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Autore: welcometomywonderland    03/12/2013    0 recensioni
"E suo figlio, invece, il bambino a cui avevo dato il velo e lo indossava come mantello, fantasticava su un eventuale paradiso, di quelli che sicuramente avrà visto su una locandina di qualsiasi pubblicità nell'unico discount del suo villaggio.
«Si, avrà una fila di palme da cui prenderanno noci di cocco e ci infileranno cannucce e ne offriranno più di una a ciascuno di noi! Si prenderanno cura di noi, e io mangerò tutto il cibo che ci offriranno, e mi farò una doccia con l'acqua di lì. Lo sa» fa rivolto verso di me quando si accorge che lo sto ascoltando
«Lì hanno acqua calda a volontà! E dicono che sia buona, non ti lascia l'amaro in bocca!»
«Immagino sia così» gli dissi, e lui sorrise.
E in quel sorriso vidi tutta la speranza di questo mondo.
Come può averne ancora così tanta?"

Ali.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il bambino che usava il velo come mantello.





«Tranquilla, va tutto bene, manca poco.»
Mi dice all'ennesimo mugolio di disperazione che esce dalla mia bocca, mentre scosta una ciocca scura di capelli dal mio volto stanco.
Annuisco per l'ennesima volta, anche se so che le sue parole non hanno un vero significato.
Sono giorni che me le sento ripetere, sono giorni che tenta di illudermi.
Lo fa per il mio bene, ma non sono stupida.
Siamo nella merda.
A casa, avevo una piccola televisione, con il vetro rotto, ma le immagini che vedevo, in bianco e nero, nonostante fossero piene di interferenze e quasi indistinguibili, nella mia mente sono più che nitide, ben impresse.
Barconi lasciati in balia delle intemperie, piccoli e malmessi, stracarichi di persone, figli di Dio, come chi ci nega l'accesso al proprio paese.
Donne, bambini, uomini, anziani, tutti stretti in un'unica stiva, in pochi riescono a malapena a sedersi.
Io tra questi, ma solo grazie alla fortuna di aver avuto accanto gente benedetta.
Sono svenuta e per quanto non sia una cosa insolita, sarà stata la mia giovane età, ma mi hanno fatto spazio, un buco, per farmi poggiare la schiena e le gambe al bordo del barcone.
E fino ad adesso la razione di cibo c'è stata. Anche se un paio di cucchiaiate di riso.
Non oso pensare la disperazione a cosa porterebbe.
Come mia sorella, lei se n'è andata un anno fa, è fuggita.
Per farlo ha dovuto vendersi, non so da quanti si è fatta toccare.
Ma so che anche se in un paese libero dalla guerra e dalla fame, non si sente più donna.
Com'è possibile che uno debba arrivare così in basso semplicemente per poter vivere?

Sono ventidue ore che non mi muovo da qui, rannicchiata.
Vedo solo tante gambe scure intorno a me, tanti piedi, la maggior parte scalzi e pieni di vesciche che aiutano a diffondere un odore nauseabondo.
Non so se sarò più capace di sentire altro.
Il fetore stordisce, da alla testa, sono in molti quelli che si sporgono al di là del parapetto di tanto in tanto a rimettere.
Il cielo è quasi invisibile, l'aria non mi arriva perché le persone intorno sono tutte in piedi.
Ogni tanto c'è lui che si gira a controllarmi, lanciandomi sguardi pieni di apprensione e poi carichi di amore, che mi da colpetti non dolorosi ma abbastanza forti perché mi svegli.
Qui, il difficile non è poi tanto addormentarsi, anche se non c'è posto, tutti ammucchiati.
Il sonno porta sogni, e i sogni desideri inavverabili, e ti viene da pensare che forse stavi meglio su quel lenzuolo sporco e pieno di toppe,
forse la fortuna avrebbe girato e la guerra sarebbe finita.
Il difficile è riuscire a svegliarsi e fare i conti con il presente.
Come è possibile che per salvarmi la vita sia finita qui?

