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Autore: holdmeoned    04/12/2013    3 recensioni
Niall Horan ha 17 anni, frequenta il quarto anno del liceo e il suo più grande sogno è sfondare nella musica; suo padre però non è dello stesso parere e vuole che lui continui a studiare. Sua madre, morta in un incidente esattamente sei mesi prima, lo aveva sempre appoggiato in tutto e per tutto, anche con il suo piccolo sogno nel cassetto, regalandogli persino una delle migliori chitarre per il suo compleanno. Ma adesso Niall si ritrova solo, senza nessuno disposto a dargli una mano e a confortarlo per la morte di quella che era per lui la donna più importante della sua vita…
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Niall Horan ha 17 anni, frequenta il quarto anno del liceo e il suo più grande sogno è sfondare nella musica; suo padre però non è dello stesso parere e vuole che lui continui a studiare. Sua madre, morta in un incidente esattamente sei mesi prima, lo aveva sempre appoggiato in tutto e per tutto, anche con il suo piccolo sogno nel cassetto, regalandogli persino una delle migliori chitarre per il suo compleanno. Ma adesso Niall si ritrova solo, senza nessuno disposto a dargli una mano e a confortarlo per la morte di quella che era per lui la donna più importante della sua vita…

 
Non c’era cosa più bella di uscire prima dal college e saltare il compito di italiano grazie a un assemblea organizzata all’ultimo minuto per tutte le classi quarte. La cosa brutta era però che invece di potermene andare in giro con la vespa, dovevo restare a scuola e aspettare mio padre che finisse di lavorare visto che la macchina era dal meccanico e lui non si voleva scomodare di fare quattro passi a piedi.
Uscii dalla classe e mi diressi al piano inferiore, gettai lo zaino blu elettrico ai piedi della cattedra posta davanti alla bidelleria e mi sedetti cominciando a dondolarmi con la sedia.
“come è andata a scuola?” chiese mio padre scompigliandomi i capelli con la mano destra.
“bene, ho preso sette e mezzo nel compito di economia”
“bravo il mio ragazzo!” esclamò dandomi una pacca sulla spalla “e per festeggiare stasera mangeremo pizza”
“papà, da quando è morta la mamma mangiamo ogni giorno la pizza”
“giusto” rispose lui con un fil di voce, lo guardai cercando di scusarmi con lo sguardo: sapevo quanto ancora stesse male per la morte della mamma e non volevo di certo ricordarglielo. Neanche io avevo ancora superato la sua morte, ma non potevo di certo piangere ogni volta. Eppure era quello che facevo negli ultimi giorni. Erano passati circa sei mesi dalla morte di mamma ma era come se tutto il dolore e la tristezza si stesse presentando soprattutto adesso che mi sentivo sottopressione e che sentivo sempre di più la sua mancanza.
Osservai mio padre, che con sguardo basso, si allontanava dalla cattedra del corridoio ed entrava in sala professori con uno straccio e un secchio pieno d’acqua. Mi maledissi mentalmente per aver aperto bocca. Dopodiché mi allungai verso lo zaino, afferrai il libro di matematica al suo interno e lo aprii alla pagina degli esercizi che la professoressa ci aveva lasciato. Nonostante io la odiassi, andavo bene in questa materia, veramente andavo bene in tutte. Mi piaceva prendere buoni voti, era l’unica cosa che potevo fare nella vita per rendere mio padre orgoglioso di me stesso o almeno secondo la mia testa perché in un certo senso mi sentivo colpevole della morte di mamma.
Sarò sincero: in realtà non me ne fregava nulla della scuola, io volevo cantare non certo stare dietro una scrivania a fare sempre e solo le stesse cose monotone di ogni giorno; io volevo girare il mondo, volevo imparare cose nuove, volevo fare cose nuove ogni giorno. Il cantante, ecco cosa volevo fare da grande, il cantante o almeno qualcosa che c’entrasse con la musica. Per questo impiegavo tutto il mio tempo libero alla mia bellissima quanto malinconica chitarra, la famosa chitarra che mi aveva rovinato la vita ma che al tempo stesso me la migliorava.

“I’m sorry if I say I need you
but I don’t care, I’m not scared of love
‘cause when I’m not with you I’m weaker
Is that so wrong?
Is it so wrong?
That you make me strong”

canticchiavo il ritornello di una delle canzoni che avevo scritto, questa era la più recente e anche la mia preferita. La mia forza in questo caso era mia madre, che mi aveva sempre aiutato in tutto e sono sicuro che mi avrebbe aiutato anche in questo momento.

