Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Lori_Tommo96    05/12/2013    3 recensioni
Due poli uguali si respingono, questo è ciò che dice la fisica.
Qualcuno pensa ingenuamente che anche tra le persone valga questo principio, ma l’amore si sa, va contro ogni logica e si fa beffe della fisica.
Io infatti mi sono innamorata del mio alter ego maschile che, in quanto maschio, porta i miei stessi difetti elevati all’ennesima potenza.
Ma non c’è dubbio, tra me e Louis è stato amore fin da subito.
********
Perché non avevo semplicemente discusso con Louis come al solito per poi accoccolarmi comunque al suo petto e dormire in santa pace?
La risposta era semplice.
Orgoglio.
Per quanto volessi accusare Louis della sua testardaggine la mia predica sarebbe risultata abbastanza ipocrita. Se lui era ostinato, io ero peggio.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano le dieci di sera passate e in quel maledettissimo ristorante londinese stavano servendo ancora il secondo.
I miei poveri piedi imploravano tacitamente di essere liberati dai tacchi, il pizzo del mio vestito nero firmato Prada stava martoriando la povera pelle nivea della mia schiena e ormai ero proprio stufa di sentire discorsi di convenienza, di partecipare a conversazioni di lavoro- che poi quel lavoro non era nemmeno il mio- con persone dalla puzza sotto il naso. 
Cene di gala: un inferno di ipocrisia e buone maniere.
Ma la ragazza di Louis Tomlinson non poteva di certo mancare a quel tipo di cene ed era tenuta a recitare la parte della fidanzatina per bene.
Per loro sembrava così facile.
Non capivano che io,Valery, una studentessa di soli diciassette anni abituata a vivere in campagna lontano da tutto quel mondo fatto di apparenza, non solo da più di due anni dovevo convivere con i flash delle macchine fotografiche ovunque mi trovassi, riducendo a zero la mia privacy nella vita di coppia, ma dovevo pure fingere di essere a mio agio in situazioni del genere.
Ed ero tenuta a fingere bene.
Il mio ragazzo quella sera aveva deciso di non volermi per niente aiutare.
Non mi rivolgeva uno sguardo da più o meno due ore, intento com’era a parlare con Zayn di tutto meno che di lavoro, ignorando alla stragrande sia me, la persona più a disagio del pianeta, che tutte le personalità di spicco presenti a tavola.
Lo detestavo quando si comportava così. Sapevo quanto odiasse quel tipo di cene, ma il fatto che non facesse un minimo sforzo per sembrare interessato e nascondere la faccia scazzata che indossava all’incirca dal secondo giro di antipasti, mi mandava in bestia.
Odiavo il fatto che ignorasse me e il bisogno che avevo del suo supporto in una situazione così imbarazzante.
Io però, a differenza sua, sapevo fare la persona matura e responsabile, a dispetto dei suoi quattro anni di più.
Avevo dispensato sorrisi a destra e a manca per tutta la sera e avevo cercato i comportarmi da persona alla mano.
In ogni modo, non sapevo con quale delle trecento forchette che avevo davanti avrei dovuto mangiare il rosbif. Rivolsi l’attenzione a Liam, seduto davanti a me.
Anche lui sembrava piuttosto stufo: non aveva fatto altro che sistemarsi il colletto della camicia e torturare i bottoncini del suo panciotto.
Lui però era Liam Payne, la persona più cordiale del pianeta e sapeva nascondere bene il disagio.
Quando incrociò il mio sguardo gli indicai prima una forchettina minuscola, con la quale mi sembrava impossibile riuscire a mangiare la carne senza sporcarsi, poi ne indicai un’altra leggermente più grande guardandolo con fare interrogativo.
Liam mi sorrise e alzò la forchetta corretta, quella piccola ovviamente.
Sbuffai, provando ad armeggiare con il cibo e quell’insulso arnese.
Dopo cinque minuti sentii una mano posarsi sulla mia coscia fasciata solo dalle calze fini.
Puntai i miei occhi color mogano dritti dritti contro altri due, di un celeste che, a distanza di anni, riusciva ancora a togliermi il fiato. Ma quella sera non mi sarei lasciata abbindolare dal suo fascino.
“Che c’è?” sussurrai fredda al mio ragazzo che finalmente si era ricordato di me.
“Dieci minuti e ci alziamo di qua, mi invento qualche scusa” mi rispose con un filo di voce.
Per quanto il mio unico desiderio fosse andarmene via di lì, lo fulminai con lo sguardo.
