• G l a d i o s / g l o r i a .
In un gesto secco, l’arma venne estratta dalla sua guaina di
carme calda,
lasciando una scia di schizzi, come un pennello sfuggito di mano ad
un’artista.
Gli occhi d’ossidiana del leone si fecero empi e il corpo,
ormai cadavere,
rovinò a terra, incapace di emettere un lamento, tanto il
dolore che l’aveva
spezzato era stato improvviso e straziante. La polvere si
alzò tutt’attorno
alla fiera, impestando ancor più l’aria che
stavano respirando. Il tonfo che il
corpo morto emise echeggiò sulle mura circolari
dell’arena; salì, salì, fino a
trovare migliaia di stomaci nella quale rimbombò, scatenando
un boato di urla
festanti e battere di mani.
Quegli
imbecilli gioivano dell’ennesima morte inutile.
Tutti lo applaudivano e lo facevano perché nessuno tra di
loro avrebbe pensato
di osservare una simile scena, non per mano di quel ragazzino: troppo
minuto
rispetto agli altri guerrieri, pareva sceso nell’arena solo
per soddisfare la
pancia dei leoni per la quale non c’era stato abbastanza cibo. Ma mentre i compagni
più allenati
soccombevano uno dopo l’altro, urlando
“Pietà,
pietà!” e coprendosi il volto con le braccia in un
misero tentativo di non
farsi subito strappare la faccia dalle belve, lui era sopravvissuto,
affrontando e sconfiggendo qualunque cosa provasse ad attaccarlo. Anche i suoi movimenti
erano diversi: non
erano colpi ciechi e carichi di forza bruta, ma mosse precise e letali;
alcune
erano state così veloci da sfuggire agli occhi degli
spettatori, che si erano
ritrovati a sgranarli nel
vedere
inspiegabilmente cadere i nemici davanti al novizio. Era
successo così anche con l’ultimo leone: il
ragazzo aveva perso l’arma e ciò aveva fatto
sì che il pubblico ne decretasse
la prossima morte. Ma egli, fulmineo, aveva rubato dal cadavere di un
suo
compagno il gladio e con esso aveva tagliato il collo della bestia. Ed
allora
altri applausi entusiasti avevano
riempito il Colosseo, ebbro dell’emozione di uno spettacolo
mai così vivo.
L’acclamato gladiatore, però, non alzava il pugno
verso la folla adorante, né
urlava, orgoglioso della sua vittoria. Lo sguardo era ghiaccio, sia nel
colore,
sia nell’immobilità. Stava fisso sul cadavere del
leone: tutta la fierezza che aveva
mentre gli girava attorno, cercando il momento giusto per assaltarlo,
era
sparita sotto la polvere dell’arena. Ancora il sangue non
aveva smesso di
sgorgare dal collo e le mosche erano già accorse a ronzare e
posarsi sulla
ferita, immergendo le piccole zampe in quella pozza. Il Gladiatore
scorse tra
le fauci schiuse dei brandelli di carne, che non ci mise nulla ad
identificare
con i resti delle dita del gladiatore che aveva attaccato prima di lui,
alla
quale aveva mozzato la mano che stringeva il gladio con un solo morso.
Quello spettacolo era mille volte più penoso di
ciò a cui assisteva ogni giorno
nelle vie più sporche e povere di Roma. Anche lì
la puzza di morte era
appestante e onnipresente, ma nessuno ne gioiva. Invece quegli uomini
andavano,
tronfi d’orgoglio, a uccidere per fare spettacolo.
“Noi abbiamo un onore”, gli aveva detto uno di
quelli prima di entrare nell’arena.
Onore? Ma quale onore? Quello di essere applaudito da una folla che
spera ogni
volta che il tuo sfuggire dalla morte sia sempre più
difficile? Che ride mentre
esali? Dov’era
l’onore, in tutto quello?
Dove!? C’era onore nella mano maciullata che stava nella
bocca morta del leone?
No, là c’era solo la desolazione e la
crudeltà di un gioco che chi osservava
dall’alto non poteva capire.
Gli occhi ceruli lasciarono la bestia al suo rigor mortis e si
spostarono sull’unica
cosa respirante, fatta eccezione per se stesso, che era rimasta.
Ad una decina di metri da lui stava il gladiatore per eccellenza, il
mirmillone. Che strana coincidenza. In occasione dei giochi di quel
giorno,
volti a festeggiare la nascita dell’imperatore, si era deciso
di dare una
svolta eccezionale alle modalità di combattimento: non si
sarebbero più affrontate
coppie di gladiatori in più turni, ma una decina di
guerrieri di più tipi sarebbero
stati lasciati a loro stessi in una lotta feroce e all’ultimo
sangue. Quel
giorno non importava se un gladiatore moriva, perché nessuno
avrebbe dovuto pagare
per ciò! L’aldilà era loro vicino come
mai.
