Ad Ayumi,
per la sua smisurata
umanità
Mille notti a venire
Quattro giorni fa
Il sangue denso,
pulsante, nelle vene.
Il sangue rosso,
brutale, ovunque.
Sangue dentro, sangue
intorno.
Ti fai forza e spicchi ancora un
salto, ti concentri e lanci ancora un kunai;
l’ennesimo in quel tumulto caotico che si chiama battaglia.
Centro.
L’allenamento ha dato i suoi
frutti: la velocità è aumentata, e la precisione non è diminuita.
Era
diventata perfetta, una macchina da guerra, come voleva suo padre: abile,
veloce…ma non spietata.
Spietata
mai.
Dio, quanti corpi a
terra!
Quante vite
racchiudevano, quante speranze, quanti…
Tre notti fa
Prima notte.
Primo turno di guardia.
Una
lacrima, non voluta eppure sgorgata prepotente dagli occhi, si fece strada sulla
guancia della ragazza dai capelli corvini e lo sguardo triste.
Quegli
occhi che custodivano il più letale degli armamenti di Konoha,
la punta di diamante della formazione di una missione
di livello A, piangevano.
Piangevano
contro volontà, inesorabilmente, violentemente, a suscitare singhiozzi
soffocati nel silenzio della notte, a generare dolori sepolti nel campo di
battaglia che tornavano crudeli nel cuore dell’oscurità.
Tormenti
senza nome ma con un volto ben definito: il volto di
ognuna delle vittime che aveva mietuto sul campo di battaglia.
Hinata Hyuuga,
sola nella notte, fuori dalla tenda dove i suoi
compagni riposavano, piangeva.
Naruto la
osservava, una mano sulla tenda a scostarla leggermente per permettergli di
uscire, l’altra sul capo a permettergli di pensare.
Pensare
perché, nel cuore della notte, dopo un giorno di battaglia, Hinata
Hyuuga piangesse.
Le si avvicinò senza far rumore, ma lei lo sentì: riconobbe il suo passo, come lo
riconosceva da dieci anni a quella parte. Lasciò che lui si avvicinasse
mentre si portava una mano alla bocca, cercando di calmare i singhiozzi,
di celare le lacrime. Respirò a fondo tentando di quietare l’animo, di
dimostrarsi forte di fronte a chi quella forza gliela dava, ogni giorno, senza
saperlo.
Lui la guardò perplesso, ma non le chiese perché
piangesse. Solo, si sedette accanto a lei. Semplicemente.
Era la prima notte di una missione che si annunciava
gloriosa: il fiuto di Kiba, le capacità mediche di Ino, la potenza di Naruto e la vista di Hinata. Un team semplicemente perfetto, mortale, efficace
come pochi.
Eppure, nel cuore della notte, Hinata Hyuuga piangeva.
La ragazza dagli occhi lucidi sentì una mano scorrere sul
suo braccio, dal gomito al polso, chiudersi intorno ad esso
e aprirle il palmo della mano col pollice, stringendole la mano nella sua,
molto più grande, molto più calda.
Fu allora che lo sguardo di Hinata
incontrò quello di Naruto.
Come erano
diversi i suoi occhi nell’oscurità!
“Hai chiesto il primo turno per questo?” la voce del
ragazzo arrivò in un sussurro nell’aria soffice della notte.
Hinata si voltò. Non avrebbe avuto quella
conversazione, non con lui.
“Quando ti capita?” tentò di
nuovo il ninja, e questa volta Hinata
si volse, un lampo di sfida nei suoi occhi.
Si poteva vergognare delle sue abilità mancate, si poteva
vergognare delle sue carenze in allenamento o sul
campo, ma non della sua umanità.
“Ogni volta” rispose, sostenendo lo sguardo del ragazzo.
Naruto annuì.
Hinata continuò: “Potevamo esserci noi
dall’altra parte. Poteva arrivare un nemico più forte, o solo imprevisto, e ci saremmo stati noi a terra. Morti, ora, su un campo di
battaglia nemico. Cadaveri in terra straniera”.
“Non è successo” rispose lui sottovoce.
Hinata lo guardò sconcertata.
“Non è successo e basta” ripeté Naruto
“Se non la pensi così diventi pazza” affermò convinto.
“Allora forse dovrei riconsiderare la vita che mi sono
scelta” ribatté Hinata, più aspramente di quanto
avrebbe voluto.
“Dovremmo farlo tutti forse” annuì Naruto
“Ma in fondo facciamo questo per proteggere chi amiamo” aggiunse.
Hinata scosse il capo, quasi parlasse a se stessa: “E se anche gli altri facessero lo
stesso discorso?”.
