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Autore: misslittlesun95    03/12/2013    2 recensioni
Nessuna gloria, nessuna memoria, nessun noi.
Volo giù allo stesso modo in cui Camilla è entrata in carcere.
Ora l'ho anticipata.
Nel posto dove ci rincontreremo, là dove vanno dimenticati e cattive persone, arriverò prima io.
Poi dovrò solo aspettarla e sarà per sempre.
Nessuna gloria, nessuna memoria, ma laggiù almeno noi.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Almeno noi.


1955, Rimini
Io sono lento.
Lo so, lo sono sempre stato e non penso che sarà mai diverso.
Camilla è molto più veloce di me nonostante sia femmina e abbia solo dieci anni, ben due meno di me.
Ci vediamo solo d'estate perché i suoi nonni sono di qui, ma lei vive a Milano.
- Mauro muoviti! Dai che voglio andare in acqua!- Mi urla dalla riva.
È così tutti i giorni, quando arriviamo al mare lei corre veloce verso l'acqua mentre io rimango indietro.
In fondo la capisco, lei il mare non lo vede tutti i giorni fino ad averne la nausea come faccio io che lo conosco anche di inverno, quando nevica.
- Mauro se non ti muovi non posso entrare, dai!- Continua a chiamarmi.
- Arrivo Cami, arrivo.- Le rispondo e mi do una mossa per raggiungerla.
Entriamo insieme dandoci la mano come da piccoli, anche se ora lo facciamo solo quando non ci sono in giro i miei amici.
Quando mi vedono mi prendono in giro dicendo che Camilla è la mia ragazza, ma non è vero, io le voglio bene come se fosse una sorella e basta.
O almeno ho sempre pensato così, anche se adesso un po' mi piace.
Ma comunque non è importante, perché a lei piace quel Pietro, un bambino del suo palazzo di cui mi parla sempre. Anche oggi.
- Lo sai? Pietro è in vacanza in Liguria dai nonni, ma dice che secondo lui noi abbiamo il mare più bello.-
- E come fa a saperlo? È venuto mai a Rimini?-
- No, ma dice che dove sono io è tutto più bello.- Ride Camilla.
Quando parla di Pietro ricorda mia sorella Agnese con il suo fidanzato, solo che Agnese di anni ne ha diciotto.
- Magari questo inverno vieni una volta a Milano e lo conosci.- Mi dice.
Io annuisco ma lei non fa in tempo a vederlo, perché nuota via veloce verso la piattaforma da cui facciamo i tuffi.
- Chi si tuffa meno lontano è stupido.- Scommette Cami mentre anche io salgo.
Poi si butta.
Almeno qua riesco a vincere io, e un poco la sfotto proprio come ha detto lei. - Stupida, sei una stupida.- Rido.
Lei mi fa la linguaccia e poi si getta di nuovo in direzione della riva, dove di già l'aspetta sua madre. Mancano solo dieci giorni alla sua partenza per Milano, e ancora non le ho detto che mi piace.
Forse lo stupido sono io.

1962, Treno Milano-Rimini.
Quando una settimana fa sono arrivato a Milano per passare qualche giorno insieme a Camilla sapevo che l'avrei trovata fidanzata con Pietro, ma non immaginavo neanche come sarebbero potute andare le cose alla fine.
Due giorni fa eravamo in centro solo io e lei e lo abbiamo visto baciarsi con Amelia, un'amica di Camilla.
O forse non più.
Li ho visti litigare come non ho mai visto fare a nessuno e poi lei è corsa via.
Veloce, come sempre.
E io lento, magari un po' meno di quando eravamo piccoli, la seguivo.
Quando si è fermata l'ho fatta sfogare tra le mie braccia e poi lei mi ha detto che doveva ascoltare alcuni amici che le avevano detto di non fidarsi di Pietro.
- Mi dicevano che lo faceva per la gloria, capisci? Perché io sono la figlia di un funzionario del comune mentre i suoi genitori lavorano in fabbrica. La sua gloria, riuscire a farsi la figlia di una persona più importante dei suoi, è valsa il mio dolore. Non lo voglio vedere mai più, quello stronzo.-
Di tempo, da quando Pietro e Camilla vivevano nello stesso palazzo, ne è passato molto.
Adesso la sua famiglia è in condizioni molto migliori di allora, si sono spostati verso il centro e hanno parecchi soldi.
Pietro no, è rimasto figlio di operai e si è visto come è andata a finire.
Mentre lei era lì che ancora piangeva le ho detto, non so per quale motivo, una cosa che mi diceva mio padre quando ero piccolo, lui che aveva fatto la guerra. - La gloria spetta alla memoria, sono glorificati quelli di cui tutti si ricordano. Tu dimenticati di Pietro e vedrai che verrà dimenticata anche la sua gloria.- Non so come mi sia uscita, una frase del genere, eppure lei, invece di urlarmi addosso che non avrebbe mai dimenticato un tradimento simile, mi ha detto che forse avevo ragione e mi ha abbracciato.
È quello che abbiamo fatto per tutti questi due giorni, rimanere abbracciati, o almeno è ciò che ricordo.
Anche in stazione, proprio sulla piattaforma davanti al binario. Un abbraccio lunghissimo.
Soprattutto un abbraccio vero, sincero.
Eppure quando ci siamo salutati e il treno è partito mi sono reso contro di come un abbraccio da lei non mi bastasse più.
Non sono stato abbastanza coraggioso da dirglielo, però.
E adesso ho paura che un giorno lei si dimentichi di me, anche perché, ora che ci penso, io non ho nulla che vada la pena ricordare, non c'è nulla di glorioso in me.

