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Autore: Rory_chan    07/05/2008    5 recensioni
«dai, Neji, non tirartela. Racconta e basta!» strillò una ragazzina seccata, tirando un’amichevole pacca sulla spalla del ragazzo che aveva preso la parola, il quale, con un gesto scocciato, si accomodò meglio sul pavimento.
«va bene. allora comincerò a raccontare. Dovete avere presente che tutto questo ha avuto origine dal Giappone, fino ad arrivare qui in Inghilterra. Si dice che quest’evento accada bene o male ogni cent’anni, nello stesso giorno in cui è avvenuto quello precedente. Ed il caso vuole, che debba accadere oggi» tutti trattennero il respiro, con fare curioso. Neji, rassicurato da tutta quell’attenzione, continuò.
«la storia che vi racconterò… ha a che fare coi vampiri…»
[Regalo di compleanno per Fire91! Auguri Nee-chan! *-*]
Genere: Romantico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aprirono la porta che cigolò, pacatamente, nel silenzio assordante della notte

Aprirono la porta che cigolò, pacatamente, nel silenzio assordante della notte.

Il rintocco calcato e sordo del campanile li fece sussultare, stringersi nei cappotti, tremanti.

Nessuno di quei quattro ragazzini aveva il coraggio di addentrarsi realmente in quella casa, soprattutto per l’ora decisamente tarda. Il rintocco di poco prima, aveva segnalato l’una di notte.

La mano sinistra, candida, sbucò dalla manica del giubbotto pesante, andando a prendere velocemente e nervosamente la torcia dimenticata nell’ampia tasca.

«perché siamo dovuti venire qui a quest’ora?»

chiese una voce infantile, tremolante per l’ansia dell’attesa e dal timore. Il ragazzo affianco a colui che aveva parlato gli intimò di fare silenzio con un dito, osservando la stanza che si presentava davanti agli occhi.

Una camera buia se non tinteggiata dalla calda luce della torcia, completamente spoglia di ogni rivestimento e, se c’era qualche soprammobile, era impolverato e quasi del tutto mangiato dagli acari.

«ragazzi, spiegatemi…»

La vocetta stridula di poco prima di fermò repentinamente, trattenendo il respiro rumorosamente, come se all’improvviso avesse capito.

Non esitò più del solito ad addentrarsi in quelle spoglie stanze, inalando con un po’ di disgusto l’aria consumata che v’era all’interno.

Infine, i ragazzi si disposero a cerchio, sedendosi attentamente per terra, sopra i loro giubbotti.

La torcia illuminava ancora le pareti, assenti di colore e lugubri, con l’intonaco che cadeva a pezzi.

«siamo qui perché è il 7 maggio. Non vi ricorda nulla, questo?»

nessuno rispose, ma era evidente che tutti sapevano la risposta.

«a parte il fatto che è un ottimo posto per raccontare storie di paura, io ve ne propongo una; quella popolare, no? Sapete che più di cent’anni fa, nel nostro villaggio, si è consumato un evento fighissimo»

«dai, Neji, non tirartela. Racconta e basta!»

strillò una ragazzina seccata, tirando un’amichevole pacca sulla spalla del ragazzo che aveva preso la parola, il quale, con un gesto scocciato, si accomodò meglio sul pavimento.

«va bene. allora comincerò a raccontare. Dovete avere presente che tutto questo ha avuto origine dal Giappone, fino ad arrivare qui in Inghilterra. Si dice che quest’evento accada bene o male ogni cent’anni, nello stesso giorno in cui è avvenuto quello precedente. Ed il caso vuole, che debba accadere oggi»

tutti trattennero il respiro, con fare curioso. Neji, rassicurato da tutta quell’attenzione, continuò.

«la storia che vi racconterò… ha a che fare coi vampiri…»

 

 

Vampire 7th May

 

 

«complimenti, Ino! Bellissima festa!»

