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Autore: Lady ArcanoShi320    01/12/2013    2 recensioni
Scelse la sciabola.
Fu incontrollabile. Per un attimo, ma solo per un attimo, i miei occhi si chiusero in segno di sconforto. Odiavo la sciabola! Non perché facesse più male degli altri attrezzi, ma per l'impressione che produceva il suo contatto con la pelle nuda. La sciabola, naturalmente di piatto, si inarca sul tuo corpo ad ogni colpo. Poi, quando l'acciaio si ritira alla sua forma naturale, sembra si porti dietro una striscia della tua pelle.
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Io facevo proprio al caso loro.
Mi portarono, dunque, al centro della camera.
Il Capitano che dirigeva l'operazione chiese al carnefice, il torturatore, di avere particolare estro quella volta.
E lo ebbe.
Scelse la sciabola.
Fu incontrollabile. Per un attimo, ma solo per un attimo, i miei occhi si chiusero in segno di sconforto. Odiavo la sciabola! Non perché facesse più male degli altri attrezzi, ma per l'impressione che produceva il suo contatto con la pelle nuda. La sciabola, naturalmente di piatto, si inarca sul tuo corpo ad ogni colpo. Poi, quando l'acciaio si ritira alla sua forma naturale, sembra si porti dietro una striscia della tua pelle. Se mai si potesse immaginare l'essere scuoiato vivo, sono certo che un colpo di sciabola sarebbe ciò che più vi si avvicina.
 
Si, confesso che ho chiuso gli occhi. Ma nessun'altra parte di me si è mossa. Neanche quando l' ambasciatrice diede al carnefice il numero fatidico.
- Cento -.
 
Un mormorio di stupore si alzò dalla truppa. Perfino alcuni ufficiali e sottufficiali si sono guardati fra di loro, improvvisamente a disagio.
Io pensavo: << Non è possibile. Non è possibile. Nessuno è capace di sopportare tanto >>. Fra gli urrà più osceni, io mi chiedevo cosa mai avrebbero potuto sapere loro di cento sciabolate su un corpo nudo.
Fra gli inneggiamenti alla loro grande ambasciatrice e i suoi più fedeli difensori, io mi domandavo se era vera giustizia quella che voleva che gli assassini non fossero uccisi nello stesso modo dei loro assassinati. Loro, alla fine, e solo alla fine, sarebbero stati pietosamente giustiziati con un solo colpo.
 
<< Oggi morirò >> pensai. E posso assicurare che non c'era in me neanche un pò di desiderio di fuggire, definitivamente. 
Facevo solo l'amara constatazione di un fatto inevitabile. Nessuno era mai riuscito a sopportare più di cinquanta sciabolate senza cadere per terra, ridotto a un ammasso sanguinante e lamentoso di umanità distrutta.
 
Io stesso, che in altre occasioni ne avevo ricevute fino a trenta, non ero certo di non essere arrivato allora alla soglia del mio limite.
<< Oggi morirò >> pensai ancora. Che rabbia. Che tristezza. Non mi impauriva l'idea di morire. Mi avevano preparato per questo dalla nascita. Succede però che così uno finisce per farsi un'idea della propria morte, del modo in cui vorebbe avvenisse. 
E questo non era proprio il modo che avevo immaginato. No. Non volevo morire così tristemente, fatto a pezzi, lentamente e impotente. 
 
Eppoi, la verità era che non avevo nessuna voglia di morire. Nonostante la frequenza di queste situazioni << eccessive >> e la quotidiana incertezza, era possibile, comunque, strappare alla vita bellissimi momenti.
 
Si, era bello vivere nonostante tutto. E sarebbe stato ancora più bello dopo la vittoria. 
Era per questo che dovevo vivere: per partecipare infine alla vittoria. 
 
Così, senza aspettare l'ordine, mi sono piegato fino a toccare la punta dei piedi, anzi, fino ad agganciarli con le dita delle mani.

