo seguito di nobili, in parte suoi vecchi compagni d’arme. Risalendo la china di una collina avevano seguito le tracce di una mandria di cinghiali.

La pioggia li aveva sorpresi ed aveva cancellato le orme e confuso i cani.

Odino aveva seguito un’ombra tra le fronde e si era staccato dal gruppo, cavalcando lungo il crinale.

Quando la vegetazione si era fatta troppo fitta per il cavallo l’aveva legato ad un tronco ed era sceso, lancia in mano, per addentrarsi a piedi tra le fronde.

Il grugnito di un cinghiale: Odino sollevò la lancia.

Ma l’ombra alla sua destra aveva un arco.

Una figura incappucciata e fradicia di pioggia, che puntava una freccia all’animale.

La lancia del Re fu più veloce: sibilò tra i rami e trapassò il collo del cinghiale.

La figura si volta di scatto verso di lui, lo sguardo sdegnato che lasciò posto ad uno sorpreso e poi imbarazzato: sotto al cappuccio scuro, i ricci di Lady Frigga grondavano d’acqua. Abbassò il capo domandando perdono.

“E di cosa? I nobili miei ospiti posso usufruire della mia tenuta di caccia quando più gli aggrada. Ciò che mi sorprende è che non vi siate unita al seguito che è partito con me stamattina. Vi siete improvvisamente intimidita?”

“Affatto, Maestà.” Frigga recuperò contegno alzando le spalle, una scintilla quasi ilare negli occhi azzurri: “Ma dalle mie parti, quando una donna si fa invitare da un uomo ad una battuta di caccia, lo fa tornare con il carniere vuoto. Se mi fossi aggregata a voi, questa mattina, stasera avremmo avuto un ben parco banchetto.”

Odino lasciò che la sua risata si liberasse senza neppure tentare di arginarla. Quella di Lady Frigga fu più contenuta, un sorriso trattenuto a stento tradito dai suoi occhi luminosi.

Il Re indicò il cinghiale accasciato a terra: "Ma ora il mio carniere non è più vuoto."

"Uno splendido esemplare, maestà. Me ne sarei vantata molto."

Odino recuperò l'animale afferrandolo per le grosse zanne per trascinarlo nella boscaglia: "Più che per il trofeo, se foste stata capace di portarlo da sola a palazzo avreste dovuto vantarvi per la vostra forza."

"Vi prego, Maestà, di non scambiarmi per una sciocca: avrei trovato il modo di sollevarlo da sola; non sarebbe stata la prima volta."

"Dunque siete solita cacciare sola."

Lo sguardo della donna si era incupito, il sorriso smorzato in una leggera curva malinconica: "In verità ero solita accompagnare mio fratello, per prestargli assistenza. Egli non-"

"Conosco la sua storia, mi dolgo che una simile disgrazia abbia colpito la vostra famiglia."

Lei scrollò le spalle: "Fu un incidente; la vera disgrazia è stato il Morbo che l'ha tolto al mio affetto. L'invalidità non aveva intaccato la sua bellezza e la sua vivacità: eravamo molto legati e talmente vicini d'età da essere scambiati sovente per gemelli; sebbene fossi io la maggiore, non ho ricordi di una vita senza di lui. A parte ora."

"Comprendo." Raggiunto il cavallo, Odino vi aveva issato il cinghiale ed era salito a sua volta. Si era girato verso Lady Frigga per domandarle dove fosse la sua cavalcatura, ma non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che un morbido rumore di zoccoli sulle foglie umide aveva annunciato l'arrivo della sua giumenta rossa. Frigga l'aveva salutata accarezzandole il muso ed era montata in sella per seguirlo.

 

La pioggia aveva cessato di cadere, le nuvole ancora basse si sfilacciavano tra le punte degli alberi della vallata, tra lo scrosciare di ruscelli gonfi d'acqua.

