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Autore: Symphonia    02/12/2013    3 recensioni
Si era svegliata con la puzza sotto il naso, Charlotte. Odore di guai. Maschi.
Cosa c'era di più odioso dei maschi? LEI doveva nascere maschio!! Così suo padre non sarebbe corso ad altri "talenti"... E perché? Lei non lo era?
Charlotte è una ragazza che dimostrerà al mondo intero di che pasta sono fatte le donne su un campo da calcio. Questo è il suo sogno e questa è la sua storia! Sua e di un'intera Nazionale Giapponese Femminile che sta per formarsi!
Vi siete mai chiesti come sarebbe stato Capitan Tsubasa... al femminile? Se parallela alla storia dei ragazzi, ci fosse quella di una squadra femminile?
Io sì. Migliaia di volte; ed è così che nasce Charlotte, che con la sua squadra è pronta a stravolgere la vostra visione di questa meravigliosa opera di Takahashi!^^
[STORIA SOSPESA a tempo indeterminato]
Genere: Commedia, Generale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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      Disclaimer: I personaggi presenti in questa fanfiction appartengono all'opera di Yoichi Takahashi, Capitan Tsubasa e vengono utilizzati senza alcun fine di lucro.

Disclaimer 2 (9/12/2017): la storia è al momento sospesa e verrà cancellata nel momento in cui deciderò di postare i primi capitoli della sua versione finale.




Prologo: Brusca mattinata, tra gatti e padelle


        Charlotte si svegliò con una strana puzza sotto il naso. Pensò che fosse di nuovo il sudore suo sul futon, ma scartò l’idea. Si era fatta la doccia la sera prima. Fece un ampio sbadiglio e si stiracchiò per bene. Si strofinò gli occhi e aprì i battenti della finestra con una tale lentezza, da poter sentire il gatto randagio di turno miagolare almeno cinque volte.
Era decisamente assonnata quel giorno. Si alzò pigramente e si prese la tuta. Si sarebbe cambiata di sotto, come al solito.
Correva ogni mattina, alle cinque. All’alba. Sì, anche durante le vacanze, prima che ricominciasse il nuovo anno scolastico. Cosa gliene importava a lei? La spiaggia era bellissima e freschissima in quel periodo e una corsetta l’avrebbe sicuramente svegliata. L’aria di mare era quello che ci voleva.
Scese per le scale e quando arrivò alla porta, inciampò malamente. Non era il gradino, magari lo fosse stato!
“Ma che dia…?? Da dove sbucano tutte queste scarpe?!” si chiese, guardando l’infinità di scarpe sulla soglia.
Le contò velocemente ed erano circa una ventina di paia. Venti paia di scarpe equivaleva solo ad una cosa in casa sua.
“Papà…” sbuffò, accasciandosi sul pavimento di legno.
Era estremamente fresco, dato che era rialzato dal terreno e il vento di primavera spifferò dalla porta, lasciando entrare qualche fogliolina. Charlotte la richiuse e con un grugno, si diresse verso la cucina.
E chi andava a correre, quando avevi un’intera squadra di calcio da sfamare?
Questa era la dura vita di Charlotte Kira, una povera piccola bambina, orfana di madre, diventata casalinga ad un’età troppo precoce; e con un padre che faceva l’allenatore, lei doveva cucinare per le sue squadre. La migliore aspettativa della sua vita!

