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Autore: Curly_Girl    03/12/2013    4 recensioni
Harry è in ritardo.
Harry non arriva, e doveva essere lì, alle cinque.
Ora sono quasi le sei, e Louis si sente come un bambino che ha perso la strada di casa. E si odia per questo.
Odia essere così nervoso e fragile.
Odia sentire sulla pelle quella sensazione di dubbio e ansia.
((LARRY)) Enjoooy!
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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A way home.



 


Louis non ha mai amato aspettare.
Un po’ perché è sempre stato un tipo piuttosto ansioso, un po’ perché trova che sia un momento di instabilità, di confusione, e ha sempre odiato sentirsi così.
Principalmente, negli ultimi due anni, perché crede sia una perdita di tempo.
Insomma, ora potrebbe benissimo essere a casa, tra le braccia del suo ragazzo, tra le lenzuola, al caldo, in pace con se stesso, invece è seduto su una delle microscopiche sedie rosse, all’entrata del college, ad aspettare che Harry passi a prenderlo;
Se ne sta lì a sbuffare e litigare con quei sedili di plastica rossa dove sta scomodo e gli entra a malapena il culo, immaginando cosa potrebbe fare se non dovesse aspettare.

In fondo Harry glielo dice sempre che dovrà cominciare a ad usufruire dei mezzi pubblici, se proprio non vuole andare in auto.
In realtà Louis odia gli autobus e dice di amare le passeggiate mattutine, e semplicemente usa questa scusa perché con i pochi soldi che racimolano al mese, hanno una macchina sola, ed è consapevole che Harry con il suo lavoro debba spostarsi spesso, così preferisce sia lui ad usarla.
Che poi non ha ancora capito come uno come lui possa starsene tutto il giorno dietro ad una macchina fotografica, e non davanti, come modello;
però non si lamenta, non lo istiga a tentare quella strada, perché in cuor suo sa che poi non avrebbe più tempo per uno studente in crisi causa-laurea.

Ha troppa paura di perderlo, perché è la cosa più preziosa che ha.

Se non fosse per lui, Louis non sarebbe mai tornato al college, per diventare insegnante, ma avrebbe girato un po’ ovunque, instabile, precario, come una pallina di un flipper, lavorando in qualche bettola o supermercato, finendo licenziato ogni due settimane;
Insomma, com’era solito fare da quando se ne andò di casa.

Riesce a pagarsi la retta universitaria a malapena, fa tre lavori, e Harry deve comunque aiutarlo con le spese, si odia per questo, ma sa che il suo ragazzo non gli perdonerebbe mai una sua resa, perché lo ama, e perché lo conosce abbastanza da sapere che quel sogno è l’unica prospettiva di luce che abbia mai avuto nella sua intera vita.

Harry sa di essere fortunato, e si sente in dovere di far sentire Louis stabile, al sicuro.
Ed è esattamente così che quest’ultimo si sente, anche se ha una stretta al cuore ogni volta che pensa a quanto debba essere bello avere una famiglia che lo accetta per come è, anche se ama la persona sbagliata, del sesso sbagliato, dai retroscena altrettanto errati e non idonei a quello che due genitori si prospetterebbero come compagno di vita del proprio figlio.
Insomma, una famiglia come quella di Harry.

Non si spiega, spesso, come sia possibile il fatto che la semplice caratteristica di essere attratti da persone dello stesso sesso, possa annullare completamente ogni virtù, o giudizio, riguardante qualcuno, fino a dipingerlo come qualcosa di ripugnante.

Accadde questo per lui.
Era uno dei ragazzi più amati a scuola, da ogni professore, ogni studentessa e studente, persino nella sua città tutti lo adoravano, era l’idillio per la sua famiglia, che amava tanto parlare di quel figlio che un giorno sarebbe diventato un grande professore. Con una moglie, e dei bambini.
Un figlio che non conosceva. In realtà.
Era una famiglia di ipocriti la sua, un po’ come lui, che su quell’amore che riceveva da tutti, ci aveva costruito la vita, e i suoi agi, facendone un vanto per se stesso, un auto-convincimento che lo aveva riempito, fino a farlo diventare un pallone gonfiato.
Per questo forse, quando si sparse la voce che fosse gay, era convinto che a nessuno sarebbe importato davvero.

