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Autore: Rio no Kitsune    04/12/2013    2 recensioni
Quando chiudere gli occhi per sempre è l'unica scelta. Quando si ama fino all'estremo. Quando essere un ostacolo suggerisce di sparire.
Finale alternativo a 10 mosse per innamorarsi
//NON RedJewel - BlueMoon
Genere: Drammatico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angolo Autrice:

Credo che questa sia la storia più triste che io abbia scritto finora e ho deciso di pubblicarla perché è, in qualche modo, direttamente collegata alla mia prima long “10 mosse per innamorarsi” che è nata proprio come alternativa al finale di questa song-fic che mi ha lasciato l’amaro in bocca.

Ho preso moltissimi spunti per questa idea.

Anzitutto la canzone “Basta così”, cantata dai Negramaro e da Elisa. Il testo di questa vera e propria poesia mi ha sempre colpita moltissimo e riascoltarla dopo tanto tempo mi ha dato l’impulso per scrivere.

La struttura della song-fic in qualche modo ricorda, credo, le meravigliose song-fic di Vis, che mi sono penetrate dentro così tanto che sono certa mi abbiano comunque influenzato e trovo che sia mio dovere e piacere ringraziarla di averle pubblicate e di avermi ispirata, e invitarvi a leggere la sua raccolta Queen, Queen everywhere.

La torre di cui parlo alla fine della storia esiste davvero. Si trova qui, in Puglia, e si chiama “Torre della Dannata” perché, secondo le leggende popolari, una ragazza si è gettata in mare da lì per amore.

Il suicidio è una tematica davvero molto seria ed è stato veramente complesso trattarla qui. Con questa storia non esprimo alcuna opinione sul tema, di certo non invito a risolvere i vostri problemi di cuore con soluzioni così estreme (né qualsiasi altro problema, in effetti) e non ho nessuna intenzione di giudicare chi compie decisioni del genere. Ho semplicemente cercato di mettermi nei panni di una Fine e di un Bright che sono stanchi di lottare con il dolore. Spero di non ferire la sensibilità di nessuno e, conscia di non aver trattato in modo adeguato un argomento tanto grave, spero vorrete perdonare la leggerezza che ho cercato di infondere alla storia.

Il POV della storia è duplice. Nella prima parte è Fine a narrare in prima persona, nella seconda parte Bright e alla fine nuovamente Fine. Non ho inserito il cambiamento di POV all’interno del testo perché ho pensato che spezzasse troppo la continuità narrativa, già frazionata dalle strofe della canzone, ma credo che troverete abbastanza semplice scoprire leggendo quale sia il personaggio “parlante”.

Grazie mille anche solo per la lettura e se avete critiche, consigli o vorrete lasciare anche solo un commento sarò felicissima di leggerli e rispondervi.

Un bacio,

Giulia

 

 

 

Liberi

Che senza di noi c’è la libertà

 

 

 

Liberi.

Ci sembrerà di essere più liberi,

se dalle nostre mani non cadranno più

parole per noi due.

 

 

 

Li avevo intravisti. Lui trascinava lei per mano fuori dalla Sala, nel giardino.

Si erano cercati con gli occhi tutta la mattina, evitando di parlarsi o di toccarsi. Per me, per non ferirmi. Lo sapevo.

Ma poi, forse, il desiderio di scambiare anche solo poche parole, anche solo per pochi minuti, era diventato troppo forte.

-Fine?-

-Ciao Bright- sorrisi malinconica.

-Come… come và?-

-Lo sai già-

Anche lui soffriva. Per Rein.

L’avevo notato con la coda dell’occhio fissarla da lontano con un’espressione di malcelata disperazione.

Mi prese la mano con la sua, soffice e calda, e la strinse.

-Magari se ci concentrassimo su qualcos’altro… se la smettessimo di pensare a loro, se ci sforzassimo, potremmo soffrire di meno e liberarci da tutto questo dolore. È inutile ormai continuare a sperare-

-Forse sì. Se ci riuscissi.-

Strinsi i pugni. Faceva male. E le lacrime cominciarono a premere di nuovo per uscire.

Lui mi guardò per qualche momento e poi mi trascinò in giardino.

-Andiamo, camminiamo un po’. C’è un bel sole oggi-

Era così gentile con me. Mi teneva stretta, mi faceva sentire amata anche solo per poco.

Ci sedemmo su una panchina, di fronte a una piccola fontana all’ombra.

Respirai profondamente e mi calmai. Il vento soffiava lieve, portando profumi di fiori e di vita. Chiusi gli occhi.

-La tua torta preferita è quella con le fragole, vero?-

Lo guardai stranita.

