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Autore: anqis    02/12/2013    5 recensioni
Mi domando se sei davvero più debole senza di me. Perché se tremi in televisione quando “Qualche ragazza speciale?” ti domandano e tu sorridi, ti mordi le labbra sempre rosse e “Nessuna per ora”, tremi ancora più forte quando ci tocchiamo per la prima volta dopo mesi di chiamate alle tre del mattino, messaggi scritti di fretta e sospiri mascherati.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Poor little girl still waiting for Harry Styles.'
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Bagaglio a mano.
 
 
Che non hai capito, non capisci o forse non vuoi capire.
Che tutto questo non è come una delle tante interviste a cui vieni invitato, che quando non sai rispondere ad una domanda, c’è Louis che alza un sopracciglio e «Harold, cosa stai dicendo?» esclama con il suo forte accento del nord per sdrammatizzare; non c’è nessun Liam che ti viene in aiuto e ti parla sopra, Niall che ride o Zayn che si stringe nelle spalle e ti guarda come per dire «Non lo so, amico.»
Qui, Harry, c’è solo lo stretto divano a due posti su cui sei seduto, da dove mi guardi, con una mano tra i capelli devastati ancora dal viaggio e la gola secca. C’è il tavolino comprato a poche sterline al mercato dell’usato, le tende azzurre che una volta forse erano blu, e ci sono solo io al centro del salotto che ti guardo e «Rispondimi» ti chiedo, ti prego, ti imploro.
Non è come nelle canzoni che canti, gridi, urli, ma alla fine non capisci. Non è I’m sorry if I said “I need you” but I don’t care, I’m not scared of love. ‘Cause when I’m not with you I’m weaker. Is that so wrong, is it so wrong, that you make me strong? perchè quel “ho bisogno di te” non me lo hai mai detto e l’unica a cui dispiace sono solo io. Perché dici che non ti importa  - di cosa? delle fans, dei giornali scandalistici, del parere di tua madre che mi adora? – e che non hai paura dell’amore, ma sono mesi che contiamo i secondi che ci rimangono appena varchi la soglia di casa. Mi domando se sei davvero più debole senza di me. Perché se tremi in televisione quando “Qualche ragazza speciale?” ti domandano e tu sorridi, ti mordi le labbra sempre rosse e “Nessuna per ora”, tremi ancora più forte quando ci tocchiamo per la prima volta dopo mesi di chiamate alle tre del mattino, messaggi scritti di fretta e sospiri mascherati. E vorrei dire che nonostante tutto, sia giusto, che vada bene così, che siamo di giorno in giorno più forti, ma tutto quello che sento nelle ossa è la stanchezza, quel sinistro cigolio prima che tutto crolli. E i miei, solo i miei – capisci? –  sospiri nel silenzio della casa.
E sono stanca, Harry, stanca che tu non capisca.
«Capire cosa?» mi domandi aggrottando le sopracciglia e stringendo le dita lunghe attorno la stoffa stretta dei jeans. «Cosa?» continui, alzi la voce come un bambino che si trova alle strette perché la bugia è stata scoperta. Ma hai le spalle larghe, una patente nella tasca posteriore, l’appartamento da pulire, e me da amare.
Allora te lo dico, che sono stanca dei “Fidati di me” sussurrati all’orecchio, perché le foto sono quelle, c’è lei che ha le gambe lunghe o gli occhi azzurri e tu che la riporti a casa, usciti da chissà dove, dopo chissà cosa. Sono stanca della chiamate nel bel mezzo della notte che finisco per aspettare e che non mi fanno dormire. Poi l’esame va male ed è solo colpa tua. Stanca dei “Era bellissimo, la prossima volta vieni pure tu” e dei tuoi abbracci sulla soglia della casa, della tua valigia mai davvero disfatta, e di te che mi prometti che ritorni. E lo so che tornerai ed è questa consapevolezza il problema, perché io aspetterò e altri mesi trascorreranno nell’attesa di rivederti.
«Aspettami, allora» concludi guardandomi intensamente dall’alto, ora che sei in piedi e mi sovrasti con il tuo metro e ottanta.
Vedi? Di nuovo non capisci che non posso continuare a così, a guardare la vita scorrermi davanti agli occhi come avvolta nella nebbia perché l’unico pensiero fisso sono i tuoi logori stivaletti marroni all’entrata, il maglione sul tavolo e la camicia indie a terra sul pavimento, che voglio rivedere.
«Non posso, Harry, non posso.»
Le tue dita si stringono ai miei gomiti, forte. «Non capisco.»
Sorrido, ma le lacrime già mi bagnano la camicia e a cosa serve trattenerle? C’è il loro sapore salato anche sul cuscino su cui posi la tempia, sul ripiano della cucina dove azzardi un tramezzino e sulla coperta di pile a cui ci stringiamo. Stringi la mascella e la presa, poi incontri il mio sguardo e ti rendi conto di ciò che hai appena detto.
Hai capito e forse capirai quando varcherai per l’ultima volta quella porta, con i tuoi stivaletti consumati, la valigia mai vuota e la camicia che non profumerà più di me.




 
Lo so che non è nulla, che un vero senso ciò che ho scritto non lo ha, ma sono giorni che non riesco che scrivere queste cose. Spero solo che qualcuno di voi abbia apprezzato lo stesso. Grazie a tutte.

Anqi.

 
 
   
 
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