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Autore: Boris88    02/12/2013    1 recensioni
Come si può credere che non si possa cambiare per amore, se è proprio l'amore che cambia, da ciò che era a ciò che è?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un alone rosso mi avvolge completamente.

Rivedo il volto di mio padre. Di quello che fu, di quello che era da giovane, mentre mi mormora qualcosa, sprezzante come sempre.

I suoi denti, le sue orecchie, i suoi occhi, quel ridicolo vestito, la sua assenza di ombra, e poi, in quel rosso svanisco lontano dal tempo e dallo spazio.

Vengo trascinato via contro la mia volontà, contro ciò che più ho di caro in quel momento: la mia vita. Sono preso prigioniero da una vastità di buio e da un’assenza di controllo totale del mio corpo, che sento non esistere più, e della mia coscienza - che è solo un flusso ininterrotto di ciò che penso, immagino e desidero, avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro.

Non so dire se ciò cui sto pensando sia presente, passato o futuro. Non so se sono nel mio presente, nel suo passato o nel futuro di qualcun'altro. So solo che esisto in una qualche forma che non ho mai avuto la possibilità e la volontà di analizzare e questo mi incollerisce.

Ho avuto sempre il controllo. Ho sempre tenuto le redini del destino sul mio carro da patteggiatore, imbastendo contratti, annunciando patti, e adesso sono ridotto a misera coscienza. Misera coscienza in questo vasto nero, così opprimente da sentire gravare sulle mie non più esistenti spalle il peso dell'intero mondo e - ancor peggio - il peso della riflessione su tutto quel che ho fatto.

 Il peso di convivere con me stesso.

Non riesco a trovare una via d'uscita, una soluzione, un cavillo, qualcosa, nulla. Io, che sono così bravo, cosi temutamente bravo in queste cose, sono stato declassato a stupido da mio padre e dal suo trucco di magia che tanto odio. Prima scambiava le carte sul tavolo da gioco, poi ha scambiato me per la sua giovinezza e la possibilità di volare, infine il cuore di mio nipote con il suo.

E, con esso, tutto ciò per cui ho combattuto in questi anni: mio figlio, la donna con la quale ha avuto mio nipote, la madre adottiva, perfino Azzurro e Biancaneve.

E io qui.

Chiuso come un leone in gabbia, senza denti, senza artigli!

Qui, a non poter fare nulla.
 
< Non hai pensato a chi invece non è qui sull'isola? >

Sapevo che sarebbe arrivata, prima o poi.


Una parte di me che speravo di aver sepolto, una parte di me che ho odiato, che ho cercato di strappar via prima di questa avventura legandola alla mia ombra, ma che a quanto pare rimarrà con me.

O almeno con la mia coscienza.
 
 Ed eccola lì quella parola. La mia coscienza. Il mio rivalutarmi, il mio dover riflettere nel poi sugli eventi passati e su quelli che verranno. Il mio morbo mentale.

< Però, ce ne hai messo di tempo, > sentenzio iniziando già a non sopportare questo scambio di frasi. Lo sappiamo tutti e due. Lo sappiamo perché siamo noi, sono io.
 
Ognuno cercherà di prevalere sull'altro e ognuno manderà l'altro in posti indicibili prima di giungere a qualcosa di buono. È sempre stato così dagli ultimi duecento anni a questa parte e sempre così sarà. Ci scommetterei perfino il pugnale.
 
 E in entrambi i casi rimarrebbe a me.
 
Di fronte a me - dovunque sia il "me" - si fa più chiara e distinta una forma che conosco bene e che ho imparato ad apprezzare in passato e a disprezzare nel presente.

È il mio volto.

Il mio volto magico. Il mio volto lontano da Storybrooke. Il volto col quale ho perso Baelfire. Il volto col quale ho conosciuto Belle.
 
Si forma pian piano tutto il resto del corpo. Non ricordo di aver mai indossato quei vestiti quando ero l'Oscuro.

Ma sarà la mia mente che cerca di riordinare i ricordi o chissà quale altra diavoleria all'interno di questo maledetto Vaso di Pandora.

Sarà banale, ma senza la mia ombra buia in questo mondo buio mi scopro ad aver freddo.
 
< Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, > ribatte il me vestito da contadino.

Sembrano quasi i vestiti che indossavo il giorno in cui ho perso mio figlio.

Non dubito che lo stia facendo apposta, per farmi cedere, per farmi vacillare e distruggermi.

