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Autore: Shainareth    05/12/2013    2 recensioni
Solo. Dopotutto, per quanto amasse la quiete, a volte non poteva nascondere a se stesso che la solitudine aveva anche i suoi contro. Come adesso.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garu, Pucca
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOLITUDINE




Freddo. Lo avvertiva in tutto il corpo, nonostante fosse rannicchiato fra le coperte in posizione fetale. Non gli capitava spesso di essere malato, per cui Garu riconosceva immediatamente i brividi della febbre. Colpa della doccia gelata che aveva fatto il giorno prima, quando la pioggia scrosciante lo aveva sorpreso mentre era lontano da casa, intento ad allenarsi in solitario.
   Solo. Dopotutto, per quanto amasse la quiete, a volte non poteva nascondere a se stesso che la solitudine aveva anche i suoi contro. Come adesso.
   Guardò il termometro: 38,7°. Doveva prendere la medicina, così almeno la febbre sarebbe scesa, dandogli tregua per qualche ora. L’unico inconveniente era che, per assumere l’antipiretico, doveva prima mettere qualcosa nello stomaco. Non aveva molta fame, ma doveva sforzarsi un po’.
   Con uno sforzo di volontà, cominciò a muoversi per mettersi seduto, ma lo spostamento d’aria gli solleticò il naso. Starnutì più volte prima di riuscire a trovare un attimo di pace. Quindi, stringendosi la trapunta addosso, si alzò. La stanza parve girargli intorno e Garu fu costretto a chiudere gli occhi e a stringere i denti. Ritrovato l’equilibrio, iniziò a muovere dei passi strascicati fuori dalla stanza, cercando di non starnutire ancora a causa del pavimento freddo sotto alle piante calde dei piedi nudi.
   Tuttavia, per quanto ci si fosse impegnato, non riuscì a trattenere un’altra scarica di starnuti quando, giunto in cucina, aprì il frigorifero e la ventata d’aria gelida che ne seguì lo colpì in pieno. La testa gli rintronò e lui dovette aggrapparsi all’anta dell’elettrodomestico, finché non fu costretto a chiuderla. Sentiva le gambe deboli, la testa pesante, ogni muscolo del corpo gli faceva male. Si obbligò a non cedere all’istinto di raggomitolarsi nella coperta lì dove si trovava e cercò di pensare a qualcosa da mandare giù che non fosse fredda o che non lo costringesse a perdere tempo a cucinare.
   Mio miagolò accanto a lui, visibilmente preoccupato per le sue condizioni. Garu ricambiò il suo sguardo e abbozzò un sorriso, che di allegro non aveva molto. Forse a causa della febbre che gli ottenebrava in parte la ragione, si ripromise di insegnare al suo gatto a cucinare. In fondo Mio sapeva fare tante cose, quindi perché non poteva preparargli qualcosa di caldo?
   Gli parve di udire dei colpi alla porta, ma preferì non andare a vedere chi fosse: proprio non se la sentiva di ricevere visite in un momento come quello. Se fosse rimasto tranquillo e in silenzio, dopo un po’ quello scocciatore sarebbe andato via. Ciò non avvenne, perché qualche istante dopo la persona che aspettava di essere introdotta in casa bussò ancora. E ancora. E ancora. E ancora. Ogni colpo era come una martellata nel cervello.
   I nervi di Garu cedettero e lui, pur continuando a starnutire, si diresse verso l’ingresso e si precipitò sulla porta, aprendola con uno scatto secco, pronto a prendere a calci chiunque si fosse trovato davanti. Il sorriso con cui Pucca aveva deciso di salutarlo si congelò alla vista delle condizioni del ragazzo: occhi lucidi e illividiti, viso pallido e tirato. Dal canto suo, questi borbottò qualcosa di incomprensibile – sicuramente imprecazioni sommesse che riuscivano sistematicamente a sfuggire al suo voto del silenzio – e fu tentato di sbatterle la porta in faccia. Se non lo fece fu solo perché la prontezza dei suoi riflessi risentiva dello stato febbrile in cui si trovava.