“Think of how much love that’s been wasted
People always try to escape it
Move on to stop their heart breaking”

continuavo a cantare imperterrito.

“But there’s nothing I’m running from
You make me…”

avrei sicuramente finito il verso con ‘strong’ ma mi dovetti bloccare quando qualcuno alle mie spalle aprì bocca senza farmi finire la frase.
“sei bravissimo” soffiò quella voce. Mi voltai di scatto e sgranai gli occhi: vidi una ragazza, una ragazza poco più bassa di me, magra con i boccoli castani che le ricadevano sulle spalle e un sorriso smagliante che si protendeva da un orecchio all’altro. Avvampai quando mi accorsi che si riferiva proprio a me: mi aveva sentito cantare, nessuno oltre i miei genitori e mia zia aveva sentito il suono della mia voce.
“sei stato… fantastico” esclamò lei con lo sguardo illuminato da una strana luce “ti prego, canta ancora” mi pregò mordendosi il labbro e avvicinandosi di più a me. Mi irrigidì subito, la gola secca e le parole che sembravano incatenate nella lingua, non volevano uscire dalla bocca.
“io… emh…” balbettai sembrando più un ritardato che un ragazzo.
“l’hai scritta tu?” chiese interrompendomi. Io annuii deciso accennando un sorriso.
“hai una voce bellissima, ha un suono così dolce e poi quella canzone è fantastica, complimenti”
“grazie” balbettai abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente, ma che dico leggermente? Stavo andando letteralmente a fuoco, avrebbero potuto farci una bella frittata sopra.
“hai mai provato a far sentire in giro la tua bella voce?” domandò poi “credo che riusciresti subito a cominciar carriera, certo sempre se è quello che vuoi fare da grande…”
“diventare cantante è il mio sogno dall’età di 6 anni” affermai sospirando.
“è perché non ti ho ancora visto su uno schermo?” chiese ridendo appena.
“non è così facile come sembra” risposi semplicemente.
“se ci credi, tutto è possibile, basta credere nei sogni
“ho avuto diverse...” cominciai titubante “complicazioni” conclusi sentendo gli occhi pizzicare. No Niall, non qui, non davanti a lei, non dovevo e non volevo piangere.
“Che tipo di complicazioni?” ecco la fatidica domanda, quella tanto attesa.
“mio padre non vuole che intraprenda una carriera da cantante e poi… mia madre è morta, e… è una lunga storia” dissi mentre gli occhi si appannavano.
“oh dio, scusami dovevo stare zitta” disse prendendomi il mento con una sua mano e alzandomi la testa “scusa, davvero n…”
“è tutto apposto” la rassicurai sorridendo cercando di togliere le lacrime dagli occhi. Sorrise anche lei vedendomi più tranquillo e si sedette sulla sedia a fianco alla mia.
“comunque sia, dovresti provare ad andare ad xfactor, credo che ti prenderebbero” disse convinta.
“mi piacerebbe andarci, ma mio padre non mi ci manderebbe nemmeno morto” sospirai.
“ma è il tuo sogno, devi… devi provare a realizzarlo, hai un talento che non è da tutti, è un talento sprecato se non lo utilizzi!” esclamò “è quello che vuoi, giusto?”
“certo” risposi con occhi sognanti immaginandomi già sopra ad uno di quei palchi dentro un arena di diecimila persona tutte lì per me; no Niall, la convinzione fotte, ricordi?
“allora segui i tuoi sogni, non abbandonarli mai” mi disse quasi sussurrando posando una sua mano sopra la mia spalla e scuotendomi leggermente. Mi persi in quella frase: era stupida quanto intelligente, era una frase che ti faceva riflettere su molte cose, una di quelle frasi che mi serviva molto in quel momento.
***
Avevo passato la giornata pensando a quello che mi aveva detto Jane, così si chiamava quella ragazza, e adesso ero sul punto di pormi la fatidica domanda: ‘dovevo o non dovevo parlarne a mio padre?’. Io ne ero più che sicuro, il cantante era quello che volevo fare per tutta la vita e adesso che anche qualcuno che non c’entra nulla con la mia famiglia mi aveva detto di essere bravo avevo un motivo in più, sapevo di esserlo e volevo cogliere l’attimo; dopo un lungo pomeriggio passato a meditare sul mio letto decisi che provarci non sarebbe costato nulla, insomma forse dopo il mio discorso mio padre avrebbe cambiato idea e mi avrebbe permesso di partecipare a qualche cosa, tanto l’età ce l’avevo e avevo solo bisogno del suo consenso. Fu così che a cena, mentre eravamo seduti a tavola muti come un pesce, decisi di fare il mio discorso che mi ero preparato mentalmente in precedenza.
“Papà” dissi con un fil di voce rompendo quell’asfissiante silenzio che era calato dentro la stanza “non mi piace questa situazione, di solito a tavolo parliamo sempre, che succede?”
“scusa Nì, stavo solo pensando” rispose lui continuando a girare e rigirare la forchetta nel piatto. Odiavo quel ‘Nì’ era il diminutivo del mio nome ma suonava così strano, per questo lo odiavo.
“a cosa?” chiesi cercando di prendere un discorso.
