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Autore: minnie18    06/12/2013    0 recensioni
Ginevra, ragazza di quasi 18 anni, incontra il suo vecchio migliore amico che non vede da tempo e fra i due sboccerà un amore, o quasi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Sto camminano nel corridoio principale del Liceo Scientifico del mio comune ed Elettra, la mia migliore amica, mi afferra e mi inizia a pregare, anzi supplicare, di accompagnarla a fare la conoscenza di un nuovo e, a sua detta, “aitante” ragazzo della scuola.
«Ti prego, Ginevra, accompagnami! Così se è il ragazzo perfetto potrai smettere di sopportarmi!» mi dice facendo la faccia da cucciolo.
«Ho smesso di sopportarti tanto tempo fa e, comunque, come farai a riconoscerlo se non lo hai mai visto? Hai idea di quanta gente frequenti questa scuola?»
«Smettila di scherzare è una cosa seria… e sulla bacheca della scuola c’è un cartellone con scritto “Benvenuto in questa scuola” e una sua foto… Vedessi quanto è figo!» conclude con aria sognante mentre mi trascina per il corridoio.
«Smettila, Elettra, sembriamo delle bambine! Sai molto bene che preferisco pochi amici, ma persone di cui fidarsi.»
«Basta lamentarti, Ginnie, “Chi non risica, non rosica!”»
«Mollami!»
Lei allenta la presa e mentre indietreggio mi scontro con un ragazzo.
«Attenta!» dice poco prima che mi giri.
Pur essendo il ragazzo “nuovo” io lo riconosco subito, impossibile è dimenticarsi dei suoi stupendi occhi marroni, dei capelli quasi neri e sempre in disordine nonostante i quintali di gel che è solito mettersi, delle labbra rosate e carnose e di quell’inconfondibile fossetta sulla guancia destra che gli compare quando sorride. Per 4 anni ci siamo persi di vista, ovvero dalla fine della Prima Superiore, quando mi sono trasferita da mia madre dopo il suo divorzio con mio padre, e devo ammettere che è diventato altissimo e molto più muscoloso di prima. Nello stesso istante, quando i nostri sguardi si incrociano, articoliamo l’uno il nome dell’altro.
«Come fate a conoscervi già, voi due?» chiese Elettra, ma noi non la ascoltiamo perché io mi sono rannicchiata tra le braccia di colui che era stato il mio migliore amico fino a quattro anni prima, un tempo che per certi versi può sembrare un’eternità.
«Enrico, mi sei mancato!» dico mentre sorrido come una bambina di 6 anni a cui hanno appena regalato un giocattolo nuovo.
Mi accarezza il viso con le sue mani delicate e mi bacia sulle labbra. Due baci dolci e delicati che mi donano gioia e felicità.
 
«Signorina Vercesi, ho notato che sta trovando molto interessante la lezione. Tanto da dormire sul banco. Vuole uscire interrogata alla lavagna?» mi richiama la professoressa Ponti, l’insegnate di filosofia più temuta della scuola.
“Merda!” pensai “Non è possibile che fosse solo un sogno.”
«Allora signorina Vercesi, spieghi alla classe la teoria di Kant.»aggiunge mentre mi avvio verso la lavagna. La prof. mi guarda con aria astiosa da dietro i suo minuscoli occhiali. La professoressa Ponti è una donna bassa e minuta e assomiglia a una strega a causa della pelle pallida e piena di grossi nei neri e dei capelli grigi e raccolti perfettamente con uno chignon.
«La teoria di Kant afferma che… ehm… afferma… ehm… afferma che la metafisica… anzi… la teoria di Kant spiega la metafisica, intesa come scienza dei limiti della ragione.» rispondo agitata e poco convinta.
«Può spiegarlo meglio, signorina Vercesi?»
 
“Driiin – Driiin”
 
La campanella che indica l’inizio della ricreazione mi salva da una figuraccia e, cosa ancora più grave, da un brutto voto. Mi dirigo verso la porta, ma vengo bloccata dalla prof «Signorina Vercesi, lunedì verrà interrogata e le consiglio di studiare e di evitare le ore piccole quando il giorno dopo c’è scuola oppure vuole ripetere l’episodio di oggi?»
«No, non voglio ripetere quello che è successo oggi, professoressa. Arrivederci.» sussurro imitando la professoressa mentre ero già fuori dall’aula.
«La prof è veramente stronza!» affermo arrabbiata ad Elettra, nel bagno delle ragazze, mentre sistemo i capelli ribelli rosso fuoco «Fantastico, ogni impegno che avevo programmato per oggi è cancellato! Uff… Trascorrerò un altro sabato a studiare quella merda di filosofia e se lunedì prenderò un voto insufficiente, mia madre mi chiuderà in camera e butterà la chiave nel cesso.»
«Però te la sei cercata!» dice la mia migliore amica mentre usciamo dal bagno.
«Non ricordarmelo, Electric!»
«Guai a te se mi chiamami ancora con quella merda di soprannome che mi ha dato quel deficiente di Luke!»
«Parlate di me?» dice il diretto interessato da dietro a Elettra facendole prendere uno spavento.
«No, parlo di un deficiente che si chiama Luke, ne conosci qualcuno?»
Entrambi si mettono a ridere ed a scherzare mentre io sono assorta dai pensieri che riguardano il sogno che ho fatto durante l’ora di filosofia. Qualcuno mi bacia dolcemente la guancia e quando mi sussurra dolcemente all’orecchio «Sei bellissima!» riconosco che si tratta d Federico, il mio ragazzo. Mi giro e lo bacio dolcemente cercando di non fargli capire che c’è qualcosa che mi preoccupa, ma lui se ne accorge e mi chiede accarezzandomi la guancia «Cosa c’è che non va?»
«Niente» gli rispondo sovrappensiero.

  
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