Il Re le aveva posto domande sui profitti delle sue terre, su quanto la popolazione era stata colpita dal Morbo e su chi l'aveva vinto: "Unica sopravvissuta della vostra famiglia, dovete avere una fibra ben più robusta di quanto lasciate intendere, per essere guarita a tale infezione."

"A dire il vero, Maestà, la malattia non mi ha colpito."

"Prodigioso."

"Lo devo a mia madre. Ella... vedeva più lontano degli occhi di tutti. Una notte si precipitò nelle mie stanze e mi svegliò trafelata, impartendomi l'ordine di vestirmi, adunare poche ancelle e partire al galoppo subito per una nostra residenza di campagna, immersa nei boschi e molto isolata. Mi disse di non tornare sino a suo permesso, e di vivere nel più totale isolamento. Le chiesi spiegazioni che si rifiutò di darmi e quando volli almeno salutare mio fratello lo sentì delirare in preda alla febbre e tossire già fuori dalla stanza. Nei giorni successivi mia madre venne trovarmi ad ogni calar del sole..."

"Utilizzando la magia."

Frigga annuì: "Scorreva in lei come l'acqua piovana in un ruscello. La sera che non comparì capii, e tornai a casa. Vi trovai solo uno sparuto gruppo di servi affamati: non mio padre, non mio fratello. Le braci della pira funebre di mia madre erano ancora accese."

"Alla sua magia dovete la vita, avete ereditato quelle doti?" Di nuovo, Lady Frigga annuì. "E cosa vedete, ora?"

Con un movimento fluido, la donna incoccò una freccia nell'arco, puntò verso la vallata e la scoccò. Seguì con lo sguardo la parabola del dardo già dalla collina, perdendosi nel bosco.

 

Trovarono la freccia dopo parecchi minuti.

Era conficcata nel cranio di un cervo maschio, uno splendido esemplare con un maestoso palco di corna, e gli aveva perforato l'occhio destro, probabilmente per ucciderlo all'istante.

Mentre Odino si complimentava con lei per la preda, il bel volto di Frigga era diventato cupo e aveva ringraziato distrattamente.

Non parlò più sino al ritorno a palazzo.

 

 

 

Il Consiglio non era che una formalità, un pugno di Lord che per l'antichità della loro dinastia o per i servigi che avevano prestato al sovrano si erano guadagnati un posto d'onore alla presenza delle decisioni del Re. Non tanto per consigliarle od influenzarle, quanto per venirne a conoscenza prima degli altri.

Re Borr paragonava i membri del Consiglio ad un nugolo di lavandaie pettegole: "Se non altro, le lavandaie almeno sono utili" aveva sbuffato un giorno, causando un moto ilare in Vili e la domanda di sul perché non lo sciogliesse.

"È tradizione, figlio mio."

"E la tradizione vale più dell'utilità, padre?"

"La tradizione è l'unico vezzo, a parte l'armatura, che un guerriero può permettersi di vestire senza vergogna."

non era che un ragazzino curioso: aveva piegato la testa di lato e rivolto lo sguardo sulle volte fregiate della loggia: "Anche i decori del palazzo sono un vezzo."

"Sì, ma è appannaggio delle Regine. A loro si chiede di essere fedeli ed obbedienti, di generare figli forti che proseguano la stirpe e di attendere il nostro ritorno da trionfatori - o di piangere sulle nostre pire. Come ringraziamento, oltre all'onore di essere al nostro fianco e al governo in nostra assenza, è loro concesso di tutelare il decoro e la bellezza di queste mura. Vostra madre aveva a cuore ogni angolo del giardino: Il profumo intenso dei suoi fiori si sente in ogni parte del palazzo, e ce la ricorda."

 

In quel momento, Odino non poteva che domandarsi se avesse ragione in merito allo sciogliere il Consiglio e rimandare ai loro bagordi quella dozzina di parassiti.

Soprattutto quando avevano accolto la sua decisione con aria perplessa, scambiandosi di tanto in quanto uno sguardo perplesso e un sospiro rammaricato.