“…a quello che ci siamo detti oggi” disse dopo aver fatto un momento di pausa abbastanza lungo. Lo guardavo con la faccia a forma di punto interrogativo.
“E?” lo incitai a parlare.
“hai ragione” disse poi lasciando andare la forchetta nel piatto “ho capito che da quando è morta la mamma non abbiamo più vita sociale, mangiamo sempre pizza, come adesso per esempio, non usciamo di casa e mi sono accorto anche che tu studi sempre, dormi e studi, quasi non mangi” era vero, mangiavo a forza, mi sforzavo con tutti i sensi di mangiare, tanto per non far preoccupare mio padre “e figliolo, io ti sento quando piangi, sai? Lo so che ogni sera fai finta di dormire ma in realtà piangi, io so quanto tu stia soffrendo, me lo immagino” lui sapeva tutto, era inutile fingere. Serrai gli occhi colmi di lacrime per evitare che qualcuna di queste sfuggisse da uno di essi “so anche cosa tu vorresti in questo momento, so bene del tuo sogno nel cassetto e io non voglio che tu pensi di non essere capace di cantare, solo che vorrei qualcosa di più realistico per te” mi spiegò; aveva cambiato completamente discorso, non sapevo davvero dove volesse arrivare “metti caso che cominciassi una carriera come cantante…” mi si illuminarono gli occhi al solo pronunciare di quella frase, di quella parola tanto importante per me.
“sarebbe la cosa pià bella del mon…”
“fammi finire, non interrompermi” mi guardò serio e io mi zittii “se cominciassi a fare il cantante e poi per un motivo x tutto potesse finire nel giro di due o tre anni come farai? Non avrai un lavoro e tutto quello che avevi sempre sognato finirà; tu che farai?”
“io… io non ci avevo mai pensato” balbettai abbassando la testa e torturandomi le mani in cerca di qualcosa da dire. Perché in una cosa bella doveva trovare sempre il lato negativo?
“io non voglio rompere tutti i tuoi sogni, tutto il progetto che ti sei ideato nella tua testa, ma voglio essere realista, voglio farti capire che così non…”
“okay papà, ho capito, non c’è bisogno che me lo ripeta di nuovo, me l’hai ripetuto già abbastanza volte” dissi acidamente sbattendo le posate sulla tavola “io vado sopra, non ho più fame” continuai alzandomi dalla sedia velocemente e provocando un rumore assordante tipico di quando si strofina una sedia per terra.
A passo veloce uscii dalla cucina sotto lo sguardo preoccupato e allo stesso tempo sorpreso di mio padre, sorpreso perché era consapevole di non avermi mai visto in quel modo, non avevo mai avuto una simile reazione nei suoi confronti in particolare. Percorsi il corridoio ed entrai velocemente in camera sbattendo la porta più forte che potessi. A quest’azione seguì un rumore che quasi fece tremare le mura di quanto era stato forte. A quanto pare non erano state le uniche cose a tremare e poi a cadere: vidi la cornice della foto che avevo sopra il comodino per terra con molti pezzi di vetro rotti intorno. Sbiancai all’improvviso ricordandomi di quella famosa foto. Mi avvicinai ad essa che immobile giaceva per terra, la afferrai con la mano destra e la guardai: raffigurava me e mia madre, io avevo più o meno sette anni e stavo accoccolato a lei mentre entrambi eravamo sul divano a guardare uno dei tanti film natalizi che facevano nel periodo di Natale. Percepii gli occhi pizzicarmi, poi cominciai a vedere tutto impannato fino a quando una lacrima solcò la mia guancia seguita da un’altra, poi da altre due e infine da altre tre che si moltiplicarono e diventarono migliaia. I singhiozzi si dispersero per la stanza. Strinsi la cornice rotta contro il petto e cominciai a piangere più rumorosamente, tanto ero nella mia cameretta, nel mio rifugio, dove nessuno avrebbe potuto sentirmi o almeno questo credevo fino a quello stesso pomeriggio. Piangevo spesso in quel periodo, lo ammetto, piangevo in continuazione, questo lo sapevo benissimo. Piangevo perché mi mancava la mamma; potrei sembrare un bambino ma voi non sapete quanto sia difficile vivere senza qualcuno che fa parte della tua vita da così tanto tempo, che ti ha aiutato più di qualsiasi altra persona e da un giorno a l’altro è scomparsa. È morta, ecco che è successo, è morta in un incidente stradale, è morta mentre era andata a comprare il regalo per il mio compleanno: una chitarra, una bellissima chitarra, una fra le migliori. Avevo dato un nome a quella chitarra, l’avevo chiamata Taylor come mia madre, appunto, così mi sarei ricordata sempre di lei, ma d’altronde come avrei potuto dimenticarmi della stessa persona che mi aveva messo al mondo? Non potevo, ecco. Ancora con le lacrime che rigavano le mie guance posai la foto sopra il comodino a fianco al letto e poi mi gettai su quest’ultimo afferrando il cuscino e stringendolo forte a me come se questo potesse colmare il vuoto che avevo dentro in quel momento. Ero consapevole che quella sarebbe stata una lunga, lunghissima notte.