Come poteva dileguarsi dalla cena con i produttori della sua band senza una valida motivazione? Non so quale forza extracorporea mi impedì di dargli del deficiente davanti a tutti i presenti.
“Louis” sospirai cercando di mantenere basso il volume della voce “non mi sembra il caso” tagliai corto esprimendo il mio disappunto.
Liam ci stava guardando e sicuramente, dato il suo sesto senso ipersensibile, si era già accorto della tensione formatasi tra me e Louis.
Il ragazzo al mio fianco vestito di tutto punto- pantalone e giacca neri abbinati a una camicia color panna- roteò gli occhi al cielo.
“Se ci tieni tanto, rimaniamo qua” disse con il suo tono beffardo che mi fece imbestialire.
Battei con poca grazia la forchetta sul piatto e presi un respiro profondo.
Io dovevo tenere a quella cena? Non facevo parte dei One Direction, quella gente per me erano solo sconosciuti, era lui a dover mostrare un minimo di interesse. Non ci vidi più.
“Sei un immaturo ” ringhiai al suo orecchio beccandomi un' occhiata tra lo sconvolto e l’irritato.
Liam bevve un sorso di vino fingendo di non aver sentito il mio insulto, distogliendo lo sguardo da noi e richiamando l’attenzione di Harry qualche posto più in là.
“Sono solo stanco, mi sembra abbastanza comprensibile” sputò Louis in risposta guardandomi torvo. Quando sapeva di essere dalla parte del torto diventava ancora più insopportabile, non c’era verso di fargli togliere il broncio e di scaldare il suo sguardo glaciale che sapeva mettere in soggezione chiunque.
Chiunque, ma non me.
 
 
 
 
 
 
Due poli uguali si respingono, questo è ciò che dice la fisica.
Qualcuno pensa ingenuamente che anche tra le persone valga questo principio, ma l’amore si sa, va contro ogni logica e si fa beffe della fisica.
Io infatti mi sono innamorata del mio alter ego maschile che, in quanto maschio, porta i miei stessi difetti elevati all’ennesima potenza.
Ma non c’è dubbio, tra me e Louis è stato amore fin da subito.
Io avevo poco più di quindici anni e lui diciannove compiuti quando i miei pensieri si tinsero dell’azzurro dei suoi occhi.
Ci eravamo conosciuti per uno scherzo del destino, a Londra.
Io abitavo molto fuori dalla città, nel verde della campagna, ma quel giorno ero andata a trovare una mia cugina. Ero con lei a uno dei tanti Starbucks quando lo vidi entrare: portava un capello di lana dal quale usciva qualche ciocca liscia, indossava una semplice felpa e un paio di jeans.
Non sapevo nemmeno chi fossero i One Direction: erano poco famosi allora e io non amavo particolarmente guardare X-Factor.
Portava gli occhiali da sole per non farsi riconoscere e a me mancò il respiro quando, dopo essersi seduto assieme a un altro ragazzo (Zayn) al tavolo di fianco al mio, se li tolse lasciandomi ammirare i suoi occhi per la prima volta.
Già da quel giorno capii quanto eravamo simili.
Infatti, dopo una serie di sguardi accattivanti tra un sorso di caffè e l’altro, Louis si alzò dal tavolo e, con fare spavaldo, venne a sedersi vicino a me, che non stavo aspettando altro.
Da quel giorno non desiderai altro che bearmi del suo sorriso e ridere per ogni parola che usciva dalla sua bocca.
Per mandare avanti il nostro amore ho accettato la sua continua assenza, la sua vita fatta di tour, interviste, comparse televisive e poca, pochissima privacy.
Mi sono abituata, ho lasciato perdere anche tutti gli insulti delle riviste che mi davano della ragazzina e avevo fatto del mio meglio per non dare l’impressione di esserlo.
Fermo restando che io lo amo e lui ama me, tra noi non è mai stato tutto rose e fiori.
Le coppie da film o da favola infatti esistono solo nei film e nelle favole.
Ci poche cose su cui non andiamo d’accordo, ma quel poco basta a farci litigare in maniera spietata.
Le litigate Vale VS Lou comprendono insulti, sfuriate, bronci infiniti e giornate intere senza parlarsi. Non accade spesso, ma quando succede che siamo in disaccordo su qualcosa si scatena la guerra.
Questo dipende da una troppa affinità caratteriale, una temibile arma a doppio taglio che può renderci inseparabili oppure portare a discussioni infinite.