La voce risuonò atona e stridula, senza un particolare tono contento, né uno orgoglioso, né uno tranquillo. Più che altro, sembrò particolarmente ridicola, con quell’intonazione che voleva sembrare enfatica ma che lo rendeva troppo pacchiano. Quante cose potevano nascondersi in una sola, stupida, inutile frase.

Qualcosa che, se non si stava attenti, non si poteva cogliere. E così accadde.

La ragazza, troppo presa dalla contentezza e dall’eccessiva sicurezza in se stessa, volteggiò via, in modo talmente aggraziato che sembrava stesse ballando, scotendo ebbra di felicità la lunga e folta chioma dorata e sparendo nella folla, non premurandosi di indagare oltre.

 

Abbandonando l’attenzione degli occhi color delle selve da quella figura minuta che si allontanava da lei, spostò lo sguardo sul pavimento, osservando apparentemente tranquilla i sandali okobo ai suoi piedi, semi nascosti dallo sfarzoso vestito. Era elegante, quella sera. Una delle geisha più belle in quella sala. Fasciata dal suo classico kimono raffinato creato appositamente per le cerimonie importanti, stava in piedi immobile, senza spostarsi dal centro della sala.

Era strano vedere come la geisha più bella che il Giappone avesse mai potuto vantare di avere, fosse trastullata dall’eccitata felicità del matrimonio. Una volta sposata, Ino Yamanaka avrebbe perso il titolo di geisha. Avrebbe perso ogni diritto nella Okyta, e lì nessuno sarebbe più stato ai suoi ordini. Essendo la più bella era stata la fortuna dell’Okyta di Kyoto e quindi la meglio trattata, anche se in un certo periodo dovette combattere contro nuova arrivata, per mantenere quel posto. Ovvero lei.

Una bambina di appena sei anni, venduta dalla sua famiglia per poter avere un futuro migliore e divenuta all’istante una maiko di qualità. Era una bambina particolare, per quei buffi quanto insoliti capelli rosa che, prima visti come una stranezza, divennero una peculiarità assai ricercata. Una bambina dal corpo esile, solo con qualche accenno di curve per poi maturare improvvisamente, divenendo il secondo orgoglio di quell’Okyta.

Ino Yamanaka non l’aveva presa affatto bene.

Aveva strillato, pianto, rotto stoviglie e soprammobili. Ai tempi era poco più che una ragazzina troppo viziata per comprendere invece che lei, Sakura, l’esile bambina, voleva solo essere lasciata in pace.

E, il caso volle che, dopo qualche anno, le due divenissero migliori amiche.

 

Sakura distolse lo sguardo dai suoi sandali, puntandolo sull’ondata di calore che, improvvisamente, la colse. In quell’impeto di urla e di movimenti, capì che si era dato il via alle danze. Non ci pensò su un attimo, girando sui vertiginosi tacchi e allontanandosi il più velocemente possibile dal centro della sala.

«Sakura-chan! Sakura-chan! Ma come, non balli?»

Ino Yamanaka comparve nuovamente al suo fianco, gli occhi celesti ridenti e lo sguardo che rifuggiva quello dell’aspirante marito, con eccessiva malizia. Come poteva essere il contrario? Ino aveva avuto l’onore di essere stata scorta da Itachi Uchiha, uno degli uomini più belli della città. Senza contare il vasto patrimonio della famiglia dalla quale proveniva.

«no, Ino, sono stanca. La festa mi piace, non fraintendere – si affrettò ad aggiungere, premurosa – ma per ora non ho voglia di ballare. Sai quanto sono imbranata con gli okobo ai piedi…» tentò di giustificarsi, tirando un sorriso di scherno perentorio. Ino alzò gli occhi al cielo, sbattendo le palpebre contrariata.

«non proverai nemmeno a cercare l’uomo della tua vita?» domandò, falsamente innocente, tirando sulle labbra un sorriso complice. Fu il turno di Sakura di alzare gli occhi al cielo, senza riuscire a trattenersi dall’osservare bene l’amica.

