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Autore: xingchan    03/12/2013    2 recensioni
“Papà, che facciamo di bello?” domandò poi, sorridendo e anche prendendo un po’ di coraggio. Non voleva interromperlo in quello che stava facendo, ma la sua fanciullesca curiosità prese il sopravvento.
L’uomo sembrò riscuotersi da quello che era un vero e proprio stato di trance, per nulla paragonabile a quello che potrebbe avere una persona semplicemente concentrata. Era indiscutibilmente preso da chissà quale lucida follia, pronta ad uscire fuori al pari di una cascata, con la sua stessa velocità e potenza.”
Genere: Angst, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Nina Tucker, Shou Tucker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Only Humans'
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Insane
 
 

 
Nonostante fosse mattina, la casa era immersa nel buio.
 
Ciò significava soltanto una cosa: che il suo papà era ancora a studiare, siccome molto probabilmente non aveva chiuso occhio quella notte, e forse non sarebbe arrivato prima delle sei.
 
Nina scrollò le spalle rassegnata, prima di varcare la soglia della cucina dove l'attendeva il suo cagnolone Alexander che uggiolava piano.
 
Strofinandosi gli occhi ancora assonnati con le mani chiuse a pugno, Nina sbadigliò sonoramente, prima di stringersi nel suo pigiamino giallo, i capelli ancora completamente sciolti.
 
“Hai fame, Alexander?” chiese la piccola accennando un sorriso rivolto al cane. In risposta egli abbaiò vivacemente, facendo presupporre che Nina avesse compreso.
 
“Vieni! Adesso facciamo colazione e ne portiamo anche un po’ a papà. Che dici?”
 
Quella mattina Nina era stranamente felice: nonostante i due fratelli Elric non erano ancora arrivati per giocare con lei, la piccola sapeva che presto li avrebbe rivisti. Da quando lo studio del suo papà si era intensificato, Nina si sentiva terribilmente sola. Ma dal giorno in cui Ed e Al si recavano da lei per studiare e successivamente a giocare, il suo piccolo cuore esplodeva di gioia.
 
Edward rappresentava per lei il fratellone che non aveva mai avuto, ed Alphonse altrettanto.  
 
Non gli pesava affatto l’assenza della madre, ma sapere che il suo papà aveva sempre meno tempo per lei la faceva star male. Con loro due, invece, le sue giornate si riaccendevano di vivacità ed allegria, portando del colore in una casa ed in una situazione familiare che rasentava il bianco e il nero.
 
Anche Alexander sembrava esserne contento. Ogni volta che i giovani Elric arrivavano, il cagnolone bianco saltava subito addosso a Edward, mentre Nina amava stare sulle enormi spalle di metallo di Al godendo di una meravigliosa vista dall’alto.
 
E poi, una mattina avevano trovato la neve che, come in un libro di fiabe, imbiancava la terra ed i tetti della città come un immenso, candido mantello. Lo spettacolo che offriva la natura era incommensurabile a qualsiasi invenzione fatta dall’uomo. Sebbene il suo genitore fosse uno scienziato, Nina era più propensa ad amare il creato in tutti i suoi molteplici aspetti: gli animali, le piante, il cielo… Non c’era niente che una persona potesse costruire che riuscisse ad eguagliare la bellezza di tutto questo.
 
Spesso avrebbe voluto condividere questo suo amore con il suo papà, ma sfortunatamente lui non ne sembrava molto interessato. Forse questa sua indifferenza era da attribuire al suo costante lavoro di studi in quanto uomo di scienza, ma sebbene ci fossero delle ragioni di fondo a Nina dispiaceva parecchio.
 
Si sedette al tavolo piluccando le uova fritte che si era rimediata da sola dopo aver dato ad Alexander la sua ciotola di croccantini. Mentre mangiavano, l’orologio segnava le sette e trenta. A quell’ora, suo padre doveva già esser uscito dal suo laboratorio già da un pezzo e Nina non sapeva se avrebbe dovuto preoccuparsi o meno.
 
Così, saltò giù dalla sua sedia e si precipitò verso la parte più buia della casa, dove era certa che in quel momento si trovasse Shou. L’animale non ci pensò due volte a raggiungerla, lasciando a metà il suo pasto.
 
Per lungo tempo, i passetti veloci della ragazzina ed i ticchettii delle unghie del cane che stridevano altrettanto rapidamente contro il pavimento riempirono il silenzio dell’immensa abitazione dei Tucker, lasciando scie di eco ben definite.
 