Sono sudicia, le mosche si appoggiano sulla mia faccia, ma ho rinunciato da tempo a farle volare via.
Rivoli di sudore scendono puntualmente dalla mia fronte, e posso solo ringraziare il cielo di essermi potuta togliere il velo e quindi di non averlo attaccato alla pelle.
Il mio velo è stato usato per coprire un bambino.
E in grazia di Dio, Iman ha condiviso la mia scelta, e io ne ho approfittato per prendere un po' d'aria.
Iman, il mio compagno.
La persona che non avrei mai creduto di poter avere affianco.
Ha solo qualche anno in più di me, e il suo carattere e comportamento sono stati dettati da un'educazione diversa dalla mia, per questo, fatico ancora oggi a credere che esista veramente e che sia toccato a me.
Lui è cristiano, come me, d'altronde.
Mi ha spiegato ed esposto la sua religione, e mi ha aperto gli occhi.
Mi sono convertita, a parole, ma l'ho fatto.
Più perché abbiamo un Dio, qualcosa di superiore in cui credere, che per altro.
Ed è solo per questo che ho accettato dopo tanto di tentare la fortuna e pregando che Dio ce la mandi buona, modo di dire che è spesso sulla bocca di Iman e di cui ancora capisco bene il significato, ci siamo imbarcati clandestini, come tutti gli altri, su questo barcone.
Non so come lui sia diventato cristiano. Non gliel'ho mai chiesto.
Ma non aprirò bocca.
Avrei paura di non riuscire a tirar fuori la voce.
E che mi finisca anche quella poca saliva che mi è rimasta.
Perchè io ho la gola secca da giorni mentre c'è chi si butta l'acqua addosso per divertimento, annaffia piante o ci si lava?


Adesso, è praticamente impossibile formulare un pensiero, c'è troppa confusione, gente che urla da due giorni.
Gente che canta, altra che mormora frasi sconnesse a causa di insolazioni.
E poi c'è il mio Iman, che silenzioso osserva quell'infinita distesa di acqua color petrolio, convinto che non sia poi così infinita. Cerca di scorgere la terra ferma, lo so.
Si hanno immagini contrastanti, riguardo l'Italia, ho sentito da una donna che è tutto cemento, non c'è un po' di verde nemmeno a pagarlo.
E suo figlio, invece, il bambino a cui avevo dato il velo e lo indossava come mantello, fantasticava su un eventuale paradiso, di quelli che sicuramente avrà visto su una locandina di qualsiasi pubblicità nell'unico discount del suo villaggio.
«Si, avrà una fila di palme da cui prenderanno noci di cocco e ci infileranno cannucce e ne offriranno più di una a ciascuno di noi! Si prenderanno cura di noi, e io mangerò tutto il cibo che ci offriranno, e mi farò una doccia con l'acqua di lì. Lo sa» fa rivolto verso di me quando si accorge che lo sto ascoltando «Lì hanno acqua calda a volontà! E dicono che sia buona, non ti lascia l'amaro in bocca!»
«Immagino sia così» gli dissi, e lui sorrise.
E in quel sorriso vidi tutta la speranza di questo mondo.
Come può averne ancora così tanta?

 

Un tuono mi fece sobbalzare nel sonno.
Scosto qualcuno che si è steso sopra di me; Iman.
Immagino per evitare che lo facesse qualcun'altro.
Lui si riscuote e mi lascia un bacio sulla fronte.
Mi scosta di nuovo i capelli dal volto. Sono tutti intrecciati e sfibrati, più di prima.
Li osservo e penso a quanto mi piaceva quando Iman ci passava le mani in mezzo.
Li sdrecciava, mi massaggiava il cuoio capelluto, e insoliti brividi di piacere mi salivano per la schiena.
Era il massimo che faceva.
Noi non abbiamo ancora consumato nulla, se così si può dire.
A parte qualche carezza o bacio ma tutto in modo molto casto e che non comprendeva l'eliminazione di indumenti.
«Appena arriviamo possiamo farli tagliare. Anche io. Ci facciamo un bel taglio moderno, e sarai la più bella di tutti» scuoto impercettibilmente la testa.
Lui credeva che ero triste per i miei capelli rovinati quando io stavo pensando a noi due.
«No» dico «La prima cosa che voglio sei tu».
«Cos'è, una proposta?» E non ho mai visto i suoi occhi luccicare così.
Gli sorrido, sperando di non essere così brutta.
Che i miei occhi siano ancora quelli da cerbiatta, anche se non delineati da kajal nero, di cui si è innamorato.
Spero di trasmettergli almeno la metà di tutta quella speranza che c'era nel bambino.
Un matrimonio... un sogno.
In una terra sicura, quasi irreale come idea.
Poi, lui ricambia, e noto che io e il bambino non siamo gli unici a sperare.
Come abbiamo potuto cascarci così ingenuamente?