Quanto si sbagliava, se ne accorse solo quando vide sua madre piangere disperata per giorni, e i suoi amici cambiare giri e abitudini, snobbandolo come avesse la lebbra.
Quanto fosse un pezzo di merda invece,
una persona piena di sè e allo stesso tempo vuota, lo capì solo quando scappò di casa, e cadde dalle nuvole, trovandosi solo nel bel mezzo della realtà.

Finchè non era arrivato Harry, e l’aveva recuperato, riempendolo come si fa con un vecchio scatolone, rendendolo più bello e interessante, dandogli uno scapo, attraverso ogni cosa che vi si pone dentro.
E Harry l’aveva riempito d’amore,
ed ora Louis, era una persona nuova.

Una persona nuova, che odia comunque aspettare, tutt'oggi.

Allora Louis esce, nervoso, sfregandosi le mani per il freddo, un occhio a controllare che smetta di piovere presto.
E’ un po’ triste per la miriade di pensieri che gli stavano attraversando il cervello, e allo stesso tempo ansioso di stringersi al ragazzo che ama, così che quest’ultimo li scacci via.
Ma Harry è in ritardo.
Harry non arriva, e doveva essere lì, alle cinque.
Ora sono quasi le sei, e Louis si sente come un bambino che ha perso la strada di casa. E si odia per questo.
Odia essere così nervoso e fragile.
Odia sentire sulla pelle quella sensazione di dubbio e precarietà.

E se si fosse scordato?

Prova a chiamarlo ancora una volta, ma è la segreteria a rispondergli, di nuovo.
Sono le sei ora, e Louis è stufo, e comincia a camminare, con il cappuccio sul capo e la pioggia a minare la sua poca pazienza e la sua frustrazione.
Dieci passi ed è già zuppo da capo a piedi, non sta guardando nemmeno la strada, non è sicuro che sia quella giusta perché è occupato a pensare ad altro.
Si sente perso perché Harry non si è ricordato.
E lui non scorda mai niente di solito.

I lampioni  fanno poca luce, e la pioggia compromette la sua vista, sbattendo forte sui suoi occhiali, ma quando il cellulare vibra, anche se non riesce bene a leggere sullo schermo, è sicuro che sia Harry.
Risponde, sollevato come se avesse appena visto il sole sorgere, tentato di mantenere comunque un tono arrabbiato, perché insomma, l’ha aspettato per un’ora.

-Amore dove sei?
Ha ancora il coraggio di parlare in tono così calmo, dopo essersi scordato di lui?
-Sto andando a casa, a piedi.
-Cosa.. Perché non mi hai aspettato? Ti avevo detto che avrei tardato un po’, Nick mi ha trattenuto per congratularsi del book del matrimonio di Poppy, è andato benone, come avevi detto tu.

Ma Louis ha smesso di ascoltare da “Nick mi ha trattenuto”.

-Grimshaw?
-Sì, riparati da qualche parte e ti raggiungo, sarai bagnato da capo a piedi.

Louis non gli risponde nemmeno, e decide di cambiare strada, perché non vuole vederlo, così attraversa.

-Aspettami, ok?

Harry non riceve risposta, e odia quando il suo ragazzo reagisce così, ma forse è fortunato perché lo sa, Louis l’avrebbe sicuramente insultato, se solo avesse fatto in tempo.

Harry non sente più parole, né sospiri scocciati, non ha risposta.
Sente solo il fischio dei freni di un’auto.
E l’unica cosa che riesce a fare a quel punto è urlare.
E partire, veloce, scaricando la paura sull’acceleratore.

Corre, non curandosi della pioggia, cercandolo, buttando lo sguardo ovunque anche se i suoi occhi giocano brutti scherzi, e sono troppo bagnati per distinguere qualsiasi figura.
 


 



-Lou? .
Lo chiama.
Nessuna risposta.
E’ un bel po’ che Harry gira per casa, cercandolo.

Harry odia cercare.
Odia cercare Louis, perché  significa che non ce l’ha sott’occhio,
significa che è da solo, e che lui non gli è stato vicino abbastanza da non poterlo perdere.
Harry sa che cercando Louis passerà del tempo prima che riesca a trovarlo, durante il quale rivivrà quella sera.


-Boo dove sei?

Niente.
Non è in cucina, non è nella sua stanza, neanche in bagno.
Harry ha i nervi a fior di pelle, a volte crede che glielo faccia apposta,
ma è solo paura la sua, perché è consapevole che Louis non ha più il senso dell’orientamento, dall’incidente.

