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Autore: AboutGre    02/12/2013    7 recensioni
[Raccolta di Flashfic/OneShot]
Entrare nell'arena ti trasforma, ti rende una persona diversa: o muori o perde te stesso. Ma per i bambini di Panem, l'innocenza è una cosa che si perde molto prima.
Brevi One Shot sui bambini che poi sarebbero diventati tributi.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Cresta, Tributi edizioni passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Marvel,Distretto 1: 


Non voglio essere un eterno secondo.
 
Marvel percorreva la strada asfaltata, rigido con lo sguardo basso. Lo zaino, troppo pesante per un bambino di soli otto anni, gli faceva tenere una postura piuttosto curva. Ma si raddrizzò subito, quando nella sua mente si fece strada i rimproveri di sua mamma. "Diventerai gobbo, Marvel! Vuoi diventare gobbo, Marvel?" 
Il bambino scuoteva sempre la testa e cercava di accontentare la madre, tenendo una postura ben retta.
Anche ora, anche se nessuno lo stava osservando, rizzò la schiena e respirò profondamente. Di certo non voleva diventare gobbo e  sua madre aveva ragione, di certo nessuno avrebbe voluto avere come amico una persona brutta.
Sentì gli occhietti verde acqua bruciare d'eccitazione, quando la sua attenzione ricadde sull'oggetto che teneva fra le mani. Era d'argento, luccicava sotto il sole di mezzogiorno che quel giorno rendeva caldo il Distretto 1.
Era una bella medaglia dopotutto, pensò Marvel. Lo rendeva sicuro di se e poteva ritenersi orgoglioso di essere arrivato secondo alla gara di corsa, quella mattina. La maestra l'aveva premiato con un sorrisone sulla faccia e gli aveva stampato anche un bacino sulla guancia ,che l'aveva fatto anche arrossire.
Accelerò il passo, tutto quello che voleva era mostrare a tutti il suo premio. Non desiderava altro, era la prima volta che vinceva veramente qualcosa ed era particolarmente emozionato. Si sentì la schiena piegarsi ,non era abituato a tenere la schiena così dritta, ma non ci fece neanche caso perché la sua mente continuava a divagare.
Marvel si ritrovò davanti alla porta della sua maestosa casa, senza neanche accorgersene.
Aprì la porta, posò lo zaino così velocemente da produrre un tonfo e corse verso il salone, nella mano destra stringeva la medaglia che gli sembrava brillare sempre di più.
I suoi genitori e suo fratello erano seduti al lungo tavolo in mogano, stavano già pranzando. Non l'avevano aspettato. Di solito ci sarebbe rimasto piuttosto male e magari avrebbe anche messo un principio di broncio, ma quel giorno non ci fece minimamente caso.
" Papà, mamma!" strillò piombando davanti ai genitori "Guardate qui! L'ho vinta a scuola!"
Marvel fece ciondolare la medaglia davanti a lui, così che tutti la potessero vedere. Aveva un grande sorriso e sentiva il cuore battere a mille, non vedeva l'ora di sentire i loro complimenti.
"Sei arrivato secondo?" gracchiò suo padre 
L'entusiasmo di Marvel andò scemando. Non erano arrivati i complimenti, tantomeno gli abbracci che si era immaginato. La voce del padre era dura e fredda, come sempre. Sua madre, invece, neanche aveva tolto gli occhi dal piatto. Per non parlare del fratello, Gavin, che sghignazzava da dietro il tovagliolo di lino che si era portato alla bocca.
"Bè sì, ma è comunque..." provò ad accennare Marvel, mentre sentì le lacrime che pungevano gli occhi.
Il padre sbuffò, come se fosse stufo di lui. Si lisciò la barba scura e lanciò uno sguardo d'intesa a Gavin che intanto annuì.
"è tutto quello che sei riuscito a fare? Sei arrivato secondo in una stupida gara scolastica?" lo sbeffeggiò il fratello