Siamo entrambi estroversi, le cose non le mandiamo di certo a dire, ci piace scherzare e prendere tutto sul ridere, ma guai a farci alterare.
E’ qui che sta l’inghippo. Louis si arrabbia facilmente, io ho più pazienza, ma quando ci arrabbiamo entrambi subentra un’altra caratteristica che ci accomuna: l’orgoglio.
Mai una volta ci siamo chiesti scusa a voce dopo un litigio, abbiamo sempre preferito far calmare le acque a piccoli passi, prolungando per giorni litigi stupidi.
Anche quando meritava il mio perdono immediatamente non riuscivo a scendere dal mio piedistallo, a fare un passo indietro rinunciando a parte del mio orgoglio, e per lui era lo stesso.
Questo fino a quella notte dopo la cena.
E se quella sera l’orgoglio non fosse venuto meno, non so cosa sarebbe successo.
 
 
 
 
 
 
Tornai in albergo in macchina assieme a Harry, Niall e, ovviamente, Louis.
Liam e Zayn avevano deciso di passare la notte in discoteca e divertirsi un po’.
Era un periodo di pausa per i One Direction e io avrei trascorso un’intera settimana a Londra assieme al mio fidanzato, che in quel momento non mi affiancava nemmeno sul sedile.
Dopo la cena infinita e la nostra breve ma intensa discussione eravamo entrati in modalità “perfetti sconosciuti” e il povero Harry ne stava pagando le conseguenze.
Infatti il ricciolino era finito malauguratamente tra me e Louis sui sedili posteriori e non sapeva bene a che santo rivolgersi.
Lui e Niall cercavano disperatamente e inutilmente di coinvolgere me e Louis acidità Tomlinson in una conversazione.
Capii dai discorsi dell’irlandese che saremmo andati a prendere la piccola Lux, perché quella sera era l’anniversario di Lou e Tom e Harry si era offerto di badare alla piccola per la notte e il giorno successivo.
Il dolce Styles adorava i bambini e soprattutto quell’angioletto biondo, la figlia della sua truccatrice.
Appena la macchina posteggiò vicino alla palazzina dove abitava la coppia e Lou aprì la portiera della macchina, la piccola Lux avvolta in un piumino rosa fluo saltò via dalle braccia della sua mamma e si fece prendere in braccio da Louis.
Per un attimo rimasi a bocca aperta e sorrisi, scordandomi che dovevo assolutamente tenere il broncio a quell’incosciente del mio ragazzo.
Il piglio imbronciato di Louis scomparve e cominciò a fare i complimenti alla bambina.
Quattro sorelle più piccole lo avevano reso un portento con i bambini, anche se personalmente sostenevo che questa sua bravura dipendesse da altro.
Louis Tomlinson dentro di sé era ancora un bambino, per questo non aveva problemi a relazionarsi con loro. E io amavo e odiavo contemporaneamente questo lato di lui.
Lou ringraziò infinitamente Harry e ci salutò.
Nemmeno la bambina , che si divertiva a tirare con una mano la catenina di Harry e con l’altra i capelli di Louis, riuscì a sciogliere l’atmosfera tesa.
Harry era in trappola: ad ogni parola che pronunciava con i migliori propositi gli arrivavano occhiate fulminanti da me e Louis a ritmo alternato.
“Ehm ragazzi” disse a un certo punto allentandosi il nodo del papillon “mi chiedevo se domani… mmm… vorreste venire con me e Liam a quella festa che organizza…”
”No” fu la risposta fulminea di Louis che troncò il discorso di Harry e fece sussultare la bambina sulle sue gambe.
“Chiudi un attimo la bocca” lo rimproverò e il riccio deglutì abbassando lo sguardo.
Harold mi fece tenerezza in quel momento: che colpa ne aveva lui se il mio fidanzato si comportava da imbecille? Non meritava le sue risposte scazzate. Presi due piccioni con una fava: avrei consolato Harry e dato una bella lezione di gentilezza al mio ragazzo.
Posai una mano sulla gamba del riccio e gli sorrisi.
“Io verrei volentieri” dissi e gli occhioni verdi di Harry si illuminarono.
“Ti ci porto io se lui non vuole venire” disse con la sua solita innocenza rivolgendo uno sguardo a Louis, che in tutta risposta sorrise beffardo.
“Andate pure” disse atono guardando fuori dal finestrino e accarezzando la testa di Lux.
