Capitolo 1:
Comportamenti Sospetti
Dal libro, pag. 299:
Sera. 22 Dicembre 1996
[...]
“Non sono i soli, ho altra gente dalla mia, gente
migliore!”
“Allora
perché non mi confidi tutto? Io posso…”
“Lo
so che cos’ha in mente! Vuole rubarmi la gloria!”
Un’altra
pausa, poi Piton rispose, gelido “Parli come un bambino.
Capisco che la cattura
e la prigionia di tuo padre ti abbiano sconvolto,
ma…”
Draco
Malfoy, però, non pareva intenzionato a continuare ad
ascoltare Piton.
Non
gli dette neanche il tempo di finire la frase: spazientito,
aprì la porta dell’aula vuota e
uscì di tutta fretta, allontanandosi velocemente lungo il
corridoio, senza mai
girarsi.
Sorpassò
la porta aperta dell’ufficio di Lumacorno, svoltò
l’angolo e sparì.
**
Mattino presto. 23 Dicembre 1996
Più
silenziosamente che poté, Draco aprì la porta del
suo dormitorio, sicuro che i
suoi compagni di Casa stessero dormendo della grossa, ma si sbagliava.
“Draco! Dove
diavolo eri finito? Il coprifuoco è passato da un bel
pezzo!” bisbigliò,
infatti, una voce agitata.
“Blaise,
sta’ zitto!” replicò Draco, seccato,
cercando a tastoni il pigiama e iniziando
a cambiarsi.
“Sta’
zitto??! Draco, è l’una del mattino, fa un freddo
polare, tu sei uscito ieri
sera e non sei più tornato. Cosa dovevo pensare? Ero
preoccupato. Credevo che
qualcuno ti avesse visto infrangere il coprifuoco! O che fossi in
pericolo!”
insisté Blaise, che cominciava ad arrabbiarsi.
“Bè,
nessuno ti ha chiesto di preoccuparti tanto. Grazie.” Disse,
acido, Draco,
scostando le coperte per potersi finalmente infilare a letto.
“Draco,
ma sei scemo!? Sei il mio migliore amico! Certo che mi
preoccupo!”
“Ripeto.
Nessuno te lo ha chiesto.”
“Ma…”
“Ehi,
voi due! La finite di bisbigliare?” la voce seccata di
Theodore Nott,
proveniente da un punto imprecisato della stanza, interruppe la
discussione
sussurrata tra Draco e Blaise.
“Io
starei cercando di dormire!”
Blaise
rispose con un grugnito e tacque, così Theo, ancora mezzo
addormentato, si
rigirò nel letto e ricominciò a ronfare mentre
Draco si metteva sotto le
coperte, senza però riuscire a prendere sonno.
Come al solito.
Erano
mesi che aveva difficoltà a dormire.
Spesso trascorreva intere notti a rimuginare su ciò che era
accaduto
quell’estate, al compito che l’Oscuro Signore gli
aveva affidato e all’angoscia
per la sua ipotetica non riuscita.
Ad
Agosto, dopo l’arresto di suo padre, Lord Voldemort lo aveva
costretto a
Marchiarsi, contro la sua volontà.
Era
stato a casa sua, a Villa Malfoy, con tutta la sua famiglia presente.
Il
Signore Oscuro aveva sferzato l’aria con la bacchetta,
gridando ‘Morsmordre!’,
e lui aveva provato
un dolore lancinante al
braccio sinistro.
Era stato molto doloroso, ma nulla era stato, se paragonato al puro
terrore che
lo aveva pervaso quando si era trovato al cospetto di Voldemort in
persona.
“Draco
Malfoy.”
Il
sibilo inconfondibile di quella voce terribile e penetrante aveva fatto
percorrere un brivido gelido lungo la schiena di Draco.
Lentamente
si era girato e aveva incrociato per un attimo lo sguardo freddo e
divertito di
Lord Voldemort, prima di abbassare il volto e guardarsi i piedi, mentre
il
panico gli faceva rivoltare lo stomaco.
“Draco
Malfoy. Figlio di Narcissa Black e Lucius Malfoy.” aveva
continuato
Voldemort “Adesso sei a tutti gli effetti uno di
noi. Sei un Mangiamorte.”
A
quelle parole, Draco aveva serrato i pugni.
Sapeva perfettamente cosa era diventato.
Lo avevano trasformato in un mostro assetato di sangue, che doveva
uccidere
senza pietà.
