Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: WishfulThinking    05/05/2008    10 recensioni
Missione di livello A per una sezione della squadra ANBU: Naruto, Hinata, Ino e Kiba uccidono per conto dell’Hokage. Ma la notte, quando lo sterminio cessa, quando non si odono più le urla del campo di battaglia, se ascolti bene, sentirai un pianto nella notte…
[Terza classificata al concorso NaruHina indetto da Ferula_91 e Ayumi Yoshida]
Genere: Romantico, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Naruto Uzumaki
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il sangue che pulsa nelle vene

Ad Ayumi,

per la sua smisurata umanità

 

 

 

 

Mille notti a venire

 

 

 

Quattro giorni fa

Il sangue denso, pulsante, nelle vene.

Il sangue rosso, brutale, ovunque.

Sangue dentro, sangue intorno.

 

Ti fai forza e spicchi ancora un salto, ti concentri e lanci ancora un kunai; l’ennesimo in quel tumulto caotico che si chiama battaglia.

 

Centro.

 

L’allenamento ha dato i suoi frutti: la velocità è aumentata, e la precisione non è diminuita.

 

Era diventata perfetta, una macchina da guerra, come voleva suo padre: abile, veloce…ma non spietata.

Spietata mai.

 

Dio, quanti corpi a terra!

Quante vite racchiudevano, quante speranze, quanti…

 

Tre notti fa

Prima notte.

Primo turno di guardia.

 

Una lacrima, non voluta eppure sgorgata prepotente dagli occhi, si fece strada sulla guancia della ragazza dai capelli corvini e lo sguardo triste.

Quegli occhi che custodivano il più letale degli armamenti di Konoha, la punta di diamante della formazione di una missione di livello A, piangevano.

Piangevano contro volontà, inesorabilmente, violentemente, a suscitare singhiozzi soffocati nel silenzio della notte, a generare dolori sepolti nel campo di battaglia che tornavano crudeli nel cuore dell’oscurità.

Tormenti senza nome ma con un volto ben definito: il volto di ognuna delle vittime che aveva mietuto sul campo di battaglia.

 

Hinata Hyuuga, sola nella notte, fuori dalla tenda dove i suoi compagni riposavano, piangeva.

 

Naruto la osservava, una mano sulla tenda a scostarla leggermente per permettergli di uscire, l’altra sul capo a permettergli di pensare.

Pensare perché, nel cuore della notte, dopo un giorno di battaglia, Hinata Hyuuga piangesse.

Le si avvicinò senza far rumore, ma lei lo sentì: riconobbe il suo passo, come lo riconosceva da dieci anni a quella parte. Lasciò che lui si avvicinasse mentre si portava una mano alla bocca, cercando di calmare i singhiozzi, di celare le lacrime. Respirò a fondo tentando di quietare l’animo, di dimostrarsi forte di fronte a chi quella forza gliela dava, ogni giorno, senza saperlo.

Lui la guardò perplesso, ma non le chiese perché piangesse. Solo, si sedette accanto a lei. Semplicemente.

Era la prima notte di una missione che si annunciava gloriosa: il fiuto di Kiba, le capacità mediche di Ino, la potenza di Naruto e la vista di Hinata. Un team semplicemente perfetto, mortale, efficace come pochi.

 

Eppure, nel cuore della notte, Hinata Hyuuga piangeva.

 

La ragazza dagli occhi lucidi sentì una mano scorrere sul suo braccio, dal gomito al polso, chiudersi intorno ad esso e aprirle il palmo della mano col pollice, stringendole la mano nella sua, molto più grande, molto più calda.

Fu allora che lo sguardo di Hinata incontrò quello di Naruto.

Come erano diversi i suoi occhi nell’oscurità!

“Hai chiesto il primo turno per questo?” la voce del ragazzo arrivò in un sussurro nell’aria soffice della notte.

Hinata si voltò. Non avrebbe avuto quella conversazione, non con lui.