Harry mi guardò con fare preoccupato e io scossi la testa sospirando.
Non era la prima volta che io e Louis ci comportavamo così in fin dei conti.
Quello che non sapevo è che avremmo raggiunto i massimi storici quella notte.
Niall sul sedile anteriore accese la musica e mi fece l’occhiolino.
Lo ringraziai mentalmente: con il suo gesto aveva appena evitato che ci fossero altre conversazioni fino all’arrivo in albergo.
 
 
 
 
Una volta arrivati nella nostra stanza, la tensione tra noi due sembrò affievolirsi un po’.
Infatti “sono distrutto” mi disse Louis con molta tranquillità sciogliendo quello stupido silenzio che si era venuto a creare. Anzi, che avevamo creato noi.
“Anche io” ammisi gettandomi subito a capofitto sul letto.
Mi tolsi quei dannati trampoli dai piedi.
Sorrisi mentre levai le scarpe: Louis odiava le rare volte in cui indossavo i tacchi perché, già normalmente, eravamo alti uguali perciò si sentiva a disagio vedendomi svettare di parecchi centimetri sopra la sua testolina dura.
Io non avevo mai desiderato che fosse più alto, perché il suo corpo era fin troppo perfetto così.
Lo guardai come una beota mentre si spogliava.
Si tolse giacca e mocassini, poi passò a slacciarsi la camicia.
Capii dal suo sguardo felino che mi stava provocando e allora decisi di giocare con lui.
Non avevo dimenticato il fastidio che mi aveva procurato a cena e poi in macchina, ma non potevo proprio sopportare che si spogliasse di quei vestiti eleganti davanti a me senza rendermi partecipe.
Lo raggiunsi e scacciai le sue mani dai bottoni.
Louis sorrise lievemente e mi lasciò fare senza dire una parola.
Sapevo che saremmo tornati a parlare della cena, ma speravo che per una volta sarei riuscita a posticipare la discussione al giorno dopo. Magari con del buon sesso riparatore.
Cominciai a baciare lentamente ogni singolo centimetro di pelle che rimaneva scoperto.
Poi gli tolsi definitivamente la camicia e lo presi per mano, spingendolo sul letto.
Ridemmo entrambi e, dopo quelli che sembravano anni, ci baciammo.
E sì, di anni ne erano passati, ma l’effetto delle sue labbra sulle mie era rimasto immutato.
Le farfalle non avevano abbandonato il mio stomaco dal nostro primo bacio molto tempo prima.
Avevo una certa fretta che quel bacio diventasse qualcosa di più perchè era praticamente impossibile ricevere attenzioni da Louis dopo un battibecco e volevo approfittare del momento.
Mi avvinghiai al suo petto nudo come un koala si aggrappa alla sua pianta preferita di eucalipto.
Ripresi da dove mi ero interrotta. Baciai la scritta di Louis sul suo petto, il tatuaggio che amavo ricalcare con la mia lingua.
Sentii le sue braccia avvolgermi e sorrisi.
Staccai le labbra dal suo petto e presi ad armeggiare con i bottoni dei suoi pantaloni. A giudicare dal rigonfiamento nei suoi bassi fondi stavo riuscendo nel mio intento.
Baciai la sua erezione coperta dai boxer e feci per liberarlo dalla costrizione, ma dovetti fermarmi quando Louis rise di gusto, spostandosi.
Aveva stampato in volto quel sorriso che mi aveva fatto perdere la testa, il suo sorriso abbagliante che celava quel pizzico di bastardaggine a renderlo più intrigante.
Mi prese per i polsi e scosse la testa realmente divertito da un qualcosa che mi sfuggiva.
“Sai” disse con la sua vocina maliziosa “quando mi hai dato dell’immaturo ho pensato che avrei potuto sorvolare”.
Lo sapevo che avrebbe tirato fuori di nuovo la questione. Maledetto il suo orgoglio.
“Ma” aggiunse riallacciandosi i pantaloni “ho capito che non ti avrei sfiorata quando mi hai fatto passare da stronzo davanti a Harry e Niall. Quindi penso che la mia mano per stasera andrà benissimo” concluse con uno sguardo di sfida.
Avvampai e divenni rossa come un pomodoro.
Per la prima volta dopo anni era lui a rifiutarsi di fare l’amore con me per una semplice e stupidissima ripicca. E mi aveva appena detto di volersi fare una sega piuttosto che toccarmi o farsi toccare.