-Come?-

-Parliamo d’altro, Fine. Di qualcosa che ci piace. A te piacciono le torte, no? Io amo volare invece. Le gare di mongolfiera con il Regno del Mulino a Vento sono i momenti in cui mi diverto di più, ma anche la scherma non è male.-

Ridevo fino a star male. E le lacrime diventarono pian piano un ricordo lontano.

 

 

E sarà più semplice

sorridere alla gente senza chiederle

se sia per sempre o duri un solo istante, e poi

che ce ne importa a noi?

 

 

 

-Sai, quando avevo un problema chiedevo sempre aiuto a Rein o alla mamma. Ora però… Come potrei chiedere a Rein di ascoltare il mio dolore, quando lei ne è in parte la causa, senza farla sentire in colpa? O come potrei piangere tra le braccia di mia madre, sapendo che si sentirebbe divisa in due? È molto più semplice sopportare in silenzio. Meno dolore per gli altri.-

-Ci sono io, se vuoi, Fine.-

Mi voltai verso Bright che mi teneva ancora la mano in una presa ben salda.

-Ma tu stai soffrendo come me e quanto me! Non posso riversare tutto ciò che sento sulle tue spalle.-

-Sono più forte di quanto credi. Posso reggere un po’ del tuo dolore. Fidati.-

Lo guardai negli occhi e mi parve di scorgere un delicato affetto, fresco e dolce per le mie ferite. Sembrava un miraggio.

-Quanto dura?-

-Cosa?-

-Quanto ancora dovrò bagnare il cuscino? Quanto ancora dovrò fingere di essere felice?-

-Non lo so- guardava in alto, oltre lo stesso cielo.

-Fino alla morte ci sarà sempre una spina che punge, immagino.-

-Già. Non ce ne libereremo mai, vero?-

-No, non proprio. Ma alla fine che importa?-

-Che vuoi dire?-

Si alzò in piedi e vidi un fuoco acceso nei suoi occhi vermigli.

-Che ce ne importa di quella spina? Divertiamoci-

 

 

Tanto basta così, così,

scendiamo qui, qui,

che senza di noi c’è la libertà.

Sì, ma basta così, così,

fermiamoci qui.

 

 

Ci mettemmo a correre.

Io e Bright -proprio Bright il principe perfetto e composto!- attraversammo il giardino di corsa, come fuggendo dalle prigioni di amarezza e pena che avevamo costruito intorno a noi.

E poi li vedemmo, seduti l’uno accanto all’altra.

-Perché no?- diceva lui –Abbiamo aspettato così tanto!-

-Non posso farle questo, Shade. Non ora. È ancora così distrutta. Mi parla a malapena!- rispondeva lei.

-Rein, non sarà mai semplice. Ma non puoi far dipendere la tua vita da ciò che prova o meno tua sorella. Deve solo mettersi l’animo in pace e lo farebbe se noi…-

-Ti ho detto di no!-

E rimasero in silenzio, fissandosi per qualche attimo.

-Anche Bright sta male. Ed è il mio migliore amico.-

-Lo so. L’ho capito anch’io, ed è anche per lui che…-

-Se non ci fossero…-

-Cosa?-

-Se Fine e Bright non ci fossero, tu mi sposeresti? Se loro non ci fossero, ti sentiresti libera di diventare per sempre mia?-

Li fissammo. Le nostre mani si erano già sciolte.

-Sì-

Distolsi lo sguardo mordendomi le labbra. Quindi era così. Un peso. Ero solo un ostacolo per loro.

-Andiamo via- sussurrò Bright e lo seguii docilmente nel più profondo silenzio.

Pensavo fosse il vento improvvisamente freddo a farmi tremare e invece erano solo i miei singhiozzi. E le lacrime scendevano, vuote e sorde.

-Non voglio…-

-Lo so-

-Non voglio essere un intralcio per loro-

-Lo so, Fine-

Caddi in ginocchio tra l’erba, lasciandogli la mano.

-Non è giusto. Basta! Non voglio più…-

-Neanche io-

Mi abbracciò stretta. Il vento ululava e le sue lacrime si confondevano con le mie.

 

 

Ridere,

sarò sorpreso poi a vederti ridere

senza il bisogno di dover decidere per chi,

se non per me.

 

 

 

Mi asciugai le guance e con un fazzoletto pulii anche il suo viso.

-Meglio?-

-Sì, meglio. Grazie, Bright-

Sorrise. Un sorriso che quasi avevo dimenticato.

-Come fai?-

-A fare cosa?-

-A sorridere così-

Rise, di una risata allegra e aperta.

