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Autore: Irene_Horan    03/12/2013    0 recensioni
-una ragazza a cui è stato fatto un torto enorme
-una ragazza con un passato pieno di esperienze
-una vendetta
-un amore impossibile
-un bastardo
sono queste le cause che portano Denise ad ammazzare.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 1

2013, HMP Pentonville carcere di Londra
“Signorina Walker!” o merda, non si può neanche dormire. “signorina Walker!”  “ho capito, cazzo, ho capito” che posto di merda non posso credere che ci passerò la vita “ cosa volete adesso?” “è pronta per l’interrogatorio?” già, l’interrogatorio, me ne ero dimenticata… “si…” mi tiro su, sono seduta sulla panchina accovacciata su me stessa con la testa rivolta verso il basso e gli occhi che fissano il pavimento : c’è una scolopendra morta, la stanno mangiando le formiche. Alzo lo sguardo ci sono i pulotti con manganello, pistola e manette legati a quella loro divisa di merda. Se ne stanno lì, dietro le sbarre uno di loro guarda il suo collega che annuisce. Apre le sbarre mi prende per un braccio e mi tira su di forza, io lo guardo con una fulminata e gli sputo in un occhio arriva l’altro che con il manganello inizia a picchiarmi violentemente, io mi accovaccio a terra sputando sangue e lui continua a picchiarmi, poi mi prendono di nuovo per un braccio e mi mettono le manette. Avevo già tanti lividi fatti da quei porci dei poliziotti, cammino lungo il corridoio del carcere portata da un poliziotto, il mio sguardo è rivolto verso il basso cammino come se fossi uno zombie. Il mio sguardo si sposta in alto a destra, c’è una guardia appoggiata sul muro che si lecca le labbra con un sorriso malizioso, io mi metto a fissare il pavimento di nuovo  cammino ancora ma la mia attenzione si sposta su pensieri e ricordi “ti amo” mi diceva “più io” gli rispondevo sorridendo. Un bacio  interrompeva le nostre parole. Una lacrima mi scende dal viso  “eccoci” dice il carceriere apre la porta e  mi spinge  dentro io cado per terra e mi ritrovo a gattoni, mi tiro in piedi, mi guardo attorno: è una stanza con i muri bianchi e luci accecanti,c’è solo un tavolo con una sedia da un lato e una sedia dall’altro. Cammino per tutta la stanza sfiorando i muri, ho gli occhi lucidi : non voglio stare qui per tutta la vita, non voglio proprio. Sto tremando, voglio tonare a casa anche se abitavo in un quartiere malfamato dove o sei forte o passi una vita d’inferno, casa mia non era casa mia in senso che era abbandonata non c’era corrente, luce, acqua.  per lavarci andavamo alle pozze in un bosco a 30 minuti di cammino da noi. e per lavare i panni ad una laundrette . Quando mio padre era vivo mi picchiava ogni volta che tornava a casa, non ho mai saputo che lavoro facesse: non me lo aveva mai detto, ma non glielo avevo mai chiesto. Era grasso, mangiava come un maiale e si drogava. Un giorno io e lui eravamo in casa e lui ha avuto un infarto, non l’ho soccorso, sorridevo mentre lo guardavo soffrire e morì davanti ai miei occhi. Mia madre era debole, piangeva sempre; sono più le volte che la vedevo piangere che le volte che la vedevo tranquilla,  mia madre viene dalla Nigeria, è bellissima , si era trasferita a Londra dove ha incontrato mio padre, Londinese  al 100%.  Pure io come mia madre sono di colore solo che io sono più chiara di mia mamma, diciamo marroncina: un mix. Ho i capelli marroni, mossi, gli occhi verdi e sono alta all’incirca 1.75 m. nel mio quartiere  c’era una banda di ragazzacci dai 16 ai 25 anni di cui io purtroppo  facevo parte. Adesso ho 21 anni ma quando ho iniziato a farne parte ne avevo  17.ma 2 settimane fa sono arrivati i poliziotti a prendermi. Il cigolio della porta interrompe i miei pensieri. guardo la porta : un uomo vestito con una polo nera e dei jeans lunghi entra, mi accorgo che navigando nei miei pensieri sono finita in un angolo della stanza accovacciata su me stessa per terra. sto fissando quell’uomo che arriva, è davanti a me, io sono ancora accovacciata e lo sto guardando tenendo la testa verso l’alto “ciao Denise” mi dice lui a bassa voce. Non rispondo , lo fisso. “ti va di alzarti?” continua lui prendendomi una mano, io violentemente riprendo la mia mano facendogli capire che non ho nessun’intenzione di alzarmi. “coraggio prima ti alzi prima finiamo, non credi?” non rispondo, lui mi prende le mani e io mi alzo e riprendendo le mie mani avanzo verso una delle due sedie guardo  dietro di me l’uomo, in cerca di un segnale , lui annuisce e io mi siedo, sono immobile e fisso il muro davanti a me *tack*tack*tack* il ritmo delle scarpe del signore sul pavimento diventa più forte: l’uomo si sta avvicinando. Si siede sulla sedia davanti a me. Un altro uomo entra nella stanza porta una bottiglia d’acqua naturale con due bicchieri, li poggia sul tavolo e se ne va. l’uomo davanti a me dice “ogni volta che  sei in agitazione, prendi un bicchiere d’acqua” apro la bottiglia e verso un po’ d’acqua nel bicchiere la bevo, appoggio il bicchiere e dico “sono in agitazione” all’uomo scoppia una risata e con un sorriso dice “tranquilla, tesoro” io mi alzo di scatto: nessuno mi deve chiamare ‘tesoro’  urlando dico “non ti azzardare mai più a chiamarmi tesoro chiaro?” l’uomo con calma si alza dicendo “o, non credevo che ti desse fastidio scusami davvero tes…scusa” lo fulmino “ora con calma, risiediti” continua l’uomo prendendo le mie spalle delicatamente e portandomi in basso verso la sedia, va’ a sedersi anche lui dicendo “allora Denise sia io che te sappiamo che hai ammazzato un tuo coetaneo” annuisco leggermente “okay.perchè?” passano 10 secondi di silenzio “se lo meritava” rispondo. “mi serve che mi racconti tutto” “tutto, quanto?” chiedo “da quando vi siete conosciuti fino a quando sei arrivata qui. nei minimi particolari” “dovrei raccontarti 5 anni della mia vita!” affermo sbalordita “benissimo” mi risponde sicuro di se stesso l’uomo “credi che non ci sia il tempo?” continua lui. “sinceramente, si signore. Credo che non ci sia il tempo”  l’uomo scoppia in una risata “verrai qui ogni giorno, non abbiamo solo oggi” dice  lui come se fosse una cosa scontata “ non lo sapevo, signore” rispondo io “chiamami David, ora lo sai” sorrido forzatamente “andiamo, comincia questa storia” mi dice David. Faccio un grande respiro e comincio “okay, quando avevo 17 anni…”

 
  
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