“Tu sei uno stronzo!” urlai “E sei anche un bambino!”
Non ci vidi più dal nervoso, avrei voluto spaccargli la sua faccia da sbruffone, magari tirargli un cazzotto nei suoi gioielli di famiglia così avrebbe avuto un buon motivo per non sfiorarmi a tempo indeterminato.
Mentre pensavo alle peggiori torture fisiche mi venne un’idea migliore, nettamente più soddisfacente.
Mi imposi di non guardare quel sorriso bastardo e ascoltai i miei pensieri, controllando il nervoso.
Mi alzai di scatto dal letto, presi distrattamente il mio pigiama da dentro al valigia e mi chiusi in bagno.
Tolsi il mio vestito, ravvivai i ricci, pulii il mio viso dal trucco, mi diedi una lavata veloce e inforcai il mio pigiama.
Mentre girovagavo da una parte all’altra del bagno in modo frenetico, riflettendo se quello che avevo in mente di fare fosse leggermente esagerato, la rabbia mi montava dentro a quantità industriali.
Louis si meritava un po’ di sana gelosia, dopo anni e anni che non gliene avevo dato motivo.
Incazzata nera e ferma nella mia decisione, uscii dal bagno.
Era ancora steso sul letto con solo i pantaloni addosso e le mani incrociate dietro la testa.
Non dovevo sbavare a quella vista: sembrava più un modello che un cantante di fama internazionale, ma misi un freno ai miei ormoni.
Fermai i miei pensieri e ritornai a quello che avevo in mente, ignorando il suo corpo che urlava “sono sexy da morire”.
Misi le ciabatte e una felpa, presi il mio cellulare e mi diressi verso la porta.
“Dove vai?” chiese Louis stupito.
E io stavo aspettando proprio quella domanda.
Indossai la mia espressione cattiva e irritata, puntandogli un dito contro.
“Per tutta la durata della cena non mi hai degnata di uno sguardo, non mi hai nemmeno rivolto la parola per sbaglio. Hai fatto lo scazzato tutta la sera e poi ti sei messo a fare il bambino” urlai ma lui mi interruppe.
“Non dire stronzate!”
“STAI ZITTO!” gridai più forte e lo feci ammutolire.
“Sono stufa di te che ti comporti da immaturo! Non potevi semplicemente fingere che ti interessasse quella cena? Diamine Louis, cresci, era un incontro con i tuoi produttori, con le persone che ti hanno permesso di essere quello che sei! E comunque non c’era bisogno di rispondere male a Harry e neanche di farmi passare da stupida quando io volevo solo fare l’amore con te” dissi tutto d’un fito lasciandolo di sasso.
Aspettai per una attimo una sua reazione.
Louis Tomlinson aveva sempre la risposta pronta no? Evidentemente no, perché il suo viso rimase impassibile, a metà tra il serio e lo scioccato.
Uscii da quella porta sbattendomela alle spalle.
Avevo quattro possibilità.
La prima era chiedere ospitalità a Zayn, ma esclusi questa ipotesi: dormire dal moro avrebbe fatto incazzare Louis come non mai, perché loro due erano i classici complici di sbornie, commenti poco casti sulle ragazze e quant’altro. No, non era una grande idea condividere lo stesso letto di Zayn Malik perché avrei scatenato sul serio l’ira funesta di Louis e non volevo far scoppiare un putiferio così grande.
Esclusi anche Niall, a malincuore, solo per i suoi problemi di sonnambulismo.
Per quanto il biondo fosse la persona più indicata ci tenevo a dormire tranquilla.
Liam. Liam Payne era la persona giusta, l’unico che avrebbe calmato il mio nervoso con dei sensati consigli e mi avrebbe capita, ospitandomi nella sua stanza senza fiatare.
E poi era fidanzato da un pezzo e ciò mi avrebbe evitato la sfuriata di Louis.
Mi diressi a grandi falcate verso la camera di Liam ma a metà corridoio mi venne in mente un piccolo dettaglio: era in discoteca assieme a Zayn!
Sbuffai e mi maledissi in trecento lingue diverse per la mia idea geniale.
Perché non avevo semplicemente discusso con Louis come al solito per poi accoccolarmi comunque al suo petto e dormire in santa pace?
La risposta era semplice.
Orgoglio.
Per quanto volessi accusare Louis della sua testardaggine la mia predica sarebbe risultata abbastanza ipocrita. Se lui era ostinato, io ero peggio.