        Si svegliò, si mise seduto e diradò gli occhi, mentre sbadigliava. C’era una penombra mattutina meravigliosa in camera e si sentiva il l’aria stuzzicante di sale provenire dal mare. Però le ronfate dei suoi compagni di squadra si sentivano più del gatto randagio, che miagolava sotto casa.
Così si svegliò lui, Kojiro Hyuga, in quella camera a cui era ancora del tutto estraneo.
Rimase seduto sul futon ancora per qualche secondo, poi si girò verso Ken e cercò di svegliarlo, scuotendogli la spalla. Lui in tutta risposta, fece come i gatti; smosse pigramente la mano e borbottò un lamento incomprensibile, rigirandosi nel futon.
Allora Kojiro provò con Takeshi. Un fallimento peggiore. Questo aprì malamente un occhio e si lamentò dell’ora, poi si rigirò e già che c’era si rimboccò le coperte, consigliando al capitano di dormire.
Il -povero- capitano si guardò intorno e vide una banda di pigroni, anzi meglio; di donnicciole, come li chiamava il mister Kira. In quel frangente, pensò Hyuga, il mister aveva tutt’altro che torto.
“Perché voi verrete a casa mia e vi allenerete!” aveva detto.
“Sì… A svegliarci presto, ci alleniamo…” borbottò il castano e si alzò pesantemente dal futon.
Credeva che arrivare all’uscita della stanza sarebbe stata un’impresa degna di una prova olimpica d’agilità. Rimase in equilibrio in mezzo a due dei suoi compagni, ne scavalcò un altro e per poco non finì addosso a un altro ancora.
Ma chi gliel’aveva fatto fare?? Era Kojiro Hyuga, il loro capitano, e poteva svegliarli quando voleva, come voleva!
Era ormai arrivato alla porta e la sonnolenza mattutina gli aveva fatto passare la voglia di arrabbiarsi. Aprì la porta scorrevole, ne sorpassò un’altra e scese le scale. Pensava di andare a correre, ma sentendo dei rumori simili a sfrigolii e un odorino invitante provenire dalla cucina cambiò meta.

        Charlotte aveva messo a bollire così tanta di quell’acqua per il riso, che credeva sarebbe bastata per fare il bagno ad almeno a tre gatti randagi. Si strofinò di nuovo gli occhi e misurò la quantità di sale, poi prese un biscotto e se lo mangiucchiò, intanto che preparava il tè e il succo d’arancia. Poi prese una padella e cominciò a preparare l’impasto per dei pancake, quando sentì un rumore provenire dal corridoio.
Erano sì e no le cinque passate. Era troppo presto perché uno di quei ragazzini di città si svegliasse; e suo padre non le faceva mai scherzi del genere. Sapendo che ultimamente giravano dei ladri nella zona, pensò di munirsi di padella e di andare a vedere.
Era comunque strano che qualcuno venisse a rubare a quell’ora, ma non ebbe il tempo di pensarci, che la porta s’aprì di colpo.

        Aprì la porta di soppiatto e si ritrovò la cosa più inaspettata in assoluto.
Gli si presentò una ragazzina più o meno della sua età, i capelli rossi spettinati e, di altezza, gli arrivava alle spalle. Aveva un biscotto ficcato in bocca e lo minacciava con dei grandi occhi verdi e una padella pericolosamente alzata.
Non sapeva cosa lo trattenesse dal ridere, ma Kojiro alzò le mani in segno di resa e quella rimase lì impalata, a fissarlo delusa. Si chiedeva cosa volesse da lui, ma rimase in silenzio. Poi ci ripensò, credendo che quel mutismo potesse essere frainteso.
“Sono ospite del mister Kira.” disse conciso.
“Lo sho.” bofonchiò lei col biscotto ancora in bocca. “L’ho afpena shcoperto.” continuò e indicò la montagna di scarpe all’entrata.
Lui annuì un po’ perplesso e rimasero di nuovo in silenzio a fissarsi. A stento si tratteneva dal ridere, lei era troppo buffa. Però Kojiro notò anche che era piuttosto graziosa, seppur non era una vera bellezza di ragazza, a parer suo.
Aveva un colore di occhi e di capelli decisamente particolari, ma la carnagione era tipica dei giapponesi, chiara come il latte. Se avesse curato un po’ l’aspetto del pigiama lasciato cadere su una spalla e quel nido di capelli che aveva, forse avrebbe anche preso in considerazione di farle la corte. Furono la totale svogliatezza nel volto e l’arroganza negli occhi a fargli pensare il contrario.
Lei, dopo un po’ stufa di quella situazione, gli girò le spalle e tornò alla sua acqua e al suo biscotto, che divorò con una certa velocità.
“Puoi accomodarti.”
Più che un invito, a Kojiro sembrava un ordine; ma dato che era un ospite, non si lamentò e si mise a sedere sui comodi tappeti di erba. Lei gli portò un po’ di succo e dei biscotti, ma lui notò subito che era scocciata.
“Vuoi una mano?” domandò, in modo da poter essere utile.
“No.”
La risposta era stata diretta e categorica. “Sta’ lontano da me.”, ecco cosa significava. Lui lo intuì subito. Non voleva nessuno attorno, perché voleva fare le cose a modo suo. Kojiro le diede atto di una grande determinazione e indipendenza, ma anche di un’arroganza e sfacciataggine fuori dal comune. In meno di cinque minuti, aveva attirato buona parte della sua antipatia con il minimo sforzo.