Il più anziano di loro aveva, infine, dato voce alle sue rimostranze: "I Lord di Fjörgynn non erano che una famiglia modesta nobiltà, mio sire, con limitati possedimenti e poco inclini a seguire la nostra vita di corte: inoltre, l'assenza di parenti in vita non garantisce l'effettività della dote che Lady Frigga porterà con sé."

Un altro nobile si era fatto avanti: "Non vi hanno neppure potuto prestare i loro servigi militari."

"E come avrebbero potuto, con il loro figlio maschio paralizzato?"

"Appunto, mio sire. Invalidato da una semplice caduta da cavallo: non di certo indice di robustezza. Un tale sangue debole, mio Signore, non sarebbe degno di mescolarsi al vostro."

"Avete finalmente compreso la vostra natura di sanguisuga, per essere così esperto di sangue?"

Un altro Lord si era fatto avanti: "Maestà, la madre di Lady Frigga possedeva il dono della magia, e si dice che anche lei ne sia provvista. Non sarebbe saggio..."

"Osate definire una mai decisione non saggia?"

Il Lord si era raggelato e aveva balbettato le sue scuse: "Intendevo dire... è una donna che governa i suoi possedimenti da sola... è molto caparbia, sicuramente poco incline all'obbedienza necessaria che vi si deve."

"Quanti anni ha vostra figlia, quella che mi avete presentato come 'in età da marito'?" Abbassando la testa, l'uomo aveva mormorato un'età ridicolmente bassa. "Deve essere proprio una bambina obbediente." Il Re si era alzato e aveva sciolto la seduta con un cenno della mano: "Che siano raccolte sete e gioielli preziosi. Entro due giorni i miei messaggeri più veloci raggiungeranno Fjörgynn e presenteranno i doni a Lady Frigga. Tra due lune diventerà Regina di Asgard."

 

 

Al calare del terzo giorno Odino aveva girato l'angolo del corridoio che conduceva agli appartamenti Reali e l'aveva trovato percorso da una lunga striscia di broccato azzurro, come se un qualche sarto disattento avesse srotolato una lunghissima pezza di stoffa sul marmo lucido del corridoio.

Inizialmente ne fu infastidito.

Poi lo fissò meglio, prendendone un bordo tra le dita callose: seta morbida e decorata, un tessuto per vesti muliebri. Ne fu incuriosito: percorse il corridoio camminandoci di fianco, a volte scostandolo con un piede. La pezza svoltava un altro angolo e scendeva una piccola gradinata a chiocciola.

Ed in fondo alla gradinata, Odino trovò Lady Frigga, il volto impassibile tra le trecce bionde e la seta che l’avvolgeva come se fosse stata lo strascico del suo vestito.

"Maestà" salutò con un inchino.

Ad Odino servì un attimo per dissimulare lo stupore: "Sono molto sorpreso di trovarvi già a palazzo, e lieto che abbiate accettato la mia offerta ed i miei doni."

"Avete dimostrato un tale buon gusto... Sono stati scelti da voi in persona, corretto?"

"Ma certo."

"Quindi avrete riconosciuto la stoffa che vesto."

"Assolutamente."

Frigga aveva piegato la testa di lato: "Peccato che l'abbia presa dalla collezione di mia madre e non dai vostri forzieri."

Il Re domandò piccato se fosse venuta per prendersi gioco di lui: "Sappiate, Lady Frigga, che la vostra posizione non ve lo permetterebbe comunque."

"Non era mia intenzione, Maestà, desideravo solamente parlarvi; esprimere la mia gratitudine ma anche il mio più vivo sconcerto."

"E, di grazia, posso sapere per cosa?"

"Mi avete coperta di doni preziosissimi che recavano il vostro nome, ma non la vostra attenzione. I vostri alfieri mi hanno annunciato la vostra solenne decisione vergata su una lunga pergamena con il vostro sigillo; eppure non vi era scritta neppure una frase di vostro pugno. Perdonate la schiettezza, ma ammetto di essere piuttosto confusa: mi chiedete in moglie e non desiderate comunicarmelo direttamente o chiedere il mio parere?"