Quando ti capita?” tentò di nuovo il ninja, e questa volta Hinata si volse, un lampo di sfida nei suoi occhi.

Si poteva vergognare delle sue abilità mancate, si poteva vergognare delle sue carenze in allenamento o sul campo, ma non della sua umanità.

“Ogni volta” rispose, sostenendo lo sguardo del ragazzo.

Naruto annuì.

Hinata continuò: “Potevamo esserci noi dall’altra parte. Poteva arrivare un nemico più forte, o solo imprevisto, e ci saremmo stati noi a terra. Morti, ora, su un campo di battaglia nemico. Cadaveri in terra straniera”.

“Non è successo” rispose lui sottovoce.

Hinata lo guardò sconcertata.

“Non è successo e basta” ripeté Naruto “Se non la pensi così diventi pazza” affermò convinto.

“Allora forse dovrei riconsiderare la vita che mi sono scelta” ribatté Hinata, più aspramente di quanto avrebbe voluto.

“Dovremmo farlo tutti forse” annuì Naruto “Ma in fondo facciamo questo per proteggere chi amiamo” aggiunse.

Hinata scosse il capo, quasi parlasse a se stessa: “E se anche gli altri facessero lo stesso discorso?”.

“Avresti ragione tu” concesse il ragazzo, senza guardarla negli occhi. Poi d’un tratto si rianimò, e la cercò con lo sguardo, stringendole la mano che teneva ancora nella sua: “Ma se tu non ci fossi stata, io oggi sarei morto, Hinata. Tu combatti anche per questo” terminò inseguendo conferma negli occhi di lei.

Hinata lo guardò soppesando le sue parole.

“Vai a dormire, finisco io il tuo turno” terminò Naruto in un tono che non ammetteva obiezioni.

“No, è mio e…”

“Ti devo la vita, non credi sia più in debito io?” sorrise Naruto, e mentre Hinata si alzava la prese per un polso: “Hinata?”

“Sì?”

“Non dormire coi volti straziati delle vittime davanti agli occhi, oggi. Dormi col mio volto sorridente”.

Hinata non rispose, ma sorrise, amaramente.

Lo faccio già Naruto, tutte le notti.

 

 

Tre giorni fa

Dodici.

Dodici uomini uccisi con estrema creatività, da un gruppo di quattro ninja della Foglia.

Dodici cadaveri sparsi senza sepoltura su un bosco trasformato in campo di battaglia.

Dodici modi di morire esposti alla vista di chiunque passasse, senza un rito, senza una sepoltura.

L’Hokage avrebbe avuto di che andare orgogliosa.

 

Due notti fa

Seconda notte.

Secondo turno di guardia.

 

Naruto aprì discretamente la tenda, e lei era lì, come la notte precedente, seduta e accorata, davanti a lui.

Si permise il lusso di osservarla, di notare come le sue spalle sussultassero involontariamente, forse scosse dalla stessa ragione del giorno prima, e di quel giorno stesso, come potessero permettersi di farlo solo lì, nel buio, al calore affannoso dell’oscurità.

Il ragazzo le si avvicinò in silenzio, come la notte precedente, le sfiorò il capo e lei non si premurò più di nascondergli le lacrime, ma lo guardò dritto negli occhi, con i suoi occhi chiari e le lacrime che brillavano alla luce della luna.

Naruto allora si mosse, impercettibilmente ai suoi pensieri, e lasciò che le sue labbra le sfiorassero la fronte in un bacio.

Poi si sedette accanto a lei, e senza staccare la mano che nel frattempo aveva posato sulla sua nuca la attirò a sé, e la strinse tra le braccia.

Hinata singhiozzò, stretta al suo petto, singhiozzò forte, tanto che Kiba uscì allarmato, per poi rientrare piano nella tenda, trascinato da Ino, stringendo i pugni perché non era lui a consolare la sua compagna di squadra, perché non era lui a stringerla tra le braccia.

