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Autore: Reiko87    07/12/2013    3 recensioni
Spoiler 6x09!
"-Grazie per le lettere- rispose lei con un tono di voce più basso, un po’ troppo malizioso forse, ripensando a tutte le sere che tornava a casa nella speranza di trovarne una nuova e rimaneva delusa quando non succedeva. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quelle lettere erano l’unica cosa che la facevano andare avanti, che le permettevano di non sentire quel vuoto dentro che si ampliava ogni giorno che trascorreva senza vedere il suo sorriso."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Allora eccomi di nuovo e questa volta ho approfittato della bellissima scena dell’incontro tra Jane e Lisbon dopo due anni di lontananza. Piccola premessa: adoro questa scena con tutte le mie forze e sono grata ad Heller per averci dato finalmente qualcosa di concreto (sperando che si continui così!)… l’ho guardata e riguardata una miriade di volte e ogni volta mi batte il cuore come se io fossi in quella stanza con loro; quindi potete immaginare con quale entusiasmo ho scritto questa one-shot ma, come mi succede praticamente sempre, alla fine non riesco ad essere completamente soddisfatta del lavoro svolto. E qui entrate in gioco voi ^^ Spero che possiate dirmi che ve ne pare e se effettivamente, come io credo, c’è qualcosa che non va oppure ho del tutto perso la testa! ;p
Beh, non ho altro da aggiungere. Buona lettura… e come sempre grazie a chi mi dedica un po del suo tempo. J
 
 



Patrick seguì le indiacazioni del suo ex collega Cho e si trovò dinanzi una porta vetro con le persiane abbassate. La aprì lentamente e i suoi occhi si posarono subito sulla figura seduta di spalle. L’avrebbe riconosciuta tra mille, come se non fossero trascorsi due anni dall’ultima volta che aveva avuto l’occasione di parlarle, di stringerla a sé, di poter ammirare quei magnifici occhi smeraldini. Quando l’aveva dovuta lasciare dopo la morte di John, aveva fatto in tempo solo a lasciarle un messaggio in segreteria per tranquillizzarla che stava bene e che era finalmente tutto finito. Le disse che gli sarebbe mancata, ma neanche poteva immaginare in quel momento quanto sarebbero state vere quelle parole. Gli era mancata davvero, e solo scriverle aveva potuto alleviare il peso che sentiva dentro, il vuoto lasciato dalla sua lontananza.
Entrò nella piccola stanza con al centro una tavola rotonda e l’unico suono che riuscì a pronunciare fu –Ehi-.
Possibile che dopo due anni lontano dalla donna che aveva finalmente capito di amare la sola cosa che era in grado di dire era un Ehi?! Su Patrick, un po’ di coraggio, non sei più un ragazzino, abbi la forza di dar voce ai tuoi sentimenti. Ma non ci riuscì.
La osservò voltarsi nella sua direzione e nel frattempo sul viso della donna comparve un sorriso smagliante. Era piacevolmente stupita di vederlo. In quel momento nella mente di Teresa Lisbon vorticavano mille immagini diverse, di tutti gli anni trascorsi insieme, ma una più delle altre si fece spazio prepotente nella sua memoria. Solo qualche sera prima era distesa sul divano del suo appartamento sorseggiando del vino mentre era occupata a leggere l’ultima lettera che il suo ormai ex consulente le aveva spedito e il sorriso che le era spuntato involontariamente sulle labbra era lo stesso di quel preciso istante. In particolare aveva ormai imparato a memoria le ultime righe:
Vorrei scusarmi per averti abbandonata sulla spiaggia quella sera. La tua assenza è l’unica cosa che ha reso questo nuovo capitolo strano e triste.
E aveva concluso con un semplice “mi manchi” e con un “U no hoo”*.
 
-Ciao- aveva infine risposto con la voce tremante dall’emozione.
 
Jane avrebbe voluto immediatamente annullare la distanza tra loro e stringerla in un abbraccio, giusto per assicurarsi che lei fosse effettivamente lì e che dopo tanto tempo nulla era cambiato tra loro. Ma le sue braccia rimasero sospese a metà strada dal corpo di lei. D’altro canto Lisbon non era meno imbarazzata, non si vedevano da troppo tempo e aveva bisogno di alleggerire la tensione.
 
-Bella barba-
 
Non voleva dire nulla di profondo, ma solo tornare ad essere quelli di un tempo; e sembrò riuscirci, anche se, con quella barba, lei lo considerava davvero bellissimo.
Jane la vide mordersi le labbra… Era una cosa che lo faceva impazzire. O Dio, Lisbon, quanto mi sei mancata!
 
