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Autore: Hpobsessed    06/12/2013    0 recensioni
Si tratta più che altro della vita di Owen prima e durante il periodo ad Hogwarts.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«Non puoi giocare con noi.»
«Perché no?»
«Perché sei un senza -papà.»
Un tonfo sordo accompagnò le parole cariche di disprezzo dei bambini, Owen distolse lo sguardo dal ragazzino  più grande sino a posarlo sulla palla bianca che fecero cadere a terra. Restò lì, immobile con le scarpe logore immerse in una pozzanghera fangosa, ad osservare con amarezza i coetanei giocare a calcio. Le iridi castane, tendenti al verde, si costellarono di lacrime cristalline. Tirò su col naso serrando i pugni paffuti, che importa se non ha un padre? Non ha bisogno di un papà. Trattiene i lucciconi, per poi afferrare da terra un sassolino che scagliò ai piedi dei bambini.
«Tanto non ci volevo giocare con voi!»
Urlò, sino a quando non smisero di calciare la palla, stupiti decisero di ignorare le parole del ragazzino dagli ispidi  e strani capelli neri, che col cuore gonfio di rabbia si mise a correre, imboccando la strada di casa. Il gelido freddo invernale lo strinse in una morsa glaciale, ma Owen aveva il fuoco dentro, il rancore alimentava la sua anima, sino a farla ardere. Il respiro  mozzo si condensò, formando una nuvola di vapore, si guardò attorno rallentando la corsa, ovunque si posasse il suo sguardo vi erano bambini intenti a giocare con gli amici, i genitori presenti si accorsero della sua presenza, nonostante guardasse avanti percepiva le loro occhiate perforargli la nuca. Owen, col capo basso e con le iridi puntate a terra, portò le  fredde mani  nelle tasche dei pantaloni, i mormorii –non poi così bassi- delle persone lo seguirono finché non raggiunse casa. Con la suola delle scarpe calciò la porta,  sino a schiuderla abbastanza tra intrufolarsi nell’abitazione.  L’odore di torta alle mele appena sfornata  giunse alle narici del ragazzino, si trascinò fino alla cucina, lasciandosi alle spalle le impronte fangose.
«Owen, sei tu? »
Fu col solito tono mite e carico d’amore che Lilian accolse il figlio,  fu con indosso il grembiule macchiato e le mani infarinate che si apprestò ad abbracciare il piccoletto. Le bastò un’occhiata per capire che vi fosse qualcosa che non andava. Stretto al petto materno, Owen, si sentiva soffocare, l’ira che i ragazzini del vicinato avevano suscitato in lui gli ostruiva la gola, compromettendo la respirazione.  I polmoni si espansero, andando alla ricerca di ossigeno,  l’odore di vaniglia –denso e dolciastro, di cui era impregnata la madre- fu come un balsamo benefico per il suo animo lacerato. Fu così, che lacrime silenziose solcarono il viso di Owen, non un singhiozzo uscì dalle sua labbra, non una parola su ciò che accadde fuori casa. Il suo orgoglio gli impedì di mostrarsi debole agli occhi della donna, ma per Lilian non furono necessarie le parole, conosceva suo figlio meglio di chiunque altro, aveva il potere di leggergli dentro.
«Sei il mio uomo, vero Owen? Sei il mio bellissimo uomo di casa. »
Non vi fu bisogno di altro, ad occhi sgranati annuì. Che gli importava degli altri bambini? Lui non era come loro, era un uomo. E ciò lo doveva  unicamente al suo essere un senza-papà.
 
  
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