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Autore: Kagome_86    01/12/2013    2 recensioni
« Hai un tatuaggio fighissimo » gli disse, portandosi la mano verso gli occhi e osservando la sua Runa della Vista. Cosa che gli fece spalancare gli occhi per la sorpresa. « Ed è perfetto. Dove l’hai fatto? Ti ha fatto molto male? Quanto ti è costato? Pensavo anche io di farmi un tatuaggio, sulla spalla, ma mia madre ha detto che mi caccia di casa se entro con un disegno sulla pelle, perché “non ha messo al mondo un vitello da marchiare.” Scusate, a voi probabilmente non interessa niente dei miei problemi con mia madre. »
Storia scritta per il contest "Shadowhunters: Il Filo Rosso" indetto da Jakefan sul Forum di EFP, scaduto il 30 novembre 2013 (non ci sono ancora i risultati). Spoiler su qualunque cosa non abbiate letto o visto (snippet da CoHF e fanart di Cassandra Jean comprese). Post CoHF.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Robert Lightwood
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Due parole per introdurre la storia, che ho scritto per il contest "Shadowhunters: Il Filo Rosso" indetto da Jakefan sul forum di EFP e scaduto ieri (la giudice ha dato il permesso di pubblicare prima dell'uscita dei risultati, così eccomi qui). In fondo ci sono delle note che vi spiegano più o meno tutto quello che c'è nella storia, almeno si capirà, penso, che non ho fatto uso di acidi prima di scrivere questa roba. Ad ogni modo, spero vi piaccia... vi lascio alla lettura della storia e delle note (che sono lunghe più o meno quanto la storia).

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Exsecratio parentum

Animus patrius in liberos esset
[I genitori nutrono amore per i figli]

Cicerone, Orationes, Pro Roscio Amerino

 

« Che cosa hai messo dentro questa valigia? » chiese Alec, mentre cercava di tirare giù dal treno il bagaglio, che era sicuro non pesasse così tanto prima del litigio che aveva avuto con Magnus nel tragitto tra Milano e Firenze.
« Niente che non ci fosse anche prima. Saranno, forse, i souvenir da regalare a tua sorella, a Jace, a Clary e a Jocelyn e Luke. O sarà che la tua runa della Resistenza comincia a svanire. Ah, e poi c’è il regalo per Tessa e Jem. Si sono sposati qualche giorno fa, te l’ho detto? »
« Sì » disse tra i denti. Almeno cinque volte, aggiunse tra sé, sotto lo sguardo divertito di quello che era di nuovo il suo compagno da qualche settimana, ormai. «Potresti anche darmi una—»
« Serve un aiuto? » chiese una voce sconosciuta. Alec si voltò a guardare il ragazzo che si era avvicinato a lui e Magnus e lo squadrò da capo a piedi. Era proprio un gran bel ragazzo, biondo con gli occhi verdi, alto, col fisico asciutto e il portamento di un atleta. « Comunque piacere, sono Filippo. »
Alec si riscosse, rendendosi conto che il ragazzo aveva parlato per tutto il tempo in cui lui gli aveva fatto un check up quasi completo—si era trattenuto dal guardargli il sedere per rispetto a Magnus, cosa che ovviamente lui non aveva mancato di notare e lo faceva sorridere sornione—e strinse la mano a Filippo.
« Hai un tatuaggio fighissimo » gli disse, portandosi la mano verso gli occhi e osservando la sua Runa della Vista. Cosa che gli fece spalancare gli occhi per la sorpresa. « Ed è perfetto. Dove l’hai fatto? Ti ha fatto molto male? Quanto ti è costato? Pensavo anche io di farmi un tatuaggio, sulla spalla, ma mia madre ha detto che mi caccia di casa se entro con un disegno sulla pelle, perché “non ha messo al mondo un vitello da marchiare.” Scusate, a voi probabilmente non interessa niente dei miei problemi con mia madre. »
« Questi non mi sembrano problemi, » rispose Alec un po’ scocciato.
Filippo lo fissò per un attimo, perplesso, poi sorrise di nuovo e ricominciò a parlare a ruota libera. « Hai perfettamente ragione, non sono problemi, però mi piace lamentarmi. D’altra parte me ne andrò di casa presto se il provino che ho fatto a Milano è andato come spero che sia andato, e allora mi farò il tatuaggio. E comunque mia madre è una persona eccezionale, dovreste conoscerla. Anzi, dovreste venire nella nostra pensione, sono sicuro che ne restereste entusiasti! » disse, mentre aiutava Alec a togliere la valigia dal treno.
« Ma… veramente— »
« Saremmo davvero lieti di essere vostri ospiti, Filippo. » Magnus lo interruppe, proprio mentre cercava il modo di dire a Filippo che avevano già una prenotazione in un altro albergo, con uno sguardo che sembrava dire “hai davvero intenzione di perdere l’occasione di sapere come fa a vedere i tuoi marchi e di godere della vista di un sedere come il suo per una settimana? ” Il che probabilmente l’avrebbe fatto arrabbiare, se non fosse stato completamente d’accordo con il suo ragazzo.

