« Sembra
ieri che abbiamo vinto il torneo, eh? »
« Endou, era ieri. »
La risata del portiere si fece per un attimo imbarazzata, per poi
trasformarsi
in sincera e divertita, ricordando che, in effetti, il suo attaccante
aveva
ragione: solo ieri erano diventati i campioni del mondo. Sentiva tra le
mani
ancora l'emozione di sollevare quella coppa tra gli applausi e i
festeggiamenti, la gioia di aver raggiunto lo scopo tanto agognato,
tutti
insieme.
La riva di quel fiume gli ricordava tanto casa sua, il suo fiume, il
posto dove
si allenava ogni giorno. Tutto il sudore speso in quei pomeriggi, ci
fosse
pioggia scrosciante o sole cocente, lo si poteva trovare sempre li. Non
solo
lui, anche tutti i suoi amici, compagni, fratelli.
Ancora sorridendo, si lasciò cadere disteso sul manto
erboso, alzando lo
sguardo al cielo. Il sole accecante lo costrinse a portare una mano
davanti
agli occhi, coprendoli con una lieve ombra. Non poteva vederlo, ma dal
rumore e
dai movimenti che poteva percepire, era sicuro che anche Shuuya avesse
fatto lo
stesso.
« Ci pensi mai alla tua vita senza il
calcio? »
La sua voce sembrava velata di una certa nostalgia, come se le sue
parole
sancissero la fine di quell'era di eterna giovinezza che ad Endou
sembrava non
potesse abbandonarli mai. Se Gouenji avesse potuto vederlo, si sarebbe
accorto
subito della sua reazione. Scosse il capo, abituandosi alla luce del
sole e
quindi portando le mani dietro la testa, come un cuscino.
« Mai e se penso ad un mondo senza calcio, mi vengono i
brividi. »
L'altro si aspettava una risposta del genere, tanto che si
lasciò sfuggire un
sorrisino beffardo, chiudendo gli occhi. Se avesse dovuto essere
totalmente
sincero, nemmeno lui avrebbe mai pensato alla sua vita senza calcio. La
sofferenza che provava per quella promessa che tanto tempo prima aveva
fatto
alla sorella di non giocare più finché non si
sarebbe svegliata, lo rendeva
vuoto. Era come se ogni giorno un nuovo coltello si piantasse nel suo
cuore,
come se alla sua esistenza mancasse sempre qualcosa.
Poi aveva conosciuto Endou, e tutto era cambiato. Il suo sorriso,
l'aveva
cambiato.
« Già, anche a me. »
Nonostante la sua voce non suonasse del tutto sincera, Endou
lasciò perdere.
Avevano appena vinto, non c'era motivo di pensare a cose
così tristi proprio
ora. Non era il tempo di rimuginare sul passato, né tendere
al futuro: era il
tempo di festeggiare, il tempo di stare insieme e di essere felici. Per
questo,
cercando di allontanare i dispiaceri e brutti ricordi, si
alzò su un gomito,
osservando l'amico da quella posizione. Aveva gli occhi chiusi e se non
gli
avesse parlato solo un attimo prima, avrebbe potuto tranquillamente
sembrare
addormentato tra l'ebra.
Dispettoso, iniziò a punzecchiargli una guancia con un filo
d'erba, cercando di
togliergli dal viso quell'espressione beata.
« Non dormire. »
Gli disse, senza smettere di tormentarlo. Gouenji fece finta di niente,
sapendo
quanto l'altro trovasse fastidioso essere ignorato proprio da lui.
Endou gonfiò
le guance, rendendosi conto che il suo letale stuzzicare non avrebbe
provocato
nell'amico alcuna reazione.
Si era spesso domandato per quale motivo apprezzasse tanto la compagnia
del
numero dieci, ma dopo intense riflessioni serali, era semplicemente
giunto alla
conclusione che forse quel ragazzo fosse la parte mancante di
sé stesso. Si era
stupito lui stesso del pensiero profondo, ma l'illuminazione avuta solo
qualche
giorno prima, l'aveva convinto a non permettere mai più a
quella persona di
andarsene.
Non ne aveva parlato con nessuno, custodendo quel segreto e quel
pensiero a
tutti. Nessuno avrebbe capito i suoi sentimenti, tanto valeva che
rimanessero
soltanto per lui. Nemmeno Gouenji sapeva come il ragazzo si sentisse,
ma
proprio il fatto che lo considerasse la sua metà, gli faceva
supporre che forse
il suo pensiero non era qualcosa di non corrisposto.
