Godmother
sentirla, sfiorarla, senza negarsi perché
l’emozione è
intensa.
L’emozione va vissuta e non segregata perché
è quel
rossore che è in noi…
è quel rossore che sembra impedirci ma vuole
spingerci.
Bisogna lasciarsi spingere, altrimenti si torna alla
durezza,
a quella durezza che, forse, diviene quotidianità.
Allora perché frenarci?
Antonio
Belsito
Quanto avrebbe voluto spaccargli il naso con un pugno quel
giorno.
La madrina di suo figlio? Lei?? Fare la madrina???
Doveva essere ubriaco o aveva sbattuto la testa da qualche
parte, non c’era altra spiegazione.
Nessun uomo sano di mente le avrebbe mai chiesto, anzi,
ordinato, di far da madrina al proprio figlio, ad un bambino.
Ad un bambino!!! Ma stiamo scherzando?!
Lei non sopportava, anzi odiava i bambini.
«Sono come l’orticaria!» lo ripeteva in
continuazione da
anni, possibile che quel belloccio non avesse recepito il messaggio?
“Ma perché fare un figlio se sai già di
volerlo morto?”
Era assurdo! Inconcepibile!
E dire, che tra i due, aveva sempre pensato che quella un
po’suonata fosse Annie…
Sospirò tristemente, ripensando a quei ragionamenti.
Voleva bene a quel belloccio, anche se non l’avrebbe ammesso
nemmeno sotto tortura.
Se ne era andato presto, troppo.
Si era sentita sprofondare in un abisso quando Annie le si
era buttata tra le braccia piangente, delirante appena le avevano dato
la
notizia.
Maledetti ibridi! Maledetta Capitol City! Maledetto
tutto!
Lui doveva vivere, cazzo!
Si piantò le unghie nei palmi mordendosi il labbro inferiore
fino a farsi male.
Era un uomo sposato, un padre.
Ci sarebbe dovuto essere lui lì con lei a vegliare su Annie
partoriente, su suo figlio!
«Signorina…» la riportò al
presente la voce di una delle
infermiere. «La tenga, per favore.» le disse
posandole in braccio un fagottino
scalciante e mugugnante.
Era un bel bambino con radi capelli castani e stupendi
occhi color acqua marina.
“Ti somiglia…” pensò la
ragazza, mentre il neonato le rivolgeva
un tenero sorriso sdentato, accompagnato da alcuni versetti divertiti.
«Cos’hai da ridere, pulce?»
ridacchiò solleticandogli il
pancino col dito.
“Sarò la madrina di tuo
figlio…”
(292 parole)
Ehm…salve a tutti!
Ed eccomi ad esordire anche su questo fandom.
Devo ammettere d’essere piuttosto agitata; sarà
perché è la
prima fic che posto su HG, la paura dell’non esse riuscita a
mantenere l’IC…
forse è proprio tutto l’insieme ad esasperarmi!
Comunque, tralasciamo, che è meglio…
Era da un po’di tempo che quest’ideuzza mi ronzava
per la
testa e, finalmente, sono riuscita a metterla per iscritto!!! *squillo
di
trombe*
Devo ammettere che mi sono divertita un mondo ad immaginarmi
Johanna come madrina.
Lei mi da l’idea d’essere una di quelle ragazze che
non
sopportano le cose frivole, dolci e zuccherose e, di conseguenza (come
me),
hanno la fobia dei bambini.
Fortunatamente, nel finale vediamo
Spero non risulti una schifezza, anche per l’accenno alla
Johannick(?).
Ovviamente sono ben accette le critiche, se giustamente
motivate.
Alla prossima^^
Super Kiss<3
Toky;3