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Autore: Sissy_Fefy    02/12/2013    0 recensioni
Una ragazza e il suo sogno. Un uomo e il suo incubo peggiore. Vincerà il bene o il male spazzerà via ogni cosa? E un amore appena sbocciato può sconfiggere le tenebre di una notte senza fine?
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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The Devil and I - 01 Salve a tutti. Siamo Federica e Simona <<== (qualcuno mi conoscerà già tramite le altre storie che ho scritto sotto lo pseudonimo di Miss Simy Pattinson)
Questa è la prima storia che scriviamo insieme e per la prima volta abbiamo scelto di scrivere una storia originale di genere fantasy. E dal momento che siamo pignole abbiamo anche scelto un cast d'eccezione u.u
Adesso vi presentiamo i personaggi poi vi lasciamo il primo capitolo sperando che sia di vostro gradimento e che ce lo facciate sapere con tanti bei commentini *.*

Cast :)

La protagonista: Heaven Morghan

Jaimie Alexander


Detective Kyle Donovan
Gaspard Ulliel


Detective Hayden Randall
Kyle Schmidt


Crissy Lorstein
Tamala Jones


Capitano Jonathan Knight
Jonathan Rhys Meyers


La famiglia di Heaven:

Madre: Mary Williams-Morghan
Lauren Graham


Padre: Kay Morghan
Nathan Fillion


Sorella: Camille Morghan
Mackenzie Foy


Fratello: Jessie Morghan
Cameron Bright


Professoressa Celine Grayson
Fran Drescher


Rettore Matthew Stevenson
Dakin Matthews


E la nostra cattiva della situazione è:
Lady Démonah
Victoria Smurfit



Allooooraaaaa, non è un cast superlativo? u.u
Adesso vi lasciamo al primo capitolo, spero che vi piaccia, e mi raccomando, tanti commentini, please :)
Tanti baci, da
Sissy e Fefy


The Devil and I

The Devil and I

1.



«Heaven Morghan è attesa nell’ufficio del rettore», sentii praticamente urlare la receptionist dagli altoparlanti. “Ma un volume più basso no?!”