*          *          * 

« Mamma! » Luisa Visconti si sentì chiamare dall’unica voce che avesse voglia di sentire quel giorno. Non vedeva l’ora che Filippo tornasse alla pensione per mettere ordine alla sua giornata. Era sempre così, quando lui le era lontano. Iniziava a pensare e inevitabilmente i ricordi tornavano a galla. Sfiorò la cicatrice bianca che aveva sulla mano sinistra e sospirò.
« Tesoro, sono in ufficio! » rispose, senza aprire la porta, e tornò a dare attenzione al foglio di excel con il bilancio del mese precedente. Non riusciva a far tornare i conti, eppure era sicura di aver riportato tutte le cifre correttamente. Riaprì il registro cartaceo e ricominciò a controllare.
La testa di Filippo si affacciò nell’ufficio, e il ragazzo iniziò a parlare velocemente, come sua abitudine. Luisa sorrise e cercò di seguire un discorso di cui le parole “americani o inglesi” e “tatuaggio” e “registrazione” furono le uniche a rimanerle in testa. Poi iniziò a parlare del suo provino e di come pensava che fosse andato alla grande, mentre lei non faceva che sperare che non lo prendessero in quella squadra di Milano, senza poterglielo dire. Ogni madre sogna che suo figlio trovi la sua strada, e Filippo l’aveva fatto. Solo che non riusciva a sopportare il pensiero di averlo lontano: era ancora il suo bambino. Lo stesso bambino che all’età di un anno e mezzo si svegliava alle tre di notte per gli incubi, lo stesso bambino a cui cantava una canzone diversa ogni notte per farlo addormentare. « Beh, io devo andare agli allenamenti, ci vediamo più tardi! »
« Ma—» niente, non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che Filippo era già fuori dall’ufficio, e probabilmente anche dalla pensione.
Si alzò dalla sedia, tolse il mollettone dai capelli e lanciò un’occhiata allo specchio che teneva vicino allo schermo del computer per controllare che il trucco fosse in ordine, poi uscì dall’ufficio. E desiderò ardentemente non averlo fatto.
« Robert, » mormorò. Quel nome le uscì dalle labbra prima ancora di potersi riprendere dallo stupore di vedere qualcuno di così familiare nella sua pensione, ma si rese subito conto che quello non poteva essere Robert Lightwood, che doveva essere invecchiato, come era invecchiata lei. Indossò di nuovo il sorriso con cui ormai da vent’anni affrontava le giornate. « Mi scusi, per un attimo mi è sembrato che fosse un mio vecchio amico. Ma, appunto, ormai dovrebbe essere vecchio, come me. »
« Lei è una bellissima donna, non dovrebbe sottovalutarsi così, » le disse quello dei due ospiti a cui non aveva degnato neanche uno sguardo, un uomo altissimo, con il taglio degli occhi all’orientale e le pupille a fessura come quelle di un gatto—uno stregone, con molta probabilità—prendendole la mano e avvicinandola alle labbra, mentre quello che somigliava a Robert stringeva gli occhi come tanti anni prima lui aveva fatto di fronte ad una galanteria simile.
« E lei è decisamente un uomo sfacciato, signor? »
« Bane. Magnus Bane. » Luisa cercò di nascondere un sussulto. Conosceva quell’uomo almeno di nome, lui e Ragnor Fell erano i due stregoni più potenti del mondo, quando era ancora una ragazza. Moltissimi Shadowhunters si rivolgevano a quei due, quando avevano bisogno di aiuti sovrannaturali. Lei stessa l’aveva fatto, quando era più giovane, per proteggere Filippo e se stessa.
« Posso avere i vostri documenti? » chiese gentilmente, sfilando la mano da quella dello stregone e cercando di mantenere un atteggiamento distaccato e professionale, mentre gli occhi scivolavano sulle braccia dell’altro ragazzo, piene di marchi e cicatrici.
« Ovviamente, » sorrise lo stregone, porgendole due passaporti.
Iniziò a battere al computer i dati dei due ospiti, cercando con tutte le sue forze di non fuggire di fronte a un passato che la stava reclamando e che forse reclamava suo figlio, quando lesse il nome del ragazzo con gli occhi blu. Sollevò lo sguardo e incontrò quello di lui, scontroso e impaziente, e le fu chiaro perché le ricordasse tanto uno dei suoi migliori amici.
« Lightwood. Sei… sei il figlio di Robert? » chiese, e subito Alexander sbuffò, incupendosi ancora di più. Esattamente come avrebbe fatto Robert al suo posto.
I ricordi di Luisa iniziarono a sovrapporsi alla realtà, e al posto dello stregone iniziò a comparire un ragazzo altrettanto alto e con un sorriso altrettanto seducente, ma biondo e con gli occhi nocciola.
« Una delle due persone che hanno contribuito al mio concepimento si chiama così, sì » rispose acido e scortese. Proprio come avrebbe fatto Robert.