A questo avrei sottoposto mio padre, Peter Pan, se lo avessi catturato?
 
< Oh, ma dai, lui se lo merita! > risponde il me del passato.

È chiaro che legga le mie domande e digrigno i denti.

O almeno, sento di fare una azione vagamente simile a quella di digrignare i denti. Ricordo la sensazione di contrazione dei muscoli, quel lieve torpore che si infonde nelle orecchie e il dolore che quell’azione mi provocava nell'ultimo molare.

Ed è chiaro che lui legga la mia mente: sono io che gioco con me stesso e non ho il pieno potere di evitarlo.
 
< Dà fastidio vero? > si diverte quel Coccodrillo a prendermi in giro.

Come posso prendermi in giro da solo? Non ha alcun senso!
 
< Quanti pensieri! Sei diventato per caso una mammoletta? > continua a insultare.

Vorrei poter dargli fuoco, ma non ho alcuna percezione di dove si trovino le mie mani, da dove possa attingere alla magia in questo buio così penetrante.

< No, aspetta, non rispondere: sappiamo che lo sei diventato. Ti ho visto là fuori. Stavi per volare via con l'Ombra, > un accenno di sospiro < Dimmi tu quanto si può cadere in basso. E solo perché aveva preso le sembianze di Belle! >

Sarà il chiamarmi in quel modo, sarà il farmi rendere conto di quanto sia stato stupido o, ancora peggio, il sentir pronunciare il nome di Belle, a  farmi reagire.
Inizio a sentire un pizzicore laddove avevo una volta la percezione del viso. Si estende a tutti gli arti, a quello che ricordavo fossero le proporzioni del mio corpo.

Mi ritrovo a fissarmi le mani, seduto nell'infinita oscurità, le gambe piegate sotto di me.

Finalmente sento di possedere di nuovo un corpo.

Dovevo concentrarmi? Era tutto qui? O quel lampo di pensiero è stato più vero del buio intorno a me?

Una risata divertita mi fa ritornare con la mente a quanto mi sta accadendo. Sento formicolare tutto.

Ora SO di avere nuovamente il mio corpo, perfino i vestiti coi quali sono arrivato su questa maledetta isola.

< Guarda, guarda… Ce ne hai messo di tempo per tornare in te! > di nuovo quel me stesso con la voce alta e stridula, quel fare canzonatorio che per anni ho interpretato, si prende gioco di me.

Mi alzo, so che mi sto alzando dalla mia posizione seduta, anche se continuo a non vedere altro che nero e quella figura di fronte a me. Ora sbiadisce, ora torna più intensa. I suoi angoli si muovono come una bandiera increspata dal vento.

< Dove siamo? > gli chiedo.

Mi chiedo.

So già dove sono ma non riesco a elaborare questo meccanismo dall'interno e per questo faccio affidamento su quella che so essere la parte più irrazionale di me.
Perché quella parte è nata con la magia, ed è l'unica che potrebbe sapere come uscire da questa situazione.

< All'interno della tuo maldestro colpo di genio, Dearie! > mi risponde. Lo sento vibrare di stizza. È solo colpa mia se mi sono fatto sfuggire il Vaso di Pandora dalle mie mani e l'ho praticamente consegnato su un piatto d'argento in quelle di mio padre.

< Non avevo mai provato a usarlo, non dall'interno almeno. Abbiamo una via d'uscita? > se inizio a parlare al plurale è solo sintomo che le mie due parti, quella umana e quella magica, in questa scatola diventano due entità separate.

< Non che io sappia o voglia sapere e condividere con te, > taglia seccamente lui.

< Possiamo usare la magia dall'interno, almeno? > domando, chiudendo gli occhi e concentrandomi su come vorrei mostrarmi, sicuro e quasi indifferente.

< La magia ha sempre un prezzo, e usarla qui dentro potrebbe essere insopportabilmente deleterio, soprattutto per te, > dichiara con sarcasmo.

< Perché? Cos’ho che non va? >

< Ci hai riflettuto prima. Sono io la parte magica dei due. Sono il più potente e, se ci fosse un modo per uscire, allora IO, che ho la magia, pagherei il prezzo, che consiste in... > ruota il polso facendo scattare il dito indice e puntandomelo addosso come una bacchetta magica < ... TE! >  finisce la frase mostrando i denti in un orrido sorriso.

Non ho mai saputo di saper sorridere in un modo così orrido. Come può aver avuto Belle la forza di innamorarsi di uno come me, uno con quel sorriso?