Bussò con insistenza, ma nessuno rispondeva. Eppure, a giudicare dai rumori tenui che provenivano da dentro, suo padre doveva per forza essere lì.
 
Ripeté ancora a battere il pugnetto contro il legno della porta, finché, esasperata, l’aprì.
 
L’uomo si voltò repentinamente, ma non si stupì vedendoli lì, fermi ed esitanti davanti alla porta spalancata. Anzi, era come se li stesse aspettando da un’eternità, e mentre si avvicinava a loro, l’ombra di Shou sovrastò completamente la figura minuta della piccola Tucker insieme a quella del cane.
 
Ma, inconsapevole di ciò che l’aspettava, Nina accolse quell’ombra come la tipica ala protettiva di un padre disposto a morire per i propri figli. La bambina a sua volta gli si avvicinò, abbracciando calorosamente la gamba destra del genitore, incurante di Alexander, il quale si limitò ad osservare la scena.
 
“Entra, Nina. E porta anche Alexander.”
 
“Sentito?” disse la figlioletta riscuotendosi dal torpore e rivolgendosi al suo amico a quattro zampe. “Vieni! Vieni!”
 
Sentitosi chiamare dalla padroncina, Alexander incedette circospetto all’interno della sala buia che Shou aveva adibito a laboratorio. I movimenti delle sue zampe, però, che avanzavano come dotate di vita propria, sembravano tradire la sua vera intenzione, ovvero quella di abbaiare furiosamente e scappare via.
 
Ma Nina, eccitata all’idea di giocare con il padre ed incurante del fatto che all’interno dell’immensa stanza ci fossero cerchi alchemici disegnati sul pavimento e sulle pareti, delle chimere ingabbiate ed altri strani intrugli, incitò ancora il cane ad entrare con lei.
 
Anche se aveva paura di quel luogo, Nina entrò comunque, seguita a ruota da Alexander.
 
Era stato il suo papà a chiederle di entrare, perciò non aveva nulla di cui temere.
 
***
 
La camera era fiocamente illuminata da qualche lampada elettrica, perciò non si riusciva a distinguere bene tutto ciò che conteneva. Nina trovò a tentoni una vecchia sedia di vimini rovinata posta ad un angolo e vi ci sedette sopra, dondolando freneticamente, mentre il suo cane mantenne acuti i sensi stando in piedi e ringhiò sommessamente.
 
“Alexander, buono.”
 
La piccola non comprendeva perché il suo enorme compagno di giochi stesse sull’attenti. Forse era dovuto alle chimere prigioniere che suo padre aveva lì dentro, ma per quanto ne sapeva lei non correvano alcun pericolo se erano chiuse, per di più alla presenza del padre.
 
Nel frattempo, Shou era intento a calcare con una tinta indefinita uno dei cerchi di trasmutazione, il più grande e quello che occupava proprio il centro della stanza.
 
Non c’era nulla attraverso le lenti del suo paio di occhiali che potesse testimoniare che all’interno del suo corpo vi fosse un’anima umana. I suoi occhi chiarissimi erano vitrei come quelli di un animale in decomposizione, privi di un qualsivoglia sentimento tipico di un padre verso la propria figlia ed il proprio cane.
 
O molto probabilmente, era la sua anima che stava marcendo.
 
“Papà, che facciamo di bello?” domandò poi, sorridendo e anche prendendo un po’ di coraggio. Non voleva interromperlo in quello che stava facendo, ma la sua fanciullesca curiosità prese il sopravvento.
 
L’uomo sembrò riscuotersi da quello che era un vero e proprio stato di trance, per nulla paragonabile a quello che potrebbe avere una persona semplicemente concentrata. Era indiscutibilmente preso da chissà quale lucida follia, pronta ad uscire fuori al pari di una cascata, con la sua stessa velocità e potenza.
 
“Adesso, piccola mia, facciamo un gioco, eh?”
 
Una voce tremante, eppure padrona di se stessa, e terribilmente roca. Era questo che udì la piccola di casa Tucker, ma non le parve poi così strano. Solitamente quando il padre sussurrava, era quel tipo di timbro che ne derivava. Ma non poteva, nella sua innocenza, constatare quanto fosse falsamente allegra e pericolosa.
 
“Tu e Alexander andate al centro di quel cerchio, ed io resterò qui.” sentenziò, indicando i disegni che lui stesso aveva fatto.
 