“Andrà tutto bene” mormorò Naruto, e piano piano i sospiri della ragazza, che non si era accorta dello sguardo di sfida di Kiba, che non aveva notato l’occhiata torva di Naruto, si fecero più regolari e lasciarono spazio alla calma, lasciarono tempo alla rassegnazione.

“Lo prometti?” sapeva che non aveva senso chiederlo, sapeva che Naruto non poteva farle una promessa del genere, ma inaspettatamente, contro ogni ragionevolezza, il ragazzo le rispose: “Te lo prometto, Hinata”.

E piano piano Naruto osservò la sua stessa mano massaggiarle la schiena, e infilarsi tra i suoi capelli, e sfiorarle la nuca, e trascinarla a terra con sé, stringendola ancora.

Quella notte, Naruto fece due turni di guardia con Hinata tra le braccia.

 

 

Due giorni fa

Hinata si sentiva gli occhi di Naruto addosso, tutto il tempo:

sulla schiena, sulle braccia, sulle gambe, sui seni. Anche sul campo di battaglia, dove le avevano detto di scordarsi di essere donna e di essere semplicemente un ninja, sentiva il suo sguardo, magnetico, su di sé. Mentre combatteva, mentre mangiava, mentre pensava: lo sentiva attorno a lei.

Perché dentro di me ci sei già Naruto, da sempre.

 

Una notte fa

Terza notte.

Terzo turno di guardia.

 

Il primo turno era di Kiba, e Ino era uscita con lui.

Naruto si girò a scrutare fuori dalla tenda, sentendo il ragazzo alzare la voce. Lo vide levare le braccia rabbioso mentre Ino gli faceva segno di tacere, e intanto Hinata si spogliava incerta davanti a lui, in quello spazio tanto angusto da non lasciare campo al pudore.

E Naruto avrebbe voluto guardare altrove, ma le sue pupille restavano incollate alla schiena nuda di Hinata, candida e femminile, che lasciava intravedere il profilo dei seni appena coperti dalla camicia da notte di seta.

Non lasciò che la ragazza terminasse di svestirsi che si tolse i pantaloni, perché lui aveva preso a dormire così quand’era in missione, in intimo e nient’altro. E gli sembrò strano fare quella mossa tanto privata con lei, e gli parve peccaminoso guardarla con desiderio, e doverglielo nascondere.

Hinata si stese sul suo sacco a pelo e gli diede la schiena, mormorando piano: “Buona notte, Naruto”.

Poi passò un minuto.

Due, al massimo, e Naruto le carezzò la spalla mentre immaginava le lacrime rigarle il volto. Fece scorrere la sua mano sul fianco di lei mentre sentiva il primo singhiozzo, la costrinse a voltarsi tirando verso di sé il fianco della ragazza, che rotolò tra le sue braccia, e affondò il viso nel suo petto.

“Scusa” mormorò lei tra le lacrime.

“Scusa. Lo so che non dovrei” ripeté.

Naruto le accarezzò i capelli, e quella fu la sua risposta.

“Mi vedi sempre piangere” sussurrò Hinata stringendosi ancora di più, se possibile, a lui.

La mano del ragazzo scese a carezzare suo viso, e lo alzò, e la costrinse a guardarlo: “Ti vedo solo essere quello che sei, Hinata” disse sottovoce.

“Bellissima” completò a fior di labbra. Non voleva sentire nessuna risposta quella sera, non voleva affrontare le conseguenze delle sue parole, non quella notte. Così la attirò a sé premendola contro il suo petto con forza, con possessività, impedendole di parlare, impedendole di respirare aria che non portasse il suo odore, che non sapesse di lui, che non le ricordasse come tutto ciò che aveva sempre desiderato era a pochi millimetri da lei, in quel momento come nelle scorse notti, a pochi centimetri dal suo volto, a portata di bacio, avvolto in un abbraccio che valeva più di mille parole.

