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Autore: nannie    03/12/2013    2 recensioni
«A volte vedi ripenso a te.
Come sto? Come stai? Dove sto? Dove stai?
E lo so che lo sai che no non ti odierò mai…»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'mille volte ancora. '
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A te che m'hai fatto a pezzi e te li sei portati via.     

Pezzi di me e di te.
 

«A volte vedi ripenso a te.
Come sto? Come stai? Dove sto? Dove stai?
E lo so che lo sai che no non ti odierò mai…»

Perché io non riesco ad odiarti, non ce la faccio proprio.
A volte provo anche ad imporlo a me stessa ma viene difficile e rinuncio.
Ora ti guardo e non sono sicura di quello che vedo, sei davvero te?
Perché dentro –sì lo so, lo sento- sei ancora come me.
Scrivi ancora quelle strane poesie su quel quaderno logoro e pieno di scarabocchi –no, non lo voglio un taccuino carino della moleskine, mi piace così.
E chissà se scrivi (ancora) di me.
Io continuo a farlo anche quando mi fa male la mano e il cuore.
Un tempo di me scrivevi ed ora non lo so se sei ancora come me.
Hai ancora gli occhi scuri e troppo grandi, come i miei, che quando ci guardavamo fissi perdevo la cognizione di me stessa. C’eri tu, c’ero io, c’eravamo noi e bastava così poco.
Un sorriso, una battuta, -lasciami un tiro, ti chiedevo, ti lascio quello tossico, e baciandoci fumavamo.
E pensare a quanto ci hanno tradito e ingannato quei baci, ci hanno confuso, non ci facevamo parlare ci tappavamo la bocca a vicenda e via così.
Un bacio e ci convincevamo che noi ce la potevamo fare, anche se di amarci noi non eravamo mai stati capaci.
Eravamo capaci di amarci anche troppo e forse è vero che il troppo storpia.
Però mi sento negativa, davvero tanto, però io non scordo.
Non scordo la tua pelle olivastra che fa contrasto con la mia un po’ pallida, e quei capelli quasi sempre sparati in aria –ma come fai? Mi sveglio la mattina e li lascio come stanno.
Non scordo le tue mani che erano plasmate per le mie, e ormai ci sono ancora le tue impronte digitali marchiate a fuoco sulla mia schiena. Come il segno rosso, grande quanto una nocciola o poco più, con cui sei andato fiero in giro per due settimane e per cui ti ho chiesto scusa con ancora un po’ di malizia –non fa nulla, almeno sanno che sono tuo.
Non scordo che tu eri mio e io tua, e anche senza i segni ci si leggeva in faccia. Il mondo era nostro.
Volevamo fare un viaggio in argentina, c’eri stato il mese prima in cui ci eravamo conosciuti e m’avevi subito detto “ti ci devo portare, ci andremmo insieme.” Io  quel viaggio mai fatto non lo scordo.
Non scordo le notti accoccolati nella mia stanza e tu che mettevi apposto –è un casino qui dentro, come fai a viverci?- tanto c’eri tu a farlo e io ero felice di viverci davvero così. Con le gambe intrecciate, meno quattro gradi fuori e il fuoco sotto le coperte.
I baci rubati e quelli regalati, i miei bronci che tu levavi con qualche smorfia tenera, i caffeè che di prima mattina mi rifilavi perché sapevi che, dio, sono nervosa senza la mia dose di caffeina quotidiana.
Tra tutto non scordo nemmeno, e non lo farei mai, tutti i sussurri di notte fonda –perché di notte sono quasi amore. Le tue mani su di me e la voglia che non finiva più di sentirsi nostri e infiniti.
Io non ho scordato nemmeno il “È finita.” e il mio provare a tenerti ancora, che infine t’ho mandato solo più lontano.
Mi è crollato il mondo addosso e non mi sono spostata, sono rimasta lì, ho accusato il colpo.
Ora devo fare pace col passato, devo capire chi sei e se sei ancora tu.
Se sei ancora il ragazzo con il drum in mano e un sorriso di sbieco, quello che al pub mi chiedeva quale birra volevo sapendo già che alla fine prendevo sempre la stessa –Guinnes, logico.
Che poi ubriaco come me (o forse di più) mi diceva di spararsi una foto al bagno, perché a te fare il coglione divertiva. Quello che –me lo dai un bacio?- perché uno, due, tre era sempre troppo pochi.
Quello dall’accento del sud e la mentalità più impicciata della mia, con le scarpe allacciate male e i tatuaggi in bella vista senza egocentrismo. Quello che m’abbracciava per farmi stare ferma e zitta che poi se io provavo ad abbracciarti sbuffavi e storcevi il naso. A capirti ce ne voleva. Ce ne vuole.
Ma parlo al passato e del predente cosa posso dire? Non mi resta niente.
Di te ho la maglia sulla sedia in stanza, il profumo che infesta la sciarpa e il numero che fisso e faccio fatica a chiamare sul telefono. Di te ho i ricordi belli e gli ultimi pezzi di me che hai lasciato quando te ne sei andato.
Fiumi di lacrime che asciugo, perché si mi manchi ma non è giusto.
Ho il cuore da per tutto e spero che questo messaggio in segreteria non lo aprirai mai, perché davvero non lo so chi sei e se sei ancora Zayn.
Non lo so perché ho chiamato, io volevo solo sapere come stai? Dove stai?
Ci stai? Resti?
Torna.

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In questi ultimi giorni mi sento (troppo) ispirata, scrivo di getto e queste sono le schifezze che tiro fuori, one shot senza quasi un senso logico che sono un'accozzagli di pensieri, emozioni e ricordi miei.
Sentivo il bisogno di scrivere tutto perché al mio Zayn ste cose non le andrò a dire che tanto so che è inutile. 
Ma anyway, 'sta schiffffffezza è ispirata a 'Pezzi di me - Coez' e  anche un pochino a 'Sei - Negramaro' che vi consiglio vivamente visto che son bellissime. 
Diciamo che credo di riunire queste one shot, perché si ce ne sono altre che dalla mia testa stanno passando al cartaceo e dal cartaceo al digitale ew, in una serie. Quindi: preparatevi al peggio, sorry not sorry. 

 


Besos, nannie.

 
   
 
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