Era pallida, quasi come un morto. A pensarci bene, era da quando aveva iniziato a frequentare in maniera ufficiale Itachi, che era così bianca. Cadaverica ma pur sempre bellissima.

«dai Ino, torna da Itachi, su. Non vorrai lasciarlo solo, proprio in questo giorno? Il sette maggio è una data importante, ora» ammiccò, tranquillamente, accennando con un fluido gesto del capo verso l’uomo in fondo alla sala.

Ino ampliò il suo sorriso, osservando in modo pacato Sakura.

«invece sì. Avanti, Sakura-chan… perché non andiamo a ballare insieme, uhm? Tanto Itachi può aspettare… ho tutta una vita da passare con lui!» esclamò piena di contentezza, una lieve risata posata trattenuta dalla mano delicatamente poggiata sulle labbra rosse. Con un gesto repentino afferrò la mano dell’amica, tirandola poco cortesemente verso il centro della sala.

L’Haruno tentò di ritrarsi, invano, osservandosi imbarazzata intorno.

«Ino, ti prego, non sono d’aria! E poi, sta per iniziare il primo ballo, e sai a chi tocca l’onore di aprire le danze ufficialmente, vero?!» domandò retorica, sicura di avere ragione.

Ino inarcò le sopracciglia dorate, trattenendo a stento uno sbuffo. Era evidente che fosse contrariata e che non avesse nessuna intenzione di abbandonare la sua impresa. Troppo abituata ad avere tutto quello che voleva nell’istante in cui lo chiedeva, viziata in larga misura dall’Oka-san, la direttrice della casa per geisha in cui era stata istruita, portò scocciata le mani sui fianchi sinuosi.

«…a me. Lo so, però quando si concluderà quel ballo, toccherà a te mia cara! Così mi assicuro che tu ti diverta… sempre che poi tu sia libera…» lasciò intendere la fine della frase, sorridendo con fare malizioso e complice, com’era solita fare.

«sì, certo Ino, hai vinto tu. Come al solito, Ino-chan» sussurrò Sakura sincera, cercando di aprire le labbra in un sorriso. La Yamanaka parve soddisfatta da quella risposta, e decise di puntellarsi sulle punte dei piedi, perdendo già il precario equilibrio causato dai sandali troppo alti. In quel lasso di tempo passato per guardare oltre le spalle di Sakura – sulle quali si stava poggiando – adocchiò in men che non si dica qualche ragazzo elegante di belle sembianze.

«oddio Sakura! – avvicinò le morbide labbra all’orecchio dell’amica che, incuriosita, si lasciò tenere per le spalle – guarda chi c’è! Quello lì infondo, che sta venendo qui, è il fratello di Itachi!» civettò allegra, puntando l’indice della mano destra contro un giovane che, pacatamente, si stava avvicinando a loro. Quando fu ad una distanza piuttosto ravvicinata, si inchinò lievemente, sfiorando con la propria, la mano di entrambe.

 

«buonasera, Ino-san. Sei bellissima, questa sera» mormorò in poco più che un sussurro, misurando la voce piatta e roca. Ino sorrise civettuola, ritraendo la mano accanto a quella di colui che doveva essere l’Uchiha minore. Sventolò vicino al naso di questi la mano, soprattutto l’anello che portava al dito.

«sono impegnata, ora, Sasuke-kun! Se lo sapesse tuo fratello…» il ragazzo si strinse nelle spalle, tirando sulle labbra pallide un sorriso falsamente modesto.

«testavo se saresti rimasta fedele a lui» mentì tranquillamente, socchiudendo gli occhi e rivolgendo solo in quel momento l’attenzione sulla figura accanto alla Yamanaka.

«beh, certo. Comunque lei è Sakura, la mia migliore amica!» presentò allegramente la bionda, portando la mano che poco prima aveva avuto quasi un diretto contatto con il viso di Sasuke, verso di lei. L’Haruno trattenne uno sbuffo, lanciando un’occhiata di rimprovero all’amica che la ignorò palesemente. Infine, dovette inchinarsi quel poco che bastava per portar rispetto.