*          *          *

« I Lightwood non sono tagliati per fare i genitori, è la nostra maledizione. È dai tempi di nonno Benedict che non c’è un Lightwood che sia stato un genitore decente, » urlò Robert all’Arno, mentre ubriaco camminava sulla ringhiera di uno dei ponti.
« Stai dicendo idiozie e lo sai anche tu » gli rispose Michael Wayland, altrettanto ubriaco.
 Erano a Firenze da qualche giorno, ospiti della famiglia di Luisa, e lei non ci aveva messo molto a capire quale fosse il problema di quei due. Erano parabatai, e ad almeno uno di loro due non bastava. Era come se il Conclave avesse saputo che sarebbero diventati molto più che amici e avesse cercato di tenerli lontani con una legge.
Per Luisa erano tutto ciò che si poteva avere da due ragazzi, erano belli da vedere e divertenti da frequentare. Non immaginava di certo che uno dei due le avrebbe spezzato il cuore.

*          *          *

« Come conosce mio padre? Non mi risulta che abbia molti amici tra i mondani » domandò con lo stesso tono scortese, riscuotendo Luisa dai ricordi.
« Come fa mio figlio a vedere i tuoi marchi? Che poi è l’unico motivo per cui l’avete seguito fin qui, » rispose allora con un’acidità simile a quella usata dal ragazzo.
Lo sguardo di Alexander si indurì prima e illuminò di comprensione poi. « Sei una Nephilim. »
All’affermazione lapidaria di lui seguì una sua altrettanto lapidaria risposta. « Lo ero. »
« Ti hanno spogliata delle Rune, » disse Magnus, con uno sguardo pieno di compassione, come se sapesse quanto dolore provocasse il rinunciare ai Marchi, come se sapesse che quel dolore ti lacerava l’anima e che si desiderava morire durante il processo. L’unica cosa che l’aveva tenuta aggrappata alla vita era suo figlio, il piccolo che cresceva dentro di lei. A Luisa non piaceva essere compatita, svegliava il suo orgoglio, un orgoglio già pungolato dalla scortesia del figlio di Robert.
« Mi sono fatta spogliare delle Rune. Si stava preparando una guerra e non avrei mai cresciuto mio figlio in mezzo a dei razzisti ipocriti. »

*          *          *

« Michael è innamorato di te, » disse Luisa, con lo sguardo fisso nel cielo stellato, una notte di Luglio. La testa era appoggiata sulla spalla di Robert, che la stringeva a sé con affetto fraterno, anche se si conoscevano soltanto da un mese. « E anche tu lo ami. »
«Lo amo, sì. Come un fratello, Lou. Esattamente dello stesso amore con cui amo te. E se si concentrasse sui suoi sentimenti capirebbe che è amore fraterno quello che prova per me. E comunque, è innamorato anche di te. »
Quella notte Michael non era con loro, era andato a caccia di demoni, perché a Firenze non succedeva mai nulla e lui era stanco di starsene con le mani in mano. Michael era così, sempre pieno di energia, sempre pronto a lanciarsi in qualche attività.

