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Autore: DarkSide_of_Gemini    06/12/2013    3 recensioni
"-Io posso venire quando voglio qui. Domani torni?-
-No-
Aveva usato un tono perentorio, non adatto ad un bambino della sua età.
Sembrava abituato a farsi obbedire ad un minimo cenno, aveva assunto una vaga espressione di minaccia.
Kendeas ci rimase male, ma non si perse d’animo.
-E dopodomani?-
-No. Mai più. Mai più fino a quando non avrò terminato il mio addestramento-"
Due bambini, un lungo periodo di attesa, una promessa da mantenere.
E' così che inizia la storia di Saga e Kendeas, il primo Gold Saint dei Gemelli, l'altro un ragazzo comune, come tanti.
La storia di un amore nato per caso e capace di durare tutta la vita e oltre la morte, attraverso difficoltà, tradimenti, bugie.
Attraverso gli anni.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve,  ricordate la mia ultima collaborazione con la mia so(r)cia Makochan?

Bene, dato il successo ottenuto abbiamo deciso di metterci di nuovo in combutta sfornando questa nuova storia.

Ecco a voi…

 

Anàmesa Étoi – Across the Years

 

1 – La Promessa

“Accidenti!”.

Protestò il bambino tra sé e sé, alzando imbronciato lo sguardo verso gli alti rami di un grosso albero di fichi.

La buccia scura dei frutti brillava alla luce del sole che filtrava dalle foglie, facendo sembrare le gocce di brina della quale erano ricoperti simili a piccoli diamanti; erano di certo maturi, a decine pendevano gonfi dai rami, e sarebbe stato un vero peccato lasciarli lì a marcire o farli rovinare dalle beccate degli uccelli.

Per questo il piccolo era appostato sotto quell’albero da ormai una buona mezz’ora, passata a tentare inutilmente di arrampicarsi o raggiungere i rami più bassi in altri modi.

Aveva sette anni -motivo per cui l’altezza non giocava certo a suo favore-, dei grandi e luminosi occhi verde pallido che continuavano a scrutare le fronde, decisi a non demordere.

Qua e là, tra le ciocche di capelli biondi, una foglia caduta spiccava per il suo colore verde cupo, in contrasto con i sottili fili d’oro della capigliatura.

Era vestito come un normale ragazzino di provincia, una maglietta color smeraldo e dei pantaloni bianchi sui quali svariati pezzetti di corteccia facevano bene intendere quale fosse stato fino ad allora l’obbiettivo del bambino.

Il ragazzino si guardò intorno, sperando che qualcuno passasse per il campo e lo aiutasse a conquistare gli oggetti del suo desiderio, e rimase deluso quando si rese conto di essere solo, dato che gli abitanti del villaggio nel quale viveva erano troppo impegnati nel lavoro, a quell’ora, per andare a zonzo per i frutteti.

Con disappunto, si chiese cosa fare.

Tornare a casa e prendere una scala?

Troppo lontano, e poi come avrebbe fatto a riportare indietro sia la scala che i frutti?

Chiamare suo zio Kostas?  

Lui iniziava a lavorare presto, ed in genere non gradiva essere disturbato.

Né si poteva sperare sull’aiuto degli altri parenti o conoscenti.

Pensò e ripensò a come fare, e nessuna idea gli sembrò adatta alla situazione, a parte l’ultima: a malincuore, lasciar perdere l’impresa e ritornare a casa ad aiutare lo zio con il lavoro.

Indispettito, il bambino lanciò un’ultima occhiata ai fichi sull’albero, e stava per aggirare il vecchio tronco per andarsene quando una voce alla sue spalle lo fermò.

 

-Sarebbe bello arrivarci, no?-

 

Dietro di lui stava un ragazzino della sua stessa età, forse un anno più grande, ovvero doveva avere otto anni, con i capelli blu lunghi fino alle spalle e gli occhi color acquamarina.

Era vestito in modo alquanto singolare: portava una tunica azzurra legata in vita da una cintura di cuoio, ed ai polsi aveva legate delle bende bianche, sembrava pronto per entrare a far parte di una squadra di combattenti.

 

-Già…- borbottò lui lanciando un’altra occhiata ai fichi, ben visibili per via del loro colore scuro che risaltava contro il verde delle foglie illuminato dal sole –peccato che io ci sto provando da un bel po’, e non ci sono ancora riuscito. È troppo alto-

 

-Magari è alto per un bambino-

 

Commentò l’altro avvicinandosi all’albero; sembrava avere tutte le intenzioni di salire.

Il biondo lo scrutò sospettoso.

“Cosa vuol dire per un bambino?” si chiese scettico “E’ alto quanto me! Forse un po’ di più… ma un paio di centimetri non fanno la differenza!”.