Mi torturai i ricci e sbuffai.
I ricci… un riccio!
Che stupida ero stata a non pensare ad Harry.
Oltretutto ci sarebbe stata anche Lux nella stanza e quindi non eravamo del tutto soli: ottima scusante per placare la gelosia del mio fidanzato.
Corsi verso l’ultima porta in fondo al corridoio e bussai piano.
Mi aprì una versione di Harry assolutamente da foto.
Risi come una scema a quella vista: indossava una maglietta bianca tutta impiastrata di cioccolata- segno evidente del passaggio della bambina- portava un paio di pantaloncini grigi e i suoi ricci erano tenuti all’indietro da una fascia giallo fluo.
“Vale?” domandò stupito.
“Proprio io” ironizzai non riuscendo a spostare lo sguardo da quella fascetta ridicola.
“Harold sei assolutamente sexy lasciatelo dire!” esclamai ridendo più forte.
Mi morsi il labbro quando sentii la vocina di Lux impastata dal sonno piagnucolare “mamma…”
Harry andò nel panico e corse verso il letto in modo apprensivo.
Dal suo gesto capii che fare addormentare la piccola era stata un’impresa.
Seguii Harry dentro la stanza che, grande com’era, vantava di un piccolo ingresso a mo’ di monolocale.
Vidi il riccio piegato sul corpicino di Lux disteso su un letto singolo.
Harry stava cantando una ninna nanna dolcissima con la sua voce da brivido.
Quel suono rilassò anche me e fece scomparire il nervoso nei confronti di Louis, seppure fossi determinata nel mio intento.
La bimba si riaddormentò subito e Harry tirò un sospiro di sollievo, riportando l’attenzione su di me.
“Che ci fai qui? Non dirmi che avete litigato ancora” sussurrò piano ma con tono di rimprovero.
“E’ uno stupido bambino Harry!” dissi sedendomi sul letto, subito affiancata dal riccio.
Non volevo tornare in quella stanza così “posso dormire con te?” chiesi con una vocina da bimba spaventata che ha bisogno delle coccole della mamma.
Harry spalancò gli occhi e poi scosse la testa violentemente.
“Non mi sembra un’idea geniale. Si può sapere che cos’ha fatto questa volta?”
Arrossii violentemente a quella domanda. Era Harry dopotutto, la persona più disinibita del pianeta, ma mi imbarazzai comunque quando dissi “si è rifiutato di fare sesso con me per ripicca”.
Harry dapprima scoppiò a ridere alimentando la mia vergogna e beccandosi una bella pacca sulla testa, poi si ricompose e scosse la testa incredulo.
“Che stronzo!” esclamò e io annuii, contenta che qualcuno mi desse supporto.
Senza aggiungere altro alzò le coperte e mi permise di sdraiarmi accanto a lui.
Accese la televisione e si mise a fare zapping selvaggio.
Non avevo molta voglia di guardare la tele così chiusi gli occhi, pensando a cosa potesse fare Louis a poche mura di distanza da me.
Non volevo realmente preoccuparmi per una sua reazione, ma lo feci comunque.
Dopo dieci minuti o forse meno bussarono alla porta.
Harry si alzò di malavoglia e io mi misi a sedere.
Il ragazzo sparì nell’ingresso e aprì la porta.
Mi sentii morire quando udii quella voce.
“Hazza non dormivi vero? Posso fare il babysitter con te e evitare di deprimermi per quella scema?” chiese Louis facendomi trasalire.
Merda. Lasciai perdere l’insulto e in un attimo realizzai il casino che avevo combinato.
Come avevo potuto chiedere a Harry, il migliore amico del mio fidanzato, di farmi dormire da lui?
Louis era estremamente geloso delle sue cose, tanto di me quanto della sua amicizia morbosa con Harry e dovevo aspettarmi che avrebbe fatto capolino in quella stanza dove ad essere di troppo ero io, decisamente io.
“Ehm…Lou… t-ti prego n-non arrabbiarti!” supplicò Harry non riuscendo a trattenere Louis nell’ingresso.
Infatti la sua figura comparve davanti ai miei occhi.
Rimase pietrificato nel vedermi lì e mi gelò con il suo sguardo freddo, incazzato e… parecchio deluso.
Guardò me, poi Harry e poi di nuovo me, incenerendoci entrambi con quell’espressione furiosa.
Non disse una parola e si diresse verso la porta, sparendo da dov’era venuto.