*          *          *

Filippo è esattamente come Michael, pensò Luisa per l’ennesima volta negli ultimi diciannove anni.
« Sei una codarda, » le disse Alexander con una voce piena di disprezzo.
« E tu non sei per niente come tuo padre. Potrai somigliargli fisicamente, ma tuo padre non avrebbe mai detto una cosa del genere, » gli rispose, pensando di poterlo ferire con quelle parole.
« Lo ritengo un complimento, ma questo è esattamente il tipo di cose che direbbe mio padre. Quanti anni fa l’hai conosciuto? Come fai a sapere cosa è diventato? Chi è diventato? »
« Michael non avrebbe mai permesso che cambiasse, » urlò, per poi mettersi entrambe le mani sulla bocca. Aveva perso la calma, lei che non perdeva mai la calma. Lei che era il ritratto dell’aristocrazia da cui discendeva e della buona educazione. Il pensiero di Michael, di quello che gli era successo e del perché Robert potesse essere cambiato tanto da far pensare suo figlio che avrebbe potuto dire una cattiveria del genere le aveva reso impossibile placare il dolore che da troppi anni serbava nel cuore, resistendo alla tentazione di cedere, il tutto per il suo bambino.
« Michael? » chiese Magnus perplesso. « Parli di Michael Wayland? »
Luisa annuì. Che senso aveva nascondersi, ormai? L’avevano trovata, si sarebbero presi Filippo, perché le due guerre che avevano affrontato avevano decimato i Nephilim, e avevano bisogno di tutti quelli che avevano anche solo una goccia di sangue dell’Angelo Raziel nel loro corpo. Il pensiero la atterrì, e sentì le lacrime affacciarsi agli angoli degli occhi. Non riusciva a sopportare il pensiero che Filippo se ne andasse di casa per diventare un calciatore, figurarsi se poteva sopportare il pensiero che lo portassero di peso in un mondo da cui aveva voluto tenerlo lontano.
« È lui il padre di Filippo? » chiese di nuovo. E Luisa annuì, di nuovo.

*          *          *

« Anche io lo amo, » trovò il coraggio di confessare, e lo fece soltanto perché Robert le aveva assicurato di non amare Michael che come un fratello.
« Dovresti dirglielo, » le rispose lui, posandole un bacio sui capelli.
« Ma se lui ama te, come può amare anche… me? » chiese, confusa.
« Il cuore di Michael è molto più grande del nostro, Lou. »

*          *          *

« Forse è meglio che ci sediamo, » disse Alexander, mentre la spingeva verso una delle poltroncine della reception.
« So quello che stai per dirmi. Lo so da quando Filippo aveva poco più di due anni. Ho sentito qualcosa che mi si spezzava dentro, quando Valentine l’ha ucciso. Michael sapeva che sarebbe successo, lo diceva sempre che era questione di tempo. Lo sapeva da quando qualcuno aveva detto a Valentine delle sue inclinazioni. E poi mio padre è venuto a riferirmelo di persona. Quel giorno mi ha rinnegata come figlia, mi ha detto che ero una poco di buono e che sapeva perfettamente che quell’imbecille di un americano mi avrebbe rovinata. Ha detto che era una fortuna che la Legge gli impedisse di avere rapporti con me. E ha detto anche che Michael aveva fatto la fine che meritava. L’ho cacciato da casa mia e non l’ho più rivisto. »
« Inclinazioni? Vuoi dire che—»
« Michael Wayland era bisessuale, Alexander. Ed era innamorato di tuo padre. Un abominio, per un uomo come Valentine che vive con un paraocchi e non vede che l’eterosessualità e i Nephilim. »
« Vedeva. È morto. E puoi chiamarmi Alec. L’unico che mi chiami ancora Alexander è mio padre. »
« Gli è sempre piaciuto quel nome. E ha sempre pensato di non essere tagliato per fare il genitore. »
« Il nome di un condottiero. E aveva ragione, non è tagliato per fare il padre, » rispose Alec, con l’intenzione di chiudere il discorso. « Come non era tagliato per essere l’amico di un abominio, come l’hai definito tu. Non mi stupirebbe se fosse stato lui a dire a Valentine delle inclinazioni di Michael, per liberarsene. »
Luisa fece fatica a trattenersi dal prendere a sberle quel ragazzo, bello e strafottente, scorbutico come pochi altri esseri umani. « Non potrai mai capire cosa provava tuo padre per Michael. »
« Non dirmi cosa posso o non posso capire. Tu. Non. Conosci. Mio. Padre. » Alec era scattato in piedi, livido di rabbia. Le ricordava molto Filippo quando qualcuno gli faceva pesare il fatto che non avesse un padre. Filippo difendeva Michael, quel padre che non aveva mai conosciuto, ma di cui aveva sentito tanto parlare, quasi quanto Alec attaccava Robert. E pensare che se le cose fossero state diverse Filippo e Alec sarebbero cresciuti insieme, sarebbero potuti essere parabatai a loro volta, come i loro padri. « Mio padre non mi parla da quando gli ho detto di essere omosessuale. E innamorato di uno stregone. »
« Tecnicamente mi hai baciato di fronte a tutta la sala del Consiglio in sessione plenaria, prima di dirgli entrambe le cose, » tentò di sdrammatizzare Magnus, che si beccò due occhiatacce.
Luisa sorrise. Un sorriso pieno di sarcasmo. « E tu? Tu hai più tentato di parlargli? » 