Il bambino sentì tutti i sogni andare in frantumi. Poteva sentire anche il loro rumore, un "crac" così rumoroso da fargli male alle orecchie. Deglutì cercando di ignorare quel maledetto rumore.
"Se non ti impegni, sarai sempre un eterno secondo" sentenziò suo padre prima di rimettersi a mangiare il suo stufato d'agnello.
Marvel, questa volta, non poté fare a meno di lasciarsi scappare una lacrima. Strinse i pugni e lanciò un ultima occhiata alla sua "famiglia".
Sua madre, con i capelli cotonati e il trucco azzurro sugli occhi. Gli stessi occhi che non si erano neanche degnati di alzarsi dal piatto per vedere cosa suo figlio avesse da mostrargli.
Suo padre, con i capelli lunghi e biondi e la barba incolta. Era piuttosto grasso e alto, con un'enorme cicatrice sul mento che gli ricordava i suoi Hunger Games. Quelli che aveva vinto.
E Gavin, suo fratello di diciotto anni, dai corti capelli biondi e dal naso storto. Aveva lo sguardo cattivo e ,secondo Marvel, era per questo motivo che l'anno precedente aveva anche lui vinto gli Hunger Games.
Il bambino corse via, percorrendo i lunghi corridoi della villa fino ad arrivare alla sua camera. Era molto spaziosa e piena di giochi, ma in quel momento a lui non importava.
Si lanciò sul letto, con la faccia dentro il cuscino e iniziò a singhiozzare silenziosamente. Sentì lo stomaco andare in fiamme, mentre tutto intorno a lui diventava improvvisamente color grigio topo.
Lancio la medaglia contro lo scaffale, ora non luccicava più. Maledì Colin,il ragazzo che era arrivato prima di lui con solo qualche secondo di scarto. Perché non poteva essere lui il primo? Perché, per una volta, non poteva essere lui l'orgoglio del suo papà?
Certo, era difficile essere bravo quando Gavin. Lui era forte, piaceva alle ragazze e aveva vinto gli Hunger Games. Papà stravedeva per Gavin, era il suo figlio preferito.
Invece Marvel era solo l'eterno secondo
Il secondo genito, il secondo alla gara di corsa, il secondo nel cuore di suo padre...
Incrociò le braccia e si morse forte il labbro rischiando di farsi uscire il sangue. Giurò a se stesso che non sarebbe mai più stato un eterno secondo. Un giorno avrebbe vinto gli Hunger Games, anche meglio di Gavin, e suo padre sarebbe stato fiero di lui.
Avrebbe vinto. Sarebbe arrivato primo.
Marvel sorrise, immaginando il presidente Snow che lo incoronava vincitore degli Hunger Games e suo padre davanti a lui che gli metteva una mano sulla spalla e gli sussurrava "sono fiero di te, figliolo".
Il bambino non poteva sapere, che quel giorno aveva perso la sua innocenza. Nonostante ancora non fosse entrato nell'Arena, quel giorno perse il vero spirito di ogni gara, ad eccezione degli Hunger Games naturalmente. Ovvero il partecipare.
E non sapeva neanche che non avrebbe mai vinto gli Hunger Games, perché la freccia della ragazza in fiamme l'avrebbe ucciso.Sarebbe sempre stato sempre un eterno secondo.


L'angolo di Katgale97:
Saaaaalve a tutti :)
Dopo essermi vista Catching Fire al cinema ho iniziato a fangirlizzare come una pazza schizzofrenica e mi sono venute in mente un sacco di idee per delle Fanfiction. A partire da una Everthorne - che è in trascrizione... la pubblicherà presto!- e questa che non so bene cos'è... ma mi piace!
In sostanza sono racconti di come ogni tributo ha perso la sua innoscenza, ancora prima di entrare agli Hunger Games... non ci saranno tutti i tributi e soprattutto non andrò in ordine di Distretto... è solo un caso che ho pubblicato per primo quello di Marvel, del Distretto 1. Non a caso, il prossimo tributo sarà Thresh.
Comunque, spero di ricevere qualche vostra opinione nelle recensioni :)
Katgale97

   
 
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