Nonostante
tutte queste aggiunte, a rimanere in piedi era rimasta la
coppia di avversari più apprezzata dal pubblico, composta da
un feroce e
robusto mirmillone e un agile e scattante trace.
L’avvenimento aveva difatti
rallegrato ancor più le folle, che li
osservavano con rinnovato interesse. Anche il Gladiatore osservava il
suo
imponente avversario, che, sotto l’elmo splendente,
nascondeva uno sguardo
insicuro. Aveva
paura, il Gladiatore lo
poteva leggere nei suoi occhi, nel corpo piantato a terra che non
accennava un
solo movimento. Non lo conosceva, ma seppe al primo sguardo
l’enorme differenza
che li separava: il mirmillone era probabilmente uno schiavo
proveniente da
chissà quale terra, col corpo rafforzato da un lavoro
straziante alla quale era
voluto sfuggire nella speranza di ricevere una vita migliore. Era
lì per sua
scelta. Scelta che,
evidentemente, aveva
mal calcolato, non prevedendo di ritrovarsi a lottare infine con un
avversario
che solo in apparenza era a lui inferiore, un nemico più
capace di un reziario con
le armi e più veloce di qualunque trace avesse eliminato
quel giorno.
Il Gladiatore davanti a tutto quel timore che già confessava
una sconfitta
avrebbe voluto dirgli di andarsene, farla finita in quel modo. Ma non
poté per
due motivi: non erano per strada, lì le regole le facevano
le tribune, assetate
di sangue. E poi lui era nell’arena non per scelta, ma per
necessità.
Rimase solo una soluzione, che comunicò nuovamente al suo
avversario con uno
sguardo deciso e una presa più salda sulla spada ricurva.
Volevano l’onore?
Allora non avrebbe dato a quell’uomo l’illusione
dell’effimero onore di una
morte nell’arena e non da schiavo, ma quello vero, ottenuto
affrontando un
combattimento a testa alta.
I
due si girarono intorno, andando a definire i contorni di un
cerchio che si faceva sempre più stretto; poi, facendo leva
sul piede destro,
il Gladiatore scattò in avanti, mirando alla gamba sinistra
del mirmillone e
trapassandola con la lama. Il robusto schiavo urlò di
dolore, ma non cadde a
terra: improvvisamente la sua mano si chiuse sul collo esile del
Gladiatore,
che in un attimo si trovò sbattere con violenza la testa sul
terreno duro. Il peso
del mirmillone gravò su di lui,
bloccandolo, e più pugni colpirono lo stomaco, riuscendo a
spaccare la
protezione alla spalla destra.
Un’azione
efficace, ma poco cauta.
Il
colpi dello schiavo erano lanciati rozzamente, con i pugni che
tremavano dalla paura e dall’euforia di una speranza; se
fosse stato un altro
gladiatore più esperto a tenerlo in quella posizione,
avrebbe già usato il
gladio per trafiggerlo.
Ma
la frenesia che aveva preso possesso del mirmillone era tale che
l’uomo
non faceva altro che colpirlo e gridare, gridò e
colpì, gridò e con lui gridò
il pubblico e allora colpì ancora,
ancora, ancora, chiuse gli occhi, gridò,
colpì, colpì, colpì!
Si
fermò.
Il pugno rimase fermo in alto. Gli occhi, improvvisamente pieni di luci
e
macchie si aprirono e fissarono il Gladiatore: l’armatura era
ormai quasi del
tutto spaccata e il petto e lo zigomo destro lividi. Sul primo si
schiantavano
grosse gocce di sangue nero.
Ma
il braccio? Dov’era il suo braccio? E dove il suo pugnale?
Di colpo il mirmillone realizzò: il sangue che vedeva non
era del Gladiatore.
Esso scorreva dalle sue spalle, dalla sua nuca.
La
bocca rimase ferma su una sillaba che non seppe pronunciare e gli
occhi guardarono il Gladiatore. Poi, di colpo, essi videro il vuoto.
Il
silenzio calò sul Colosseo.
Non ci fu nessuna ovazione: il terrore si era conficcato nella gola
degli
spettatori esattamente come aveva fatto la spada ricurva del
Gladiatore. Il
corpo del mirmillone divenne molle e cadde dal lato destro. Da sotto di
esso
emerse il giovane trace, che, senza emettere suono alcuno e non badando
alla
maschera del dio Mercurio che arrivava inutilmente a controllare se lo
schiavo
fosse davvero morto, si tirò su in piedi.