*          *          * 

« Michael, aspetta! » urlò Luisa, mentre rincorreva il ragazzo lungo il fiume in una notte di inizio ottobre. Non aveva capito cosa fosse successo tra lui e Robert, ma aveva il sentore che c’entrassero qualcosa i suoi sentimenti per il parabatai. Afferrò una manica della sua felpa e lo strattonò.
« Cos’è successo? » gli chiese, prima ancora che Michael si voltasse a guardarla.
« Robert mi ha baciato. E tu starai pensando che era esattamente quello che volevo, e che non capisci perché io stia così. Hai mai provato a baciare tuo fratello? »
« Eww, » fu la sua risposta.
« Esattamente. “Eww.” È quello che ho provato nel baciare Robert. E adesso mi chiedo, se baciando lui che pensavo di amare non ho provato che affetto fraterno, amore fraterno, chi può dirmi se ho mai provato amore vero per un’altra persona nella mia vita? »
Luisa rimase in silenzio, incapace di pronunciare una singola parola. Raccolse tutto il suo coraggio, prima di alzarsi sulle punte per baciare quel ragazzo alto in maniera impossibile, con i capelli biondi che gli ricadevano sugli occhi dopo la corsa. Sentì sulle labbra il sapore del suo stupore, assaporò la sua resa e gustò tutta la passione che Michael metteva nel ricambiare il bacio. Si strinsero come se ne andasse delle loro vite, come soltanto i ragazzi che hanno tutta la vita di fronte a loro sanno fare. Si strinsero tutta la notte, una notte in cui Luisa non tornò a casa e che trascorsero nel letto di una pensioncina nel centro di Firenze a scambiarsi parole d’amore e a fondersi l’uno nell’altro, corpo e anima.
La mattina dopo, a dare il buongiorno a Luisa c’era soltanto un biglietto.

“Non posso trascinarti nel casino che è la mia vita. M.”