-Quando ne ho più bisogno, mi nasce da dentro. Sono stufa di piangere sempre-

Ero attonito, era così fragile e candida. Così facile era stato spezzarla. Eppure si era rimessa in piedi.

Un moto di invidia mi stringeva lo stomaco.

-Bright?-

-Sì?-

-Non ci dovevamo divertire?-

Si tolse la polvere dal vestito un po’ stropicciato e mi tese una mano.

-Andiamo?-

-Non c’era nemmeno bisogno di chiederlo-

La mongolfiera del Regno dei Gioielli era pronta a partire.

La portai nel Regno del Mulino a Vento, ignorando l’etichetta e la voce di mia madre che mi risuonava nelle orecchie e ripeteva che il codice di comportamento doveva sempre essere seguito.

Atterrammo al confine con il Regno di Tana-Tana, nella zona a nord-ovest del Regno dove montagne e colline si affacciavano sul mare.

Il vento turbinava furioso.

-È bellissimo qui.-

-Ho scoperto questo posto con Auler mentre ci allenavamo-

Si stese sulla terra fredda punteggiata d’erba.

-È così fresco e il cielo è così limpido-

-Le correnti scacciano subito le nuvole del Regno della Goccia e le inviano nel Regno di Tana-Tana. Il cielo è sempre terso qui-

-Ci resterei per sempre-

 

 

E allora sarà facile

tagliare l’aria se non lo si farà in due,

e ti vedranno correre su cieli di

ciniglia e di pop-corn.

 

 

 

-Vuoi provare?-

-Cosa?-

-A guidare una mongolfiera da corsa-

Mi guardò sbalordita.

-Ma Bright, ti senti bene?-

Corrugai la fronte, pensandoci su.

-Sì, credo di sì. Perché?-

-Non mi dici che sarebbe sconveniente e pericoloso? Chi sei tu e che ne hai fatto del Principe Bright?- mi chiese con finto orrore.

Risi e sentii volar via un po’ della tensione.

-No, sarebbe bello insegnarti. E non ti lascerei precipitare-

-Va bene, allora-

E corremmo alla mongolfiera sorridendo.

Fu quasi un disastro e finimmo quasi contro un albero, ma fu divertente.

-Forse sarebbe più semplice se mi lasciassi tenere il timone da sola!-

-No, ho promesso che non ti avrei lasciata precipitare e sei ancora troppo inesperta per guidare senza aiuto-

-Uffa! Va bene, allora tienilo tu. Io tenderò la vela-

E pestando i piedi si mise in posizione. Sorrisi. Era così buffa.

-Pronta?-

-Prontissima!-

Solcammo il cielo per una mezz’ora e atterrammo. Un tempo così breve, ma durante il quale mi sentii in pace.

-Si chiederanno dove siamo finiti?- mi chiese, riferendosi alla fuga dal suo Regno.

-Credo di sì-

Si ristese sulla coperta che avevo tirato fuori dalla stiva e io le fui accanto, il cuore inaspettatamente un po’ più leggero.

-Hai mai pensato a com’è il Paradiso?-

-No, mai-

-Secondo me è pieno di torte, dolci al cioccolato e fiori.-

-Con le nuvole di zucchero filato e la luna di formaggio?-

-No, non di zucchero filato. Di pop-corn.-

-Perché di pop-corn?- chiesi stranito.

-Perché i pop-corn sono leggeri e non ti stanchi mai di mangiarli. Se non ci metti né sale, né zucchero, né burro sopra, non si distingue bene nemmeno il sapore. Invece lo zucchero filato nella sua dolcezza dopo un po’ stanca. -

-Pensavo ti piacessero le cose dolci-

-Sì, ma anche i pop-corn sono buoni-

Mi misi a ridere e lei con me.

-Rein… lei… dice che invece deve essere tutto in ciniglia-riferì, sussurrando a occhi chiusi, quasi ricordando un bel momento passato e volendo tenerlo stretto.

-In ciniglia?-

-Sì. Sai quel tessuto che si usa per gli asciugamani? Così se dormi su una nuvola sei come avvolto in una soffice carezza-

-Sarebbe bello anche così-

-Già-

-Vivere tra pop-corn e ciniglia-

 

 

 

Sì, ma basta così, così,

scendiamo qui, qui,

che senza di noi c’è la libertà.

Sì, ma basta così, così,

e tu baciami qui, qui,

che l’ultimo sia e poi

che senso avrà?

Tanto basta così, così,

fermiamoci qui.

 

 

-Sarebbe stato tutto più semplice se mi fossi innamorata di te-

Mi girai verso di lei e mi ritrovai ad affondare nei suoi occhi amaranto.