"A che servirebbe? Quale donna volterebbe la testa dinanzi al trono di Asgard?"

"Forse una donna che ha cuore un dono diverso da quelli che arrivano in forzieri d'oro."

"E sarebbe? Sentiamo."

"Il rispetto e l'affetto dell'uomo con cui dovrei passare la mia intera esistenza, mio Signore. A voi dovrò fedeltà, obbedienza - spesso cieca - eredi forti e sani e la mia vita stessa: se ci pensate, quello che vi chiedo in cambio è ben poca cosa rispetto alla mia vita che terrete tra le vostre mani."

Odino la guardò, bella e fiera con i suoi zigomi alti e lo sguardo deciso. Avrebbe dovuto prendere le sue parole come un affronto intollerabile, ma non poté far altro che reputarlo un battibecco, una piccola sfida con una giovane donna cocciuta: "Con il vostro comportamento mi rendete piuttosto dubbioso circa la vostra obbedienza. E ad ogni modo, le vostre rimostranze sono completamente futili, visto che comunque siete arrivata ad Asgard."

Un piccolo sorriso piegò le labbra della donna. Allungò una mano verso il braccio del Re, ne accarezzò il bracciale cesellato, e scomparve in un barlume verde.

 

Le porte della Sala del Trono si aprirono sbattendo con tale violenza da creare piccole crepe sul marmo, facendo cadere a terra una manciata di polvere sottile ed un paio di calcinacci. La furia di Odino si abbatté poi su un braciere, che venne rovesciato a terra con un calcio schivando per un soffio una guardia che riuscì a scansarsi solo all'ultimo minuto.

Lo seguivano due soldati, a debita distanza e con la fronte imperlata di sudore.

"La voglio QUI. In ceppi o meno, ma entro il sorgere del sole quella strega deve essere al mio cospetto!"

Un soldato prese il coraggio a due mani e fece un passo avanti: la punta della picca che reggeva in mano tremava appena: "Quanti uomini saranno necessari?"

"Cinque, dieci, mille! Sellate il mio cavallo e sigillate la stanza del trono. Che nessuno provi ad entrare qui dentro sino al mio ritorno. Se deve pendere da una forca, che almeno ce la metta io stesso!"

"Maestà, vi è qualcosa che dobbiamo riferire al Consiglio? Che state andando a catturare personalmente… qualcuno?"

Odino restò un attimo immobile, quasi sorpreso e sospeso nei suoi pensieri. Poi ringhiò che stava andando solo a prendersi la sua armatura.

 

 

I cancelli della dimora di Fjörgynn erano aperti ed i servi schierati nelle loro livree linde.

Sotto l'arcata di marmo bianco dell'entrata, Frigga lo stava attendendo nella veste azzurra della sua apparizione, i ricci sciolti morbidamente sulle spalle coperte da un mantello di pelliccia grigia.

Quando il crocchio reale si fermò ai piedi della scalinata si inginocchiò profondamente: "Vostra Maestà onora questi luoghi con la sua presenza, la vostra visita è un dono prezioso e caro al mio cuore."

La lunga cavalcata aveva placato la furia di Odino e smorzato le sue intenzioni. Tuttavia restava a cavallo, salutando freddamente la donna piegando appena il capo: "Non perdete tempo ad adularmi. Piuttosto indicatemi i boschi brulicanti di cacciagione di cui avete tanto parlato: se sono qui è per aggiungere trofei al mio palazzo."

"Se permettete, Maestà, sarà un piacere farvi strada io stessa." Ad un cenno affermativo Frigga si voltò verso un'ancella e le ordinò di far sellare la sua giumenta. La trattenne un istante in più: "E fai uccidere e preparare quattro oche." Aggiunse.

"Ma, mia signora... state andando a caccia non serviran-"

"Fa' quel che ti ho detto." Si rivolse poi al Re: "I fabbri ed i cesellatori hanno ultimato giusto questa mattina la vostra armatura. Ero impaziente di vedervela indossare."