«Conbanwà, Sasuke-san» sibilò Sakura a denti stretti, chiaramente irritata.

«Haai» borbottò di tutta risposta il giovane uomo, troppo impegnata nello scrutarla interessato. Ino sorrise, passandosi la mano fra la folta zazzera bionda.

«beh. Io vado altrimenti ad Itachi toccherà ballare da solo! Conoscetevi meglio!» strillò prima di scappare via, quanto gli okobo glielo permettessero.

 

L’atmosfera si gelò all’istante, e a Sakura parve di affogare in quell’assordante silenzio che era sceso fra loro. Sasuke Uchiha era bello almeno quanto il fratello maggiore; era difficile stabilire quale dei due fosse maggiormente affascinante. A suo modo pareva sensuale in ogni gesto che faceva, come i capelli d’ebano che gli ricadevano morbidi sulle spalle, sfiorandole appena. Gli occhi richiamavano alla perfezione il colore scuro dei ciuffi corvini, spiccando provocantemente sulla carnagione troppo pallida. Era di statura media, e dalla corporatura esile. Ma impeccabile.

Al contrario lei, lei Sakura, era piuttosto bassa. Dalla sua postazione gli arrivava non sopra della spalla, e questo la irritava. Più che altro la irritava la consapevolezza di non essere bella e sfacciata con gli uomini come Ino. Nonostante i numerosi anni passati a fare la geisha, le risultava ancora difficile mostrarsi davanti ad un uomo, parlargli normalmente.

Era bassa, sebbene avesse un fisico normalmente invidiato, ed i suoi capelli erano di un insolito color rosa chiaro, lunghi fino alla vita. Quella sera li aveva raccolti in un’elegante crocchia, anche se le sembravano sempre troppo pacchiani e assolutamente inadatti per qualsiasi vestito indossasse. L’unico cosa di cui poteva vantarsi apertamente era il colore degli occhi, verde come le selve e dal taglio raffinatamente a mandorla. Risaltavano notevolmente sul viso dalla pelle candida, spesso truccato dal pesante cerone bianco da geisha. Fortunatamente, quella sera, il trucco era solamente velato, per lasciar spazio all’attenzione del color rosso fuoco del rossetto sulle labbra.

«choshi wa do’?» chiese timidamente Sakura, maledicendo mentalmente Ino. L’Uchiha non rispose subito, ma si limitò a fissarla con aria assente. La ragazza si schiarì la voce, abbassando lo sguardo sul vestito elegante del giovane che aveva di fronte.

«non c’è bisogno che tu sia formale con me, Sakura» disse improvvisamente il moro, pacato nelle sue movenze. Sakura sussultò, senza sentire alcun suffisso al suo nome, e sentì le guance ardere dal rossore. Decise di spostare lo sguardo, di non guardarlo.

«…comunque va bene, grazie. Questa festa è noiosa» espresse in tono solenne Sasuke, percependo il tentativo della ragazza di rifuggire il suo sguardo. Stette al gioco, voltandosi per osservare la gente che si affrettava ad allontanarsi dal centro della sala per lasciar posto ai promessi sposi. La geisha arricciò l’angolo sinistro della bocca in un lieve ghigno.

«hai ragione. Ma purtroppo non possiamo sottrarci. È nostro dovere, dopotutto Itachi è tuo fratello e Ino la mia migliore amica…» rivelò con un misto di tristezza e stizza nel tono. L’Uchiha non sembrò toccato da quelle parole e preferì rimanere in silenzio, come Sakura capì istantaneamente. Non poteva tentare con un approccio palato; lo annoiava.

«sai Sakura… tu mi sembri una persona affidabile. Una geisha… molto particolare» sibilò poco tempo dopo Sasuke, lo sguardo mantenuto lontano da lei.