*          *          *

« Nove mesi dopo è nato Filippo, » concluse il racconto, non riuscendo neanche a credere di aver per la prima volta svuotato il sacco. E con dei perfetti sconosciuti, per giunta. Neanche Tessa Herondale, che pure era stata con lei diversi mesi dopo la nascita di Filippo, a cui aveva fatto da madrina, e altrettanto tempo dopo la morte di Michael, probabilmente aspettandosi che avrebbe ceduto al dolore da un momento all’altro come era capitato a lei quando aveva perso William, era a conoscenza di tutta quella storia. Sapeva di Michael, certo, ma non sapeva il motivo che li aveva fatti finire insieme quella notte.
Alzò lo sguardo dalle sue mani e vide Alec pensieroso.
« Michael ha mai saputo di vostro figlio? » chiese.
Luisa scosse la testa. « Non c’è stato il tempo, Tessa e Ragnor Fell mi hanno aiutata a trovare un fratello Silente—credo si chiamasse Zaccaria—che potesse rimuovere i miei marchi, perché in quella frase di Michael c’era molto di più di quello che volesse dire fermandosi alle parole scritte. Con lui era sempre così. E poi si è sposato, e non volevo rovinargli la vita. Pensavo amasse sua moglie. »
« Michael aveva un cuore molto più grande dei nostri, ma non c’è stato mai molto spazio per Lucinda, » disse qualcuno dalla porta d’ingresso. Si voltarono tutti per confermare la loro idea. Alec perché aveva riconosciuto la voce e Luisa perché aveva riconosciuto le parole. « Ci ha provato, ma non gli sei mai uscita dalla testa e dal cuore. Ha provato a cercarti in ogni angolo del mondo, pensando che ti fossi allontanata da Firenze, dopo aver rinunciato alle Rune, e tu eri qui, sotto il naso di tutti. Ha sposato Lucinda soltanto perché Valentine gli aveva dato un ultimatum. E alla fine l’ha ucciso comunque. »
« Come… Come sei riuscito a trovarmi? » chiese, in preda all’emozione e allo stesso tempo alla paura.
« Filippo è identico a Michael alla sua età. Con i tuoi occhi. E io ho avuto molta fortuna, perché la squadra per cui ha fatto il provino è di mia proprietà. Con quell’aspetto e quel cognome, ho capito subito di chi si trattasse. Così mi sono fatto dare l’indirizzo del ragazzo dalla società e mi sono precipitato qui prima che potessi fuggire ancora. Non mi aspettavo di certo di trovare mio figlio e il suo ragazzo. »
« È così ovvio che non ti saresti mosso, se l’avessi saputo, » gli disse Alec, sarcastico.
« Non fare il gradasso con me, ragazzo. Non mi pare che tu mi abbia più chiamato, dopo. »
« Non avevo niente da spiegarti. »
« E io non avevo niente a cui dare peso. Mio figlio ama qualcuno, questa è l’unica cosa che conta. Che sia maschio, femmina, stregone, vampiro, licantropo, fata, Nephilim o mondano a me non importa, purché sia felice. Perché se non è felice, stregone, puoi stare tranquillo che ti troverò, dovessi arrivare sulla Luna e ritorno. E lo so che probabilmente non mi crederai, Alexander, perché sei pronto a pensare il peggio di me e forse me lo merito, visto quello che ho fatto a tua madre, ma sei mio figlio e ti voglio bene. »
« Non avrà bisogno di rincorrermi per tutto il mondo, signor Lightwood, » sorrise Magnus, cingendo le spalle di Alec con un braccio. « Tu pensi sempre troppo, »  gli disse, prima di chiudergli la bocca con un bacio.
Robert si voltò verso Luisa. Le rughe intorno agli occhi gli davano ben più dei quarant’anni che aveva. Luisa sapeva che anche lui aveva fatto i suoi errori, ma li stava pagando tutti.
« Ti amava, Lou. Avrebbe rinunciato al Circolo, per te e il bambino. »
« No, non l’avrebbe fatto, perché aveva capito chi era Valentine e voleva fermarlo. E non avrebbe mai messo in pericolo nostro figlio così, » gli rispose con un sorriso, mentre allungava una mano per accarezzargli una spalla.
« No, hai ragione, non l’avrebbe fatto, ma se ne avesse avuto la possibilità sarebbe stato un padre perfetto, a differenza di me, » ribatté lui a voce bassa, coprendole la mano con la sua.
Luisa guardò quell’uomo, sopraffatto dal pensiero di non essere stato in grado di amare abbastanza suo figlio e pieno di rimorsi per l’amico perduto. « Non esistono genitori perfetti, Robert. Quando lo capirai? Esistono solo genitori che amano i figli sperando che loro capiscano quanto è grande quell’amore. »