< Sul serio, smettila di compiangerti, cerca di ricordare se c'è qualche modo per uscire e aiutami a farti fuori! > ripete l'altro me.

Sento che sto barcollando nel muovermi, nel fare qualche passo verso di lui. È come camminare per la prima volta dopo aver trascorso tantissimo tempo a letto con la febbre alta.

< Siamo nel Vaso di Pandora... > cerco di rimettere insieme i pezzi nella mia mente.

< Esatto. E tutto questo per colpa tua. >

< Non è vero. Lui era... Lui è Peter Pan. Avevo dimenticato come la magia ubbidisse a lui in questo luogo. >

< Magari vuoi dire all'interno della Grotta del Teschio, perché qui, mio caro, siamo leggermente in periferia, lontani dallo spazio e dal tempo! >

Ancora una volta ha ragione. Devo ritornare lucido il prima possibile. Se non per me, per chi è fuori da questo incubo ovattato di nero.
 
Restiamo in silenzio per quella che sembra una eternità. Ci guardiamo e camminiamo avanti e dietro: non sembrano esserci pareti, pavimenti, soffitti. Mi basta immaginare, pensare di andare in una direzione e mi muovo in quella direzione.

O è lo spazio intorno a me che si muove?
 
Troppe domande.

Mi sento sempre più umiliato perché non conosco la verità, io che sapevo sempre tutto! La mia controparte se ne sta lì a sorridere, tentando delle magie contro il nulla. Ogni volta che evoca qualche globo luminescente, subito l'oscurità la inghiotte; eppure vedo i nostri corpi, i nostri abiti, le nostre presenze.
 
< Se solo non fosse stato per questa tua dannata REDENZIONE! > sbraita, andandosi a sedere nel buio e sparendo del tutto dalla mia vista.

< Cosa avrei dovuto fare!? Non sono mio padre! >

< E a cosa è servito tutto questo? A niente, te lo dico io! >

< Almeno ci ho provato! Per me vuol dire non essere diventato come lui! >

< Ma Baelfire lo hai abbandonato una volta, no? >  riprende < Ed era un bambino, neanche un ragazzino. Cosa ha pensato di te in quel momento? >

< La stessa cosa che ho pensato io andandomene dall'Isola Che Non C'è per la prima volta. Che mio padre era un traditore... >

< Un codardo, già. >

< Ma io posso ritornare, lo farò prima o poi, DEVO tornare! >

< Ciao, allora, se trovi un piano per uscire poi non dimenticare di avvisarmi! >

< Baelfire... Belle... Henry... > chiamo i loro nomi come una litania per lunghissimi istanti. Non sento quasi più la gola dal chiamarli così tanto.

< Chiamare i loro nomi non servirà a molto. >

< Ma io VOGLIO! Voglio chiamare i loro nomi. Finché li chiamo, posso sentirli ancora in questo buio, posso ricordarli ancora! >

Continuo a chiamarli anche quando non sento altro se non il filo della mia voce che si incrina ogni volta di più. Mi sembra di invecchiare ad ogni giro di nomi.
 
Lontana, una luce blu brilla sfocata. È stata solo una scintilla.

Credo che sia di nuovo il Coccodrillo che tenta qualche magia; ma sento una voce vicino a me e capisco di essermi sbagliato ancora.

< Hai visto? >

< Sì. Cos'era? >

< CHI era, piuttosto! >

< Chi?! >

< La tua - come l'ha chiamata? - FERTILE FIDANZATA? >
 
Non ricordo se fossi in piedi o seduto, ma sento che mi alzo di scatto.

Come può essere?

< Lei non dovrebbe essere qui. >

< Infatti lei non è qui. O meglio, è qui ma non lo è, non come noi, non fisicamente. >

Ho un fisico allora. Se lo dice la mia parte magica deve essere vero.
 
< Cosa ci fa qui? >

< L'hai chiamata tu: pensavi a lei ed è apparsa. >

Guardo di nuovo verso l'infinito orizzonte che potrebbe inghiottirmi appena al di là del mio naso.
 
Non c'è niente.

< Devi concentrarti, se la vuoi rivedere. >

Non sono sicuro che rivederla non equivalga a portarla all'interno del Vaso. Non lo farei mai, ma non posso vietarmi di pensare a lei.

 < Belle, > e di nuovo una piccola stella lontana si accende.
 
Penso a lei, continuamente.
 