«voglio che tu canti per me. Andiamo fuori» disse infine, facendo rimaner perplessa la giovane. Prima che potesse ribattere un qualcosa, Sasuke si era già voltato ed incamminato verso l’uscita, intimandola velatamente di seguirlo. Sakura si morse il labbro rosso, indecisa.

«lo sai che dovrai pagarmi, vero?» sbottò seccata, affrettandosi a stargli dietro.

«voglio che tu canti per me»

con queste parole, capì che il discorso era finito. E non aveva possibilità di ribattere.

 

Le mani candide di poggiarono sulle spalle, percorrendo docilmente la stoffa del kimono maschile fino a cingersi dietro al collo. Le dita dalle unghie curante si sfiorarono, e le labbra colorate dal rossetto si piegarono in un sorriso felice.

Le mani cadaveriche si toccarono dietro la schiena, scorrendo lungo il tessuto pregiato di quel kimono elegante e sfarzoso. La pelle venne solleticata dai lunghissimi fili biondi, ma non si ritrasse. Piuttosto, preferì saggiare il corpo di colei che sarebbe presto divenuta sua moglie.

Itachi Uchiha strinse a sé Ino Yamanaka, guidando i primi passi del ballo popolare in cui si sarebbero dovuti dilettare come voleva la tradizione.

«attento a non pestarmi i piedi» sussurrò provocante la bionda all’orecchio dell’uomo, movendosi sinuosamente. Itachi alzò gli occhi al cielo, schioccando silenziosamente la lingua.

«stai tranquilla, non credo sia possibile coi massi che porti ai piedi» sussurrò tranquillo, prendendo la guida del ballo. Ino si lasciò portare, confondendo con il suo, il respiro di lui. Lo sentiva battere sulle sue labbra, attraente ed elettrizzante come mai era stato. Percepiva i loro corpi che si scontravano, sfioravano sensuali.

«sai una cosa Itachi?» con le mani Ino carezzò di nascosto i lunghi capelli neri dell’uomo, facendoli passare fra le dita. Li annusò, portandoli lentamente sotto il naso.

«amo ogni cosa di te» rivelò arrossendo appena, mantenendo comunque il suo portamento altezzoso e fiero. Itachi la strinse maggiormente a sé, facendo aderire completamente i loro corpi. Per Ino, fu una risposta più che esauriente che di mille altre parole melense.

 

Non sapeva cosa bene l’avesse spinta a seguirlo fuori dal palazzo che ospitava la festa. Non sapeva nemmeno il motivo per il quale aveva assecondato le sue richieste, visto che inizialmente non aveva la più pallida intenzione di esibirsi. Davanti a lui però, per la prima volta, si sentì a suo agio. Ed improvvisamente si era ritrovata fra le sue braccia, avvinghiata al suo corpo caldo, desiderando la felicità che coglieva Ino ogni volta che vedeva Itachi.

Le labbra bollenti passarono sul suo viso, assaporando l’acre sapore del trucco, fino ad arrivare alla meta ambita; le labbra, ormai stinte dal rossetto e desiderose solo del suo tocco. Sasuke le sciolse la crocchia nella quale erano legati i capelli, respirando sulla sua bocca, carico di eccitazione. Fece scorrere i fili rosati fra le dita di una mano, mentre l’altra teneva stretta Sakura per i fianchi al suo corpo.

«che giorno è, oggi, Sakura?» domandò l’Uchiha, ripresosi momentaneamente da quell’impeto di passione che lo aveva colto, a contatto con la pelle di lei, allontanandosi dalle sue labbra. Si poggiò stancamente sulla ringhiera del terrazzo nel quale si erano rifugiati, lontani dalle urla fastidiose dei partecipanti alla festa. Sakura si ricompose, deglutendo rumorosamente e battendo ciglio. Fece scivolare le sue mani sulle spalle del ragazzo, sfiorando in un tocco delicato il collo niveo dalla pelle tenera. Sorrise, nel sentirlo rabbrividire.

«oggi è il sette maggio» sussurrò, pericolosamente vicina alle sue labbra, andando poi a cercarle, ancora, ancora e ancora, fino a sentirsi completamente ebbra del suo profumo.