Hinata tremava di emozione, mentre Naruto parve per un poco rigido in quell’abbraccio per lui innaturale, in quell’abbraccio che non era abituato a dare ma che gli parve in quel momento più vitale, più necessario che mai. Forse più utile a lui che a lei.

“Buona notte, Hinata” rispose alla prima frase di lei, come se avesse potuto riprendere da lì, come se avesse potuto ignorare il calore contro il suo petto e l’eccitazione nel suo corpo. Come se, con quella frase, tutto potesse scomparire. Forse così la mattina dopo non avrebbe portato con sé la paura tremenda e nettissima di morire, l’ansia inspiegabile di non poterlo fare solo per poter arrivare alla notte successiva, e avere il privilegio di passarla con lei.

 

Quando finì il suo turno, Kiba li trovò così, abbracciati seminudi uno all’altra, avvinghiati in una stretta che avrebbe desiderato rompere con tutto se stesso, in un abbraccio che sapeva non sarebbe mai stato suo.

Ino lo chiamò e non appena il ragazzo si voltò vide il dolore nei suoi occhi: allora gli sorrise di un sorriso amaro, che solo chi ha perso qualcuno può conoscere davvero.

 

 

Ieri

E’ finita.

La foglia ha trionfato ed è finita.

La missione è completata, lo spargimento di sangue è cessato.

Almeno per oggi.

 

La notte scorsa

Ultima notte.

Ultimo turno di guardia.

 

Hanno parlato per tutta la notte Naruto e Hinata, le parole sussurrate custodite dall’intimità della tenda, le risate soffocate dal suo tessuto mentre fuori Kiba veglia, Ino con lui.

Ma la bionda vede che mentre il ragazzo carezza Akamaru, il suo volto scruta le figure d’ombra oltre la barriera sottile del loro riparo precario.

“Domani torniamo a casa” sorride Ino, tentando di distrarlo.

Kiba annuisce, in un silenzio che non è da lui.

“Devi lasciarla andare” dice allora lei. E non cerca più sotterfugi, più scuse.

Il ragazzo continua ad accarezzare il cane, e annuisce, senza parlare. Poi d’un tratto alza il volto e la guarda negli occhi: “Come hai fatto a sopportarlo?”.

Ino sorride dolcemente e si sfiora l’addome, ancora in perfetta forma [per poco].

“Aspetto un bambino” mormora “Questa è la mia ultima missione sul campo, per un po’. Abbiamo tutti bisogno di un motivo per andare avanti, e ora, questa è la mia ragione per vivere”.

Gli occhi di Kiba si dilatano d’un tratto, e questa volta quando annuisce, lo fa con comprensione: “Ti aiuterò, se lo vorrai” mormora sottovoce.

E d’un tratto non si sente più tanto solo.

E d’un tratto le voci nella tenda gli sembrano solo un brusio di sottofondo.

 

Hinata ride come una matta, ride come non si ricorda di aver fatto da tanto, troppo tempo. Ride tanto da avere le lacrime agli occhi, e Naruto continua a raccontarle mille avventure, a fare mille facce diverse solo per vederlo [sempre] quel sorriso. In una notte si è accorto di non poterne più fare a meno.

Le asciuga le lacrime [di gioia] e riprende il suo racconto con foga, perché da oggi ha un nuovo scopo: farla ridere, sempre, il più possibile, in ogni modo.

Poi non se ne accorge, ma ha smesso da tempo di narrare, ha smesso da tempo di parlare e la sta fissando, da un po’. Se ne accorge quando Hinata arrossisce violentemente, e lui si ritrova ad adorare quell’atteggiamento tanto delicato di un membro della spietata squadra ANBU.

Mentre lei si copre il volto con una mano, lui si sorprende a chiedersi quanti rossori si sia perso, quante risate non abbia gustato, quanti sguardi non abbia colto.

