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Autore: Shetani Bonaparte    07/12/2013    2 recensioni
Eri un piccolo pettirosso che riusciva, col suo canto genuino, a far smettere di urlare ad un pipistrello, a quel dannato demone che mi perseguita sin dall’infanzia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ecco la mia ennesima mono capitolo. Nel caso non si fosse capito, amo le cose tristarelle! ^^
Per capire i personaggi, dovrete leggerla fino in fondo!!!
by Shtani





~~Mi dispiace, Dick. Mi dispiace. Non sono mai stato un buon padre, per te. Mai. Lo so, non lo ho mai dimostrato, che ti considero come un figlio. Scusami ancora. Sai, ormai sono vecchio, io, sfioro la soglia dei 60. Ci sono stati molti altri, dopo di te, ma nessuno ha potuto sostituirti nel mio vecchio e solitario cuore. Nessuno.
Che stupido, sono stato. Che stupido, che sono: potrei telefonarti, chiederti come stai… ma so che oramai ci siamo divisi irreparabilmente. Il “Dinamico Duo” non esiste più… ma ci credi? Così, mi limito a fingere di parlarti.
Ti immagino qui, al mio fianco, in questo automezzo, mentre sfreccio sull’asfalto. Era da anni che non guidavo quest’auto… anni in cui ho abbandonato la mia città, troppo stanco e troppo spossato e troppo deluso da me e da essa. Mi giro, ricordando come ti piaceva mentre viaggiavamo a caccia di criminali, ma il sedile è vuoto e il rombo del motore non è accompagnato dalla tua risata argentina. Ci pensi? Dopo anni a far accumulare polvere a tutto ciò che mi rendeva unico, sono tornato. Sono tornato e sono di nuovo su questa fottutissima auto; ma no, non sono a caccia di ometti che vivono in iceberg di lusso o di uomini ossessionati dal numero 2 che ti chiamano “il Ragazzo ostaggio” – un nomignolo che non sopportavi, ricordi? - o di clown sociopatici con manie di grandezza e disturbi psichici, no. Oggi mi faccio solo un giro, tanto per far passare l’ennesima notte in bianco, tanto per crogiolarmi nei ricordi di una vita passata – ricordi che fanno male, che mi si impiantano nel cuore come spilli avvelenati.
Guardo istintivamente il cielo nero e privo di stelle, ma non vi leggo alcuna richiesta di aiuto. Vedo solo nero. Nero, come la mia anima. Oscuro, come ero in gioventù e come sono tutt’ora.
Sai, mi piaceva averti accanto: eri un allegro fuocherello che illuminava l’oscurità che è in me, impedendomi di uccidere i nemici, di odiarmi, di morire un poco per volta. Eri un piccolo pettirosso che riusciva, col suo canto genuino, a far smettere di urlare ad un pipistrello, a quel dannato demone che mi perseguita sin dall’infanzia. Ma ora il fuocherello si è spento e l’oscurità mi opprime. Ma ora, mio piccolo pettirosso, sei volato via e il pipistrello mi artiglia e azzanna e dilania l’anima e, forse, la mente.
Dopo di te ci sono stati altri fuocherelli e pettirossi ma tutti dalla luce e dal canto troppo deboli per aiutarmi. Perché, nonostante sia stato io a darti una casa, dopo l’assassinio dei tuoi genitori, io ad addestrarti, io a guarire le ali ferite del tuo cuore per poterti permettere di volare – volare via da me, purtroppo - … sei stato tu a farmi sentire a casa, tu a farmi capire cos’è l’amore per la famiglia – una famiglia piccola, la nostra: io, te e il vecchio Alfred – e tu a guarirmi. Ma ora non ci sei e io non posso che accettare di farti vivere la tua vita lontano da me, per sempre, lontano dalla lussuosa villa in cui sei cresciuto per molti anni, lontano da questa città maledetta che ha avuto l’onore di ospitare persone meravigliose come te per poi scacciarle con la propria malignità o addirittura ucciderle.
Ritorno a casa, fermo l’auto costosa ed estremamente singolare, guardo il sedile affianco a me e ancora non posso credere che sia vuoto, che tu non ci sia. 'Dov’è Dick?' penso. 'Oh, adesso arriverà, quel piccolo combina guai!' Ma la verità è che no, tu non ritornerai a sederti affianco a me, a illuminarmi l’esistenza.
Entro nel lussuoso salotto, non accendo nemmeno le luci: ci sono già delle candele. Prendo una bottiglia di vino, un calice, mi siedo nella poltrona davanti alla finestra. Sono solo, Dick, solo. Alfred se ne è andato tempo fa, nel sonno. Sono solo con me stesso e ciò mi fa paura.
Ti prego, torna qui, da questa carcassa animata e inutile, torna a cinguettare per ammutolire l’orrido pipistrello. Ti prego… anche se non puoi sentirmi… anche se forse ti sei addirittura dimenticato di me… torna.
Oh… se tu fossi qui, e sentissi i miei pensieri… non mi riconosceresti, vedendomi così sentimentale – io, che i sentimenti li ho sempre nascosti dietro ad una corazza anti-lama e anti-proiettile…
E poi mi decido… sono le sei del mattino, tu sarai già sveglio, se ricordo bene le tue abitudini.
Prendo in mano la cornetta del telefono, compongo il tuo numero leggendolo in un’agendina logora e impolverata, aspetto.
Tuuuup…. Tuuuup… tuuuup…
"Pronto, chi è?" risponde una voce femminile.
"Uhm… c’è Dick, Dick Grayson?"
"No. No, ha cambiato telefono" Ho un tuffo al cuore. Ma me lo aspettavo, dopotutto a te piace cambiare. "Ecco il suo nuovo numero…" e la donna detta le cifre, mentre prendo appunti, veloce.
Ringrazio, compongo il nuovo numero.
Tuuuup… tuuuup… tuuuup…
Quanto odio attendere al telefono.
"Pronto? Chi parla?"
"Dick… sei Dick Grayson?" chiedo. Penso proprio che sia tu, ma voglio una conferma.
"Si" rispondi, allarmato. "Chi parla?"
"Sono io, Bruce" ti dico."Hai impegni per Natale?"
"Bruce!!! Da quanto tempo! No, ma ascolta, ci sentiamo dopo, devo far visita ad un amico!" rispondi evasivo. Riagganci. Non vuoi più avere a che fare con me. Peccato. E dire che ci tenevo tanto, a rivederti.
Toc toc toc!
Vado ad aprire alla porta, di malumore.
E ci sei tu, con una maglietta rossa e i pantaloni e le scarpe verdi. Ci sei tu, mio piccolo pettirosso.
Sorridiamo, ci stringiamo amichevolmente la mano, un abbraccio. Non lo dimostro, ma sono al settimo cielo.
"Mi han detto che c’era un certo riccone che aveva bisogno di compagnia… io non ho nulla da fare… e vorrei rimanere qui, a casa mia…" dici.
"Ben tornato a casa, Dick, ben tornato!"
Entri, accendo alcune luci, ti affacci alla finestra e mi affianco a te.
È l’alba e, per la prima volta dopo molto – troppo – tempo, sono felice di essere vivo, di vedere il sole sorgere sulla cupa, malata, maligna Gotham City.
 
  
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