-Grazie- fu l’unica risposta che fu in grado di formulare.
 
-Grazie per le lettere- rispose lei con un tono di voce più basso, un po’ troppo malizioso forse, ripensando a tutte le sere che tornava a casa nella speranza di trovarne una nuova e rimaneva delusa quando non succedeva. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quelle lettere erano l’unica cosa che la facevano andare avanti, che le permettevano di non sentire quel vuoto dentro che si ampliava ogni giorno che trascorreva senza vedere il suo sorriso.
 
Jane non resistette più e la accolse tra le sue braccia, mormorando un semplice –Oh, mi sei mancata-. Andò istintivamente a cercare con possessività il corpo di quella donna minuta ma dalla forza interiore sorprendente. Non era cambiata di una virgola, come se il tempo su di lei non avesse effetto. Anche il suo odore era lo stesso e Jane si lasciò cullare da quella sensazione di calore che non riusciva a provare da quando aveva lasciato Sacramento. Non ebbe neanche il coraggio di chiudere gli occhi, troppa la paura che potesse di nuovo sfuggirle, dissolversi come una bolla di sapone.
 
-Anche tu mi sei mancato- fu la risposta di Lisbon, sussurrata nell’incavo del suo collo, stretta com’era in quella presa forte. E, a differenza dell’uomo tra le sue braccia, la giovane donna si lasciò andare chiudendo gli occhi e poggiando la testa a quella spalla rassicurante come aveva fatto quando qualche anno prima si erano ritrovati a danzare insieme durante un ballo di ex studenti a Rancho Rosa.
In quel momento qualcosa turbò Jane: era la prima volta che non sapeva come comportarsi. Per lui era strano avvicinarsi così ad una persona, non era abituato, ma quell’abbraccio sembrava valere quanto la sua stessa vita. Lisbon era come l’aria per i suoi polmoni; non poteva privarsene. L’aveva capito.
Rimasero così qualche istante, assaporando il momento che aspettavano da troppo tempo. I loro corpi vicini erano come due pezzi di un puzzle che finalmente si ritrovano; ma furono costretti a separarsi ancora.
Ci sarebbe stato tempo per questo.
Lisbon prese subito la parola continuando a guardarlo negli occhi.
 
-Cosa sta succedendo, eh? Che ci faccio io qui?-
 
Aveva bisogno di spiegazioni e le avrebbe avute.
 
-Vedrai. Lascia fare a me… Fidati di me-
 
Le ultime parole famose, pensò Lisbon. E intanto non si rese conto del modo in cui l’uomo al suo fianco la guardava insistentemente… come se una forza invisibile gli impedisse di distogliere lo sguardo. Aveva davvero perso la testa, pensò.
 
***
 
Avevano appena concluso quell’incontro con l’agente Abbott e Lisbon non fu sicura che il piano del suo amico, che camminava accanto a lei fuori dall’edificio dell’FBI, potesse andar a buon fine.
 
-Jane, stai giocando col fuoco… Qui parliamo dell’FBI!- disse preoccupata.
 
-Stai tranquilla Lisbon… Ho giocato col fuoco per molti anni- rispose lanciandole un’occhiata furtiva -…e come vedi sono ancora qui- e sorrise.
 
Ma come cavolo faceva a prendere tutto così dannatamente alla legera? Scrollò impercettibilmente il capo.
 
-E poi FBI o no, hanno bisogno di me…- seguì una breve pausa prima di continuare -…ed io ho bisogno di te- guardava ancora fisso dinanzi a se continuando a camminare –Prendere o lasciare-
 
E ricaddero entrambi nel silenzio.
Lisbon era persa nei suoi pensieri. Insomma lei un lavoro ce l’aveva, perché Jane doveva essere così testardo e rischiare di essere arrestato? Io ho bisogno di te, aveva detto. Lasciò andare un sospiro e sentì gli occhi dell’uomo puntati sul suo viso.
Si liberò del suo sguardo indagatore e disse –Ho bisogno di un caffè-
 
Si allontanarono dal chiostro delle bibite e si andarono a sedere su una panchina del parco vicino. Non parlavano da quando erano usciti dall’edificio e sembrò strano per entrambi. Jane era tranquillo ma perso in chissà quale pensiero contorto, mentre Lisbon da qualche momento non riusciva a far altro che riflettere sull’accaduto e in particolare sull’agente Fischer… Kim?
Non era gelosa; insomma erano trascorsi due anni ed era plausibile che il suo ex collega si fosse rifatto una vita, ma il formicolio che provava alla bocca dello stomaco era in contrasto con le sue riflessioni. Moriva dalla curiosità di sapere chi fosse quella donna, come aveva conosciuto Patrick e cosa fosse successo tra loro. Diede un sorso dal bicchiere di caffè.
 