E per la prima volta le si avvicina senza una scusa plausibile, per la prima volta lo fa senza l’intenzione di giustificarsi, e per la prima volta la bacia dolcemente, ma con tutta l’anima.

Hinata lo guarda negli occhi quando dopo minuti [ore?] quel bacio finisce, seguito da tanti altri. Lo guarda e indaga la sincerità dei suoi sentimenti, perché Hinata ha sempre fatto così per giudicare le persone. Le guarda negli occhi e legge la loro anima. E il byakungan non centra nulla.

Lei lo guarda e lui sorride, e per un attimo Hinata è di nuovo la dodicenne innamorata, e per un attimo Naruto è di nuovo il suo solito, solare sé.

Le sorride e lo fa come sempre, con tutto se stesso, e la guarda mentre lo fa, e lascia che lei gli legga dentro; poi l’accarezza e le circonda il viso con entrambe le mani: “Come ho fatto a non vederti per tutto questo tempo?”.

Hinata non sa cosa rispondere, sa solo che il suo cuore potrebbe esplodere da un momento all’altro, sa che non ha mai provato tante cose in un solo momento; sa, in quel preciso istante, che non vorrebbe essere da nessun’altra parte, con nessun altro uomo, per tutta l’eternità.

 

Poi, con il sole che sorge su un nuovo giorno, i quattro membri della squadra ANBU non stanno nella pelle per tornare a casa: Ino è un po’ affaticata ma nonostante sia stanca sorride, per lei, per il suo bambino e per Kiba; e Hinata e Naruto stanno dietro di loro, in silenzio, mano nella mano.

 

 

D’ora in avanti

 

Le loro mani sono ancora intrecciate quando il giorno dopo varcano i cancelli di Konoha, insieme.

E mentre il sole cala all’orizzonte, per la prima volta, escono a cena tra i vari “era ora” dei loro amici.

Bastano quelle poche ore perché Naruto si renda conto che è lei che ha sempre voluto, senza saperlo, mentre Hinata comprende con una certezza disarmante di non riuscire più a stargli lontana, ora che ha provato cosa vuol dire stragli vicina.

E’ sufficiente quella sera, quelle notti, per convincere Naruto ad entrare il mese successivo a casa Hyuuga,

 per chiedere la mano di Hinata.

 

 

Mille notti a venire

 

Le lacrime della ragazza, quella sera, sono di gioia mentre risponde: “Sì, sì, sì!”

e getta le braccia al collo di Naruto.

Quella stessa notte,  per la prima volta, fanno l’amore.

E notte dopo notte, Hinata impara a non sognare più i volti straziati dei campi di battaglia,

ma il volto sorridente del suo primo e unico amore, che ora risposa esausto accanto a lei,

e sorride, anche nel sonno.

 Così facendo la notte non le sembra più tanto ostile, e

l’unico pianto a squarciare l’oscurità della loro casa nelle notti a venire

resta quello insistente di un miracolo che tra non molto la chiamerà “mamma”.

 

 

 

 

Piccolo angolo autore:

Questa ff ha partecipato al concorso NaruHina di Ferula e Ayumi, e siccome non sono riuscita a scrivere di più (tempus fugit), ho dovuto stringare le cose al massimo e lasciare da parte qualche elemento che ho comunque conservato sullo sfondo…ecco qua un piccolo trivia della ff, che servirà (se ne avete) a risolvere gli ultimi dubbi:

Sì, Kiba è perso di Hinata, ma lei ha (sempre avuto) il cuore altrove;

Ino è incinta (il padre – che nella mia testa è Shika, ma può davvero essere chiunque ai fini della ff, è morto, sniff) e deve crescere il bambino da sola…beh, con l’aiuto di Kiba;P

 

Un grazie particolare ai giudici del concorso, e un saluto a tutti coloro che passeranno di qua!

That’s all, folks!

WT

 

  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: WishfulThinking