Rimasi scioccata per qualche secondo, poi Harry mi riportò alla realtà.
“Cazzo” fu quello che riuscì a dire e mi fece sentire terribilmente in colpa.
“S-scusa non dovevo venire da te ti ho messo in un casino e basta” sospirai.
Harry scosse la testa e mi affiancò sul letto, mettendomi una mano sulla spalla.
“Vai da lui, non fate così!” mi consigliò con dolcezza.
Aveva ragione. Al diavolo le ripicche, a fanculo l’orgoglio: avrei sistemato tutto con Louis.
Mi scusai di nuovo con Harry, gli diedi un bacio veloce sui capelli e uscii da quella stanza.
Mi diressi a passo svelto verso la mia stanza, la nostra stanza, e mi maledissi quando realizzai che avrei dovuto bussare.
Presi un bel respiro e lo feci, mentre mi mordevo il labbro dalla frustrazione.
Dopo qualche secondo la porta si aprì e mi si parò davanti un Louis spento, più buio e nero della maglietta e dei boxer che indossava.
Ero agitata, stavo per fare una cosa che tra noi era del tutto nuova e avevo paura della sua reazione.
Non mi guardò nemmeno e si spostò, lasciando aperto l’uscio, ma io volevo guardarlo.
Gli presi un polso, ma lui di divincolò, ferendomi con quel suo gesto.
Volevo dirglielo guardandolo negli occhi, ma mi arresi.
“Scusa Lou” sussurrai appena, ma sapevo che l’aveva sentito dato che la sua schiena si irrigidì e rimase fermo immobile a tre passi di distanza da me.
Non gli avevo mai chiesto scusa con serietà, solo per piccole cose, ma sapevo che avremmo dovuto imparare ad usare quel vocabolo così difficile da pronunciare per due persone orgogliose come noi, altrimenti la nostra storia ne avrebbe risentito troppo.
E io tenevo a lui e al suo amore più che al mio stupido ego da primadonna.
Louis si voltò verso di me e rimasi delusa nel vedere la stessa identica espressione furiosa di poco prima.
Chinai lo sguardo a terra e mi diressi verso il bagno.
L’avevo combinata grossa, ma anche lui aveva le sue colpe.
Mi imposi di non pensarci: chi chiede scusa lo fa e basta, senza pretendere altro se non il perdono.
E io volevo quello di Louis più di ogni altra cosa.
Uscii dal bagno poco dopo con il cuore a pezzi e un nodo alla gola.
Louis aveva spento la luce e acceso la piccola abat-jour del suo comodino. Stava guardando il suo cellulare e non accennò ad alzare gli occhi dal dispositivo nemmeno quando presi posto nella mia parte di letto.
Sospirai e mi strinsi nel mio pigiama.
Non potevo sopportare il suo silenzio ancora per molto, avrei preferito che mi urlasse in faccia, ma mi limitai a sfiorargli un braccio.
“Buonanotte” sussurrai con la voce rotta e finalmente ottenni il suo sguardo addosso.
Era meno cattivo, meno glaciale e forse un po’ più comprensivo.
Sentii la stretta al mio stomaco farsi più leggera.
Bloccò l’I-Phone e spense la lampada.
La camera sprofondò nel buio semitotale, ma uno spiraglio nelle tende spesse della finestra faceva entrare la luce di un lampione.
Pensai di sognare quando, dopo un tempo imprecisato, due braccia mi avvolsero da dietro.
Mi rilassai nel suo abbraccio, una stretta che sapeva di casa, sapeva di noi, del nostro amore e anche di un suo tacito perdono.
Non mi resi nemmeno conto che le lacrime stavano scendendo sul mio viso e stavo singhiozzando.
Mi dava noia mettermi a piangere davanti alle persone e soprattutto davanti a Louis, ma non riuscii a controllare le lacrime.
Piangevo perché avevo abbassato le mie difese, mostrandomi debole ai suoi occhi.
Piangevo perché non aveva accettato come speravo quelle scuse che mi erano costate tanto.
Louis si accorse dei miei fremiti e mi baciò delicatamente sul collo.
Non resistetti oltre. Mi girai nel suo abbraccio e affondai la testa contro il suo petto.
“P-Perché io e te d-dobbiamo sempre litigare?” chiesi tra un singhiozzo e l’altro.
Louis sospirò e mi accarezzò la schiena.
“Perché siamo due idioti e io più di te. Sono io che devo chiederti scusa” disse stringendomi più forte.