“Avresti ragione tu” concesse il ragazzo, senza guardarla
negli occhi. Poi d’un tratto si rianimò, e la cercò
con lo sguardo, stringendole la mano che teneva ancora nella sua: “Ma se tu non
ci fossi stata, io oggi sarei morto, Hinata. Tu
combatti anche per questo” terminò inseguendo conferma negli occhi
di lei.
Hinata lo guardò soppesando le sue
parole.
“Vai a dormire, finisco io il tuo turno” terminò Naruto in
un tono che non ammetteva obiezioni.
“No, è mio e…”
“Ti devo la vita, non credi sia più in debito io?” sorrise
Naruto, e mentre Hinata si alzava la
prese per un polso: “Hinata?”
“Sì?”
“Non dormire coi volti straziati
delle vittime davanti agli occhi, oggi. Dormi col mio volto sorridente”.
Hinata non rispose, ma sorrise,
amaramente.
Lo
faccio già Naruto, tutte le notti.
Tre giorni fa
Dodici.
Dodici uomini uccisi con estrema creatività, da un gruppo di quattro ninja della Foglia.
Dodici cadaveri sparsi senza sepoltura su un bosco trasformato in
campo di battaglia.
Dodici modi di
morire esposti alla vista di chiunque passasse, senza
un rito, senza una sepoltura.
L’Hokage avrebbe avuto di che andare orgogliosa.
Due notti fa
Seconda notte.
Secondo turno di guardia.
Naruto aprì discretamente la tenda, e lei era lì, come la
notte precedente, seduta e accorata, davanti a lui.
Si permise il lusso di osservarla, di notare come le sue
spalle sussultassero involontariamente, forse scosse
dalla stessa ragione del giorno prima, e di quel giorno stesso, come potessero
permettersi di farlo solo lì, nel buio, al calore affannoso dell’oscurità.
Il ragazzo le si avvicinò in
silenzio, come la notte precedente, le sfiorò il capo e lei non si premurò più
di nascondergli le lacrime, ma lo guardò dritto negli occhi, con i suoi occhi
chiari e le lacrime che brillavano alla luce della luna.
Naruto allora si mosse, impercettibilmente ai suoi
pensieri, e lasciò che le sue labbra le sfiorassero la
fronte in un bacio.
Poi si sedette accanto a lei, e senza staccare la mano che
nel frattempo aveva posato sulla sua nuca la attirò a sé, e la strinse tra le
braccia.
Hinata singhiozzò, stretta al suo petto,
singhiozzò forte, tanto che Kiba uscì allarmato, per poi rientrare piano nella tenda, trascinato
da Ino, stringendo i pugni perché non era lui a consolare la sua compagna di
squadra, perché non era lui a stringerla tra le braccia.
“Andrà tutto bene” mormorò Naruto, e piano piano i sospiri della ragazza, che non si era accorta dello
sguardo di sfida di Kiba,
che non aveva notato l’occhiata torva di Naruto, si fecero più regolari e
lasciarono spazio alla calma, lasciarono tempo alla rassegnazione.
“Lo prometti?” sapeva che non aveva senso chiederlo, sapeva che Naruto non poteva farle una promessa del genere,
ma inaspettatamente, contro ogni ragionevolezza, il ragazzo le rispose: “Te lo
prometto, Hinata”.
E piano piano
Naruto osservò la sua stessa mano massaggiarle la schiena, e infilarsi tra i
suoi capelli, e sfiorarle la nuca, e trascinarla a terra con sé, stringendola
ancora.
Quella notte, Naruto fece due turni di guardia con Hinata tra le braccia.
Due giorni fa
Hinata si sentiva gli occhi di Naruto
addosso, tutto il tempo:
sulla schiena, sulle braccia, sulle
gambe, sui seni. Anche sul campo di battaglia, dove le avevano detto di
scordarsi di essere donna e di essere semplicemente un
ninja, sentiva il suo sguardo, magnetico, su di sé. Mentre combatteva, mentre mangiava, mentre pensava: lo
sentiva attorno a lei.
Perché
dentro di me ci sei già Naruto, da sempre.
Una notte fa
Terza notte.
Terzo turno di guardia.
Il primo turno era di Kiba, e
Ino era uscita con lui.
Naruto si girò a scrutare fuori dalla
tenda, sentendo il ragazzo alzare la voce. Lo vide levare le
braccia rabbioso mentre Ino gli faceva segno di tacere, e intanto Hinata si spogliava incerta davanti a lui, in quello spazio
tanto angusto da non lasciare campo al pudore.
E Naruto avrebbe voluto guardare
altrove, ma le sue pupille restavano incollate alla schiena nuda di Hinata, candida e femminile, che lasciava intravedere il
profilo dei seni appena coperti dalla camicia da notte di seta.