E subito un altro pensiero mi attraversò la mente: “Oh cazzo, e adesso che hanno da borbottare?”
Sospirai per niente vogliosa di sentire le lamentele di quel vecchio babbione e della sua segretaria tutta unghie rosse e labbra siliconate, e mi incamminai verso quell’oscuro buco nero/camera mortuaria.
Senza offesa, ma era davvero un posto orribile per passare la giornata. Tutto pareti marrone scuro, manco uno spiffero d’aria, sembrava di essere in un bunker sotto dieci metri di terra. Putrida per giunta! Davvero, puzzava di carcasse centenarie.
Scossi la testa e ridacchiai. “Fortuna che mi manca poco alla laurea, e spero con tutta me stessa di non rimettere mai più piede in quel covo di vipere.”
Arrivai alla porta del vecchio babbione e bussai aspettando il rombo di tuono alias la sua voce che mi desse il via libera, e infatti sentii tuonare «Avanti!» e ancora mi aspettavo che andassero in frantumi i vetri.
Scossi la testa e entrai sperando di non svenire per la puzza. “Ma dico, non poteva lavarsi ogni tanto?!”
«Voleva vedermi?» la voce mi uscì strozzata, per via dell’odore nauseabondo che mi arrivò come una zaffata di calzini sporchi.
«Prego, si accomodi».
“Accomodarmi su quella poltrona consunta che ha visto decine di anni di acari e batteri? Ma anche no...”
«Credo che rimarrò in piedi, sa sto cercando di recuperare qualche centimetro in più prima che la mia crescita si arresti del tutto, sa com’è...»
Lui fece una smorfia, ma non ribatté, ma premette il pulsante dell’interfono (che sembrava uscito da Schindler’s List) e disse a Miss “Tette rifatte” di chiamare la Professoressa Grayson.
Celine Grayson era l’unica in quella università che mi piacesse davvero. Era la mia relatrice per la tesi di fine corso, l’unica ad avermi sempre aiutato durante il mio difficoltoso corso di studi in criminologia. Era decisamente merito suo se non ero scappata a gambe levate da quell’università di pazzi e da quel buco dimenticato da Dio che è la mia città di nascita, Storm Lake. Un piccolissimo sputo di terra di appena dieci mila abitanti nel cuore dell’Iowa,  della serie che almeno c’è un cimitero in cui morire quando la depressione ti sovrasta liberamente. Abbiamo un piccolissimo ospedale, una centrale di polizia con appena una ventina di agenti (forse era l’unica cosa che funzionasse), alcuni bar non degni di avere questo nome, qualche tavola calda e dei piccoli negozietti in cui sembra che vendano di tutto e invece non trovi mai un cazzo.
Scossi la testa e cercai di non guardare il preside negli occhi, altrimenti mi sarei messa a ridere per il suo aspetto assolutamente ridicolo. Cioè come può un preside farsi prendere sul serio se indossa una camicia bianca con le nuvolette celesti? E la cravatta coi marsupilami poi? Meglio lasciar perdere.
Quando entrò la professoressa Grayson portò con sé una ventata d’aria fresca e soprattutto di donna pulita. Le sorrisi e lei ricambiò. Che dire, ero la sua preferita.
«Preside Stevenson, voleva vedermi a proposito della signorina Morghan?»
Lui distolse la sua attenzione dalla collezione di scarafaggi che adornava la sua scrivania e le sorrise mostrando i denti ingialliti dal fumo di troppi sigari.
«Esattamente Professoressa Grayson. Noto dal fascicolo scolastico di Heaven che ha dei voti ineccepibili e...» disse continuando a scorrere quello che sembrava un plico delle pagine gialle. “Troppe attività extracurriculari? Forse, ma ero una donna impegnata.”
«... E a quanto vedo ha fatto richiesta per uno stage allo Storm Lake Police Department, dico bene?» concluse rivolgendosi a me.
Io annuii. «Esatto, sarebbe una grande opportunità per la conclusione del mio corso di studio e l’inizio della mia carriera nelle forze dell’ordine».
La professoressa Grayson mi sorrise. «E sono molto orgogliosa di annunciarti che la tua richiesta è stata approvata dal capitano Knight in persona. Inizierai lunedì prossimo, e seguirai da vicino il Detective Donovan della Omicidi per vedere se hai la stoffa del poliziotto. Questo stage ti fornirà degli importanti crediti per incrementare il punteggio di laurea e se ti dimostrerai abbastanza sveglia e preparata potresti anche venire affiancata al detective Donovan in pianta stabile.»
Mi sentivo male. A un passo dall’esultare di gioia, ma anche molto vicino ad essere troppo scioccata per farlo. Era una sensazione strana, cioè non sapevo dire da quanto tempo aspettassi un’occasione del genere. Avevo fatto quella maledetta domanda già dal primo anno di criminologia, ma a quanto pare la mia proposta viene accettata solo dopo che quel fottuto capitano è schiattato sulla statale 118. Quando conoscerò il benedetto Capitano Knight gli darò un bacio con tanto di lingua. E chissene frega se è vecchio, brutto e con la pancia da idraulico!
Sorrisi. Da quel momento in poi, la mia vita sarebbe cambiata drasticamente. E ottenute quelle dannate pratiche, firmati fogli su fogli di “nonsocosa” finalmente uscii dall’ufficio/bunker del preside con la soddisfazione di essere la ragazza più fortunata di tutta la contea. “Mi sa che comincerò a vedere Castle!”

Tornando al mio dormitorio, trovai la mia amica Crissy completamente stravaccata sul divano con Cosmopolitan a coprirle la faccia. Sembrava molto interessata, non avrei dovuto disturbarla, ma ero troppo euforica per aspettare un momento più consono.
L’urletto che mi sfuggì la fece saltare dal divano facendole finire il Cosmopolitan aperto sulla testa. «Ma che diavolo...? Heavy tesoro, che cazzo ti prende?»
«Scusa se ti ho fatta spaventare, ma cazzo, non riesco proprio a trattenermi!!! Sono stata presa per lo stage al dipartimento di polizia!»
Lei sgranò gli occhi. Anche lei sapeva da quanto tempo avevo fatto domanda. Ero sicura che anche lei pensava fosse un miracolo!
«Oh mio Dio, ma è fantastico!» Urlò saltellando e correndo ad abbracciarmi. La strinsi a me e sorrisi.
Ci eravamo conosciute il primo giorno di università, lei si era appena trasferita da Seattle. Vi chiederete cosa si fosse fumata? Ebbene non è stata una sua scelta. Quei rincoglioniti dei suoi genitori avevano deciso di abbandonare attico e macchine di lusso, comprare una fattoria sgangherata e vivere di mucche e polli. Follia allo stato puro. Ma tanto lei diceva sempre che finita la laurea sarebbe scappata come se avesse il diavolo alle calcagna e io avevo già le valigie pronte per quel giorno.
Passato l’entusiasmo mi lasciò e iniziò a farmi domande a raffica. «Com’è che finalmente hanno cambiato idea? Chi te l’ha detto? A chi sarai affiancata? Quando cominci? Puoi presentarmi qualche poliziotto bono?»
Risi. «Wooah, calma. Una domanda per volta. Allora, hanno cambiato idea perché a quanto pare il nuovo capitano ha gli orizzonti più ampi. Me l’ha appena comunicato quell’angelo della prof Grayson. A quanto pare sarò affiancata a un certo detective Donovan della Omicidi. Comincio lunedì e no, non so se potrò presentarti qualche poliziotto bono. E poi tu non andavi dietro a quel tizio di medicina? Ben qualcosa?»
Lei fece un gesto noncurante con la mano. «Ben chi? Quel coglione montato pensa solo a se stesso e a non spezzarsi quelle sue unghiette da frocetto. L’ho già dimenticato, adesso sono pronta per un vero uomo. Mi piacerebbe vedere cosa sa fare con le manette...»
Scoppiai a ridere e le diedi un buffetto amichevole. «Sei sempre la solita, Cris!»