Ha perso tante cose oltre la memoria, oltre a determinate capacità motorie.
Non riesce più a scrivere, e ha riacquistato molti dei suoi ricordi da poco, che lo stanno uccidendo, come se li vivesse di nuovo.
E’ come se fosse tornato indietro,
come se fosse perso e distrutto come Harry lo trovò per la prima volta.

Il suo passato.
Il suo sogno, ora apparentemente irrealizzabile.

E’ confuso, è frustrato, e dorme praticamente tutto il giorno per sfuggire alla realtà che lo uccide.
Quando non lo fa, o è dal fisioterapista, o piange, chiuso in una stanza, solo.
Qualche giorno prima, si era reso conto di non aver riconosciuto Harry, per quel periodo dopo l’incidente, e aveva cominciato a sparire di nuovo da allora.

La cosa buona, relativamente buona,
era che perlomeno aveva cominciato ad avere troppa paura di uscire solo di casa, per nascondersi o perdersi in giro.

Quando Harry esce in giardino, disperato, sta piovendo da un po’, e di Louis non c’è traccia.
Sta per avere un esaurimento nervoso per la preoccupazione, quando nota una scarpa accanto al garage.
E’ una vans, di quelle nere, quelle che il suo ragazzo ama tanto e che lui disprezza, perché gli sembrano pantofole.
Ha un flash e deve fermarsi un attimo per riacquistare un minimo di sanità mentale che gli permetta di mantenere la calma.

Poi all’improvviso sente singhiozzare, e di colpo si abbassa, guardando sotto l’auto:
lo trova lì, sdraiato, gli occhi rossi e i brividi di terrore.

- Lou, ehi, è tutto ok.

Fa finta che sia normale, per non turbare ulteriormente Louis, che non dice niente, e continua a piangere, ma i suoi brividi lo tradiscono, perché è come se quella sera si ripetesse di nuovo sotto ai suoi occhi.
Harry ci mette un po’ a tirarlo fuori, perché infondo lui non può aiutarlo molto con le gambe, ed appena lo disincastra se lo stringe addosso, provando a non piangere a sua volta.

- Che ci facevi lì, eh?

Gli accarezza la schiena, chiedendoglielo dolcemente, quasi scherzosamente.
Perché non vuole che anche lui ripensi all’incidente, per quanto possibile.

-Non lo so, ho aperto gli occhi, ed ero lì.

Louis ha la stessa voce di quella sera, al telefono, e di quel giorno, quando incontrò Harry la prima volta:
ha la voce di chi non riesce più a ritrovare la strada di casa.

Ma il suo ragazzo lo percepisce,
e si sente in colpa, ancora.

Stringendolo, ogni qualvolta che vede una  lacrima su quei begl’occhi così spaesati.
Non sa che fare per calmarlo e per calmare se stesso, così tenta in qualcosa che ormai non fa da molto, da quando Louis ha perso la memoria, giustificando quell’azione con i consigli che il dottore gli dice spesso:
deve agire normalmente, con cose di tutti i giorni, per aiutarlo a recuperare,
e così lo bacia piano, perché è la cosa più naturale che riesca a fare al momento.

Ed è come se di colpo, il buio nella mente del ragazzo svanisca, filtrando uno spiraglio di luce,
come se all’improvviso Louis riesca a capire tutto:

Harry non si sarebbe mai scordato di lui, mai, e non importa altro adesso,
non importa il suo passato, la sua famiglia, non importa Nick Grimshaw,

Se lo ripete, sperando di riuscire a tenerlo a mente questa volta, o per quelle che verranno, quando sarà costretto ad aspettare ancora:

non deve più sentirsi perso,
non deve perché in fondo non ha bisogno di sapere la strada, casa sua è sempre lì, casa sua è Harry.
 

 




Boh, è una mezza cagata lo so.
Non ho fatto neanche il banner, ma ero ansiosa di postare.
Non so se qualcuno la leggerà, ma spero vi emozioni almeno un po'.

Un ringraziamento speciale alle ragazze meravigliose del gruppo 
«my real first crush was Louis Tomlinson.» 

Vi amo tutte :'))

Spero troverò qualche recensione, anche se non ci credo molto D:

Ellie

 

  
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