Anzi, in un mostro che avrebbe dovuto provare piacere nell’uccidere.
Draco però non era di quella pasta.
Non
era una brava persona, non aveva buone intenzioni, non aveva buoni e
giusti
principi morali, ma non era un assassino e non voleva
diventarlo.
Lord
Voldemort aveva fatto una pausa, per dar modo alle sue parole di fare
‘colpo’,
ma poi aveva ripreso a parlare “Draco Malfoy. Sei
diventato un Mangiamorte
per prendere il posto di tuo padre. Dovrai rimediare ai suoi errori.
Per cui ti
affiderò un compito.”
Come
se avesse già saputo cosa lo aspettava, il cuore di Draco
aveva perso un
battito.
Forse
più di uno.
“Tu
avrai l’onore di uccidere Albus Silente”
Quelle
parole erano state accolte da un silenzio pesante da parte di tutti i
presenti,
tranne da Bellatrix, che era scoppiata in risolini infantili e isterici.
Lord
Voldemort, a quel punto, aveva levato il mantello ed era sparito, con
la sua
serva più fedele appresso.
Da
lì Draco non si ricordava più niente, quasi
sicuramente era svenuto subito dopo
che Il Signore oscuro se ne era andato.
Quello
non era l’unico brutto ricordo che aveva, ma di sicuro era il
peggiore.
Era il ricordo che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
“Buonanotte,
Draco” sussurrò Zabini dal suo letto.
Draco
sorrise e provò un moto d’affetto per il compagno.
“Buonanotte,
Blaise.”
**
Ora di pranzo
“Draco,
mangia!”
“Non
cominciare anche te, Pansy. Non ho fame.”
“Draco,
smettila di fare storie. Non mangi e non dormi più da
Settembre! Vedi che lo so
che anche stanotte non hai dormito. Blaise mi ha detto che continuavi a
rigirarti nel letto. E mi ha detto anche che sei tornato tardissimo.
Ancora non
capisco perché ti ostini a non dirci niente, ma per il
momento non insisterò.
Ma se non mangi questo pasticcio di rognone, giuro che ti
affatturo!”
Il
tono di Pansy Parkinson non ammetteva repliche, mentre era seduta in
Sala
Grande accanto a Draco, brandendogli davanti una forchetta, agitata.
Draco,
però, continuava ad ignorarla.
“Draco,
accidenti a te! Ma non ti vedi?! Non esci quasi mai, sei sempre di
cattivo
umore, mangi pochissimo, sei magro come un chiodo, hai delle occhiaie
lunghe
così e hai la pelle tutta ingrigita!” insistette
lei, avvicinandoglisi sempre
di più, con fare minaccioso.
Draco
alzò gli occhi al cielo “Pansy, quando imparerai a
farti gli affari tuoi?” le
chiese, esasperato, prendendo la forchetta e cominciando a
smangiucchiare il
suo pasticcio con aria cupa e sconfitta.
Pansy
lo guardò compiaciuta, mentre Blaise, seduto di fronte a
loro, si stava
lanciando uno sguardo di intesa con Nott.
Appena
finito il pranzo, la McGranitt disse agli studenti che sarebbero andati
a casa
per le vacanze di Natale di seguirla.
Più
di mezza scuola si accinse a raggiungerla, compresi, notò
Draco, Potter e i
suoi amici.
Il
biondo Serpeverde seguì con gli occhi il moro Grifondoro,
fino a quando
quest’ultimo non sparì, chiacchierando
allegramente con Weasley e la Granger,
dietro la porta della Sala Grande.
Potter.
Harry Potter.
Chissà
come sarebbe stato averlo come amico.
Draco
ci pensava spesso.
Chissà
se la sua vita sarebbe stata diversa.
Magari
non avrebbe mai ricevuto il marchio Nero, magari suo padre non sarebbe
mai
stato sbattuto ad Azkaban.
O
magari sarebbe successo tutto comunque, e Draco avrebbe dovuto tradire
un amico
e consegnarlo nelle mani di Voldemort.
Forse
invece Harry avrebbe potuto sconfiggerlo prima, forse impedendogli
proprio di
risorgere, se fosse stato amico suo.
Perché
Draco avrebbe potuto dargli informazioni importanti grazie a suo padre.
O
forse sarebbe stata la rovina di entrambi.
Forse
avrebbero litigato subito.
