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Autore: Akicchi    01/12/2013    1 recensioni
Dal testo:
Quello non era sesso, né amore, era un semplice sfogo dove solo i gesti, i movimenti e gli sguardi comunicavano. Un modo diverso per vedersi, d’ora in poi, con occhi diversi: con meno odio, con mena voglia di far del male all’altro… con più amore.
È la mia prima R17, abbiate pietà!
Dedicata a due mie amiche, in quanto non li shippo particolarmente~
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Non mi guardare.
Lo sguardo di lui fisso e penetrante su di te e i tuoi occhi rossi, come i rubini, ti scuote, ti entra nelle viscere, ti seduce e ti pugnala al cuore. Gli occhi ambrati a guardarti, come una bestia inferocita che detesta starsene in gabbia e tu eri il guardiano responsabile della sua cattività. Lui era una vera bestia. Quella stanza, a lui conosciuta, era una vera gabbia dove eravate imprigionati con te, te che recitavi la parte della preda sofferente, piccola ed indifesa, schiacciata dalla sua forza.­­
 
Non ti avvicinare.
­Una mano che, lentamente, si avvicinava al tuo viso bianco come il latte, sotto i tuoi occhi increduli rossi come il sangue, mentre come un animale in trappola cercavi una scappatoia pur essendo consapevole che non ce ne fossero, volevi fuggire dal cacciatore che ti stava bloccando la via e ti puntava contro un fucile che, stavolta, era quel braccio più grande e robusto che iniziò a carezzare in maniera insolitamente gentile la tua guancia divenuta rosea per il lievissimo imbarazzato provato.
 
Non si può più tornare indietro.
Il palmo, sotto il tuo sguardo incatenato al suo, si adagiò sopra il tuo petto scoperto e privo della tua maglietta nera, normalmente coperta da una giacca del medesimo colore. Il tuo cuore, con il suo, batteva con più forza rispetto a prima che era equilibrato, il battito, proprio perché ora si stava sciogliendo il ghiaccio con tutto quel calore. Il tuo carattere da sadico burattinaio si era capovolto, stavolta la marionetta eri te e lui il marionettista: per quanto sia facile, per te, intuire i suoi movimenti questo l’ avevi capito ora che era troppo tardi.
 
Non facciamo sesso, né l’amore.
I vostri corpi spogli, come due alberi invernali, si sfiorarono piano con uno strusciarsi e con delicatezza, come se i vostri fisici fossero fatti di carta pesta anzi, di vetro. Le tue erano la parte tagliente e il tuo corpo era la parte fragile che, nel momento in cui si appoggiò su dite, sembrò iniziare a farsi in mille pezzi.
Bastava una semplice spinta ad infrangere quella fragilità nascosta e ben nascosta per ventun anni. Non te lo saresti mai e poi mai aspettato, che quel mostro, in quel momento sembrava più calmo e anche lui abbastanza vulnerabile, come te. Quelle spinte ti facevano sentire il corpo bianco, come il latte, un continuo tremare tra il piacere, il dolore e la paura, tra l’amore e l’odio, tra la violenza e la pace.
I tuoi occhi si strinsero, mentre lui ti mordeva, assorbiva e assaporava la tua pelle, come se fosse diventata un osso e lui era il cane famelico ed abbandonato sul ciglio della strada, affamato, che per sfamarsi era disposto a viaggiare nei vicoli più oscuri della città per mangiare la spazzatura dei cassonetti.
 
Non li amano, né li odiano.
Eravate veramente diversi, anche in ambito sociale, lui era solitario e chiuso, tu eri falsamente amichevole ed aperto, tu avevi un lavoro e lui era licenziato da quei pochi che trovava, lui aveva soltanto un fratello comunemente assente a cui voleva bene, un venditore di sushi, una spacciata per leggenda metropolitana e un medico, tu hai una segretaria, due sorelline e tante altre persone, lui aveva degli amici e tu no. Ma c’ era una cosa che vi accomunava, a parte il rancore: l’invidia di non avere quello che l’altro possedeva.
 
Non li perdiamo.
Quelle spinte regolari, all’interno del tuo corpo, erano di una velocità piacevole: né troppo forti né troppo deboli, o almeno così credevi prima di sentirlo come scivolare per il sudore ed entrare con più forza rispetto a prima che lo fece accelerare involontariamente, mentre portavi il capo all’indietro e stringendo gli occhi e i denti per trattenere i tuoi mugolii, le tue iridi fecero forzatamente la loro comparsa con un’espressione sgranata, stupita e lucida. Il tuo corpo era percosso da brividi continui, come se ci avessi la febbre, la schiena era inarcata e mentre un braccio era sulla schiena a graffiarla, l’altra era sui capelli a tirarli; volevi lasciargli qualche ricordo di te, su quella schiena robusta e candida, piegata solo per entrare meglio dentro di te e distruggere la tua unica dignità rimasta. Un lieve ringhio, simile a quello di una bestia in cattività, uscì dalle labbra del maggiore prima di venire dentro di te, con te, mentre poggiava prepotentemente le labbra contro le tue così da sopprimerlo, nonostante ve le stavate distruggendo a suon di morsi fino a farle sanguinare e staccarne la cartilagine.
Quello non era sesso, né amore, era un semplice sfogo dove solo i gesti, i movimenti e gli sguardi comunicavano. Un modo diverso per vedersi, d’ora in poi, con occhi diversi: con meno odio, con mena voglia di far del male all’altro… con più amore.
   
 
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