 

-Pensi di poterci arrivare- gli chiese il nuovo arrivato –se sali sulle mie spalle?-

 

-Uau! Questa sì che è un’idea!-

 

Non persero tempo: qualche secondo dopo il ragazzino biondo si arrampicava sui rami staccando i frutti e mettendoli nell’incavo della maglietta piegata per ottenere un valido sostituto di un cesto.

Quando la stoffa traboccò di fichi maturi, alcuni appiccicosi di resina, si sedette su un ramo e li passò al nuovo amico.

 

-Sicuro di non volere un aiuto per scendere?- gli chiese quello dopo che ebbero finito l’operazione –Se cadi ti fai male-

 

Non aveva tutti i torti, il ramo era abbastanza alto.

Ma il bambino non voleva essere preso per un pappamolla, così gli rispose che ce la faceva da solo, in caso lui avrebbe potuto aiutarlo se proprio scivolava dal ramo.

Per fortuna non cadde, atterrò però di slancio ed andò a colpire l’altro, finendo entrambi a rotolare sul prato verde lontani dai frutti, fortunatamente.

I bambini guardarono la piccola montagna di frutti accanto a loro, sorridendosi con aria complice.

 

-Certo che siamo una bella squadra!- sentenziò il più piccolo –A proposito, come ti chiami?-

 

-Saga. E tu?-

 

-Io sono Kendeas-

 

Si presentò, sedendosi poi a gambe incrociate sotto l’albero, con la schiena appoggiata al tronco, iniziando a sbucciare un fico.

Saga si unì a lui, e per un po’ nessuno ruppe il silenzio.

Entrambi, però, si scrutavano a vicenda, incuriositi come solo i bambini sanno essere, chiedendosi mentalmente molte cose l’uno sull’altro, con tutta l’intenzione di approfondire la conoscenza del nuovo amico una volta che avrebbero avuto la bocca libera.

Intanto la montagna di fichi diminuiva e quella di bucce andava via via aumentando, fino a quando i ragazzini rimasero indecisi a lanciare occhiate furtive all’ultimo frutto rimasto alla base della piramide.

Iniziarono a farsi domande basilari per soddisfare almeno in parte la loro curiosità.

Kendeas aveva ragione: Saga era di un solo anno più grande di lui.

Eppure dall’aspetto gli sembrava in qualche modo molto più maturo rispetto alla maggior parte dei ragazzi loro coetanei: saranno state le spalle più larghe, la schiena ben dritta, o quell’insolita serietà nello sguardo, fatto sta che agli occhi del bambino biondo Saga appariva di gran lunga più cresciuto rispetto alla sua età.

Gli chiese se abitava in un villaggio vicino al suo; gli sembrava insolito di non averlo mai incontrato prima di allora.

Saga gli rispose di no.

 

-E allora dove stai?-

 

-Oh, bè…- e fece un gesto con la mano, molto più ampio di quello che avrebbe fatto Kendeas per indicare il suo villaggio –lontano da qui. Non ci posso venire sempre-

 

-Perché no?- chiese Kendeas, incuriosito –Devi aiutare la tua mamma a lavorare?-

 

A Saga scappò una mezza risata, priva però di cattiveria.

Non voleva prenderlo in giro.

 

-No-

 

Rispose solo.

Poi allungò una mano verso l’ultimo frutto e lo divise in due metà esatte, porgendone una a Kendeas.

Il ragazzino accettò di buon grado, colpito almeno in parte dalla generosità dell’amico: di solito, la gente non amava dividere i propri averi con gli sconosciuti.

Ma questo era quello che succedeva nei villaggi più poveri –non in quello in cui lui viveva-, lì dove nessuno può permettersi di avere buon cuore con il prossimo.

Kendeas stava per chiedere cosa mai impedisse a Saga di andare in giro come tutti i ragazzi, quando una lontana voce di uomo lo interruppe, sbraitando a gran voce qualcosa.

 

-Ops- fece Saga scattando in piedi –mi sa che la mia pausa è finita-

 

La voce era indubbiamente arrabbiata, e si avvicinava al campo dove i due bambini si erano sistemati.

Kendeas scrutò tra gli alberi, ma non vide nessuno nonostante i richiami continuassero a farsi sempre più distinti.

 

-Saga! Dove sei finito?! Ti ho detto che non puoi interrompere l’allenamento quando ti pare e piace!-

 

Saga si spazzolò via l’erba dai pantaloni –Devo andare-

 

-Ma chi è? Tuo padre?-

 

-No. Il mio maestro-

 

-Hai un insegnante privato?-

 

-Hum… sì e no. Bè, allora ciao-

 

-Aspetta!-

 

Kendeas si alzò in piedi rincorrendo il bambino dai capelli blu, rischiando di scivolare sulle bucce viscide dei fichi.