Felice, la bambina si alzò di scatto dalla seggiolina, ma fulmineo, Alexander abbaiò con veemenza afferrando inoltre un lembo del vestitino della sua padroncina. Lei però non gli diede credito, incedendo velocemente verso il luogo indicatole.
 
“Dai, Alexander! Ora papà gioca con noi!”
 
Non ancora del tutto convinto, il cane si avvicinò con cautela, affiancandosi a Nina.
 
“Bene.” esclamò atono l’uomo con gli occhiali. “Cominciamo”.
 
S’inginocchiò con tranquillità, fissando il cerchio alchemico che aveva tracciato non molto tempo addietro e poggiandone i palmi sopra.
 
Già pregustava il sublime istante in cui il Generale Basque Grand avrebbe ammirato per la prima volta la sua seconda chimera in grado di parlare, ottenendo così il permesso di rimanere un Alchimista di Stato.
 
La luce che sprigionò il cerchio avvolse Nina ed Alexander a poco a poco, racchiudendoli in una cappa di un intenso bianco blu che rilasciava potenti scariche elettriche del medesimo colore.
 
La piccola, ora terribilmente impaurita, ne venne circondata insieme al suo cane, e d’un tratto, tutto ciò che vedeva aveva assunto quella tonalità azzurrognola: i suoi vestiti, i suoi capelli, Alexander… Ora niente aveva mantenuto le proprie caratteristiche cromatiche.
 
Seguì con orrore crescente la scena, per poi percepire l’improvvisa assenza delle proprie dita. Prese ad osservare le sue manine che, sempre più velocemente, subivano lo stesso destino, diventando come neve sciolta al sole. Nel frattempo, il cane, anch’esso in preda al terrore, mutò forma, e la bambina strabuzzò gli occhi nel constatare che il suo corpo oramai mezzo informe si fondeva pian piano con quello del suo compagno di giochi.
 
Nina cominciò ad urlare non appena si rese conto che tutta la parte destra del suo corpo era fusa insieme a quella sinistra di Alexander, mentre questi, non credendo a ciò cui stava accadendo al suo corpo, prese a dimenarsi emettendo ringhi rabbiosi misti a dei gemiti di dolore.
 
Le fibre che componevano i due corpi si scomposero per poi ricomporsi con quelle dell’altro, allacciandosi come funi dotate di vita propria.
 
Le grida cessarono improvvisamente, mentre le luci della trasmutazione si dissolsero lentamente.
 
Ciò che ne venne fuori fu una chimera nata dalla fusione di un cane e di una bambina creata dal suo stesso padre.
 
Shou si avvicinò con foga alla sua creatura appena conclusa, accucciandosi di fronte al muso. Sul suo volto si disegnò un ghigno di soddisfazione, senza il minimo segno di pentimento, tutt’altro. La soddisfazione che provò fu così elevata che per poco non lanciò al cielo un ululato di gioia.
 
“È perfetta!”
 
Nina non si sentì più come prima. La sua mente, dapprima svanita, di bambina dolce e allegra le sembrava tetramente combinata a quella istintiva ed animalesca di Alexander, i suoi pensieri intersecati a quelli del cane. Provò a muovere una mano, ma ciò che ne derivò fu una zampata molto tenue sul pavimento.
 
Provò con l’altro lato ottenendo lo stesso risultato, per poi alzare il muso ormai dalle fattezze canine verso il suo artefice.
 
Che era successo ad entrambi? Se lo avesse chiesto al padre, sicuramente avrebbe loro risposto. Ma l’uomo non era interessato a dare spiegazioni di alcun genere.
 
Come un mostro privo di coscienza umana, a Shou non importava granché di tutta l’indescrivibile angoscia che l’unica mente della chimera provava. L’importante era che ora avrebbe continuato a condurre la sua vita tranquillamente, senza che nessuno avesse da ridire sulle sue capacità di Alchimista Intrecciavite.
 
 
 
 
 
 
 
NDA
Rileggendo il volume numero 2, mi è venuta in mente come avrebbe avuto luogo quei momenti in cui Shou Tucker trasmuta Nina e Alexander in una chimera parlante. Non so come mi sia venuto in mente di ambientarla di mattina presto, siccome sono convinta che sia avvenuto di notte!
Nella serie del 2003, quando giungono a casa Tucker, Edward era in procinto di sostenere l’esame per diventare Alchimista di Stato. Io mi sono attenuta ad entrambe le versioni, siccome ho aggiunto gli accenni della neve, inoltre cambiando un po’ anche il laboratorio di Tucker.
So che non è rilevante, ma era giusto per specificare.

 
   
 
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