Che Dio ce ne scampi.
In tutta la giornata avrò fatto il Segno della croce un centinaio di volte.
Lo sto usando quasi come un gesto scaramantico.
Uno, per ogni onda gigante che si abbatte sulla stiva.
Onda, che abbattendosi si è già portata via alcuni dei nostri fratelli e sorelle.
Iman è riuscito ad afferrare dal lato esterno dell'imbarcazione una di quelle funi spesse e l'ha posizionata davanti alla mia pancia e a quella di altri disperati vicini a noi.
Ora è buio, è ancora più difficile vedere quando le onde arriveranno prepotenti.
Fosse solo per me sarebbe inutile, se un'onda si abbattesse e non avessi il braccio secco ma forte di Iman a trattenermi, scivolerei inesorabilmente giù da questo inferno.
O forse giù nell'inferno?


Sono disperata.
Ci avevano detto che eravamo arrivati, io, mi ero alzata in piedi dopo giorni e avevo visto l'Italia. Dov'è adesso? Dov'è? Perchè non ci vengono a prendere?
Non vedono in che condizioni siamo?
Siamo diventati cibo per pesci, e chi ancora non lo è, cibo per avvoltoi.
Le scorte di cibo sono finite, l'acqua dolce è andata a mischiarsi con quella delle onde.
Non ci si può più alzare in piedi dal ponte perché se no si viene spazzati via dalla tempesta.
Finalmente vedo il cielo, e sento freddo. Sarebbe da notare che sento, qualcosa.
Gli occhi riniziano pigri a chiudersi, mentre sento una mano afferrare la mia e stringerla.
Mi pare uno scherzo assai crudele; perché proprio quando ho rincominciato a vivere, la mia salvezza è divenuta così irraggiungibile?

Sono due giorni che la tempesta non si ferma.
Mi battono i denti dal freddo, ma non leverei mai il mio velo al bambino che, per la cronaca, non vedo più da tanto.
Infine, dico solo, che ora riusciamo a stare tutti seduti sulla stiva.


Sono ancora troppo scossa.
E credo di essermi presa un raffreddore o una febbre.
Il bimbo della coperta è tornato, stava scorrazzando sulla stiva, ancora più vuota dell'ultima volta.
Correva facendo finta di volare.
La madre ogni tanto gli urlava di darsi una calmata. Quell'urlo.
Così simile a quello di mia madre.
Così duro, secco. Ma da cui riesci a recepire la sua preoccupazione e l'amore da cui ne scaturisce.
Lui correva, anche poco fa, quando il mio lato del barcone si inclinò profondamente verso il basso, e si è formata un'onda che per un attimo ha rimandato la mia mente ad una delle poche lezioni delle scuole superiori a cui ho potuto partecipare, mi ha fatto ripensare all'antica Grecia, che era governata da più Dei.
In particolare Poseidone, il dio del mare... in quel momento parve veramente che potesse esistere.
Fu questione di attimi.
Il bambino scivolò, sbattè la testa per terra, e davanti ai miei occhi, che non riuscirono a chiudersi e quindi avrebbero bruciato dopo il contatto diretto dell'onda di acqua salata, il suo corpo venne trascinato nelle profondità del mare, per poi riaffiorare a galla, e riscomparire.
Per poi farlo un'altra e un'altra volta ancora.
Le mani ai lati del mio volto di Iman non riuscirono a coprire gli urli di disperazione della madre.
Non richiusi nemmeno allora gli occhi.
Mentre Iman mi mormorava parole che non comprendevo, o meglio non ascoltavo, la madre con un ultimo grido di dolore si gettò in mare.
Rimasi immobile come una pietra per tutto il tempo che trascorse da allora, Iman si preoccupò tantissimo.
Ed io non feci altro che pregare. Che Dio prenda con se madre e figlio e li lasci stare insieme.
Perchè se lo meritano, la madre è una donna piena della mia stima, non so se io al suo posto avrei avuto il suo coraggio.
O forse la sua disperazione.
Perchè devo morire per cercare la felicità?