Conoscevo le regole; se le mani perdevano contatto con i piedi, la conta ricominciava daccapo. Non avrei dato loro nessun altro vantaggio. 
 
Non me ne poteva importare di meno, ormai, delle decisioni dei miei carnefici. Io, avevo preso la mia.
Ed aspettai, con una lucidità spaventosa, il primo colpo.
E quello arrivo.
Eppoi gli altri.
E gli altri.
 
Assurdo o no, a mano a mano che l'Ambasciatrice portava avanti la conta, mi sono ritrovato, dopo ogni sciabolata, a ripetere mentalmente quasi una cantilena: << Uno di meno, uno di meno...>>.
 
Si. Ma quanto? Quanto di meno per arrivare alla fine? Qualsiasi cosa che inizia, finisce prima o poi. Già. Ma quando? E, soprattutto, quale sarebbe stata la fine?
 
Io ero già solo una massa informe di sofferenza immane. Il mio corpo si inarcava a ogni sciabolata come un salice sottoposto a repentine ma frequenti raffiche di vento, l'urlo che nasceva ogni volta, dopo avermi percorso totalmente, finiva per morire infranto nel silenzio del muro ancora invalcabile della mia volontà. 
 
<< Grida >> sbuffava l' Ambasciatrice. << Mai! >> mi dicevo io.
- Quarantotto - recitò l' Ambasciatrice. << Uno di meno >> mi dissi.
- Lasciati cadere - gridò qualcuno fra i soldati. << Mai! >> mi dissi.
- Quarantanove - recitò l' Ambasciatrice. << Uno di meno >>.
 
Un mormorio di inquietudine e sconforto, man mano più evidente, si alzava dalla truppa. 
<< Bene. >> pensai.
- Grida! - continuava ad urlare l' Ambasciatrice. << Mai! >> continuavo a dirmi io.
- Lasciati cadere, imbecille! - gridò qualcuno fra gli ufficiali, e continuò: - Ti stai solo facendo ammazzare. Non ci guadagni niente così -.
 
<< Può darsi >> mi dissi << ma intanto non mi lascerò cadere, mai! >>
E mi aggrappai ancora con più forza alla punta dei miei piedi.
 
- Cinquanta - recitò in quel momento l' Ambasciatrice. 
<< Cinquanta.... >> mi dissi << Cinquanta! >> mi ripetei.
Come un lampo mi sono apparse le immagini terribili dei soldati che mi avevano preceduto fino a quella conta. << Uno di meno...>> tentai ancora.
 
- Grida! -. Ero solo. - Lasciati cadere, idiota! -. Qualcosa si era rotto, definitivamente. - Cinquantuno -. Non in me. - Cinquantadue -. Ma fra me e qualcosa di assolutamente indefinito. - Cinquantatrè -. Io, forse ancora speravo. - Cinquantaquattro -. Ma non più. - Cinquantacinque -. Non più. - Cinquantasei -. Non c'erano più Dei a cui appellarmi! Rimanevo solo io, ancorato disperatamente alla punta dei miei piedi.
 
Non c'era più altro intorno a me. Non sentivo più dolore.
Non sentivo più niente. Solo stanchezza. Ero certo di essere già sulla strada della fine di ogni sofferenza. << Peccato! >> pensai. Nient'altro. 
Un silenzio rituale avvolgeva la sala.
 
L' Ambasciatrice andava avanti con il suo compito senza più bestemmiare. 
<< Non c'è più rispetto per niente >> pensai, quasi infastidito.
Già. Non potevo che apprezzare, in quei momenti, il silenzio quasi religioso dei soldati. Io ero comunque lì, e la morte galeggiava su di me.
 
Un soldato è educato alla morte. Un vero soldato sa che quando punta un bersaglio, è proprio lui il bersaglio.
 
Ma uccide, comunque. È quello il suo mestiere. Perciò, quando rispetta la morte del nemico, è la propria morte che rispetta.
  
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