   Senza che potesse evitarlo, Pucca quasi si avventò su di lui, lo afferrò per le spalle tremanti e gli strinse la coperta addosso, spintonandolo gentilmente verso la camera da letto. Lì gli fece imperiosamente cenno di rimettersi nel futon e di non uscirne per nessuna ragione al mondo. Pur sapendo che contrariare Pucca quando era in preda alla smania di prendersi cura di lui, Garu fu costretto ad alzare timidamente una mano per protestare: già che era in piedi, preferiva andare a fare pipì. La ragazzina si lasciò scappare un risolino e gli lasciò campo libero.
   Rimasto nuovamente solo, mentre si chiudeva in bagno, Garu si domandò perché mai quella dispotica scocciatrice dovesse sempre dargli fastidio nei momenti meno opportuni. Pensando a questo, per sicurezza, chiuse la porta a doppia mandata: meglio non sottovalutare il nemico, anche se aveva ancora le sembianze di una mocciosa.
   Quando uscì per tornare in camera da letto, alle narici gli arrivò un odore che gli aprì improvvisamente lo stomaco: noodles. Spinto dalla fame, si affacciò nuovamente in cucina e sul tavolo vide due scodelle fumanti pronte per essere mangiate. Pucca non poteva averle preparate nel giro di una manciata di minuti, perciò doveva averle portate con sé dal Goh-Rong. Forse, non vedendolo al ristorante, si era recata da lui apposta per pranzare insieme, pur senza sapere se lo avrebbe trovato in casa o meno.
   Garu avvertì un improvviso senso di calore che gli fece battere il cuore più forte. Lo attribuì alla febbre e, prima ancora che Pucca riuscisse a trovare un vassoio per trasportare le scodelle in camera da letto, il ragazzo si accomodò al tavolo: avrebbero mangiato insieme lì dov’erano e solo dopo sarebbe tornato a riposare.
   Benché preoccupata per il suo stato, Pucca decise di accontentarlo. E una volta che ebbero finito di pranzare, lo costrinse a prendere subito la medicina e quasi lo trascinò a letto. Garu stavolta non si azzardò a contrariarla e, anzi, quando fu di nuovo al caldo, avvertì un benessere generale. Sentì Pucca muoversi nella stanza, attorno a lui, e infine la vide accovacciarsi accanto al suo futon. Gli sorrise con affetto e, sempre troppo premurosa, gli rimboccò ulteriormente le coperte, fin quasi a fargli mancare il fiato. Garu protestò e scacciò le sue mani agitando le braccia. Quei movimenti improvvisi tornarono a far entrare aria sotto la trapunta e lui starnutì di nuovo. Pazientemente, Pucca tornò a rimboccargli le coperte e Garu, docile a causa della lezione ricevuta, subì quella tortura.
   Infine, mentre si rannicchiava in cerca di ulteriore calore, avvertì la mano fresca dell’amica sulla fronte bollente. Fu un toccasana. Mise a tacere l’orgoglio e lasciò che lei gli passasse le dita fra i capelli scuri, regalandogli carezze gentili atte a conciliargli il sonno.
   Coccole. Garu non ricordava neanche più quand’era stata l’ultima volta che qualcuno gliene aveva fatte. Normalmente si sarebbe sottratto a quelle effusioni, ma la parte più infantile di lui, resa anche capricciosa dalla febbre, lo spinse più vicino alla ragazzina, come un gatto intento a fare le fusa e in cerca delle attenzioni del proprio padrone.
   La solitudine poteva anche essere gradevole, a volte; altre volte, però, la compagnia era decisamente preferibile, soprattutto se così piacevole.












Rieccomi. Anzitutto chiedo scusa a quanti attendono ancora una mia risposta: ho avuto la linea fuori uso perché il modem aveva deciso di tagliare i ponti con il mio computer. Ovviamente l'ho gentilmente mandato a quel paese e ne ho preso uno nuovo. Spero che adesso non ci siano più intoppi. In ogni caso, entro oggi dovrei riuscire a rispondere ai vostri messaggi.
Detto ciò, passo a dire due paroline riguardo a questa shot. ... Beh, in effetti credo non ce ne sia neanche bisogno, visto che parla da sé. Garu è testardo e orgoglioso, però, come tutti gli uomini (e non solo), penso che anche lui ogni tanto abbia bisogno di coccole, soprattutto quando sta male. :3
Un bacio a tutti, alla prossima! ♥
Shainareth





  
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