-Non arrovellarti il cervello, Lisbon. Tra me e Kim non è accaduto nulla- Aveva esordito il biondo senza rivolgerle gli occhi.
 
Lisbon tossì quando il liquido scuro andò di traverso. Dannato Jane, smettila di entrarmi in testa! Pensò ricordandosi che il suo amico era rimasto pur sempre un mentalista.
Infine lo guardò, analizzando i suoi tratti. La barba gli donava qualche anno in più, ma non aveva più il viso stanco di un tempo, anzi.
 
-Jane, io non stavo affatto…- ma fu interrotta.
 
-Maledizione Lisbon, ma perché per una volta non ammetti quello che provi!- esplose, trafigendola con uno sguardo di fuoco.
 
Qualche passante si voltò incuriosito nella loro direzione.
 
-Scusami, non volevo alzare la voce…- aggiunse davvero dispiaciuto.
 
Lisbon era rimasta senza parole. Cosa poteva rispondergli? Forse doveva essere sincera, infondo lo era sempre stata con lui. Posò il caffè freddato ai piedi della panchina e si spostò col corpo un pò più vicino a quello dell’uomo per guardarlo meglio, e lentamente gli prese le mani tra le sue.
 
-Senti Jane, a me non interessa cosa hai fatto in questi due lunghi anni- piccola bugia –In realtà sono solo curiosa di sapere come hai conosciuto l’agente Fischer, niente di più. Ora so solo che sono felice che tu sia tornato, perché ho sentito davvero la tua mancanza-
 
Jane fissava le loro mani poggiate le une sulle altre.
 
-Ho conosciuto Kim per caso… Beh, ripensandoci non credo sia stata proprio una casualità visto che si è rivelata un’agente dell’FBI. Abbiamo chiacchierato e poi siamo andati a cena insieme- alzò lo sguardo verso la donna –ma niente di più- fece finta di non notarlo, ma Teresa si rilassò un poco. Poi si sorrisero.
 
-Jane, ti ho detto che…-
 
Non concluse la frase perché le sue labbra si trovarono inspiegabilmente occupate in un’attività nuova. Sentì quelle morbide e calde di Jane sfiorare le sue dolcemente e si perse in quel contatto. All’inizio non riuscì a reagire, poi sentì la mano destra dell’uomo sganciarsi dalle sue e accarezzarle il viso. Fu allora che perse il contatto con la realtà e che chiuse gli occhi approfondendo il bacio. Sentì le guance infiammarsi, ma non se ne curò… aveva di meglio a cui pensare. Allo stesso modo dell’agente mora, il biondo consulente era ormai scivolato in un universo parallelo in cui esistevano solo loro due. Al contatto delle lingue, i loro corpi fremettero e il cuore di entrambi perse un battito. Fu un bacio delicato, senza pretese. Le labbra unite formavano una sola persona, ed era tutto ciò che chiedevano: sentirsi uniti e sapere che ci sarebbero sempre stati, prendere coscienza del fatto che sarebbero potuti passare anche vent’anni, ma che loro si sarebbero sempre ritrovati, in qualsiasi tempo e luogo.
Alle loro spalle sentirono un rumore, ma non se ne curarono. Poi ancora un altro e le loro menti iniziarono a tornare alla realtà. Una persona si schiarì la gola più forte. Contro voglia si divisero e si voltarono a guardare, con i visi ancora in fiamme dall’emozione e le mani tremanti, il coreano che li osservava impassibile.
 
-Abbott ha chiesto di vedervi- li avvertì -…E la prossima volta prendetevi una camera- aggiunse voltandosi ed incamminandosi verso l’edificio dell’agenzia governativa.
 
I due ex colleghi si guardarono negli occhi luminosi, stralunati. Poi scoppiarono a ridere. Erano finalmente felici; nulla poteva andare storto ormai. Non avevano bisogno di aggiungere altro; si alzarono dalla panchina e seguirono il coreano ancora carichi di quel nuovo, meraviglioso sentimento che faceva girare il mondo, chiamato amore.
 
 
 

*Piccola nota per informarvi che la frase in corsivo l’ho tradotta dalla parte finale della lettera di Jane a Lisbon, quella non letta. “U no hoo” è la trascrizione fonetica di “You know who”, ovvero “Tu sai chi”… Jane si firma così in modo da non essere rintracciato.
  
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