Forse
la loro amicizia sarebbe durata negli anni, rimanendo solida e ferrea.
Se.
Forse.
Magari.
Draco
poteva usare solo questi avverbi, perché di fatto, nella
realtà, Potter non era
amico suo.
La
cosa, dopo sei anni, gli ribolliva ancora.
Draco
ora attribuiva tutte le sue disgrazie a Potter. Se non avesse mandato
suo padre
in prigione, lui non sarebbe stato marchiato e non avrebbe avuto
l’ingrato
compito di uccidere Silente.
Se
Harry avesse accettato la sua mano, Draco gli sarebbe stato fedele,
amico, come
suo padre, Lucius, lo era con Piton.
Dei
Malfoy, infatti, si
potevano dire tante
cose.
Si poteva dire che fossero snob.
Era vero.
Si poteva dire che navigassero nell’oro.
Era vero.
Si poteva dire che erano dei Mangiamorte.
Era vero. Fottutamente vero.
Ma
non si poteva dire che i Malfoy fossero traditori.
Anzi,
a dire la verità, i Malfoy erano sì, traditori.
Non
si facevano scrupoli a pugnalare alle spalle gli altri pur di salvarsi.
Ma
se un Malfoy sceglieva un amico, quello era l’amico. Quello
era intoccabile.
Di
fatto, se qualcuno avesse fatto del male a Tiger o Goyle, Draco se ne
sarebbe
fregato altamente.
Di
fatto, se qualcuno avesse fatto del male a Blaise o a Pansy,
l’avrebbe pagata
cara.
Draco
era sicuro che avrebbe provato per Potter lo stesso affetto che provava
per
Zabini, forse anche di più.
Ma
ora non potevano tornare indietro. Ormai avevano preso strade troppo
diverse.
Forse
proprio a causa della loro mancata amicizia.
Lui luce, Io Buio –
si ripeteva Draco.
Quando
avrebbero potuto essere entrambi luce, o entrambi buio, insieme.
Ma non erano insieme e non lo sarebbero mai stati.
Furente
dopo quei tetri pensieri, Draco sbatté la forchetta sulla
tavola e si alzò.
“Draco,
tesoro, dove vai?” gli chiese Pansy.
Draco
la guardò, pronta a risponderle di farsi gli affari suoi,
ma, quando vide il
suo sguardo puro e seriamente preoccupato, si addolcì.
“Pansy,
scusa, ma devo fare una cosa. Ci vediamo a cena.”
Detto
questo, si incamminò a passo spedito verso la porta e dopo
pochi secondi era
sparito.
“Draco!
Dove vai?” gridò Pansy, ma era tardi. Stava per
alzarsi e seguirlo, quando una
mano si posò sulla sua spalla. Si voltò. Era
Blaise.
“Lascialo
andare.” le disse “Seguirlo non gioverebbe nessuno.
Io e Theo però abbiamo un
piano. Ascolta…”
Pansy
si avvicinò ai due amici, che la informarono della loro idea.
**
“Come
diavolo si fa a riparare questo dannatissimo armadio?!”
Draco
guardò male l’Armadio Svanitore davanti a lui, che
non voleva proprio saperne
di funzionare.
“Cazzo! Maledetto
coso schifoso!” urlò Malfoy e, accecato
dall’ira e dallo stress, tirò un calcio
all’armadio, con l’unico risultato di essersi
procurato un tremendo dolore
all’alluce.
Prese
a saltellare per la Stanza Delle Necessità, reggendosi il
piede destro tra le
mani e imprecando furiosamente.
Alla
fine, esausto, crollò su un divano logoro, dove pianse tutte
le sue lacrime.
**
“Blaise,
sei sicuro che la tua idea funzionerà?”
“Sicuro?
No, Pansy. Ormai non sono più sicuro di niente, a parte una
cosa: che Draco non
ce la racconta giusta. Con noi si è sempre confidato, per
cui deve esserci una
cosa grossa sotto. Se non ce lo dice, non possiamo obbligarlo, ma
possiamo
aiutarlo!”
“E
tu credi davvero che così lo aiuteremo? Blaise, conti troppo
su una leggenda!”
si intromise Nott.
“Leggenda,
ti ricordo, caro Theo, basata su fatti storici reali.
Ne ha anche
accennato il professor Ruf una volta, giusto qualche giorno
fa.”