Non si pentì di averlo seguito, né di seguirlo in una stanza buia del palazzo e amarlo, amarlo per quei pochi minuti concessi a loro disposizione, prima che qualcuno se ne accorgesse.

«lo so» bisbigliò Sasuke sul suo collo, leccandolo placidamente e assaporando il profumo della sua pelle, inebriandosi di quella momentanea beatitudine che Sakura gli stava donando.

 

Accadde poi, in un solo momento.

Un battito di ciglia e una distrazione.

Sasuke baciò la pelle tenera della gola di Sakura, leccandone il lieve sudore accumulato nell’incavo del collo dopo il rapporto avuto, annusando l’odore dolce di cui era imbevuto.

E lì, vi affondò i denti.

Tutto ciò che accadde dopo rimase sfuocato dal dolore, dalla bruciante sofferenza dell’animo e del cuore che, in quell’istante, smise di battere.

 

*

«accidenti! Tu si che sai la storia nei minimi dettagli, Neji!»

esclamò un ragazzino esagitato, asciugandosi con la manica della giacca il sudore sulla fronte.

Neji sorrise sprizzando fierezza da ogni poro della pelle, sorridendo ambiguo. La sua storia aveva sortito l’effetto desiderato; quasi tutti tremavano.

«io non capisco cosa ci sia di spaventoso»

tuonò la voce femminile con evidente rammarico, imbronciandosi.

«di spaventoso, Tenten, c’è che questa storia è vera. Questa è la leggenda proveniente dal Giappone, che poi si è andata a spostare in molti altri paesi del mondo. Anche qui. Questo prova che i vampiri esistono realmente»

sogghignò tranquillo davanti all’espressione diffidente della ragazza.

«ah si? E che fine hanno fatto, questi Sasuke e Sakura? E Itachi ed Ino?»

domandò stizzita Tenten, per nulla impressionata dalla storia raccontata dall’amico.

«Itachi aveva trasformato Ino molto tempo prima di quella sera. Per questo Sakura la vedeva terribilmente pallida. Mentre Sasuke non uccise Sakura, bensì la designò come sua compagna. La differenza fra Itachi e Sasuke, è che Ino era consapevole della natura di Itachi. Mentre Sakura non sapeva nulla. Per questo è più famosa la loro, di leggenda»

spiegò posato Neji, inarcando delicatamente entrambe le sopracciglia, attento alle parole della ragazza.

«…e questo accadrebbe ogni sette maggio, dopo cent’anni, né? A me sembra più un’assurdità…»

gongolò maliziosa la giovane ragazzina, troppo spavalda per i gusti di Neji.

«accade ogni sette maggio di ogni cent’anni, sì, ma solo con le persone che si chiamano “Sakura” e “Sasuke”. Altrimenti non sarebbe la loro leggenda, testona»

«e questi nomi dove li trovi, se non in Giappone?»

Neji sbuffò, frustrato dall’insistenza della ragazza. Alzò le mani in segno di resa, stizzito.

 

*

 

Francia.

Una ragazza dalla corta chioma bionda racchiusa in quattro code poste ai lati della testa osservò con un impercettibile ghigno sulle labbra lo specchio di fronte a sé. Prese dalla borsetta il rossetto rosso fuoco, passandolo diligentemente sulle labbra carnose, dandole un tocco decisamente provocante. Un’altra ragazza, seduta sui lavandini del bagno del locale, l’osservava dallo specchio con un’espressione esasperata.

«dai Tem. Sei perfetta così, non c’è bisogno di ulteriore trucco. E poi non vorrai tradire Shikamaru, né?» domandò frivola, scendendo agilmente dai lavandini e raggiungendo l’amica.

«macché! È per lui che mi sto truccando. Se si azzarda a dirmi che non sto bene lo prendo  botte. Anzi, lo appendo vicino al ventaglio che mi ha regalato Gaara» minacciò tranquillamente la bionda, chiamata Temari. L’amica sorrise divertita.

