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Autore: MerasaviaAnderson    05/12/2013    4 recensioni
Eppure nessuno sospettava del suo segreto
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Piccola sciocchezza nata un po' di mesi fa, infatti ero un po' indecisa su pubblicarla o meno, ma adesso eccola qui! Buona lettura a chi leggerà!♥
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ulrich, Yumi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Parigi, Francia;
14 novembre 2015;
06.30 AM.

 
 
Un giovane ragazzo giaceva da solo su un grande letto: aveva i capelli marroni, un viso magro e dalla carnagione così chiara da sembrar quasi un angelo; il suo fisico, seppur coperto da una maglietta verde militare era praticamente perfetto, eppure nessuno sospettava del suo segreto.
La porta della camera si aprì con un suono quasi impercettibile e il ragazzo sobbalzò quando sentì una piccola mano sfiorargli il viso.
Una volta sveglio si tirò a sedere mostrando i suoi enormi occhi verdi e guardò il piccolo esserino che qualche istante prima l’aveva svegliato.
«Yume! Cosa ci fai già sveglia?» disse prendendo sulle gambe la bambina.
«Papà, ho fatto un sogno, e volevo raccontartelo!»
La bocca del giovane si aprì in un sorriso caloroso, come per compiacere la piccola bimba sulle sue gambe.
«Su, allora! Racconta!»
Mentre la piccola raccontava il suo sogno, Ulrich – quello era il nome del ragazzo – la guardava dritta negli occhi.
Erano due biglie nere e aveva dei capelli corvini di media lunghezza che affinavano il piccolo viso dai leggeri tratti orientali.
A Ulrich, ogni volta che guardava sua figlia, veniva in mente sua moglie, Yumi; sorrideva nell’immaginarla di nuovo, sorrideva per la piccola Yume, altrimenti avrebbe solo pianto a quel ricordo amaro.
«Nel sogno c’era una persona speciale.» mormorò la piccola sorridendo.
«Ah si? E chi?»
Ulrich credeva di sapere già la risposta, ma anche se la conosceva il sangue gli sarebbe gelato nelle vene solo al pensiero.
«La mamma!» esclamò – come si aspettava Ulrich – la bambina.
Come già previde gelò a quella risposta: una marea di emozioni, sia belle che brutte gli affioravano il cuore.
Ma c’erano anche delle domande a cui lui non riusciva a darsi una risposta: come poteva una bambina di appena tre anni, ricordare un sogno in cui era presente una persona che aveva solo visto in una vecchia fotografia?
Ulrich, con un velo di tristezza negli occhi, fece spazio alla figlia fra le sua forti braccia e la strinse poggiandole un bacio sui capelli profumati.
«Cosa ti ha detto la mamma?» le chiese sussurrando.
«Che ho un bel nome» gli rispose la piccola in tutta sincerità «E che il mio nome ha un bel significato.»
«Lo so» affermò il ragazzo «Il significato del tuo nome è stupendo, piccola.»
«E qual è?» gli chiese con un grande sorriso sulle labbra e con gli occhi curiosi come quelli di ogni bambino.
«Il significato del tuo nome è “sogno”» le rispose con un sorriso amaro sulle labbra.
«E perché sogno?»
«Perché tu, piccolina mia, sei il nostro sogno: mio e di mamma.»
Ulrich strinse ancora la bambina e tirò su col naso per trattenere quelle lacrime amare che erano sull’orlo dei suoi occhi.
Mancava poco per arrivare al punto in cui lui non avrebbe più resistito, al punto in cui lui sarebbe scoppiato per il troppo dolore.
«Papà?» lo chiamò la bambina «Ma dov’è la mamma?» gli chiese Yume asciugandosi maldestramente qualche lacrima che le aveva solcato il viso.
Ad Ulrich sembrava incredibile come quella bambina riusciva a metterlo in difficoltà, a portare tanta tristezza, ma era plausibile per una bambina così piccola che non aveva mai conosciuto sua madre.
«Mamma è in paradiso» le rispose cercando di sembrare più convincente possibile «E’ in un bel posto, sai?»
«E dov’è il paradiso?» continuò a chiedergli mentre lo stringeva ancora di più, come se non volesse che anche lui la abbandonasse, ma Ulrich non lo avrebbe mai fatto.
Il ragazzo dagli occhi verdi era ormai in lacrime: per tre lunghi anni aveva vissuto solo, aveva dovuto crescere sua figlia e di conseguenza aveva dovuto nascondere le sue lacrime e fingere che andava tutto bene.
Era quello il suo segreto: il dolore di una moglie scomparsa mentre partoriva la propria figlia, ma nessuno poteva capire il suo immenso dolore, solo lui sapeva quando l’aveva amata e solo lui sapeva quanto le poteva mancare e anche a distanza di tre anni, il suo animo non era mai riuscito a darsi pace.
Per lui, Yume era come un’ancora di salvezza, infondo era l’unico motivo per cui lui non aveva già raggiunto Yumi in quel presunto cielo.
«E’ appena sopra il cielo.» le rispose Ulrich sforzando un sorriso maldestro e poco credibile.
Per lui, i primi tempi furono i più duri, trovarsi solo, con una figlia appena nata a cui accudire e senza l’aiuto di nessuno, parecchie volte aveva pensato se sarebbe stato meglio farla finita con una pistola, con una corda o con una boccetta di Cianuro.
Poi, forse col tempo, forse per quel dolce ricordo che lo consolava si fece forza per andare avanti;
aprì gli occhi e guardando il mondo iniziò a capire di non essere mai stato solo: tutti i suoi amici, sua figlia e persino il mondo - che l’aveva sempre guardato con indifferenza - non l’aveva mai lasciato solo.
Ma tutti sapevano che il suo mondo era Yumi.
«Sai, oggi è un giorno speciale» annunciò Ulrich guardando la figlia con occhi lucidi e mani tramanti.
«E che giorno è?» gli chiese eccitata come una bimba al suo primo giorno di Scuola Materna.
«Oggi è il compleanno della mamma.» le disse aprendo un sorriso agrodolce sul viso.
Gli occhi di Yume si riaccesero in un faro di speranza, come se avesse potuto rivedere sua madre, forse, infondo, credeva che sarebbe stato così «Quindi tornerà a casa?»
«No, ma noi possiamo andare da lei.»
Ulrich potette vedere gli occhi di Yume brillare, un luccichio che, però, sapeva che si sarebbe spento presto.
 