    Dopo aver buttato il riso, Charlotte sbirciò dietro di sé l’estraneo.
“E questo sarebbe Kojiro Hyuga, il fuoriclasse di cui mio padre sarebbe così entusiasta?” si chiedeva tra sé e sé, scettica.
Un ragazzo castano, dalla pelle abbronzata, tipica di chi viveva nel sud del Giappone, dai modi rudi e taciturno. Non vedeva altro. Sinceramente, tra tutto quelle “doti”, il suo silenzio era l’unica cosa apprezzabile e ben gradita. Non voleva battute stupide sul fatto che l’avrebbe potuto martellare di padellate, scambiandolo per un ladro; ma si augurava che non lo raccontasse ai suoi compagni. In quel caso, li avrebbe martellati apposta, senza fare errori di persona.
Gli aveva fatto il servizio da cameriera e quello si era limitato ad un ‘grazie’ così semplice e privo di naturalezza, che Charlotte si annoiava e si deludeva da sola.
Si comportavano tutti così, quando venivano a casa sua.
A scoprire la figlia del mister Kira, tutti ammutolivano. Eh sì, perché la figlia era troppo graziosa per essere sua, li deconcentrava, faceva la scontrosa per farsi desiderare di più, era una pestifera o era troppo espansiva… Col tempo ne aveva sentite tante. E quello lì? Che opinione avrebbe avuto?
Per divertirsi un po’, si presentò e lesse la sua espressione.