Il mio cuore fece una capriola a quell’affermazione.
Lo avevo sentito dirmi tantissime cose belle.
Quelle scuse, nella mia personale classifica, venivano subito dopo il primo “ti amo”.
Non potevo crederci, era assurdo che Louis Tomlinson si fosse davvero scusato.
Sentii il mio amore nei suoi confronti crescere in maniera vertiginosa e mi stupii che nel mio cuore ci fosse ancora tanto spazio per lui perché credevo di averlo riempito tutto da un pezzo.
Mi asciugai le lacrime contro la sua maglietta e cercai il suo sguardo nella semi oscurità.
Lo vedevo appena ma nei suoi occhi leggevo la fatica che aveva impiegato per pronunciare quella frase.
Gli presi il viso tra le mani e lo baciai delicatamente.
Fu lui ad approfondire quel bacio.
Era bagnato da lacrime e saliva, era sconnesso, confuso e pieno di schiocchi, ma rispecchiava esattamente la nostra situazione mentale: confusione nell’affrontare un momento nuovo a cui non eravamo preparati. Quello delle scuse.
Avevo tante cose da dire ma la sua bocca non mi lasciava tregua.
Poche volte mi aveva baciato in quel modo, spingendo così forte la sua lingua contro il mio palato.
Non riuscivo a stare al ritmo quindi lo lasciai dominare finchè il fiato non mi mancò.
Mi staccai dalle sue labbra con l’affanno, complici di questo anche le lacrime.
Volevo dirgli che mi aveva resa la persona più felice del pianeta con le sue parole, con le sue scuse, volevo comunicargli che io l’avrei amato comunque anche con il suo carattere difficile.
Lo avrei amato sempre se solo lui avesse avuto la forza di compatire me e di ricambiare quel sentimento.
“Lou” lo chiamai cercando il suo sguardo nel buio.
Li vedevo i suoi occhi adamantini e speravo che lui vedesse i miei.
“Mmm?” mugugnò.
“Ti amo” dissi semplicemente, esprimendo tutta la mia gratitudine con quelle due parole.
Lo vidi anche sorridere e feci la stessa cosa di rimando.
“Ti amo anche io. E… insomma, prima volevi fare l’amore e io…” stava farfugliando ma io avevo capito cosa volesse chiedermi. Lo lasciai finire.
“Insomma, io ne avevo davvero voglia in realtà” ammise.
Sghignazzai e incrociai le mie gambe alle sue.
“Lo so, me ne sono accorta” lo presi in giro alludendo al rigonfiamento nei suoi jeans.
“Vuoi fare l’amore ora Lou?” chiesi posandogli una mano sul viso.
“Voglio fare quello che vuoi tu” sussurrò al mio orecchio provocandomi mille brividi.
In realtà non volevo nient’altro che addormentarmi tra le sue braccia e stringerlo forte con la consapevolezza che lui mi amava nonostante i difetti, nonostante il mio orgoglio che per una volta avevo deciso di mettere da parte.
Mi maledissi per non averlo fatto prima.
“Voglio solo coccolarti e dormire abbracciati” annunciai un po’ imbarazzata.
Louis rise di gusto.
“Affare fatto” acconsentì.
Cominciammo a prenderci cura l’uno dell’altra come solo noi due sapevamo fare.
Ci accarezzammo come se non conoscessimo alla perfezione i nostri corpi, ci riempimmo di parole dolci come da tempo non avevamo fatto e ci baciammo finché le nostre labbra non diventarono gonfie, finchè il sonno non rallentò i nostri movimenti e i nostri respiri.
E quando Louis si addormentò stringendomi nel suo abbraccio caldo allora sì che potevo definirmi una persona orgogliosa.
Io ero orgogliosa di avere lui.
 
 
 
  
 
 
 
    
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Questa OS non è niente di speciale, sembra scritta da una ragazza in crisi premestruale ahahah 
Ho pensato a come potrebbe essere una mia storia con Louis, infati il carattere di Valery si ispira al mio.
Ho cercato di immaginarmi assieme al Louis Tomlinson che conosciamo e non ho potuto fare a meno di pensare che i nostri caratteri in qualche modo porterebbero a farci litigare.
Credo di aver capito dai vari video su You Tube che Louis è un tipo abbastanza tosto, ma anche infinitamente dolce. 
Non so se questo corrisponde alla realtà, anyway questo è il mio punto di vista.
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Bacioni :)
Lori_Tommo

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Lori_Tommo96