Saga si voltò, e sembrava avere fretta.

 

-Io posso venire quando voglio qui. Domani torni?-

 

-No-

 

Aveva usato un tono perentorio, non adatto ad un bambino della sua età.

Sembrava abituato a farsi obbedire ad un minimo cenno, aveva assunto una vaga espressione di minaccia.

Kendeas ci rimase male, ma non si perse d’animo.

 

-E dopodomani?-

 

-No. Mai più. Mai più fino a quando non avrò terminato il mio addestramento-

 

Kendeas emise un verso deluso; non era facile farsi nuovi amici, in genere nei villaggi tutti lavoravano e non avevano tempo per giocare, e tra poco anche lui avrebbe dovuto darsi da fare ed iniziare a dare una mano in casa.

Saga dovette intuire il suo disappunto, perché, incurante dell’uomo che lo chiamava, sia avvicinò al bambino.

 

-Tra sei anni- disse –avrò finito. Vediamoci qui, stesso giorno, stessa ora. Va bene?-

 

“Sei anni?” pensò stupefatto Kendeas. Gli sembravano un’infinità “Cosa dovrà fare in tanto tempo?”.

Sebbene la curiosità facesse di tutto per fargli porre quella domanda, il timore di far perdere la pazienza al ragazzino dagli occhi azzurri la ricacciava indietro.

Era tanto tempo, sì, ma era pur sempre meglio aspettare che non rivedersi più.

 

-Va bene. Tra sei anni qui-

 

-Bene-

 

Saga annuì e corse via ad una velocità stupefacente.

Poco dopo era già sparito tra gli alberi.

“Che strano…” si ritrovò a pensare Kendeas sulla via del ritorno “sei anni… cosa mai dovrà fare una persona in sei anni? Ha parlato di allenamento. Chiederò allo zio”.

Il bambino entrò nel cortile di casa sua oltrepassando lo steccato in legno, vedendo subito suo zio Kostas intento a lavorare, concentrato come al suo solito; poco distante da lui, un asino brucava un rado cespuglio d’erba quasi al limitare con la staccionata.

 

-Ciao, zio!-

 

Salutò Kendeas sedendosi su una panca in legno vicino al parente.

Stette un po’ ad osservare le mani ormai esperte dello zio lavorare quello che alla fine avrebbe dovuto essere un vaso di argilla, bagnarlo intingendo le mani in una ciotola d’acqua accanto a lui e ritornare a modellarlo con estrema attenzione.

Lo zio Kostas aveva barba e capelli scuri, e la pelle scottata dal sole per via della sua abitudine di lavorare all’aperto nei giorni d’estate.

Il viso e le mani erano increspati da piccole rughe, e la schiena gli si era con il tempo incurvata a causa della posizione che assumeva nel lavorare, chino sulla sua opera quasi cercasse di nasconderla da occhi indiscreti.

 

-Ciao, nipote-

 

Gli rispose.

Aggrottò le folte sopracciglia per un attino, rifinendo il bordo del vaso con un particolare arnese fino a ridurlo di spessore.

Appoggiò la sua nuova creazione accanto ad altre già messe ad asciugare e si voltò a guardare il nipote.

 

-Dove sei stato? Ti ho visto uscire-

 

Kendeas annuì, e gli raccontò del proprio incontro con Saga, della sua promessa di rivedersi tra sei anni, e gli chiese cosa mai poteva tenere una persona impegnata per tanto tempo.

Lo zio lo ascoltò con interesse, passandosi alla fine una mano sulla barba.

Si appoggiò allo schienale della sedia con un lungo sospiro.

Sul viso aveva un sorriso appena accennato.

 

-Ragazzo, credo che tu abbia appena incontrato un apprendista Saint-

 

-Un apprendista cosa?-

 

-E’ una storia lunga, Kendeas- lo zio si appoggiò i gomiti sulle ginocchia, sporgendosi verso di lui –immagino tu sappia che, spesso e volentieri, gli Dèi amano immischiarsi nelle sorti degli umani, far parte delle battaglie mortali lottando in modo da portare la vittoria ai loro favoriti e modificare il corso degli eventi secondo il loro volere. Si dice che una Dea in particolare scenda sulla terra ogni qualvolta il male minacci il pianeta: si tratta di Athena, la Dea della guerra e della saggezza, dell’arte strategica in battaglia. Con la sua comparsa anche un buon numero di ragazzi destinati a formare il suo esercito si fa avanti. Non si tratta di uomini come gli altri: i Saint, così vengono chiamati, Santi capaci di riportare la pace, possiedono una forza fuori dal comune, sono capaci di disintegrare intere montagne  con la sola forza di un pugno, e di molto altro-

 

“Accidenti!” venne da pensare al bambino mentre il racconto proseguiva “Davvero Saga sarà capace di fare tutto questo?”.