Lunedì mattina...
Ore 08:45


«Cazzo! È tardi! Tardi, tardi, tardiii!» mi alzai come se mi avessero infilzato il culo con uno spiedo incandescente, corsi in bagno cercando di non cadere nel groviglio di coperte in fondo al letto sfatto e m’infilai dentro la doccia rischiando di lussarmi una spalla, feci la doccia e asciugai i capelli alla velocità della luce e finii di prepararmi, in una velocità che nemmeno in un centinaio d’anni avrei potuto immaginare e alle 8:54 ero davanti al distretto cercando di farmi coraggio per salire mentre la receptionist sembrava attraversare un conflitto interiore tra il chiedermi perché stessi facendo la bella statuina o lasciarmi lì a far pandan con le piante grasse ai lati dell’ascensore.
Alle 8:59 mi decisi a salire su quel cacchio di ascensore che sembrava avere più anni di Cleopatra e con la paura di rimanere bloccata lì dentro a vita finalmente arrivai al piano della squadra Omicidi.
Mi ritrovai scrivanie ovunque, c’erano più scrivanie che agenti ad occuparle. Pensavo che ci sarebbero stati squilli di telefono in ogni dove, ma ogni volta dimenticavo che non eravamo a New York, neanche lontanamente.
Mi decisi alla fine a bussare all’ufficio del capitano, dovevo pur ringraziarlo.
Sentii un «avanti» appena accennato ed entrai.
Ricordate il “bacio con tanto di lingua” che avevo promesso di dare al capitano per avermi permesso di aggregarmi alla sua squadra? Ebbene, in questo caso gliene darei anche due o tre. Mi si presentò davanti un figo da urlo. Circa un metro e ottanta di sex appeal e fascino da duro dagli occhi di ghiaccio e i capelli neri. Fasciato in quel completo, sembrava più un amministratore delegato che un capitano della polizia di Storm Lake.
«Salve. Lei dev’essere la signorina Heaven Morghan. Piacere di conoscerla sono il capitano Jonathan Knight»
Alla faccia del capitano. E io che mi aspettavo un grassone con le mani costantemente piene di ciambelle ipercaloriche e una scorta di birra nel cassetto.
Deglutii a vuoto e gli strinsi la mano «Salve, Capitano Knight. È un piacere conoscerla» Per chissà quale miracolo riuscii a far sì che la mia voce non sembrasse quella di un’adolescente arrapata.
Mi fece segno di accomodarmi e quando mi sedetti iniziò a spiegarmi come si sarebbe svolto il mio stage.
A quanto pare il detective Donovan era il migliore del distretto a subordinare le operazioni della Omicidi, in pratica era il vice del capitano Knight. E dentro di me sperai che fosse almeno sexy quanto il capitano stesso. “Nel caso, potrei sempre chiedere di farmi affiancare al capitano...”
Dopo aver finito di spiegare si alzò e mi sorrise. «Vieni, ti presento il tuo futuro partner.» disse e io già pregai che il destino non mi riservasse un grassone con un principio di stempiature.
Bussammo alla porta accanto a quella del capitano e una voce profonda e oscura che non mi aspettavo e che mi diede i brividi lungo la schiena ci autorizzò all’ingresso.
«Kyle, è arrivata la tua partner»
Sentii qualcuno sbuffare. “Cominciamo bene, se già non mi sopporta.”
Il capitano scostò la porta e lo vidi lanciargli un’occhiataccia, poi mi invitò ad entrare e chiuse la porta sbattendomela letteralmente in faccia.
Fantastico, pensai. Non potevo rimanere col capitano?
«E così... tu sei la mia nuova palla al piede?»
M’irritai immediatamente per il suo tono infastidito e già stavo cominciando a insultarlo, ma quando mi girai verso di lui e i nostri occhi si incontrarono, dimenticai tutto. Dimenticai il mio nome, il posto, l’ora, il giorno, tutto il secolo.
Sapevo solo una cosa. Da quel momento in poi, niente sarebbe stato più lo stesso.
  
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