Pansy
e Theo lo guardarono sorpresi, manifestando il loro stupore con un gran
spettacolo di caduta libera della loro mascella.
“Tu
ascolti le lezioni del professor Ruf!” esalò
Pansy, dopo qualche secondo,
puntandogli il dito contro “sei un alieno!”
“Ah.
Ah. Ah.” Replicò Blaise, con una risata ironica e
priva di ilarità.
“No,
di solito non lo ascolto, dovresti saperlo. Questo piano
però ce l’ho in mente
da un po’, e quando ho sentito il Prof accennarlo ho
ascoltato molto
attentamente.”
“E
che cosa ha detto?” chiese Theo, mentre si spostava per
mettersi più comodo
nella poltrona vicino al fuoco della loro Sala Comune.
“Non
molto. Siccome siamo sotto Natale ha citato alcuni racconti Natalizi
scritti da
antichi maghi. Poi la Granger gli ha detto che ci sono anche autori
Babbani che
hanno scritto quei tipi di racconti. Il professore allora ha risposto
che non
gli importa nulla degli scrittori Babbani. L’unico racconto
Babbano che gli va
a genio si intitola A Christmas Carol ed
è di un certo Charles
Dickens. Dice che è l’unico che
merita perché parla di fantasmi e
perché pare che sia una testimonianza di un fatto realmente
accaduto ad una sua
amica, che effettivamente era una strega.”
Blaise
fece una pausa e guardò gli amici, che cominciavano a capire.
Conoscevano
tutti A Christmas Carol, anche se nel loro
mondo il racconto era
stato scritto da una donna di nome Joanne Kathleen Rowling, che era una
strega.
“Quindi
la Rowling… La Rowling era l’amica di questo
Dickens?” chiese Pansy dopo un
po’.
Blaise
fece un sorriso. “Brava Pansy, è proprio lei. E
ora noi faremo accadere a Draco
ciò che è successo a lei.”
Anche
Theo sorrise “Amico, allora, sei sicuro che ciò
è accaduto realmente?”
“Sicurissimo!”
“Bene!
Allora…” continuò Theo, guardando Pansy
“Io ci sto! Tentare non nuoce, giusto?”
“Giusto!”
replicò lei, entusiasta “ma come
facciamo?”
A
quelle parole, un luccichìo balenò negli occhi di
Blaise.
“Speravo
me lo chiedessi… venite con me!”
Theodore
e Pansy, incuriositi, seguirono fiduciosi l’amico.
**
Sera.
Draco
era finalmente uscito dalla Stanza Delle Necessità.
Stava morendo di fame.
Entrò nella Sala Grande per la cena, aspettandosi di trovare
Blaise, Theodore e
Pansy seduti a mangiare.
Si aspettava che gli avessero tenuto il posto, come facevano sempre.
Quella
volta, però, suoi amici non c’erano. Le loro sedie
erano vuote.
“Ma
dove diavolo saranno?” si chiese Draco, sedendosi cupo di
fianco a Tiger e
Goyle e iniziando a mangiare, cupo.
**
“Ooooooooh
sono così eccitata!” sussurrò Pansy,
saltellando sul posto.
Blaise
le fece segno di tacere.
“Shh...
zitta. Devo concentrarmi!”
Lui,
Pansy e Theo si erano rifugiati nei sotterranei di Piton e stavano
cercando di
evocare il fantasma della Rowling.
Blaise
chiuse gli occhi e sussurrò alla parete vuota di fronte a
lui: “Expecto Patronum!”
Dalla
sua bacchetta uscì una maestosa pantera argentea, che si
fuse con la parete.
I
tre amici aspettarono, poi la videro apparire.
Era
una donna esile e bellissima.
Dal delicato bagliore che emanavano i suoi capelli si poteva dedurre
che in vita
fosse stata bionda.
I suoi occhi ancora recavano vaghe tracce del loro azzurro.
Aveva un bellissimo e dolcissimo sorriso, ma aveva una lunga catena
dall’aria
pesante legata alla caviglia.
I
tre amici la fissarono con occhi spalancati.
“Miei
cari” parlò la donna. Aveva una voce calma e
gentile, di quelle che ti
rapiscono.
“Come
mai mi avete evocato? Avete qualche problema?”