Non lasciò che la ragazza terminasse di svestirsi che si
tolse i pantaloni, perché lui aveva preso a dormire così quand’era in missione,
in intimo e nient’altro. E gli sembrò strano fare quella
mossa tanto privata con lei, e gli parve peccaminoso guardarla con desiderio, e
doverglielo nascondere.
Hinata si stese sul suo sacco a pelo e
gli diede la schiena, mormorando piano: “Buona notte, Naruto”.
Poi passò un minuto.
Due, al massimo, e Naruto le carezzò la spalla
mentre immaginava le lacrime rigarle il volto. Fece scorrere la sua mano
sul fianco di lei mentre sentiva il primo singhiozzo,
la costrinse a voltarsi tirando verso di sé il fianco della ragazza, che rotolò
tra le sue braccia, e affondò il viso nel suo petto.
“Scusa” mormorò lei tra le lacrime.
“Scusa. Lo so che non dovrei” ripeté.
Naruto le accarezzò i capelli, e quella fu la sua
risposta.
“Mi vedi sempre piangere” sussurrò Hinata
stringendosi ancora di più, se possibile, a lui.
La mano del ragazzo scese a carezzare suo viso, e lo alzò,
e la costrinse a guardarlo: “Ti vedo solo essere quello che sei, Hinata” disse sottovoce.
“Bellissima”
completò a fior di labbra. Non voleva
sentire nessuna risposta quella sera, non voleva affrontare le
conseguenze delle sue parole, non quella notte. Così la attirò a sé premendola contro il suo
petto con forza, con possessività, impedendole di
parlare, impedendole di respirare aria che non portasse il suo odore, che non sapesse di lui, che non le ricordasse come tutto ciò che
aveva sempre desiderato era a pochi millimetri da lei, in quel momento come
nelle scorse notti, a pochi centimetri dal suo volto, a portata di bacio, avvolto
in un abbraccio che valeva più di mille parole.
Hinata tremava di emozione,
mentre Naruto parve per un poco rigido in quell’abbraccio
per lui innaturale, in quell’abbraccio che non era
abituato a dare ma che gli parve in quel momento più vitale, più necessario che
mai. Forse più utile a lui che a lei.
“Buona notte, Hinata” rispose
alla prima frase di lei, come se avesse potuto riprendere da lì, come se avesse
potuto ignorare il calore contro il suo petto e l’eccitazione nel suo corpo. Come se, con quella frase,
tutto potesse scomparire. Forse così la mattina dopo non avrebbe portato
con sé la paura tremenda e nettissima di morire, l’ansia inspiegabile di non
poterlo fare solo per poter arrivare alla notte
successiva, e avere il privilegio di passarla con lei.
Quando finì il suo turno, Kiba li trovò così, abbracciati seminudi uno all’altra,
avvinghiati in una stretta che avrebbe desiderato rompere con tutto se stesso,
in un abbraccio che sapeva non sarebbe mai stato suo.
Ino lo chiamò e non appena il ragazzo si voltò vide il dolore
nei suoi occhi: allora gli sorrise di un sorriso amaro,
che solo chi ha perso qualcuno può conoscere davvero.
Ieri
E’ finita.
La foglia ha
trionfato ed è finita.
La missione è completata, lo spargimento di sangue è cessato.
Almeno
per oggi.
La notte scorsa
Ultima notte.
Ultimo turno di guardia.
Hanno parlato per tutta la notte Naruto e Hinata, le parole sussurrate custodite dall’intimità della
tenda, le risate soffocate dal suo tessuto mentre fuori Kiba
veglia, Ino con lui.
Ma la bionda vede che mentre il
ragazzo carezza Akamaru, il suo volto scruta le
figure d’ombra oltre la barriera sottile del loro riparo precario.
“Domani torniamo a casa” sorride Ino, tentando di
distrarlo.
Kiba annuisce, in un silenzio che non
è da lui.
“Devi lasciarla andare” dice allora lei. E non cerca più sotterfugi, più scuse.
Il ragazzo continua ad accarezzare il cane, e annuisce,
senza parlare. Poi d’un tratto alza il volto e la
guarda negli occhi: “Come hai fatto a sopportarlo?”.
Ino sorride dolcemente e si sfiora l’addome, ancora in
perfetta forma [per poco].
“Aspetto un bambino” mormora “Questa è la mia ultima
missione sul campo, per un po’. Abbiamo tutti bisogno
di un motivo per andare avanti, e ora, questa
è la mia ragione per vivere”.
Gli occhi di Kiba si dilatano d’un tratto, e questa volta quando annuisce, lo fa con
comprensione: “Ti aiuterò, se lo vorrai” mormora sottovoce.
E d’un tratto non si sente più
tanto solo.
E d’un tratto le voci nella tenda
gli sembrano solo un brusio di sottofondo.