Erano davanti un imponente cancello di ferro, Ulrich sapeva che, entrando lì dentro, avrebbe dovuto rispondere alla marea di domande che Yume gli avrebbe fatto, non sapeva se era pronto a quello, ma sapeva che un giorno o l’altro l’avrebbe dovuto affrontare.
Appena entrarono, Ulrich iniziò a fare strada verso un sentiero piccolo e buio, ma appena arrivò ad una lapide orna di fiori un po’ appassiti si fermò.
Sopra quel pezzo di marmo c’era la fotografia della donna che aveva da sempre amato, rovinata dalla terribile incisione che c’era sotto:
 
“YUMI ISHIYAMA
14.11.1989 – 04.02.2012”
 
Delle lacrime iniziarono a scorrere sul viso di Ulrich, mentre poggiava su quel pezzo di marmo una splendida rosa rossa, che paragonata dalla bellezza della ragazza era solo un’ombra.
Nella mente del giovane ragazzo regnava il caos, la paura, mischiata al dolore, alla rabbia, all’amore …
A riportarlo triste e truce realtà fu Yume che lo chiamava tirandogli il pantalone.
«Papà, perché piangi?»
Domanda troppo dura per lui, non avrebbe saputo darle una spiegazione che in genere si danno ai bambini di tre anni.
Lui la prese in braccio, mostrandogli il sorriso più grande – e falso – che potesse fargli in quel momento.
«Va tutto bene, topolina»
Tirò su col naso, cercando di sembrare un po’ più lucido di quel che era, lo doveva fare per Yume, solo per lei.
«Non voglio vederti piangere.»
Con la piccola manina Yume iniziò ad asciugare teneramente le lacrime sul viso di Ulrich che non sapeva più che emozione provare, baciò la fronte di Yume e la rimise a terra.
«Hai visto com’è bella la mamma?» le chiese con il sorriso più falso che avesse fatto in tutta la vita, lui odiava fingere, ma lo faceva per lei, solo per lei.
Yume annuì allegramente, non ancora consapevole che non avrebbe mai potuto abbracciare la sua mamma.
‘Quanta innocenza, in un bambino’ pensò Ulrich tenendo la piccola per mano; da piccoli si è così innocenti, ma quando si scopre la cruda verità il mondo collassa su se stesso, ma Ulrich non avrebbe mai permesso che Yume conoscesse quel mondo, lei non doveva soffrire come aveva sofferto lui, non avrebbe mai bevuto dal calice del dolore.
«Ma io voglio abbracciare la mamma, come faccio con te»
Il ragazzo dai capelli color cioccolato si bloccò, sussultò un attimo, ma le parole gli morirono in gola.
«Te l’ho detto, piccola, non si può» gli disse duro, imponendosi di non piangere ancora «Sarà meglio andare, adesso, forza, torniamo a casa».
E forse per la frustrazione, forse per la rabbia, la paura, la vigliaccheria, Ulrich fece la sola cosa che avrebbe potuto fare: fuggire, fuggire dal suo destino.
E il giorno dopo partirono, entrambi, verso una meta lontana, sconosciuta.
Ulrich aveva bisogno di ricominciare, di costruirsi una nuova vita dove nulla l’avrebbe più tormentato, dove la sua malattia sarebbe diventata la sua medicina; dove il ricordo di Yumi non era un tormento, ma solo un dolce ricordo che l’avrebbe accompagnato per tutta la vita.
E forse infondo era vero, lei era lì, appena sopra il cielo.






 
Angolo della scrittrice
Ehm ... Buon pomeriggio, EFP ...
Ehm ... OK! OK! MI ARRENDO! 

Adesso posate i tridenti, vi prego! :o
So che mi volete uccidere, ma ... cercate di capire ... se mi vengono 
solo storie tristi da scrivere non è colpa mia. e.e
Be' ... Onestamente questa OS l'ho scritta verso la fine di settembre
e ... Sembro vanitosa se dico che ne vado fiera?
Per una volta mi sembra di aver fatto un lavoro carino e spero
che voi pensiate lo stesso!^^
Avrei dovuto fare un banner, ma non ho trovato nessuno 
che potesse fare da prestavolto alla piccola Yume,
così ho abbandonato l'idea ... 
Adesso è meglio se mi dileguo, ho un bel po' di cose da fare!
A presto, Lyokofans!♥

La vostra,
-Meras9100
   
 
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