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Autore: flow_    04/12/2013    1 recensioni
“vieni a cena con me? conosco un posto carino.” gli dissi poi.
Ok, forse avevo esagerato. Da come glielo avevo detto sembrava un appuntamento, ma non doveva esserlo. Lo conoscevo appena e poi era un ragazzo, quante probabilità c’erano che Harry fosse gay?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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17/11/11


Caro diario,
esattamente un anno fa, io e Harry ci incontrammo alla piazzetta difronte allo stadio, era così bello con la maglia della sua squadra.  Portava un cappello di lana, blu se non ricordo male. Aveva dei jeans un po rovinati sul ginocchio e una sciarpa che lo riscaldava dal freddo che c’era.
Se ne stava da solo, seduto ad uno dei tanti posti allo stadio con un caffè caldo in mano. Decisi di avvicinarmi a lui, magari per fare solo due chiacchiere sul calcio. Ricordo esattamente ciò che gli dissi:
“Ciao, speriamo che vincano!”
Ricordo anche la sua faccia: aveva un’espressione divertita e buffa.
Mi chiese di sedermi vicino a lui, io ovviamente accettai ed iniziammo a parlare. Parlammo tanto, non avevo mai parlato così tanto con nessuno, sono un tipo riservato e odio raccontare i fatti miei alla gente, figuriamoci poi ad uno sconosciuto.
“non mi hai ancora detto come ti chiami”
“Louis Tomlinson” gli dissi.
“piacere, io sono Harry Styles”


 
Se non ricordo male, la partita finì alle 20.00. Era l’ora di cena ed io stavo morendo di fame.
All'uscita dell’edificio salutai Harry.  Lui mi strinse la mano, tremava, forse per il freddo, mi sorrise e se ne andò. Lo vidi mentre spariva nella nebbia, camminava lentamente con  le mani in tasca e lo sguardo basso, sentii un vuoto dentro me quando lo vidi svoltare l’angolo, non potevo mandarlo via così.
Gli corsi dietro, non vedevo niente. Stupida nebbia, pensai. Cercavo  di stare attento alle persone e alle macchine che mi ritrovavo davanti fino a quando lo vidi, dall'altra parte della strada. Attraversai velocemente e lo chiamai.
Quando si voltò, non sapevo esattamente cosa fare o cosa dire, ma le parole mi uscirono dalla bocca da sole. Pensai che quel giorno avevo parlato molto, fin troppo direi.
“vieni a cena con me? conosco un posto carino” gli dissi poi.
Ok, forse avevo esagerato. Da come glielo avevo detto sembrava un appuntamento, ma non doveva esserlo. Lo conoscevo appena e poi era un ragazzo, quante probabilità c’erano che Harry fosse gay?
Ma il tono che usò per rispondermi mi fece tranquillizzare. Era tranquillo e fin troppo contento.
 
Passai una bellissima serata in sua compagnia. Il ristorante dove andammo a mangiare era semplice, con tavoli in legno e musica leggera come sottofondo.
“ora ti porto io in un posto, ti piacerà ne sono sicuro” disse sorridendo e mostrandomi le sue adorabili fossette ai lati della bocca.
Non sapevo esattamente cosa voleva fare, dove voleva andare a quell'ora di notte, ma qualcosa mi diceva che di lui potevo fidarmi.
 
Il parco dove mi portò era illuminato da qualche lampione, ma per la maggior parte era buio. C’erano panchine, una grande fontana e tante, troppe coppiette mano nella mano.
Harry mi fece sedere sull'erba umida in un posto isolato e fin troppo buio. Lo vidi che si sdraiò portando le mani dietro la testa e lo imitai. Ci ritrovammo a guardare il cielo stellato in silenzio.
Mi raccontò che quello era il suo posto preferito, ci andava quando era triste o quando sentiva il bisogno di stare solo. Mi disse anche che non ci aveva mai portato nessuno. A quelle parole mi sentii onorato, perché ci aveva portato me, che del resto ero ancora uno sconosciuto per lui.
Harry si sollevò e si mise seduto. Indicò poi una stella. Mi sollevai anche io, per vedere meglio a quale stella si riferisse. Mi spiegò che quella era il suo angelo e che lo proteggeva ovunque andasse. Se non fosse per il suo sguardo serio e fisso sul cielo lo avrei preso per matto. Si girò, guardandomi negli occhi. Ricordo che in quel momento mi mancò l’aria. Eravamo vicini, sentivo il suo respiro nel silenzio. Lo baciai. Fu un bacio lungo, interminabile. Gli misi una mano dietro al collo per avvicinarlo a me. Non volevo lasciarlo andare. Fu il bacio più bello, più vero che abbia mai dato.
 
***
 
Ecco Caro Diario, volevo rinfrescarti la memoria raccontandoti di nuovo della prima volta in cui ho incontrato Harry, ma adesso parliamo di oggi: 17/11/11, è il nostro anniversario o meglio è il giorno in cui ci siamo detti addio. Non so come spiegarlo, ma non doveva andare così.
Stavo aspettando Harry, seduto sul divano guardando un programma noiosissimo in TV. Lui era uscito per andare a comprare da bere e della pizza. Oggi saremmo dovuti andare allo stadio per festeggiare il nostro anniversario in ricordo del giorno in cui ci siamo visti per la prima volta. Mi stavo annoiando e Harry non tornava. Sai Diario, faccio fatica a scriverti queste cose, ma devo. Ho bisogno che tu sappia come sono andate le cose. Quindi decisi di chiamarlo, forse era solo rimasto bloccato nel traffico, ma non fu così.
Il telefono squillava, ma nessuno dall'altra parte rispondeva. Mi iniziai a preoccupare. Provai di nuovo sperando con tutto me stesso che Harry avesse la suoneria bassa o il volume dello stereo dell’auto troppo alto da non poter sentire il telefono squillare, ma niente. Nessuno rispose. Provai ancora, fino a quando una voce rispose. Ricordo fin troppo bene quelle parole, il tono fermo e distaccato con cui le pronunciò: “Louis, è così che ti chiami giusto? Il tuo numero è salvato così nella rubrica. Il proprietario del telefono, è morto. C’è appena stato un incidente stradale.”
Iniziai a tremare, il cuore iniziò a battere più forte e mi mancava l’aria. Presi il telefono con entrambe le mani e guardai l’ultima chiamata che avevo fatto, speravo di aver sbagliato numero, di aver chiamato qualcun’altro e che il proprietario del telefono non fosse Harry, ma mi sbagliavo.


Caro Diario ancora tremo, sto piangendo da ore e non riesco a smettere.
La notizia è arrivata nelle case ormai. Il mio telefono non smette di squillare, prima era Anne che mi chiamava ora è mia madre. I miei amici mi scrivono su Facebook, alcuni mi chiamano ma io non voglio parlare con nessuno a parte te.
Voglio Harry, lo voglio vicino a me. Non può essere morto, non può essersene andato per sempre.
Sto ripensando alle ultime parole che gli ho detto: “ci vediamo dopo, amore” mio dio, quel dopo doveva essere sei ore fa! Adesso sarei dovuto essere con lui chissà dove, a festeggiare il giorno più importante della mia vita, ma mentre io ero lì, seduto sul divano ad annoiarmi, lui è morto ed io non ho potuto fare niente per impedirlo. Sarei potuto andare io a comprare quelle cose così sarei morto io e non lui. Perché muoiono sempre le persone migliori?
Mi manca, Diario e senza di lui, io non sono forte; Harry mi rendeva forte.
   
 
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