 

1970, Milano
Quando a dicembre ho sentito della bomba alla banca ho subito chiamato Camilla.
Lei quel giorno non era in città, e per fortuna neanche i suoi cari si trovavano dalle parti della banca, ma mi ha detto che si sono presi tutti un grosso spavento e che sono stato carino a chiamarla.
Erano tre anni che non la sentivo.
Un po' perché aveva smesso di venire a Rimini, un po' perché dopo Pietro è arrivato Giulio e il suo cuore batte per una persona che continuo a non essere io.
Forse avevo ragione a dire che non c'era nulla in me che valesse la pena ricordare.
Un po' la bomba ha cambiato le cose, anche perché se no ora non sarei qui con lei a passeggiare nel centro di Milano.
Io, lei, Giulio e Amelia.
Sì, la ragazza con cui Pietro l'ha tradita.
Le cose con lei sono andate a posto, poi, i miracoli delle donne, e adesso siamo qui tutti insieme.
Devo ammettere che non sia una brutta ragazza, ed è anche simpatica.
Camminiamo insieme dietro alla coppietta.
Ormai è un rituale, sono sempre dietro le emozioni di Camilla.
Dietro alla sua gioia di bambina al mare, dietro al suo dolore di ragazza tradita, dietro al suo amore di donna.
Sempre dietro a lei, sempre in ritardo, sempre lento.
Domani riparto per Rimini, di nuovo, e anche se ci siamo promessi di sentirci ho paura che gli impegni ci porteranno di nuovo ad allontanarci.
Servirà un'altra bomba per risentire la bimba delle mie estati?
No, forse dovrei essere glorioso e valoroso, in fondo anche nelle fiabe il principe era così e in questo modo conquistava la sua principessa.
Ma io non sono valoroso, e non sono glorioso.
E quindi sono dimenticabile.
Subito, da quando domani salirò sul treno.


1977, Roma.
Come avvocato seguo dal vivo un processo a una banda armata comunista che ha ucciso un famoso imprenditore Romano.
Io sono un civilista, ma queste cose mi interessano da matti, sicuramente più di liti tra coniugi e inquilini.
Chissà come sono arrivato qui, non me lo ricordo neanche io.
Ho preso la laurea a Bologna e ho iniziato a lavorare a Rimini, a due passi da casa mia.
Poi un giorno di tre anni fa si è presentata alla mia porta Amelia e mi ha detto che non ce la faceva più e doveva dirmi che mi amava.
Dopo sei mesi ci siamo sposati e siamo venuti a vivere a Roma.
Non ho più saputo nulla di Camilla, invece, e anche Amelia mi ha detto di non averla sentita neanche una volta da quando ha lasciato Milano.
Un giorno parlandone mi raccontò di come prima della sua partenza Camilla stesse male a causa di Giulio, ma lei non ne aveva capito bene il motivo e supponeva addirittura che potesse essere morta.
Quella sera mi addormentai con un peso sul cuore, ma il volto di mia moglie appena sveglia la mattina dopo mi fece passare tutto.
Forse non ero l'unico mancante di gloria, in quel duo tutt'altro che indivisibile che avevamo formato io e Camilla all'inizio delle nostre vite, perché anche io la stavo dimenticando.
Ora sono qui, nella platea, con davanti la corte e dietro le gabbie con i detenuti.
Alcuni sbraitano, altri cantano cori rossi, qualcuno alza il pugno.
Poi arriva il giudice e fanno silenzio.
Il dibattimento in aula non mi appassiona più di tanto, ma segno qualche appunto quando intervengono gli avvocati della difesa, giusto per capire come si fa a difendere delle persone colpevoli senza ombra di dubbio, anche se ammetto che sia già un grande passo avanti il fatto che questi vogliano una difesa.
Un'ora e mezza di parole, parole, parole.