-Già, immagino di sì-

-Rein e Shade si sarebbero sposati e io e te…-

-Anche-

-Sì-

La baciai lievemente. Non avevo mai baciato nessuna ragazza prima.

Ci staccammo subito però.

-È stato come…-

-…come baciare tua sorella?-

-Più o meno-

E ridemmo, imbarazzati.

-Che stupidaggine. Non avrei nemmeno dovuto provare, perdonami.-

-No, tranquillo Bright. Adesso sappiamo che comunque non avrebbe funzionato-

Mi prese la mano, la strinsi forte.

Era inutile. Basta.

Non aveva senso fuggire al dolore, trovare altre scorciatoie. Dovevamo affrontarlo.

 

 

Liberi.

Ci sembrerà di essere più liberi.

E intanto farò a pugni contro il muro per
averti ancora qui.

 

 

-Cos’hai alla mano?-

Mi guardai le nocche per riflesso. Avevo dimenticato quei lividi.

-Ho preso a pugni il muro dopo aver capito che la spada non era sufficiente per sfogarmi-

Le prese entrambe e le fissò.

-È servito a qualcosa?-

-No. Mi sono solo distratto per un po’-

Il dolore fisico aveva offuscato solo per un po’ quella che era più di una spina. Quella voragine aperta e scura nel petto. Era impossibile ignorarla, era impossibile richiuderla e dimenticare tutto.

-Io ho fatto cinque ore di esercizi alla sbarra. Quando ho smesso ero distrutta.-

La osservai sorridere amaramente.

-Sai, Etoile mi aveva chiesto di aiutarla e ho preparato una coreografia in due ore-

-È servito a qualcosa?-

-No. Mi sono solo illusa-

Si rialzò e si diresse verso il belvedere dove si affacciò al parapetto. La raggiunsi e osservammo il mare nero e tempestoso in silenzio.

Poi lei rialzò lo sguardo sul panorama e con una giravolta osservò i confini, in tutte le direzioni, fin dove riusciva a vedere.

-Che ne dici di finirla qui?-

-Direi che hai ragione-

-Seguimi allora-

 

 

 

Portami altrove,

portami dove
non c’è nessuno che
sappia di noi.
Fammi vedere
come si muore
senza nessuno che
viva di noi.

 

 

Tagliammo gli attracchi della mongolfiera che si librò in cielo per poi sparire e ci lanciammo in una corsa sfrenata.

Avevo visto un torrione, uno di quelli antichi, da avvistamento.

Nascosti dagli alberi trovammo diversi scalini che salimmo fino in cima, accompagnati dal suono delle foglie sotto i piedi e avvolti dall’ombra umida del sottobosco.

Era meraviglioso, il vento era ancora più forte e il mare sembrava anche più agitato.

Era come un incubo, terribile e bellissimo allo stesso tempo.

Ci tenevamo per mano, forte.

Lo sentivo tremare e tremavo anch’io.

Non volevo più dolore. Non volevo più intralciare mia sorella. Non volevo più fare finta.

Mi voltai verso Bright, mi tuffai nei suoi occhi, nella sua paura.

Mi abbracciò forte e poi mi scostò i capelli dal viso, dolcemente.

-Insieme-

-Insieme-

Ci arrampicammo sul bordo.

Volsi lo sguardo al Sole, al mio Sole, senza più paura di bruciarmi gli occhi.

Nessuno avrebbe saputo che fine avevamo fatto, nessuno avrebbe saputo.

Dopotutto, non c’era davvero qualcuno che dipendesse da noi, qualcuno che senza di noi si sarebbe sentito perso.

Eravamo io e Bright quelli persi. Quelli soli.

Ero stanca di lottare a vuoto. Volevo chiudere gli occhi e sognare il bello della vita. Volevo chiudere gli occhi e sognare di essere felice e amata. Di dolci e carezze, non di spine e vuoti incolmabili.

-Possano essere felici. Possano vivere altri cento anni-

-Possano amarsi fino all’ultimo giorno. Possano chiudere gli occhi in pace-

-Ti voglio bene Bright-

-Anch’io Fine-

Ci sorridemmo.

-Saremo liberi finalmente-

-E tua sorella? Ti è così attaccata.- chiesi.

-Ha Auler. E i nostri genitori sopravvivranno-

-Già-

Guardai uno stormo volare lontano. Volevo anch’io volare lontano. Senza pesi o catene. In un posto più caldo.

-Al mio tre?-

-Sì-

Mano nella mano.

-Uno-

Le onde infrante sugli scogli.

-Due-

La luce calda e accogliente.

-Tre-

 

 

Il mare, tenebroso e oscuro come gli occhi di lui.

Il cielo, aperto e cristallino come gli occhi di lei.

 

 

  
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