Intenzionato a non demordere, gli tirò le guance con
entrambe le mani; il suo
viso imbronciato copriva quello dell'amico facendogli ombra. Solo a
quel punto
l'altro aprì gli occhi, alzandosi di scatto. Le loro fronti
si scontrarono con
forza, tanto che Endou cadde all'indietro sbalzato dalla colluttazione.
Dopo essersi lamentati rotolando sul prato per qualche istante, il
primo ad
alzarsi fu Gouenji. Si mise di nuovo a sedere, massaggiandosi la fronte.
« Era davvero necessario disturbarmi? »
Domandò, senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso
guardando le lacrime
formarsi negli occhi del suo capitano. Gli porse una mano, quindi, per
farlo
rimettere a sedere. Era bello stare in sua compagnia, non c'era modo di
annoiarsi. Lui era lo spirito della Raimon, l'unico che non aveva mai
perso la
speranza e che, in un modo o nell'altro, riusciva ad infondere nei
compagni il
suo sogno, facendolo diventare il sogno di tutti.
« Non puoi dormire! Abbiamo una partita da giocare.
»
In realtà era soltanto un amichevole, ma probabilmente per
Endou era la sfida
più importante di tutto il campionato.
Lasciando la mano di Gouenji, si alzò da terra. Si
pulì i pantaloncini, sistemò
la maglia bene dentro i pantaloni e sfornò uno dei suoi
sorrisi smaglianti,
indirizzandolo all'amico. Questo rimase abbagliato per qualche secondo,
specchiandosi negli occhi dell’altro e ritrovando in quelli
tutta la serenità
che andava cercando. Gli porse nuovamente la mano, aspettando che
l'altro lo
aiutasse ad alzarsi.
Fu veloce, il movimento di Endou: afferrò la sua mano, per
poi tirare con forza
verso di sé. Non sembrava lo facesse solo per aiutarlo
rimettersi in piedi e solo
una volta sollevato, Gouenji capì le sue intenzioni. Anzi, a
dirla tutta, non
le capì affatto.
Doveva essere un bacio, quello?
Davvero Endou Mamoru, il capitano della sua squadra, stava premendo le
labbra
sulle sue?
Sentì la terrà sotto i suoi piedi sciogliersi,
inghiottendolo. Non si rese
conto che era soltanto il suo equilibrio a venire meno.
Endou
si scostò da lui senza smettere di sorridere, tenendo
stretta la mano dell'amico. Nonostante non raggiungessero la
tonalità di colore
di quelle di Gouenji, anche le sue guance si colorarono di una lieve
gradazione
di rosso.
Corse su per la collina, senza dire una parola.
« Perché l'hai fatto? »
Chiese
l'attaccante, con la mano libera
da quella di Endou a coprire il viso.
L'altro
ci pensò su per un momento,
assumendo un'espressione pensierosa. Nemmeno lui era in grado di dare
una
spiegazione al suo gesto, semplicemente in quel momento si era sentito
di
doverlo fare. L'emozione, la felicità, l'aver vinto, c'erano
mille scuse che
avrebbe potuto usare.
« Perché voglio giocare a calcio con te, per
sempre. »
Rise, mentre uno spaesato Shuuya cercava di capire cosa
volessero dire
quelle parole. Nel disperato tentativo di decifrare quella frase, perse
la mano
di Endou, che a sua volta si spostò velocemente in avanti,
verso la nuova sfida
che li aspettava oltre il fiume.
Si fermò solo per incitarlo a muoversi e l'altro, lasciato
da parte l'imbarazzo
e ogni tentativo di capire quel gesto, lo raggiunse con una corsetta.
Tenne gli
occhi chiusi e lo sguardo basso, ma sul volto quel sorriso che solo il
suo capitano era
in grado di provocargli.
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Non chiamerò questa cosa spazio dell'autrice perché sarebbe un affronto a qualsiasi vero autore. Diciamo che è spazio colei che scrive fallimenti: so che sono capitoli scemi, anche senza troppa trama o che non spiccano di fantasia... Ma questi sono Endou e Gouenji di cui voglio scrivere. Due ragazzini normalissimi alle prese con un amore altrettanto normale.
Quindi non vi aspettate chissà quale capolavoro, è una scemenza scritta perché mi annoiavo e perché ho bisogno di mettere per iscritto i miei sentimenti per loro.
Voglio bene comunque a chi leggerà questa cosa, anche se in effetti non rappresenta per niente quello che sarei in grado di scrivere. *MEGALOMANE*