Scotto.
Iman, piange ogni sera pregando che io possa riaprire gli occhi anche solo un istante e guardarlo.
Io lo ascolto, ma non lo faccio.
Non mi sento tanto bene, ma non credo sia per quello che non riesco più a muovermi.
A malapena respiro.
Saranno tutti gli interrogativi che sono nati durante questo viaggio senza ritorno.
Saranno le risposte che non troverò mai, a tutti quegli interrogativi.
Siamo tutti figli di Dio, perché semplicemente io devo cercare il minimo indispensabile per vivere dignitosamente e un qualsiasi bianco soffoca fra tutto quel benessere spirituale e fisico?
Tossisco.
Dov'è finita la speranza? Dove?
In fondo al mare, con il bambino a cui avevo prestato il velo.


Non apro gli occhi, non credo di saperlo più fare.
Ho paura che l'acqua non abbia rimosso del tutto la chiazza del sangue del bambino.
Non ascolto più nulla.
Sono stanca delle scuse.
Riporto alla mente l'odore della terra bruciata, o dei cibi tipici che cucinava la mia mami.
La sua voce prende il posto di quella di Iman.
Mi sussurra frasi dolci, malinconiche, che mi farebbero piangere.
Sto morendo?
In quanti sono rimasti sulla barca?
Complimenti.
L'uomo che non ci è venuto a prendere sarà contento.
Troverà un barcone pieno di moribondi e il suo mare ormai è pieno di cadaveri d'innocenti.


Tutta un'illusione.
Deve essere tutta un'illusione, altrimenti questo gelo vuole dire che sto morendo.
Come posso morire così giovane e con così tante cose che ancora ho fatto?
E Iman? Non meritava di rimanere così solo.
Dov'è finito?

Non lo sento più.


Non... lo sento.


Non ho più sete.



Non ho più fame.



Non ho più sonno.




Ho solo bisogno di un tuo abbraccio.
Perchè era solo di questo che vivevamo a casa, Iman, del nostro amore.
Tu ti sei preoccupato del lato più pratico, mi hai mandata a morire, dicendo che non sarebbe stato abbastanza.



Ma a me bastava.

 

 

 

 

 

"Mmh, pubblico, non-pubblico, pubblico, non-pubblico... non-pubblico, LO PUBBLICO!"
Ok, Alice, hai perso, ti sei lasciata ingannare come una fessa e adesso premerai quel pulsante ç-ç


Salve a tutti, per chi non mi conoscesse, si, è normale che ci siano sfoghi del genere quando si tratta degli spazi dedicati all'essere insignificante che c'è dietro agli scritti!
Che dirvi? Non lo so perché sia passata ad un argomento così serioso.
Cioè, in realtà si.
Per quello che sta succedendo dalle mie parti (esondazioni dei fiumi, gente che muore nelle macchine sotto i ponti...) e le notizie del telegiornale di quello che accade in Sicilia come la vicenda che a causa di qualche onda non si vada a recuperare gente che allo sfinimento delle forze è finalmente quasi giunta a destinazione e ancora, un tema in classe sull'immigrato, e così via, sono rimasta troppo colpita da questa realtà così distante ma vicina.

PER TUTTI I SANTI CHE CI SONO AL MONDO, VOGLIAMO DARE ASCOLTO AL LATO CIVICO CHE C'E' IN OGNUNO DI NOI E PENSARE A QUELLA POVERA GENTE CHE CERCA SOLO UN POSTICINO DOVE NON GLI CASCHI LA BOMBA IN TESTA MENTRE DORMONO O POSSANO MANGIARE ROBA COMMESTIBILE SENZA DIVENIRE CANNIBALI FRA DI LORO?!

Ok, grazie per avermi letta, mi sono sfogata c:

A parte gli scherzi,
com'è? Vi è piaciuto?
Spero di avervi fatto ragionare su un qualcosa di piuttosto importante.
Che non rimaniate impassibili davanti a questo schifo.
Ho provato a trascrivere quello che si prova lì, ho immaginato questa piccola donna molto religiosa, e la sua speranza impersonificata da quel bambino.

Avete scoperto un mio lato serioso, ma chi sotto sotto, nascosto da tanta superficialità e roba simile non ce l'ha?
Ali.

PS. per chi potrebbe essere interessato, sto scrivendo un "romanzo" Playing With Fire: a murder to discover.
Basta andare sul mio profilo e lo troverete, mi farebbe molto piacere se veniste a trovarmi anche li (:

  
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