«almeno appendilo vicino alla finestra!» esclamò seriamente compiaciuta dalla diabolicità della bionda, ravvivandosi con le mani i capelli di un particolare color rosso. Talmente chiaro, da essere rosa. O almeno, così giustificava quel colore tanto insolito di capelli naturali.

«o magari lo defenestro direttamente» aggiunse Temari, rimettendo il rossetto nella borsa e afferrando senza preavviso per il polso la ragazza che l’aveva accompagnata nel bagno della discoteca.

«andiamo, Sakura» mormorò, aprendo distrattamente la porta e lasciando l’amica libera da quella presa. Si diresse senza scomporsi dal suo ragazzo che sorseggiava in assoluta tranquillità un drink. Sakura l’osservò da lontano, vedendola poggiare le mani sui fianchi e prendere per l’orecchio Shikamaru, pensò che diavolo avesse combinato lui.

Si mosse, per raggiungerli, quando, improvvisamente andò a sbattere contro qualcuno.

«scusa, colpa mia! Non sto mai attenta…» si giustificò seduta stante, osservando il ragazzo che aveva travolto. Guardò i suoi capelli neri, colore richiamato dagli occhi profondi e dalla carnagione pallida. Per un attimo le sembrò di vedere un luccichio rossastro in quelle iridi d’ebano.

«di niente. Ma sta’ più attenta…?» il giovane uomo batté ciglio, attendendo.

«…oh! Sakura! Piacere!» la ragazza alzò prontamente e stupidamente la mano, affrettandosi a mordersi il labbro e abbassare lo sguardo, intimorita da quello di lui. Le strinse la mano, carezzandole con il pollice il dorso. Per quell’istante, sentì un brivido dietro la schiena.

«io mi chiamo Sasuke. Ed il piacere è tutto mio»

Nella discoteca, il DJ annunciò la mezzanotte. Il sette Maggio di cent’anni dopo, era arrivato.

 

*

«c’è sempre qualcuno che si chiama “Sakura” o “Sasuke”, anche non in Giappone. E stai tranquilla; la storia si ripeterà anche quest’anno. Ne sono passati esattamente cento, dall’ultima volta»

Neji ne sembrò veramente sicuro, ed evitò qualsiasi altra domanda di Tenten tappandole la bocca con un lieve ma dolce bacio.

 

 

Note:

 

Geisha: in poche parole e, in spiegazione molto ristretta, le geisha sono nate nel Giappone e sono delle artiste. Studiano canto, ballo (quello dei ventagli è uno dei più famosi) e anche suonare degli strumenti. Il loro compito è intrattenere chiunque le paghi con le loro prestazioni (quelle elencate sopra).

Okyta: è la casa in cui vengono istruite le geishe.

Okobo: sono alti sandali infradito che vengono spesso utilizzati dalle geishe.

Conbanwà: buonasera.

Haai: ciao.

Choshi wa do’?: come va? 

 

 

Ahem. Fanfic strana, lo so. Avviso che ho mischiato “memorie di una Geisha” con “Twilight” ed è uscita questa cosa. Assai contorta, ma spero che vi sia piaciuta. Non credo ci sia nient’altro da dire…spero solo che vi sia piaciuta ^^” e recensite! *-*

 

Dedicata a: Fire91 o più comunemente detta Giò o NEE-CHAN *-*! Perché oggi compie gli anni ed ha pure avuto un compito di matematica come regalo XD. Scherzi a parte, spero ti sia piaciuta e che sia stata all’altezza di ciò che ti aspettavi da me -///- e pensa che metà del regalo te l’ho fatto ieri notte/questa mattina rimanendo sveglia fino a mezzanotte per strillarti “auguri!” XD. Comunque, te lo ripeto: AUGURI! E ricorda: insultando si libera lo stress! (e sai a cosa mi riferisco XD) Ti voglio bene! *-*

 

Rory.

 

 

  
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