Come fuori da questo maledetto Vaso. Sarà perché io l'amo più di quanto ami me stesso tanto da dividermi in due entità mentre con lei mi sento una cosa sola, che continuo a pensare a lei.
 
< Non sarà di nessuno aiuto, > mi ricorda la Voce.

< Tu non sai, tu non la conosci. Lei verrà a salvarmi. Lo ha già fatto una volta, lo farà sempre. >
 
< Le persone prima o poi si stancano, Tremotino. >
 
< Non lei! Ha provato a farmi ritornare quello che ero una volta, potrà farlo di nuovo! >

< Lei voleva cambiarti. È questo che fa l'amore? Ti cambia? >

< No, ma è questo che sia fa PER amore. Si cambia. Si accettano sacrifici ogni giorno, costantemente, per rendersi migliori, e si accettano le proprie limitazioni. Io volevo solo rendermi migliore ai suoi occhi. Volevo rendermi buono. Qualcuno di cui avere fiducia e non qualcuno da cui sentirsi intimorita >

< Se sei cambiato per lei, allora è lei che ti ha cambiato, non trovi? >

< Tu non puoi capire. Baelfire... Non avevo più il ragazzo... Il mio ragazzo! Poi è arrivata lei. Non era cambiato niente, ma sentivo che potevo riprendermi Baelfire, senza starmene lì seduto a siglare patti malefici per le mie vittime, > deglutisco. Non so perché mi ostini a parlare invece di pensare e basta.

Forse parlare rende queste cose più vere.
 
Dentro di me so che è così.

< Lei è così. >
 
Come quella stella.
 
Un puntino di speranza in una notte che è stata fin troppo buia. Lei è l'unico motivo che mi spinge a usare la magia non solo per me stesso, ma anche per qualcuno che non ha stretto un patto con me. Lei è l'unico motivo per il quale a Storybrooke mi lavavo più volte i denti nell'arco della giornata, perfino di una sola, minuscola ora. L'unico motivo per il quale accettavo di farmi la doccia nelle giornate più fredde solo per poi sentirmi profumato quasi quanto lei. L'unico motivo che mi spingeva a farle visita negli orari più improbabili, a giorni alterni, senza schemi precisi. Quando più mi andava di farlo, ma senza intralciare i suoi piani, il suo lavoro alla biblioteca, il suo essere a casa di Ruby, il suo andare in negozi di musica a scoprire sempre nuovi artisti.

Perfino quando era Lacey.

Ero geloso di lei, che usava il corpo della mia Sweetheart, che avrebbe fatto additare Belle come una donna qualsiasi invece che come la mia donna. Eppure non potevo ferirla, non potevo incatenarla con la magia, non di nuovo. Perché dentro quella mente ribelle e disinibita, dietro quegli occhi azzurri c’era sempre lei, Belle, in agguato, che cercava e implorava aiuto. Mai avrei sopportato l'idea che un giorno potesse pensare a me come a colui il quale le aveva imposto un incantesimo. Nemmeno se fosse stato per liberarla.
 
La stella, lontana laggiù, rimane ancora così inavvicinabile; eppure è la sua luce quella che sento combattere contro le tenebre che cercano di avvolgerla. Varia dal bianco puro al blu, passando per tutte le tonalità, mentre il suo alone di luce si espande e si restringe, come il pulsare di un cuore.

Più guardo quella stella guerriera e più ricordo la luce negli occhi di Belle quando mi vide per la prima volta.
 
< Tu hai liberato la Bestia che era in me, il coccodrillo che asserragliava il mio cuore > le confesso.

La ricordo ancora vestita di giallo nel mio castello, a far cadere quell'inutile tazzina, che ancora conservo nel mio armadio privato a Storybrooke. Sbeccata, rotta, ma non del tutto.

Come il nostro legame, come il nostro amore.

Con i suoi punti di ombra come le crepe in quella figura di creta, eppure così perfetta.

Belle è quella tazzina e io sono quella sbeccatura. Le ho fatto male, le ho reso la vita difficile, eppure lei mi ha amato, mi ha imparato ad amare per quel che ero. Ha visto in me qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto vedere, nemmeno in dieci vite da Oscuro. Ha visto in me una creatura gracile, bisognosa. Ha avuto pietà e compassione di me e quel sentimento è andato mutando in amore.

Come si può credere che non si possa cambiare per amore, se è proprio l'amore che cambia, da ciò che era a ciò che è?
 
< I primi tempi ti odiavo, > proseguo.
 