Hinata ride come una matta, ride come non si ricorda di aver fatto da tanto, troppo
tempo. Ride tanto da avere le lacrime agli occhi, e Naruto continua a
raccontarle mille avventure, a fare mille facce diverse
solo per vederlo [sempre] quel sorriso. In una notte si è accorto di non
poterne più fare a meno.
Le asciuga le lacrime [di gioia] e riprende il suo
racconto con foga, perché da oggi ha un nuovo scopo: farla ridere, sempre, il
più possibile, in ogni modo.
Poi non se ne accorge, ma ha
smesso da tempo di narrare, ha smesso da tempo di parlare e la sta fissando, da
un po’. Se ne accorge quando Hinata
arrossisce violentemente, e lui si ritrova ad adorare quell’atteggiamento
tanto delicato di un membro della spietata squadra ANBU.
Mentre lei si copre il volto con una mano, lui si
sorprende a chiedersi quanti rossori si sia perso,
quante risate non abbia gustato, quanti sguardi non abbia colto.
E per la prima volta le si avvicina
senza una scusa plausibile, per la prima volta lo fa senza l’intenzione di
giustificarsi, e per la prima volta la bacia dolcemente, ma con tutta l’anima.
Hinata lo guarda negli occhi quando dopo minuti [ore?] quel bacio finisce, seguito
da tanti altri. Lo guarda e indaga la sincerità dei suoi sentimenti, perché Hinata ha sempre fatto così per giudicare le persone. Le
guarda negli occhi e legge la loro anima. E il byakungan non centra nulla.
Lei lo guarda e lui sorride, e per un attimo Hinata è di nuovo la dodicenne innamorata, e per un attimo
Naruto è di nuovo il suo solito, solare sé.
Le sorride e lo fa come sempre, con tutto se stesso, e la guarda mentre lo fa, e lascia che lei gli legga dentro; poi
l’accarezza e le circonda il viso con entrambe le mani: “Come ho fatto a non
vederti per tutto questo tempo?”.
Hinata non sa cosa rispondere, sa solo che il suo cuore potrebbe esplodere da un momento
all’altro, sa che non ha mai provato tante cose in un solo momento; sa, in quel
preciso istante, che non vorrebbe essere da nessun’altra
parte, con nessun altro uomo, per tutta l’eternità.
Poi, con il sole che sorge su un nuovo giorno, i quattro
membri della squadra ANBU non stanno nella pelle per tornare a casa: Ino è un
po’ affaticata ma nonostante sia stanca sorride, per lei, per il suo bambino e
per Kiba; e Hinata e Naruto
stanno dietro di loro, in silenzio, mano nella mano.
D’ora in avanti
Le loro
mani sono ancora intrecciate quando il giorno dopo
varcano i cancelli di Konoha, insieme.
E
mentre il sole cala all’orizzonte, per la prima volta, escono a cena tra i vari
“era ora” dei loro amici.
Bastano
quelle poche ore perché Naruto si renda conto che è lei che ha sempre voluto,
senza saperlo, mentre Hinata comprende con una
certezza disarmante di non riuscire più a stargli lontana, ora che ha provato
cosa vuol dire stragli vicina.
E’ sufficiente quella
sera, quelle notti, per convincere Naruto ad entrare il mese successivo a casa Hyuuga,
per chiedere la mano
di Hinata.
Mille notti a venire
Le lacrime della
ragazza, quella sera, sono di gioia mentre risponde:
“Sì, sì, sì!”
e getta le braccia al collo di
Naruto.
Quella stessa notte, per la prima volta,
fanno l’amore.
E notte dopo notte, Hinata impara a non sognare più i volti straziati dei campi
di battaglia,
ma il volto sorridente del suo primo
e unico amore, che ora risposa esausto accanto a lei,
e sorride, anche nel sonno.
Così facendo la notte non le sembra più tanto
ostile, e
l’unico pianto a squarciare
l’oscurità della loro casa nelle notti a venire
resta quello insistente di un miracolo
che tra non molto la chiamerà “mamma”.
Piccolo angolo autore:
Questa ff ha partecipato al concorso NaruHina di Ferula e Ayumi, e siccome non sono riuscita a scrivere di più (tempus fugit), ho dovuto stringare le cose al massimo e lasciare da parte qualche elemento che ho comunque conservato sullo sfondo…ecco qua un piccolo trivia della ff, che servirà (se ne avete) a risolvere gli ultimi dubbi:
Sì, Kiba è perso di Hinata, ma lei ha (sempre avuto) il cuore altrove;
Ino è incinta (il padre – che nella mia testa è Shika, ma può davvero essere chiunque ai fini della ff, è morto, sniff) e deve crescere il bambino da sola…beh, con l’aiuto di Kiba…;P
Un grazie particolare ai giudici del concorso, e un saluto a tutti coloro che passeranno di qua!
That’s all, folks!
WT