        “Mi chiamo Charlotte Kira, sono la figlia del tuo mister.” si presentò con un sorriso di naturale gentilezza.
Kojiro per poco non si soffocò con il succo, ma lo consumò e la guardò con fare incredulo.
E da quando il mister aveva una figlia? Fino a quel momento aveva pensato che fosse la figlia dei vicini che erano andati via e non sapevano a chi lasciarla, la ragazza che aiutava il mister dopo una sbornia, forse al massimo la nipote… ma la figlia proprio no! Non si assomigliavano nemmeno!
Tossì un attimo e cercò di riprendere il controllo di se stesso. Non sarebbe apparso un debole di fronte a una simile stupidaggine.
“Io sono Kojiro Hyuga, capitano del Meiwa.” rispose lui con la voce ancora leggermente strozzata.
Notò che aveva un sorrisetto malizioso dipinto sul volto e che non se ne curava a nasconderglielo, quella piccola mocciosetta. Si sentì montare la rabbia. Era soddisfatta la rossa, ad averlo preso in contropiede! Lui non sarebbe stato da meno.
“Non sapevo che il mister avesse figlie.”
Le scrollò le spalle.
“Non se ne preoccupa di dirlo in giro. Comunque sono l’unica qui. Non avrai altre… sorprese!”
Questo ammutolì e non conoscendola, era a corto di idee con cui stuzzicarla e prendersi la sua rivincita.
Le ragazze erano sensibili; di solito bastava dire che non eri a conoscenza della loro esistenza, per farle rattristare. O almeno con le sue ammiratrici, solitamente quell’espediente funzionava. Si riprese e trovò un nuovo argomento.
“Ti diverti a cucinare con le padelle, vedo!” chiese con un sorriso ironico.
Lei lo guardò con un disprezzo non da poco. L’aveva punta sul vivo, tirando fuori la scena di poco prima, ma quando fece per proseguire, lei lo anticipò.
“Oh, amo cucinare per voi, sicuro! Vi preparerò una bella colazione… a base di cianuro.” rispose quella, prima con allegria e subito dopo con una freddezza a dir poco glaciale.
“Hai qualche problema con me?”
Il suo tono di voce si era alzato parecchio ed era balzato in piedi. Non gli piacevano le persone che si atteggiavano in maniera tanto odiosa e avversiva. E la soglia della sua pazienza era piuttosto bassa, di prima mattina.
“Ah, io??” chiese lei, falsamente risentita. “Io…!”
Non finì la frase che dalla porta sbucò suo padre.
“Che avete da urlare alle cinque e mezza del mattino??” sbraitò l’uomo dai capelli castani tutti arruffati.
I due si voltarono verso di lui contemporaneamente, ma Charlotte fu più rapida e convincente a simulare la sua calma che non Kojiro.
“Ah, no. No, no, non stavamo urlando. Era solo uno scambio di battute!” si giustificò lei.
Prese il riso e lo cacciò tra le mani del padre. Si avvicinò ad un cuscino, dove aveva poggiato la tuta, e sulla soglia della porta, aggiunse le istruzioni per la cottura, poi sparì.
Hyuga la guardava con una perplessità e incredulità tali, che gli ci volle un po’ prima di sentire il mister che gli urlava nelle orecchie di dargli una mano a preparare la colazione.
Era ancora troppo intontito dal risveglio per poter rispondere, in modo ragionevole, a tutte le domande che il mister Kira gli faceva, ma si salvò all’arrivo di Ken. Neanche lui era un granché attento, ma era sicuramente più loquace e meno confuso del capitano.


    Charlotte era scappata via dalla cucina, come suo solito. Non aveva voglia di litigare e fare scenate col padre, davanti a occhi indiscreti.
Andò nello stanzino a cambiarsi e correndo verso la porta, intravide un altro ragazzo, dai lunghi e folti capelli scuri. Lo riconobbe subito.
Era Ken Wakashimazu, il famoso cugino della sua amica Nodoka; ma non per questo si sarebbe fermata a parlare con lui. Prese le sue scarpe e andò a correre.
Era così soddisfatta!
Aveva vinto, stravinto, su tutta la linea con quello strafottente, che suo padre definiva un talento calcistico e una persona intelligente. Lo aveva umiliato e battuto sul tempo nel andare a correre e si sentì realizzata.
Cosa c’era di meglio che correre di mattina, col vento nei capelli, la palla tra i piedi e i spruzzi di acqua salata e sabbia?
Per lei, niente. Ed era la prima in quella giornata a godersi quel benessere.


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Nota autrice:
Salve a tutti voi, poveri lettori e lettrici che leggete questa fan fiction!
Sì, è proprio così. Ho deciso di mettere radici anche in questo fandom, era da tanto che ci meditavo. Ed era anche da tanto che meditavo a come iniziare questa fiction... Un Capitan Tsubasa al femminile! E dopo vari 'prova e riprova' ho trovato quest'idea dei cambi di prospettiva. Mi è piaciuta fin da subito, perché mostra i punti di vista dei personaggi.
Io amo il mister Kira... da morire! Per questo ho reso Charlotte la sua figlioletta. Non ho altre ragioni! Per me, sarebbe anche potuta essere la sorella di Tsubasa, ma come carattere, credo che stia meglio tra i Kira...

Che altro dirvi? Recensite, recensite? E beh, i pareri sono sempre utili^^

Al prossimo capitolo^^


   
 
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