Sputò
il sangue che gli aveva riempito la bocca ai suoi piedi e poi,
finalmente, gli occhi di ghiaccio si sollevarono verso le tribune e le
labbra
spaccate diedero voce ad una sola frase:
«
Adesso siete soddisfatti!? »
“
Potevo aspettarmi tutto, tranne un finale simile”,
sussurrò la
moglie di un patrizio al marito, che si limitò ad annuire,
incapace di staccare
gli occhi dall’arena. Il silenzio della folla si era rotto in
un bisbigliare
sbigottito, impaurito, incredulo.
Solo
una tribuna era
rimasta
quiete: ad occuparla erano due soldati e un uomo dimostrante
venticinque anni.
Esso era imponente quanto il mirmillone appena caduto, ma la sua pelle
era
bianca e le vesti di lino. Sui capelli d’oro ricadeva una
corona di foglie d’alloro
che cingeva tutto il capo con perfetta precisione, conferendo
autorità ad un
fiso dai tratti scolpiti ed occhi chiari come il cielo.
Di tutti gli spettatori, l’Imperatore era stato il
più attento e silenzioso.
« Hai saputo chi sia quel ragazzino? »
Chiese, con voce ferma, al soldato alla sua sinistra. Questo
annuì con vigore,
schiarendosi la voce prima di iniziare a parlare.
« E’ un criminale. Più di una settimana
fa lui e il suo gruppo sono stati
arrestati. Quando ha saputo degli imminenti giochi per i festeggiamenti
della
sua nascita, si è offerto come gladiatore, ma..»
la voce si spense un attimo « …
Invece che la grazia per lui, l’ha chiesta per i suoi due
compagni. Così,
finita questa battaglia, tornerà in cella. Una cosa simile
non si è mai
sentita.
Si è condannato a essere, come l’ha definito il
capo delle nostre guardie, “uno
schiavo del gladio”. »
L’imperatore,
seppur non dandolo a dimostrare, fu colpito da quella
definizione. I criminali che scendevano nell’arena lo
facevano per sfuggire
alla prigione, ma il ragazzo che quel giorno aveva spezzato il fiato di
tutti
ci sarebbe tornato subito dopo la vittoria e così per anni,
fino alla morte. E
questo per togliere da quel luogo i suoi due compagni.
Gli occhi azzurri tornarono di nuovo su quella figura e
l’Imperatore scoprì che
anche il Gladiatore lo stava fissando. Lo sguardo quel guerriero
bruciava
quanto le parole che poco prima avevano tolto il fiato
all’intero Colosseo; non
vi era segno di rimorso o timore: sotto la pupilla si agitava come un
mare
tumultuoso la pura essenza della forza di volontà.
Era con quella che aveva sconfitto chiunque in quell’arena,
che aveva resistito
ai pugni per sferrare un solo preciso colpo. Ed era sempre con quella
che
adesso lui, criminale, guardava sprezzante l’Imperatore.
Bastò quello.
L’uomo più importante di tutta Roma si
alzò e si eresse su tutto l’Anfiteatro,
attirando l’attenzione di ogni presente, ma volgendo lo
sguardo e l’indice solo
e unicamente sul Gladiatore.
« Ebbene, gladiatore, hai vinto. Ma ciò che ti
voglio dire è altro. Io desidero
farti una proposta.
Dimmi: vuoi tu continuare ad avere la fallace gloria dei giochi, oppure
conoscere la vera gloria delle truppe dell’Impero? »
Chiunque al sentire tali parole sgranò gli occhi: non era
mai accaduto che l’imperatore
si rivolgesse ad un gladiatore, un criminale, oltretutto, una simile
proposta.
Lui, però, rimase impassibile al vociare dei senatori. Le
uniche parole che
voleva sentire erano quelle del guerriero.
Il Gladiatore lo guardò forse per un secondo aria stupita.
Poi, per la seconda volta, scelse senza avere rimpianto alcuno.
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scritta per premiare
una certa signorina che oggi ha pulito camera sua uvu
Boh, so che ci
sono delle incorrettezze storiche, ne sono consapevolissima
perché mi sono informata prima di scrivere tutto (TvT)
Boh, io c'ho
provato, sono due personaggi con cui non ho mai scritto nulla, anche se
Levi mi ricorda un personaggione che conosco--!
La storia è ispirata a una belliffima -?- fanart!
Un paio di note:
- "La maschera del dio
Mercurio": si riferisce ad un'officiante, una specie di arbitro, che
controllava se il gladiatore fosse vivo o no
-Tutti i nomi "strani" che appaiono sono le varie categorie di
gladiatori;
-In tutta la fanfic non ho mai chiamato Levi/Rivaille e Irwin/Erwin per
nome perché beh, di certo non erano nomi da ROma antica e
italianizzarli non mi piaceva x°
Spero venga
apprezzata, fatemi sapere---!
__ Valkyrie