“Si,
signora” rispose Blaise, distratto da quella voce
così soave e dal tintinnio
della catena “mi scusi se l’abbiamo
disturbata… ma un nostro amico si comporta
in maniera troppo strana… per cui l’abbiamo
chiamata per aiutarci.. sempre se
per lei non è un problema…”
“Certo,
cari, chiedetemi pure” rispose la Rowling, sorridendo ai tre
ragazzi.
“Emh…
ok. Si ricorda del suo romanzo, A Christmas Carol?”
“Certo!
Quella è stata un’esperienza personale. Mi ha
cambiato la vita.” Disse la
donna, con un sorriso amaro, scuotendo appena il legaccio metallico.
“Ecco…
noi vorremmo che al nostro amico capitasse la stessa esperienza, magari
così
capirà i suoi
errori… è fattibile la
cosa?”
“Certo!
Miei cari ragazzi, state davvero facendo una cosa molto bella! Vi
aiuterò molto
volentieri! Come si chiama il vostro amico?”
“Draco
Malfoy.”
**
Draco
Malfoy cercava di dormire. Ma, come al solito, non ci riusciva.
Aveva
rintracciato i suoi amici solo all’ora del coprifuoco, nella
Sala Comune.
Aveva
chiesto loro dove fossero andati, ma loro avevano risposto con una
risatina e
gli avevano augurato la buonanotte.
Chissà
cosa tramavano quei tre.
Draco
si rigirò nel letto e guardò
l’orologio. Erano le 23.
Ancora un’ora e sarebbe
stata la Vigilia Di Natale.
Chiuse
gli occhi.
Si
stava per appisolare, quando un’intensa luce gli fece
spalancare le palpebre.
Davanti
a lui stava il fantasma di una donna molto bella, che esibiva un dolce
sorriso.
“Draco
Malfoy. Ho poco tempo. Ascoltami attentamente. Conosco la tua
situazione e
voglio aiutarti. Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani
notte e
dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti. Ascoltali e
seguili. Loro
ti aiuteranno e ti faranno vedere delle cose. Rifletti su
ciò che ti accadrà e
su ciò che ti diranno.”
Draco
balzò sul letto e sfoderò la bacchetta.
“Chi
è lei?” sibilò, sperando di non
svegliare
i compagni di stanza.
“Sono
Joanne Kathleen Rowling.” Rispose la donna “Sono
qui per cercare di condurti
sulla buona strada. Ho visto cos’hai vissuto, so cosa sei
costretto a fare e so
che non vuoi compiere quel terribile gesto. Devi chiedere
aiuto.”
“Non
ci sto capendo niente!” disse Malfoy, senza abbassare la
bacchetta, tremando
visibilmente. “Chi è lei, e cosa vuole da
me?”
“Te
l’ho già detto, Draco.” Rispose,
pazientemente, la donna “chiedi aiuto, non
fare l’orgoglioso, non avere paura. Non vuoi viver in eterno
con delle catene,
vero?”
“Catene?”
chiese Draco, senza capire. Poi si sporse leggermente dal bordo del
letto e
vide la sottile, ma pesante, catena legata alla gamba del fantasma.
“Si,
Draco. Ho fatto azioni terribili in passato e questa è la
mia punizione. A ogni
cattiveria una maglia in più. Anche io ebbi la visita dei
tre spiriti, grazie a
una mia cara amica che morì prima di me e mi fece visita
dall’aldilà. Cambiai
del tutto, dopo, avevo capito che per anni mi ero comportata in modo
spregevole. Cercai di redimermi, ma la morte mi accolse prima che
potessi
compensare tutte le brutte azioni che avevo commesso. Questo
è quello che
rimane della mia cattiva condotta.” Disse lei, alzando la
catena “prima era
molto più lunga e pensate, ma quello che feci non fu
abbastanza per morire
immacolata. Tu sei un ragazzo, Draco, la tua catena ha appena iniziato
a
formarsi. Tagliala, eliminala, prima che ti avvolga il cuore e ti
trascini nei
meandri oscuri della cattiveria.”
“Per
cui ascolta” continuò lei “Per tre
notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte,
riceverai
la visita di tre spiriti. Potresti comprendere che la tua è
una strada
sbagliata, potresti tornare sulla via giusta. Fai tesoro di questa
esperienza,
Draco.”
Detto
questo, la donna sparì.
Draco
guardò, spaesato, il punto in cui la Rowling era appena
sparita, credendo di
essere impazzito.
“Bubbole!”
sbiascicò, prima di tornare a dormire, con, però, una piccola punta di
speranza nel cuore.