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Penso che ormai tu sappia quanto mi affascinano i rapporti genitori-figli, e ho sempre voluto esplorare quelli dei Lightwood, uno dei rapporti più complessi della letteratura moderna. Tanto Benedict quanto Robert a modo loro amano i loro figli e cercano di proteggerli e aiutarli ad andare avanti, spesso nel modo sbagliato, ma lo fanno. Perciò, grazie di avermi dato l’occasione per farlo.
Partendo da questo presupposto, il filo rosso che ho voluto seguire è stato quello delle “Generazioni Lightwood a confronto”, incentrandomi prevalentemente sul rapporto tra Robert e Alexander e sulle similitudini del rapporto di Parabatai di Michael e Robert con quello di Jace e Alec. È probabile che prima o poi scriva un secondo episodio incentrato più su Gabriel e Benedict (per la precisione, non credo che Gabriel sia stato un pessimo genitore, ma lui è un’eccezione, aveva Cecily vicino). Ci sono sicuramente altri fil rouge che ho seguito: il personaggio di Luisa, Nephilim che ha rinunciato alle rune per amore del figlio, un po’ come ha fatto Jocelyn—immagino che l’atteggiamento di Valentine abbia spinto molti Nephilim a darsi alla macchia—mi ha permesso di legare tre generazioni diverse di Shadowhunters. Quella di William, Tessa e Jem, che vengono nominati tutti e tre—alla fine di Clockwork Princess Tessa dice chiaramente di aver viaggiato per tutto il mondo, quindi perché non farla finire anche in Italia, a Firenze, dove ha un’amica in qualche modo legata ai Nephilim, ma che non lo è più?—quella di Robert e Michael, alla quale la stessa Luisa appartiene, e quella di Alec e Filippo.
Che nel rapporto tra Robert e Michael, parabatai, ci fossero ombre che li spingevano verso un amore più che fraterno l’ha ‘disegnato’ più volte Cassandra Jean, ed è stato affermato anche da Cassandra Clare stessa. L’idea che Robert avesse dimostrato a Michael che non era innamorato di lui con un bacio mi è venuta da una scena tagliata di City of Bones, nella quale Jace bacia Alec per dimostrargli che lo ama, sì, ma soltanto come un fratello, altrimenti un bacio non sarebbe tanto imbarazzante e disgustoso. Mi  piaceva l’idea che in qualche modo la storia dei genitori si ripetesse con i figli, e mi piaceva l’idea di riscattare in qualche modo la figura di Robert Lightwood. Che per carità, è un personaggio presentato come negativo per tutto The Mortal Instruments, ma bisogna ricordare che sono sempre i figli a parlare, e i figli adolescenti spesso non riescono a vedere i genitori come delle persone che possono compiere sbagli ed essere perdonati.
E poi Valentine. Cassandra Clare non ha mai chiarito la sua posizione riguardo ai rapporti di coppia omosessuali, ma da tradizionalista che odia le deviazioni dalla regola quale è, ho pensato che non potesse essere una posizione molto favorevole.
La storia è ambientata a Firenze perché… boh, probabilmente perché nello stesso momento in cui iniziavo a scrivere questa storia iniziavo anche a progettare il viaggio a Firenze per incontrare Sarah Rees Brennan (e Cassandra Clare, ma più Sarah, Cassandra l’ho già vista) e quindi mi è rimasta in testa questa città, e perché sono convinta che nella tomba fiorentina di Dante (che è notoriamente vuota) ci sia l’arsenale di scorta degli Shadowhunters (a Roma probabilmente è al Pantheon, in qualche tomba, con l’Istituto dentro Castel S. Angelo). Il momento è post-City of Heavenly Fire, con la speranza che Alec e Magnus ci arrivino insieme e vivi (non nutro la stessa positività per Isabelle e Simon, purtroppo).
E… boh, Luisa e Filippo fanno di cognome Visconti perché almeno una delle famiglie nobili italiane doveva essere di sangue Nephilim. Robert possiede una squadra di calcio perché sono tempi duri anche per gli Shadowhunters e devono investire i loro soldi in qualcosa che renda bene (e il calcio in Italia rende bene in tutti i tempi).
E poi non so se c’è altro da aggiungere. Non credo, altrimenti finisce che le mie note diventano più lunghe della storia.
Ah, sì, rileggendo me ne è venuta un’altra: Magnus ha assistito perlomeno ad uno Shadowhunter che veniva spogliato delle Rune. La storia di Edmund Herondale è raccontata nella novella “Vampiri, Scones ed Edmund Herondale”, di Cassandra Clare e Sarah Rees Brennan.
E aggiungendo titolo e citazione non ho potuto che aggiungere un’altra nota: io odio Cicerone. E odio anche il vecchio dizionario di latino che non ricordavo di aver conciato così male.

   
 
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