 

-Ma allora, zio, quando tra sei anni rivedrò quel ragazzo lui sarà in grado di fare quello che hai appena detto? Non mi prendi in giro?-

 

-Certo che no. Suppongo che, trascorso il tempo stabilito, scoprirai da solo di quali poteri il tuo amico sarà dotato-

***

A volte quei sei anni erano sembrati un’eternità, altre invece scorrevano con una velocità impressionante.

Non passava giorno in cui, complici i racconti di Kostas, Kendeas non si ritrovasse a pensare a Saga, a come sarebbe stato il loro incontro dopo tanto tempo, a come l’avrebbe rivisto tanto cambiato dopo il lungo addestramento.

Spesso ci rifletteva con trepidante attesa, altre invece con imbarazzo: messo a confronto con uno dei leggendari Saint di Athena, lui non era altro che una nullità; Saga avrebbe davvero voluto perdere tempo con lui?

E se si fosse dimenticato dell’appuntamento?

Avrebbe di certo avuto altro a cui pensare, che ad una promessa fatta tra bambini.

Con quel pensiero, il giorno stabilito Kendeas si avviò verso il luogo dell’appuntamento.

Arrivato sotto il vecchio albero di fichi si ritrovò a sorridere ripensando all’incontro con Saga; si sedette con la schiena appoggiata contro la corteccia ruvida, in attesa.

Lui stesso era cambiato dal giorno in cui si erano conosciuti: non si pensava robusto come l’amico avrebbe dovuto di certo essere, eppure il lavoro appreso nel laboratorio dello zio gli aveva fatto sviluppare i muscoli delle braccia, sempre in movimento nel lavorare i blocchi di argilla, e le sue mani erano diventate col tempo veloci e robuste ma al contempo delicate e dal tocco leggero.

I capelli gli erano cresciuti diventando folte onde scomposte formate da ciocche bionde; gli occhi verdi cambiavano sfumatura in base al tempo: si scurivano virando verso incredibili sfumature grigio-azzurro quando il cielo preannunciava pioggia, mentre se la giornata era serena il verde chiaro prendeva il sopravvento su ogni altro colore.

“Non verrà” si disse ancora una volta, staccando un filo d’erba e rigirandoselo tra le dita “lo aspetto solo perché gliel’ho promesso, ma non posso certo sperare che un Saint possa venire meno ai suoi doveri solo per un appuntamento dato da bambini”.

Il tempo passava, si stava avvicinando l’orario stabilito.

Kendeas aveva spezzettato il filo d’erba e l’aveva gettato via con fare distratto, staccandone subito dopo un altro per metterlo fra le labbra e rigirarselo nervosamente tra i denti.

L’orario era più o meno quello, e nessuno si faceva avanti, come già previsto dal ragazzo.

Passarono altri minuti, e neanche un lontano rumore di passi, non una voce, convinse Kendeas dell’arrivo di Saga.

Attorno a lui regnava la pace sovrana, interrotta di tanto in tanto dal volo di un uccello tra le foglie degli alberi o dal movimento di queste ultime ad un raro soffio di vento.

E, proprio quando il ragazzo aveva abbandonato un po’ le speranze, si sentirono dei passi avvicinarsi ed una voce calda e familiare provenire dalle sue spalle.

 

-Allora sei venuto davvero-

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Siete giunti fin qui?

Ma bravi, allora la storia non è un fiasco totale xD

Ora vi spieghiamo un po’ com’è nata l’idea: dunque, abbiamo notato che quando si tratta di storie romantiche i Saint sono sempre accoppiati tra di loro (coppie canoniche Saga x Aioros, Milo x Camus ecc…), oppure se ci sono personaggi originali che si innamorano o che finiscono accoppiati come le carte del Memory sono sempre femmine; allora abbiamo pensato: “Ecco cosa manca! Una storia dove il personaggio originale sia un altro maschietto *fiocco blu*”.

E così abbiamo creato Kendeas(: non è carino? xD -> idea stupida di Mako).

Ovviamente se qualcuno avesse già scritto una storia come questa fatecelo sapere, perché noi non ne abbiamo notate, ma potrebbero sempre esserci sfuggite.

Va bene, grazie per l’attenzione, al prossimo capitolo.

P.S: Il titolo è una citazione di Confrontation, che è una canzone del musical “Les Misèrables”, dato che Mako è una pazza fissata con quella roba lì <.<

 

Mako e Rory

  
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