 

 

L’abito nuziale di Frigga era trapunto di minuscole stelle splendenti che disegnavano arabeschi lungo la gonna e lo strascico, stretto e modellato sul petto da una piccola armatura finemente intarsiata, a stringerle la vita così sottile che Odino l’avrebbe potuta circondare con una sola mano.

Si passò una mano sul capo e liberò la chioma dal grosso fermaglio d'argento, lasciando che i boccoli si sciogliessero ornandole le spalle. Attraverso il riflesso dello specchio Odino la osservò togliersi anche la torque dal collo e massaggiarselo come se fosse stata un fardello troppo pesante.

Ogni movimento dei suoi polsi nervosi, ogni onda delle ciocche e piega ribelle del vestito lo facevano fremere di impazienza. Si domandò se in futuro avrebbe potuto trovare quei gesti talmente famigliari da non subirne più il fascino o trovarli banali: lo reputò quasi impossibile e si impose di mantenere il controllo, abbandonando il pesante mantello su una sedia e allontanandosi dalla specchiera.

Quando anche gli orecchini ed i bracciali della nuova Regina avevano trovato posto nel suo portagioie di madreperla lei si alzò e lo raggiunse al tavolino ambrato che reggeva una piccola brocca di vino e due calici d'argento.

 

Il suo sorriso sembrava quasi impaziente, mentre Odino riempiva entrambi i calici. Accettò ringraziando quello che il suo sposo le porgeva e lo alzò insieme a lui a brindare alla loro unione. Ne beve un paio di piccoli sorsi, ed Odino notò che sembrava trattenere a stento una risata.

“Il vino ti ha già fatto effetto?”

“Forse.” Frigga ne aveva preso un altro sorso. “Un pochino.” Ammise. “Forse è meglio che smetta.”

Odino le accarezzò la guancia morbida e lei voltò appena il viso per baciargli il palmo: “Frigga di Fjörgynn. Frigga, la mia sposa. Frigga, Regina di Asgard.” Mormorò piano Odino, come se quei titoli li stesse assaporando, trovandoli finalmente tangibili: “Frigga,la stella più splendente al centro del cielo.” Poi abbandonò il calice sul tavolino e appoggiò la bocca sulla sua.

Interruppe il bacio solo quando sentì la mano calda di Frigga sulla sua, scivolare lungo l’avambraccio e liberarlo dal bracciale e poi fare lo stesso con l’altro e poi con l’armatura. La fermò mentre stava per soffiare su una candela e lei gli rivolse uno sguardo sorpreso, poi aprì la fibbia del corpetto cesellato e lo lasciò cadere a terra.

Si scostò i capelli di lato e lasciò che fosse Odino a slacciare la chiusura sulla schiena e a scostarle la veste, facendola scivolare lungo le spalle e cadere a terra.

Poi lo prese per mano, ed insieme oltrepassarono le cortine del talamo.

 

 

Ed ecco che finalmente (o forse no), dopo lungo arrovellarmi su cosa scrivere dopo la visione di Thor: The Dark World mi sono decisa e ho scritto questa FRODINO, così ho soprannominato questo pairing. (Con tutta la follia che il nome ha comportato tra le mie amykette  :P). Per omaggiare quella GRAN DONNA che è Frigga, principalmente. Ha dimostrato più carattere lei in poche scene che tutti i personaggi nel resto del film. Mi è sempre piaciuta (Le mie precedenti storie possono testimoniarlo), ma qui l’ho adorata.

C’è poco da dire, mi pare molto lontana da quello che scrivo di solito, spero che piaccia comunque.

Il nome del titolo è una delle Stelle della Costellazione della Cintura di Orione, che un tempo era conosciuta come il Filatoio di Frigga.

Bene, ora sapete anche in quante parti sarà suddivisa la storia.

Come sempre commenti e critiche costruttive sono ben accetti.

Vi ringrazio intanto per aver letto sino a qui.

Alla prossima!

EC

 

 

 

   
 
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