Infatti erano le quattro del mattino ma stranamente (e dico stranamente perché io dormo sempre come un ghiro e ci vogliono le bombe per svegliarmi) ero ancora sveglio, con la testa sul cuscino evitando di piangere ancora guardando la foto sul comodino. Sentivo tutti gli occhi impicciati a causa delle lacrime che si erano asciugate sul viso e mi ero davvero stufato di tirare su col naso quindi mi alzai e attento a non combinare qualche guaio nel buio e a non fare il minimo rumore, mi diressi in bagno per sciacquarmi la faccia. Accesi l’interruttore e subito mi accecai per il netto passaggio dal buio alla luce così velocemente, aprii il rubinetto e lavai il viso. Me l’asciugai e poi mi guardai allo specchio: non avevo per niente una bella cera, ero stanchissimo, con le occhiaie sotto gli occhi e il mal di testa per aver pianto due ore di seguito. Sbadigliando, mi sedetti sul pavimento freddo del bagno e chiusi gli occhi, il silenzio regnava dentro la casa. Non capivo perché mio padre dovesse pensare sempre negativo, non poteva vedere il lato bello della cosa? Insomma, sarei diventato cantante o comunque qualcosa che c’entrasse con la musica, avrei ricevuto tanti bei soldini (quelli che ci mancavano) e lui avrebbe potuto stare più tranquillo e non preoccuparsi ogni volta se arriverà o no a fine mese con il suo stipendio da bidello perché in tal caso ci potrò essere io ad aiutarlo. Non avevo nemmeno parlato, con quello che aveva detto lui era come se avesse chiuso la faccenda ma io sono Niall Horan, io non mi arrendo facilmente. Sarebbe stato bellissimo poter avere il suo consenso, partecipare per esempio ad x factor come mi aveva proposto Jane e poi sfondare; certo erano poche le possibilità ma avrei sempre potuto dire ‘io ci ho provato’, poi la frase pronunciata da quella stessa ragazza mi trapassò la mente come un fulmine: ‘segui l tuoi sogni’ e allora perché non provarci senza l’aiuto di mio padre? Tanto lo avrebbe accettato prima o poi, come io avevo accettato tante altre cose di lui e della mia vita.

Fu così che il giorno seguente, dopo aver fatto una dormita di circa due ore e mezza scarse presi un foglio da un vecchio quaderno di scuola e ci scrissi sopra ‘papà, che tu lo voglia o no, io andrò ad x factor’ e fu così che quel foglietto rettangolare si ritrovò appeso sul frigo in modo che lui appena si fosse svegliato lo avrebbe visto.

Io sarei andato ad x factor, che lui sarebbe stato d’accordo o no con la mia decisione.
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SPAZIO AUTRICE:
Salve popolo ♥
 allora è la mia prima one shot quindi non mi uccidete se fa schifo,

oggi non sono andata a scuola e quindi l'ho pubblicata
nonostante l'abbia scritta due settimane fa lol
spero che vi piaccia, vi sarei grata se lasciaste una recensione c:

Buona lettura :3

 
  
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