Non potevo averti. Ti odiavo quando iniziavo a rendermi conto di provare anch’io qualcosa per te e sapevo di non poterti avere con me. Quando ti dimostravi essere gentile, affamata di cultura, dei miei libri. Quando rassettavi ogni stanza del castello e la notte ti chiudevo la porta della cella. In quei momenti ti odiavo.

Non piangevi, non davanti a me almeno.

Hai sempre avuto uno sguardo fiero, non hai mai abbassato la testa davanti a me. Come potevi vivere con me e non accorgerti dei miei sentimenti? Non ti dicevo nulla, ma ti reputavo una donna intelligente e come tale mi aspettavo che reagissi, che dovessi PER FORZA accorgerti di me.
 
< Poi, tutto è cambiato. >

Quando ti feci andar via, capii. Non volevo che te ne andassi, ma per la prima volta sarei venuto meno ad uno dei miei patti. Tu mi facesti vacillare per la prima volta come Signore Oscuro. E non c'era creatura che potesse fare una cosa del genere, non senza restare impunita.
 
E invece ti lasciai andare.

T'amavo. Ti amo ancora. Ti amerò sempre. Finché avrò vita e fiato per pronunciare il tuo nome. Per ricordarlo. Per pensarlo.
 
< E adesso? >

E adesso ti ho lasciato addosso tutta la responsabilità di proteggere Storybrooke. So che solo tu puoi farcela. Perché se hai avuto la forza di amare me, allora hai la forza di fare qualsiasi cosa. Saresti capace di far piovere il sole e far splendere la pioggia. Saresti – sei - capace di trasformare il male in bene e il bene in meglio. Tu sei tutto questo e solo questo. Bene. Meglio. Tu sei il meglio che si possa desiderare. Il bene che si può avere per tutta una vita, seppure immortale.
 
La luce lontana risplende, a poco a poco, sempre più luminosa. E dopo tutto quel buio fa male agli occhi. Chiudo le palpebre e sento quella luce sulla mia pelle, come se attraversassi il sole.
 
Nemmeno la Voce mi parla più.

Sono solo io. Io e lei. La mia Belle.
 
< Ho cercato di fare tutto il possibile, >  e confido.

E tutto questo solo per te. Ogni volta che mi mostravo come un mostro era per difendermi dal tuo candore. Ogni volta che ti ho respinta cercavo di non inquinarti con la mia mostruosità. Come quando trovasti qualcosa in me, quando trovasti quella fonte di acqua in quel deserto che era il mio cuore.

Non potrò mai perdonarmi di averti fatto trascorrere ventotto anni lontana da me in un cella. Non potrò mai perdonarmi di averti lasciata rinchiusa nella torre di Regina. E tutto questo per averti amato.

Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire.
 
Quando una luce rossa mi avvolge, sento di non avere più nemmeno l’eco dei miei pensieri. Sento di non avere più la forza di aprire gli occhi. La luce è diventata troppa. Sento ardere la mia pelle. Qualcosa ferisce le mie orecchie, il mio volto, il mio corpo. Non sento più l'oscurità attorno.

Sento la fine sabbia sotto le mie ginocchia. L'odore salmastro del mare che invade le mie narici. E le urla di qualcuno che grida il mio nome.
 
Il mio udito è ancora ovattato. Stento a mantenermi fermo sulle gambe quando mi chiedono come mi senta.

Ci sono tutti i loro volti.

Baelfire. Emma. Regina. Biancaneve. Uncino. Azzurro. Henry è riverso per terra e ci vuole poco tempo perché io capisca cosa è successo.

Tu non ci sei, Belle. Non sei qui con loro. Non sei in pericolo qui su questa maledetta isola, ma potresti esserlo in quella maledetta città che ti ha tenuto così vicina e così lontana da me, dalle mie promesse, dalle mie attenzioni.

Per la prima volta mi rendo conto di non sapere più niente. Non so se mio figlio riuscirà mai più a credermi. Non so se mio nipote riuscirà a salvarsi, non so se gli altri riusciranno mai a fidarsi di me e a vedermi con occhi diversi dopo quanto potrebbe accadere. Adesso dobbiamo solo tornare a Storybrooke.

Io tornerò da te. Io sto tornando da te.
 
Sto tornando per te, Belle. So soltanto questo.

Ti amo.
 
 
 
 
 
 
Note:

“Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire.” è una citazione di Shakespeare.

Grazie a Euridice100, mia beta-reader (e non solo), per la correzione.
 
  
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