Odio il linguaggio pomposo della giurisprudenza e la sua falsa retorica, saranno pure il mio lavoro ma mi infastidiscono e lo faranno per sempre.
Faccio l'avvocato perché non c'era nulla di meglio, ma potessi tornare indietro la mia scelta sarebbe molto differente.
Dopo un'altra ora abbondante viene concessa a tutti una pausa, e mentre mi avvio fuori dall'aula mi sento chiamare da una delle gabbie.
- Mauro, Mauro!-
Il mio nome lo urla una donna che malgrado tutto sta ancora fissa in piedi con il pugno sinistro alzato e chiuso.
Non capisco chi possa essere, ma lei insiste. - Mauro, Mauro. Ma allora sei lento anche di testa.-
Sei lento.
Quelle due parole mi fanno capire, ma non posso crederci.
Camilla.
Poi fisso il volto della detenuta.
Sì, sì è Camilla, Camilla.
Mi avvicino.
Vorrei chiederle mille cose, vorrei capire cosa le sia successo, come mai sia qui.
Ma non riesco a parlare, e allora lo fa lei. - Avevi ragione, la gloria sta nell'essere ricordati.- Mi dice sogghignando.
Poi viene portata via da un secondino.
Ricordati.
Sì, lei lo sarà.
Lo capisco alla fine dell'udienza, quando il giudice la condanna all'ergastolo come esecutrice materiale dell'omicidio.
Lei ha sparato, lei ha ucciso, lei sarà ricordata.
Ma no, no, allora sbagliavo, allora mio padre diceva cazzate, perché nell'essere una terrorista non può esserci nulla di glorioso.
Eppure il binomio era quello, ne sono certo, gloria e memoria.
Quando è tutto finito mi volto un'ultima volta verso la gabbia, e di nuovo a pugno chiuso vedo Camilla che mi guarda e mi saluta.
Lei sarà ricordata da tutti come un'assassina.
Io sarò ricordato da lei come Mauro il lento.
Ma nessuno di noi sarà mai glorioso, il binomio di papà era sbagliato e ne sono certo.
Mezz'ora per farmi crollare tutte le certezze.
A casa racconto tutto a mia moglie, e lei non risponde se non dandomi una vecchia lettera.
- Tieni, ora sai.- Mi dice consegnandomela.
Tre righe di Camilla, datate a tre giorni prima dell'arrivo di Amelia a casa mia a Rimini.
“Parto e vado via, la vendetta contro lo stato mi chiama.
Non pensarmi mai, non ricordarmi, quelli come me la gloria della memoria non la meritano.
Però ricorda che una bambina veloce ti ha amato.”
Sospiro sedendomi sulla mia poltrona e lasciando la lettera sul tavolino.
Se fossi stato più veloce l'avrei raggiunta, saremmo stati felici insieme.
Magari nessuno ci avrebbe mai ricordati, ma che importanza ha?
Ora che gloria e memoria non sono più sposi, ora che tutta la mia vita ha il senso opposto di quello che aveva stamattina.
Saluto mia moglie con un bacio ed esco.
Arrivo ad un ponte e mi siedo con le gambe verso il fiume.
I suicidi non li considera bene nessuno. Proprio come i terroristi, come se ammazzarsi equivalesse ad ammazzare.
Cattiva considerazione, niente gloria. Eccolo un binomio vero.
Se potevamo essere gloriosi insieme non possiamo esserlo distanti, ecco un'altra verità.
Mi metto in piedi e salto senza neanche pensarci.
Nessuna gloria, nessuna memoria, nessun noi.
Volo giù allo stesso modo in cui Camilla è entrata in carcere.
Ora l'ho anticipata.
Nel posto dove ci rincontreremo, là dove vanno dimenticati e cattive persone, arriverò prima io.
Poi dovrò solo aspettarla e sarà per sempre.
Nessuna gloria, nessuna memoria, ma laggiù almeno noi.

   
 
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